Le Pagine di Storia

La rete viaria nella Sicilia Greca

di Rosa Casano Del Puglia

 

Introduzione

“Dove c’è una trazzera di lì passa la storia”

Recuperare la memoria storica degli antichi percorsi viari e con essi tutte le testimonianze come città, fondaci, abbeveratoi, stazioni di posta, ponti che si avvicendavano via via lungo le strade significa restituire identità storico -culturale ad un paese.

Se dovessimo rispondere alla domanda cos ‘è una strada, potremmo dire che essa è un contenitore culturale o, meglio, una costruzione umana, voluta da un gruppo sociale, per soddisfare necessità militari, economiche, sociali, religiose e di trasporto.

La storia degli insediamenti umani e quella degli scambi, col loro fluttuare nel tempo, sono all’origine della molteplicità di percorsi che costituiscono la rete viaria di un paese.

La morfologia di un territorio ha avuto un peso determinante nella realizzazione della “viabilità costruita” che, è certo, si avvaleva della “viabilità naturale” privilegiando tracciati che evitavano i fondovalle, aggirando ostacoli, valorizzando percorsi di crinali e fluviali.

Un’analisi del sistema viario non può prescindere dal considerare i caratteri morfologici del territorio, che nell’antichità, sono stati determinanti nella realizzazione delle vie di comunicazione. Monti, fiumi, pianure, valli hanno condizionato la scelta dei luoghi ove realizzare i tracciati.

Per comunicare, l’uomo ha dovuto sempre superare limiti, ostacoli; i monti, le argille rappresentavano, appunto, un limite fisico, materiale.

Nel buio dei millenni la storia delle vie di comunicazione si identifica con la sfida lanciata dall’uomo alla natura, sfida mirata a superare quanto di essa si opponeva al suo disegno- bisogno di liberarsi da ogni forma di isolamento, di superare ogni barriera, ogni limite materiale che la natura gli opponeva. La storia delle comunicazioni è lastricata dalle misure del limite e dalla capacità creativa dell'uomo che è stato in grado di superarli.

Sicilia Occidentale, reperto

L'etimologia ed altro

Alcuni esperti di linguistica fanno derivare il termine "trazzera" dal latino "tractus" (tracciato), altri dall'antico francese drecière (via dritta) e "drecier" (drizzare).

Introdotto probabilmente nel periodo normanno, ma comparso nei documenti solo nel XV secolo, il termine non indicava strade in senso odierno, ma tracciati battuti che si adattavano alla morfologia del territorio, sistemati alla meno peggio mediante ciottoli o qualche lastra di pietra.

L'immenso patrimonio delle trazzere, formatosi nel corso dei millenni, andò sviluppandosi in epoca preistorica per la transumanza degli animali e per collegare tra loro i primi centri abitati che si andavano costituendo nell'isola, subì ulteriori incrementi quando tra il II e il I millennio aumentarono le necessità legate ai collegamenti e agli scambi. L'importanza delle trazzere era strettamente legata all'importanza dei centri che esse collegavano.

Gli antichissimi tracciati dovevano fondarsi sul sistema delle trazzere; l'archeologo Paolo Orsi l'aveva intuito in occasione del rinvenimento a Siracusa di un tratto di una "antichissima arteria stradale", tenuta in attività fino a circa la metà dell'800, e a suo giudizio certamente greca, infatti osservava: "Chi ponesse mano all'attraente e nuovissimo studio della viabilità antica [...] arriverebbe alla singolare conclusione, che quasi tutte le vecchie trazzere non erano in ultima analisi che le pessime e grandi strade dell’antichità greca e romana, e talune, forse, rimontano ancora più indietro".

Col termine Regie trazzere, in uso nel XIX secolo si denominarono, poi le trazzere del Demanio Regio che si collegavano tra loro. La costruzione delle strade carrozzabili avvenne, in Sicilia, solo attorno al 1778.

Gela, Museo Archeologico. Bronzetto di atleta del retroterra geloo (fine V secolo a.C.): altezza al capo cm. 26,3, altezza massima alla mano destra cm. 29,3

Le fonti

Per un’indagine sulla viabilità della Sicilia greca, una puntuale ricognizione è ostacolata dalla scarsità delle informazioni ricavabili e dalle fonti letterarie e da quelle archeologiche. Le notizie che ci forniscono Diodoro Siculo e Tucidide, si riferiscono, quasi esclusivamente agli spostamenti degli eserciti da una città all’altra dell’Isola, tuttavia permettono la ricostruzione di alcune direttrici viarie.

