Introduzione
“Dove c’è una trazzera di lì passa la storia”
Recuperare la memoria storica degli antichi percorsi viari e con
essi tutte le testimonianze come città, fondaci, abbeveratoi,
stazioni di posta, ponti che si avvicendavano via via lungo le
strade significa restituire identità storico -culturale ad un paese.
Se dovessimo rispondere alla domanda cos ‘è una strada, potremmo
dire che essa è un contenitore culturale o, meglio, una costruzione
umana, voluta da un gruppo sociale, per soddisfare necessità
militari, economiche, sociali, religiose e di trasporto.
La storia degli insediamenti umani e quella degli scambi, col loro
fluttuare nel tempo, sono all’origine della molteplicità di percorsi
che costituiscono la rete viaria di un paese.
La morfologia di un territorio ha avuto un peso determinante nella
realizzazione della “viabilità costruita” che, è certo, si avvaleva
della “viabilità naturale” privilegiando tracciati che evitavano i
fondovalle, aggirando ostacoli, valorizzando percorsi di crinali e
fluviali.
Un’analisi del sistema viario non può prescindere dal considerare i
caratteri morfologici del territorio, che nell’antichità, sono stati
determinanti nella realizzazione delle vie di comunicazione. Monti,
fiumi, pianure, valli hanno condizionato la scelta dei luoghi ove
realizzare i tracciati.
Per comunicare, l’uomo ha dovuto sempre superare limiti, ostacoli; i
monti, le argille rappresentavano, appunto, un limite fisico,
materiale.
Nel buio dei millenni la storia delle vie di comunicazione si
identifica con la sfida lanciata dall’uomo alla natura, sfida mirata
a superare quanto di essa si opponeva al suo disegno- bisogno di
liberarsi da ogni forma di isolamento, di superare ogni barriera,
ogni limite materiale che la natura gli opponeva. La storia delle
comunicazioni è lastricata dalle misure del limite e dalla capacità
creativa dell'uomo che è stato in grado di superarli.
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Sicilia Occidentale, reperto |
L'etimologia ed
altro
Alcuni esperti di linguistica fanno derivare il termine "trazzera"
dal latino "tractus" (tracciato), altri dall'antico francese
drecière (via dritta) e "drecier" (drizzare).
Introdotto probabilmente nel periodo normanno, ma comparso nei
documenti solo nel XV secolo, il termine non indicava strade in
senso odierno, ma tracciati battuti che si adattavano alla
morfologia del territorio, sistemati alla meno peggio mediante
ciottoli o qualche lastra di pietra.
L'immenso patrimonio delle trazzere, formatosi nel corso dei
millenni, andò sviluppandosi in epoca preistorica per la transumanza
degli animali e per collegare tra loro i primi centri abitati che si
andavano costituendo nell'isola, subì ulteriori incrementi quando
tra il II e il I millennio aumentarono le necessità legate ai
collegamenti e agli scambi. L'importanza delle trazzere era
strettamente legata all'importanza dei centri che esse collegavano.
Gli antichissimi tracciati dovevano fondarsi sul sistema delle
trazzere; l'archeologo Paolo Orsi l'aveva intuito in occasione del
rinvenimento a Siracusa di un tratto di una "antichissima arteria
stradale", tenuta in attività fino a circa la metà dell'800, e a suo
giudizio certamente greca, infatti osservava: "Chi ponesse mano
all'attraente e nuovissimo studio della viabilità antica [...]
arriverebbe alla singolare conclusione, che quasi tutte le vecchie trazzere non erano in ultima analisi che le pessime e grandi strade
dell’antichità greca e romana, e talune, forse, rimontano ancora più
indietro".
Col termine Regie trazzere, in uso nel XIX secolo si denominarono,
poi le trazzere del Demanio Regio che si collegavano tra loro. La
costruzione delle strade carrozzabili avvenne, in Sicilia, solo
attorno al 1778.
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Gela, Museo Archeologico. Bronzetto di
atleta del retroterra geloo (fine V secolo a.C.):
altezza al capo cm. 26,3, altezza massima alla mano
destra cm. 29,3 |
Le fonti
Per un’indagine sulla viabilità della Sicilia greca, una puntuale
ricognizione è ostacolata dalla scarsità delle informazioni
ricavabili e dalle fonti letterarie e da quelle archeologiche. Le
notizie che ci forniscono Diodoro Siculo e Tucidide, si riferiscono,
quasi esclusivamente agli spostamenti degli eserciti da una città
all’altra dell’Isola, tuttavia permettono la ricostruzione di alcune
direttrici viarie.
