Sud Illustre


Considerazioni sul Cristo Velato

dello scultore Sanmartino

di Achille Della Ragione

Raimondo di Sangro

Il “Cristo velato”, un vero e proprio prodigio tecnico, che permette di vedere chiaramente sotto un velo di marmo le fattezze di nostro Signore. Questo “unicum”, oltre a far giungere a Napoli folle di visitatori da tutto il mondo, aveva incuriosito appassionati d’arte e cultori di segreti alchemici. Si mormorava di un intervento diretto del Principe Raimondo di Sangro nella realizzazione dello straordinario lenzuolo trasparente…, fino a quando, tempo fa, una studiosa napoletana, Clara Miccinelli, aveva pubblicato alcuni documenti notarili comprovanti l’antica leggenda, ma la serietà della comunicazione si perse nei meandri di una troppo pervicace disamina esoterica dell’argomento, per cui l’importante notizia non è stata valutata e recepita dagli studiosi di storia dell’arte. Abbiamo controllato il documento, conservato nell’archivio napoletano e stilato dal notaio Liborio Scala il 25 novembre 1752, tra Raimondo di Sangro ed il Sammartino, nel quale i due contraenti si accordano sulla realizzazione della scultura e sul segreto da mantenere.

Giuseppe Sammartino, Cristo Velato, scultura in marmo, 1755. Napoli, Cappella Sansevero

Trascriviamo alcuni passi inequivocabili: ad apprestare una Sindone di tela tessuta, la quale doverà essere depositata sovra la scultura acciò dipoichè esso Principe l’haverà lavorata secondo sua propria creazione; e cioè una deposizione di strato minuzioso di marmo composito in grana finissima sovrapposto al velo. Il quale strato di marmo dell’idea del signor Principe farà apparire per sua finezza il sembiante di nostro Signore dinotante come fosse scolpito di tutto con la statua. Viceversa il sig. Joseph S. Martino si obbliga alla pulitura ed allustratura della Sindone e a non svelare al compimento di essa statua la maniera escogitata dal Principe per ricovrire la statua”.

Un altro documento reperito dalla studiosa ci rende nota la formula segreta del principe per la sua stupefacente creazione: “Calcina viva nuova 10 libbre, acqua barilli 4, carbone di frassino. Covri la grata della fornace co’ carboni accesi a fiamma di brace con l’ausilio di mantici a basso vento. Cala il modello da covrire in una vasca ammattonata, indi covrilo con velo sottilissimo di spezial tessuto bagnato con acqua e calcina…. Sarà il velo come di marmo divenuto al naturale e il sembiante del modello trasparire”.

I due documenti dimostrano oramai in maniera inequivocabile, nonostante non siano noti a gran parte degli studiosi, i limiti dell’abilità del Sammartino ed aumentano a dismisura la fama del Principe. Probabilmente, anche se al momento mancano i riscontri cartacei, pure le altre due sculture velate della Cappella: la Pudicizia del Corradini ed il Disinganno del Queirolo sono state eseguite con la collaborazione del Principe, anche se va segnalato che il Corradini, giunto a Napoli in tarda età, aveva già eseguito statue dotate di velature molto abili, come l’omonima Pudicizia conservata al Louvre.

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