Altrettanto poche sono le informazioni disponibili per le età che precedettero l’arrivo dei coloni greci in Sicilia e l’instaurarsi di relazioni economiche tra le poleis siceliote della costa e i centri dell’interno abitati da popolazioni indigene.

Gli archeologi B. Pace e P. Orsi suppongono che la struttura del sistema viario, in Sicilia, non abbia subito grandi modificazioni dalla preistoria all’età greca.

Adamesteanu sottolineava come è importante mettere in relazione le considerazioni circa il ruolo delle trazzere con le considerazioni di carattere ambientale e la precisa ubicazione delle fattorie, cioè quei siti archeologici posti in aree privilegiate per lo sfruttamento di un comprensorio agricolo e per gli scambi commerciali; in tal modo il problema della viabilità si collega direttamente al problema fondamentale, nella storia delle colonie greche, del rapporto tra città e territorio, inteso come area di espansione e di influenza e dunque dell’instaurarsi delle relazioni economiche, politiche, culturali tra sicelioti e popolazioni indigene dell’interno.

1. Trazzera delle vacche e trazzera dei Jenchi

La cartina, sotto riportata riproduce una lunga direttrice, usata per la transumanza, tra III e I millennio a. C.

È la trazzera delle vacche che parte da Cesarò, si dirige su Catenanuova, segue il corso del Dittaino, punta su Calascibetta e Caltanissetta dirigendosi poi verso ovest ove tra Catronovo e Cammarata si ricongiunge alla Via De' Jenchi, questa percorre la strada per Prizzi punta su Corleone, il Castello Calatrasi e Salemi e poi perdersi nel trapanese.

Viabilità della Sicilia tra il I ed il III millennio a.C.

2. Agrigento - Palermo / Agrigento - Catania

Un percorso con diramazioni:

Akragas - Favara - Castrofilippo – Vassallaggi - Valle Di Catania

Akragas - Favara - Castrofilippo – Vassallaggi - Palermo

Il percorso che, in età greca, collegava Akragas con la piana di Catania ad Est, e con la zona prossima a Solunto, Termini e Palermo ad Ovest, è stato ricostruito dall'archeologo Adamasteu; partiva da Agrigento si indirizzava a Nord-Est attraversando Favara prima e Castrofilippo dopo, toccava l'attuale raccordo ferroviario Agrigento - Caltanissetta e quindi Vassallaggi, qui il tracciato subiva una diramazione consentendo di raggiungere ad Est, attraverso Morgantina, la piana di Catania; ad Ovest le valli dei fiumi Torto, San Leonardo e Eleuterio, dopo aver attraversato Polizzello, Castronuovo, Lercara.

3. Trazzere Lungo il corso dei fiumi Dittaino e Gornalunga

La viabilità greca, come una ragnatela copriva l'intera superficie dell'isola, sviluppandosi sia nelle zone costiere. sia raccordando i centri abitati dell'interno dell'Isola.

Tra le vie di comunicazione trasversali, un'importante arteria di comunicazione doveva congiungere la Piana di Catania a Enna attraverso le due direttrici rappresentate dalla Valle del Dittaino e da quella del Gornalunga, che transitando tra il monte Iudica e la Montagna di Ramacca si collegava a Morgantina.

4. Tracciati viari nella Sicilia Sud-Orientale 

Da Siracusa a Gela

Da Siracusa si dipartivano due grandi arterie, che assicuravano la comunicazione con l’ovest e con la costa meridionale della Sicilia.

Rete viaria da Siracusa a Gela

Il primo tracciato, più breve, era controllato da Akrai. Partiva da Siracusa, costeggiava il fiume Ciane, e dopo aver toccato Canicattini, perveniva ad Akrai, fondata con scopi militari. Dopo aver superato l’Irminio si indirizzava verso Chiaramonte, evitando l’altopiano ragusano, scendeva lungo la valle del fiume Dirillo fino all’odierna Acate per raggiungere poi Gela, colonia rodio-cretese. Questo primo tratto, tra Akrai e Chiaramonte, presentava una biforcazione che correva lungo il fiume Irminio, toccava Ragusa e giungeva poi a Camarina, molto probabilmente fu questa la via seguita da Dionisio quando nel (Diodoro Siculo, XIV, 47, 4-6) 397. a. C. mosse contro Mothia, dal momento che egli ricevette come alleati i soldati di Camarina, poi quelli di Gela e di Akragas. È interessante notare, che da Akrai, risalendo lungo le sorgenti dell’Anapo era possibile raggiungere Kasmene, odierna Comiso, posta in posizione strategica a controllo dello spartiacque tra i fiumi Tellaro ed Irminio.