Altrettanto poche sono le informazioni disponibili per le età che
precedettero l’arrivo dei coloni greci in Sicilia e l’instaurarsi di
relazioni economiche tra le poleis siceliote della costa e i
centri dell’interno abitati da popolazioni indigene.
Gli archeologi B. Pace e P. Orsi suppongono che la struttura del
sistema viario, in Sicilia, non abbia subito grandi modificazioni
dalla preistoria all’età greca.
Adamesteanu sottolineava come è importante mettere in relazione le
considerazioni circa il ruolo delle trazzere con le considerazioni
di carattere ambientale e la precisa ubicazione delle fattorie, cioè
quei siti archeologici posti in aree privilegiate per lo
sfruttamento di un comprensorio agricolo e per gli scambi
commerciali; in tal modo il problema della viabilità si collega
direttamente al problema fondamentale, nella storia delle colonie
greche, del rapporto tra città e territorio, inteso come area di
espansione e di influenza e dunque dell’instaurarsi delle relazioni
economiche, politiche, culturali tra sicelioti e popolazioni
indigene dell’interno.
1.
Trazzera delle vacche e
trazzera dei Jenchi
La cartina, sotto riportata riproduce una lunga direttrice, usata
per la transumanza, tra III e I millennio a. C.
È la trazzera delle vacche che parte da Cesarò, si dirige su
Catenanuova, segue il corso del Dittaino, punta su Calascibetta e
Caltanissetta dirigendosi poi verso ovest ove tra Catronovo e
Cammarata si ricongiunge alla Via De' Jenchi, questa percorre la
strada per Prizzi punta su Corleone, il Castello Calatrasi e Salemi
e poi perdersi nel trapanese.
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Viabilità della Sicilia tra il I ed il
III millennio a.C. |
2.
Agrigento - Palermo / Agrigento -
Catania
Un percorso con diramazioni:
Akragas -
Favara - Castrofilippo – Vassallaggi - Valle Di Catania
Akragas -
Favara - Castrofilippo – Vassallaggi - Palermo
Il percorso che, in età greca, collegava Akragas con la piana di
Catania ad Est, e con la zona prossima a Solunto, Termini e Palermo
ad Ovest, è stato ricostruito dall'archeologo Adamasteu; partiva da
Agrigento si indirizzava a Nord-Est attraversando Favara prima e
Castrofilippo dopo, toccava l'attuale raccordo ferroviario Agrigento
- Caltanissetta e quindi Vassallaggi, qui il tracciato subiva una
diramazione consentendo di raggiungere ad Est, attraverso Morgantina, la piana di Catania; ad Ovest le valli dei fiumi Torto,
San Leonardo e Eleuterio, dopo aver attraversato Polizzello,
Castronuovo, Lercara.
3.
Trazzere Lungo il corso dei fiumi
Dittaino e Gornalunga
La viabilità greca, come una ragnatela copriva l'intera superficie
dell'isola, sviluppandosi sia nelle zone costiere. sia raccordando i
centri abitati dell'interno dell'Isola.
Tra le vie di comunicazione trasversali, un'importante arteria di
comunicazione doveva congiungere la
Piana di
Catania a Enna attraverso le due direttrici
rappresentate dalla Valle del Dittaino e da quella del Gornalunga,
che transitando tra il monte Iudica e la Montagna di Ramacca si
collegava a Morgantina.
4.
Tracciati viari
nella Sicilia Sud-Orientale
Da Siracusa a Gela
Da Siracusa si dipartivano due grandi arterie, che assicuravano la
comunicazione con l’ovest e con la costa meridionale della Sicilia.
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Rete viaria da Siracusa a Gela |
Il primo tracciato, più breve, era controllato da Akrai. Partiva da
Siracusa, costeggiava il fiume Ciane, e dopo aver toccato
Canicattini, perveniva ad Akrai, fondata con scopi militari. Dopo
aver superato l’Irminio si indirizzava verso Chiaramonte, evitando
l’altopiano ragusano, scendeva lungo la valle del fiume Dirillo fino
all’odierna Acate per raggiungere poi Gela, colonia rodio-cretese.
Questo primo tratto, tra Akrai e Chiaramonte, presentava una
biforcazione che correva lungo il fiume Irminio, toccava Ragusa e
giungeva poi a Camarina, molto probabilmente fu questa la via
seguita da Dionisio quando nel (Diodoro Siculo, XIV, 47, 4-6) 397.
a. C. mosse contro Mothia, dal momento che egli ricevette come
alleati i soldati di Camarina, poi quelli di Gela e di Akragas. È
interessante notare, che da Akrai, risalendo lungo le sorgenti dell’Anapo
era possibile raggiungere Kasmene, odierna Comiso, posta in
posizione strategica a controllo dello spartiacque tra i fiumi Tellaro ed Irminio.
Il secondo tracciato, controllato da Eloro, nei pressi della foce
del fiume Tellaro, era la cosiddetta "Elosine odòs", menzionata da
Tucidide; congiungeva Siracusa con Camarina e, aggirando lungo la
costa i monti Iblei, si collegava con la via Selenuntina che correva
lungo la costa meridionale dell’Isola passando per Gela, Licata,
Palma di Montechiaro, Agrigento, Eraclea Minoa, probabilmente con un
tracciato non molto diverso dall’attuale S.S. 115; peraltro questa
via, nel tratto tra Agrigento e Palma di Montechiaro, è stata
puntualmente ricostruita da Adamesteau.
Tracciati viari nell’entroterra di Gela
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Tracciato viario nord-sud lungo l'asse
del fiume Imera |
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Area degli insediamenti
rodio-cretesi |
Nell’entroterra di Gela, dalla fine del VII sec. a.. C. e nel corso
del Vi sec., i coloni della polis rodio-cretese si stanziarono nel
bacino di Gela e del Maroglio, occupando i centri di Butera, monte
Bubbonia e monte San Mauro di Caltagirone. Un’unica arteria di
comunicazione si snodava parallela al corso dell’Imera meridionale
toccando Ravanusa prima e Sabucina dopo. Superata la collina del
Redentore di Caltanissetta, punto di transito obbligato, si accedeva
alla gola tra Sabucina e Capodarso, che dominava l’alta valle del
Salso –Imera meridionale, da qui si dipartivano due tracciati uno
verso Enna e la Valle del Dittaino a Nord-Est, un altro verso Nord
–Ovest, dove la via di transito era costituita dallo spartiacque tra
il Platani e l’Imera settentrionale.
5.
Viabilità greca
nella Sicilia Occidentale
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Sicilia Occidentale, Teatro |
Selinunte - Segesta - Golfo di Castellammare
La viabilità greca nella Sicilia occidentale, presentava due
tracciati che partivano da Selinunte, uno collegava la città a
Castellammare del Golfo, l'altro, un po' più ad est, la raccordava
con Castellaccio di Sagana, nei pressi di Palermo.
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Sicilia Occidentale |
Selinunte occupava un terrazzo lambito dal fiume Modione, che
dirigendosi verso Nord, metteva in comunicazione la città con la
zona di Salemi e da qui, attraverso la valle del fiume Freddo, con
Segesta e il Golfo di Castellammare.
Gli archeologi Adamestau e Tusa hanno individuato un'altra
importante arteria di penetrazione in area di interesse segestano;
partiva da Selinunte attraversava Castellazzo di Poggioreale (Halikyai),
proseguiva, lungo la riva destra del fiume Belice, in direzione del
Golfo di Castellammare. Proprio il Belice, che sfocia pochi
chilometri ad est della città, era la principale via di collegamento
con l'entroterra. Infatti attraverso i due rami Belice destro e
Belice sinistro ci si collegava con gli insediamenti di Monte
Maranfusa, Monte Iato, Monte d'Oro di Montelepre, Castellaccio di
Sagana e la costa settentrionale e con i centri di Rocca Entella,
Pizzo Nicolosi, (all’estremità di Roccabusambra) e da qui col fiume
Eleuterio e alcuni torrenti tributari del San Leonardo.
Quest'arteria doveva verosimilmente raccordarsi con il sistema
stradale di comunicazione della costa settentrionale: tra Imera la
Sicilia centrale, Centuripe e Siracusa, ricordato da Tucidide.
Selinunte era, inoltre, collegata a Siracusa dalla cosiddetta via
Selenuntina.
Arteria di collegamento est–ovest nella Sicilia Greca.
Il tracciato radiale che collegava l’Est con l’Ovest dell’Isola,
escludeva Enna in quanto il capoluogo rappresentava la punta
settentrionale di un percorso da sud unendo tra loro le valli del
Salso –Imera meridionale, del Dittaino e del Gornalunga. Tale
esclusione trova anche giustificazioni storiche legate alla
spedizione di Nicia. L’attuale SS 121 si discosta pochissimo dal
tracciato di questa trazzera.