Il secondo tracciato, controllato da Eloro, nei pressi della foce del fiume Tellaro, era la cosiddetta "Elosine odòs", menzionata da Tucidide; congiungeva Siracusa con Camarina e, aggirando lungo la costa i monti Iblei, si collegava con la via Selenuntina che correva lungo la costa meridionale dell’Isola passando per Gela, Licata, Palma di Montechiaro, Agrigento, Eraclea Minoa, probabilmente con un tracciato non molto diverso dall’attuale S.S. 115; peraltro questa via, nel tratto tra Agrigento e Palma di Montechiaro, è stata puntualmente ricostruita da Adamesteau.

Tracciati viari nell’entroterra di Gela

Tracciato viario nord-sud lungo l'asse del fiume Imera

Area degli insediamenti rodio-cretesi

Nell’entroterra di Gela, dalla fine del VII sec. a.. C. e nel corso del Vi sec., i coloni della polis rodio-cretese si stanziarono nel bacino di Gela e del Maroglio, occupando i centri di Butera, monte Bubbonia e monte San Mauro di Caltagirone. Un’unica arteria di comunicazione si snodava parallela al corso dell’Imera meridionale toccando Ravanusa prima e Sabucina dopo. Superata la collina del Redentore di Caltanissetta, punto di transito obbligato, si accedeva alla gola tra Sabucina e Capodarso, che dominava l’alta valle del Salso –Imera meridionale, da qui si dipartivano due tracciati uno verso Enna e la Valle del Dittaino a Nord-Est, un altro verso Nord –Ovest, dove la via di transito era costituita dallo spartiacque tra il Platani e l’Imera settentrionale.

5. Viabilità greca nella Sicilia Occidentale

Sicilia Occidentale, Teatro

Selinunte - Segesta - Golfo di Castellammare

La viabilità greca nella Sicilia occidentale, presentava due tracciati che partivano da Selinunte, uno collegava la città a Castellammare del Golfo, l'altro, un po' più ad est, la raccordava con Castellaccio di Sagana, nei pressi di Palermo.

Sicilia Occidentale

Selinunte occupava un terrazzo lambito dal fiume Modione, che dirigendosi verso Nord, metteva in comunicazione la città con la zona di Salemi e da qui, attraverso la valle del fiume Freddo, con Segesta e il Golfo di Castellammare.

Gli archeologi Adamestau e Tusa hanno individuato un'altra importante arteria di penetrazione in area di interesse segestano; partiva da Selinunte attraversava Castellazzo di Poggioreale (Halikyai), proseguiva, lungo la riva destra del fiume Belice, in direzione del Golfo di Castellammare. Proprio il Belice, che sfocia pochi chilometri ad est della città, era la principale via di collegamento con l'entroterra. Infatti attraverso i due rami Belice destro e Belice sinistro ci si collegava con gli insediamenti di Monte Maranfusa, Monte Iato, Monte d'Oro di Montelepre, Castellaccio di Sagana e la costa settentrionale e con i centri di Rocca Entella, Pizzo Nicolosi, (all’estremità di Roccabusambra) e da qui col fiume Eleuterio e alcuni torrenti tributari del San Leonardo. Quest'arteria doveva verosimilmente raccordarsi con il sistema stradale di comunicazione della costa settentrionale: tra Imera la Sicilia centrale, Centuripe e Siracusa, ricordato da Tucidide. Selinunte era, inoltre, collegata a Siracusa dalla cosiddetta via Selenuntina.

Arteria di collegamento est–ovest nella Sicilia Greca.

Il tracciato radiale che collegava l’Est con l’Ovest dell’Isola, escludeva Enna in quanto il capoluogo rappresentava la punta settentrionale di un percorso da sud unendo tra loro le valli del Salso –Imera meridionale, del Dittaino e del Gornalunga. Tale esclusione trova anche giustificazioni storiche legate alla spedizione di Nicia. L’attuale SS 121 si discosta pochissimo dal tracciato di questa trazzera.

Conclusioni

In sede mitologica i viaggi di Minosse, Eracle, Dedalo confermano che la Sicilia era conosciuta e frequentata dai greci fin dal tempo della civiltà micenea e che i rapporti tra l Sicilia e mondo egeo e miceneo erano già intensi fin dal XVIII sec a.C., cioè prima dell’arrivo dei Sicani, dei Siculi e ancor prima della guerra di Troia. Al momento della colonizzazione dell’VIII secolo, dunque, i Greci conoscevano molto bene la Sicilia, e una volta stanziatisi nell’Isola, otre ad utilizzare i percorsi viari costruiti ad opera degli indigeni, fu necessario realizzarne altri sia per motivi legati alla difesa delle colonie stesse, sia per soddisfare necessità di ordine commerciale. L’irruente moto colonizzatore dell’VIII secolo si protrasse nell’arco dei secoli VIII, VII, VI, e interessò soprattutto le coste della Sicilia sud-orientale, portando, inevitabilmente, a scontri con le popolazioni indigene. Le sue cause di tale avvenimento, che segnò la nostra storia, vanno ricercate in Grecia. La Grecia era un paese povero, non in grado di soddisfare la crescente pressione demografica; le pianure erano rare, le montagne brulle, i boschi scarseggiavano, le risorse minerarie quasi inesistenti. Il mare, oltre ad essere l’unica risorsa per la sopravvivenza delle popolazioni, impediva che il paese rimanesse isolato, facilitava l’importazione dei prodotti necessari, dai paesi vicini, e senz’altro fece nascere l’idea della emigrazione, organizzata mediante la colonizzazione, nelle terre fertili lungo le coste del Mediterraneo.

La rete viaria complessiva

La colonizzazione della Sicilia fu, dunque, conseguenza della povertà del territorio greco. Nella tradizione antica, colonizzare voleva dire conquistare un territorio idoneo alla coltivazione, venderlo in lotti e concederlo ai coloni fondatori. In Sicilia le colonia greche vennero tutte fondate sulle coste pianeggianti della Sicilia orientale da Naxos a Catania a Leontini, Megara e Siracusa poi da Siracusa a Gela ad Agrigento, infine Minoa e Selinunte compresa la stessa Imera sorta alla foce del fiume Salso nella pianura tra Termi e Cefalù. I coloni greci venivano in Sicilia alla ricerca di nuovi luoghi isolani dove definitivamente insediarsi, senza ricevere o aspettarsi di ricevere sostegno militare dalla madre patria per affrontare resistenze indigene. Non a caso la rete viaria si sviluppò prima lungo la fascia costiera dell’Isola, ma era inevitabile che penetrasse nell’interno sia per ragioni di difesa nei confronti degli indigeni, con i quali si ebbe sempre un rapporto di irrisolto conflitto, sia in ragione del fatto che la seconda fase della Colonizzazione si ebbe quando la società agricola fu potenziata e sviluppata dalle attività mercantili, da qui la necessità di una rete viaria interna che consentisse il trasporto di merci dall’interno dell’Isola verso i maggiori scali marittimi. La rete viaria della Sicilia greca fu in seguito utilizzata in epoca romana e non solo, ancora oggi alcune strade statali quali la SS. 120 e la SS. 121 ripercorrono quei tracciati che millenni fa, come un’impronta in cancellabile, ci lasciarono i Greci.


Bibliografia

  • A. Burgio - La viabilità greca – In “Nuove Effemeridi” n. 35 1996

  • M. R. Carra - La Sicilia centromeridionale tra II e VI sec. d. C. Caltanissetta, 2002

  • F. Coarelli, M. Torelli - Sicilia - ed. Laterza 1998

  • E. Gabba. G. Vallet - La Sicilia antica - Ed. Storia di Napoli e della Sicilia

  • G. Uggeri -Itinerari, strade, rotte, porti e scali della Sicilia tardo antica in Kokalos 1997-98

  • G. Uggeri - Sull’“Itinerarium per marittima loca” da Agrigento a Siracusa in Atene e Roma XIV, 1970


Testo ed immagini di Rosa Casano Del Puglia. Riproduzione, anche parziale, vietata. Pubblicato dal Portale del Sud nel mese di gennaio dell'anno 2012

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