Conclusioni
In sede mitologica i viaggi di Minosse, Eracle, Dedalo confermano
che la Sicilia era conosciuta e frequentata dai greci fin dal tempo
della civiltà micenea e che i rapporti tra l Sicilia e mondo egeo e
miceneo erano già intensi fin dal XVIII sec a.C., cioè prima
dell’arrivo dei Sicani, dei Siculi e ancor prima della guerra di
Troia. Al momento della colonizzazione dell’VIII secolo, dunque, i
Greci conoscevano molto bene la Sicilia, e una volta stanziatisi
nell’Isola, otre ad utilizzare i percorsi viari costruiti ad opera
degli indigeni, fu necessario realizzarne altri sia per motivi
legati alla difesa delle colonie stesse, sia per soddisfare
necessità di ordine commerciale. L’irruente moto colonizzatore dell’VIII secolo si protrasse nell’arco dei secoli VIII, VII, VI, e
interessò soprattutto le coste della Sicilia sud-orientale,
portando, inevitabilmente, a scontri con le popolazioni indigene. Le
sue cause di tale avvenimento, che segnò la nostra storia, vanno
ricercate in Grecia. La Grecia era un paese povero, non in grado di
soddisfare la crescente pressione demografica; le pianure erano
rare, le montagne brulle, i boschi scarseggiavano, le risorse
minerarie quasi inesistenti. Il mare, oltre ad essere l’unica
risorsa per la sopravvivenza delle popolazioni, impediva che il
paese rimanesse isolato, facilitava l’importazione dei prodotti
necessari, dai paesi vicini, e senz’altro fece nascere l’idea della
emigrazione, organizzata mediante la colonizzazione, nelle terre
fertili lungo le coste del Mediterraneo.
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La rete viaria complessiva |
La colonizzazione della
Sicilia fu, dunque, conseguenza della povertà del territorio greco.
Nella tradizione antica, colonizzare voleva dire conquistare un
territorio idoneo alla coltivazione, venderlo in lotti e concederlo
ai coloni fondatori. In Sicilia le colonia greche vennero tutte
fondate sulle coste pianeggianti della Sicilia orientale da Naxos a
Catania a Leontini, Megara e Siracusa poi da Siracusa a Gela ad
Agrigento, infine Minoa e Selinunte compresa la stessa Imera sorta
alla foce del fiume Salso nella pianura tra Termi e Cefalù. I coloni
greci venivano in Sicilia alla ricerca di nuovi luoghi isolani dove
definitivamente insediarsi, senza ricevere o aspettarsi di ricevere
sostegno militare dalla madre patria per affrontare resistenze
indigene. Non a caso la rete viaria si sviluppò prima lungo la
fascia costiera dell’Isola, ma era inevitabile che penetrasse
nell’interno sia per ragioni di difesa nei confronti degli indigeni,
con i quali si ebbe sempre un rapporto di irrisolto conflitto, sia
in ragione del fatto che la seconda fase della Colonizzazione si
ebbe quando la società agricola fu potenziata e sviluppata dalle
attività mercantili, da qui la necessità di una rete viaria interna
che consentisse il trasporto di merci dall’interno dell’Isola verso
i maggiori scali marittimi. La rete viaria della Sicilia greca fu in
seguito utilizzata in epoca romana e non solo, ancora oggi alcune
strade statali quali la SS. 120 e la SS. 121 ripercorrono quei
tracciati che millenni fa, come un’impronta in cancellabile, ci
lasciarono i Greci.
Bibliografia
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1996
-
M. R. Carra - La Sicilia centromeridionale tra II e VI sec. d.
C. Caltanissetta, 2002
-
F. Coarelli, M. Torelli - Sicilia - ed. Laterza 1998
-
E. Gabba. G. Vallet - La Sicilia antica - Ed. Storia di Napoli e
della Sicilia
-
G. Uggeri -Itinerari, strade, rotte, porti e scali della Sicilia
tardo antica in Kokalos 1997-98
-
G. Uggeri - Sull’“Itinerarium per marittima loca” da Agrigento a
Siracusa in Atene e Roma XIV, 1970
Testo ed
immagini di Rosa Casano Del Puglia. Riproduzione, anche parziale,
vietata.
Pubblicato dal Portale del Sud nel mese di gennaio dell'anno 2012 |