Forte Chiesa in debole Stato
di Pier Franco
Pellizzetti
Due settimane fa
Eugenio Scalfari, fondatore e padre nobile de La Repubblica,
confermava la tradizionale linea "liberal" del quotidiano stigmatizzando i
diktat politici emessi da papa Ratzinger durante un incontro con gli
amministratori del Lazio. In questo non propriamente sintonizzato con la
linea "clerical" delle sue pagine genovesi, che invitano sistematicamente la
classe dirigente cittadina a genuflettersi davanti al magistero e ai
precetti (francamente un po' generici) del robotico cardinal Bertone
in materia di governo locale. Dati di cronaca recente a conferma di come,
negli ultimi anni, la Chiesa cattolica abbia riconquistato totalmente la
scena pubblica italiana.
Lo ha scritto
Franco Garelli, docente di Sociologia delle religioni all'Università di
Torino, nel numero dedicato al tema dalla rivista Il Mulino di ottobre: «La
ripresa di visibilità pubblica della religione non è solo un fenomeno
italiano... ma la novità del caso italiano è data da un mondo religioso (di
matrice cattolica) che appare nel complesso assai più dinamico e propositivo
rispetto a quanto si osserva nel resto dell'Europa». Eppure tutto questo
avviene a fronte del costante (e apparentemente singolare) restringimento
del numero dei fedeli.
Una ricerca del
gennaio 2005, promossa congiuntamente dalla fondazione Critica liberale e
l'ufficio Nuovi Diritti della Cgil, segnalava che nel periodo 1991-2001 il
tasso di secolarizzazione della società italiana è cresciuto del 93%. Il
sondaggio effettuato dal 28 aprile al 5 maggio scorsi nell'ambito del
programma di ricerca La Polis dell'Università di Urbino e finanziato dal
ministero dell'Istruzione, ha messo in evidenza Come il 67% degli italiani
ritenga che "ciascuno si deve regolare secondo coscienza", a prescindere
dall'insegnamento della Chiesa. Infine, taglia la testa al toro proprio il
patriarca di Venezia, quando ipotizza la riduzione dei praticanti al solo
19% dell'intera popolazione nazionale. In altre parole, l'immagine di un
Paese più cattolico che religioso.
Come si spiega -
allora - la rinascente potenza dell'istituzione ecclesiastica? La risposta
sta nella politica, secondo i paradigmi tipici di quest'epoca: politica
dell'identità. Tutto nasce dalle modalità di fuoriuscita dallo smarrimento a
seguito del cataclisma che investì il nostro sistema politico all'inizio
degli anni Novanta, determinando l'estinzione del partito cattolico, la Dc.
Dopo un primo ripiegamento nel mondo del volontariato, il Vaticano reagisce
alla perdita di referenti lanciando un vero e proprio "Progetto culturale"
elaborato dalla Conferenza episcopale. In particolare dal suo presidente, il
cardinal Ruini.
Progetto che
parte da una premessa indiscutibile: la secolarizzazione italiana stenta ad
intrecciarsi con una compiuta modernizzazione in un Paese affetto da marcate
carenze in materia di civismo democratico (non siamo certo la Francia
repubblicana o l'Inghilterra patriottica). Dunque, particolarmente indifeso
in questa congiuntura epocale che produce sradicamento. Intanto le
tradizionali culture integrative sono evaporate o in via di esserlo:
scomparsa quella contadina, oscurata l'operaia, labilissima quella
industriale; il tentativo etnico-Iocalistico della Lega rapidamente scaduto
nel ridicolo dei rIti delle ampolle e del dio Po.
È - dunque - la
Chiesa che può rispondere al diffuso bisogno identitario in chiave di
appartenenza. Ossia, il punto di forza del pontificato di papa Wojtyla, che
trova nella Chiesa italiana il più convinto sponsor della sua politica: la
promozione del nesso indissolubile tra libertà e verità (l'affermazione
della verità del cristianesimo), che sovverte qualunque idea plausibile di
libertà (il cui principio oppositivo è schiavitù; quel dominio che la
libertà combatte con le armi della critica).
Così la Chiesa
ritorna in campo più come agenzia di socializzazione antimoderna che non da
testimone di un messaggio religioso. Così incontra sul proprio cammino
alleati: dalla combriccola dei "papisti atei" alla Ferrara a movimenti-lobby
tipo Comunione e liberazione, ben più funzionali alle nuove strategie
rispetto alla vecchia Azione cattolica. Come evidenziò il funerale di don
Giussani officiato da Ratzinger, inviato speciale del Papa, emarginando il
vescovo di Milano Dionigi Tettamanzi.
L'obiettivo è la
promozione di un rassicurante modello di società certificato dalla
gerarchia, che si traduce nello scambio a tuttocampo con il sistema politico
per ricavare risorse concrete a fronte della propria capacità di
mobilitazione. Con risultati eccellenti, a destra come a sinistra.
Vedi la legge 62
del 2000 (governo D'Alema bis) che, seguendo scelte addebitabili a Luigi
Berlinguer, stabilisce la piena parificazione delle scuole private.
cattoliche anche in tema di finanziamenti: l'onere complessivo fu di 347
miliardi di lire annue (poi elevati dalla Moratti nel 2005 a 500 milioni di
euro). Vedi la ripartizione dell'8 per mille con metodo proporzionale della
quota relativa ai contribuenti che non hanno espresso preferenze
(nell'ultimo anno ha fruttato alla Chiesa 984 milioni). Vedi la legge agosto
2003 del governo, appoggiata anche dalla Margherita, per l'immissione in
ruolo degli insegnanti di religione, la cui idoneità non viene valutata
dallo Stato ma dai vescovi (e alla faccia della massa dei precari). Sempre
di politica si tratta, non di fede. Confermata dal fatto che oggi in Italia
le piazze sono piene (per prima piazza San Pietro) ma le chiese restano
vuote.
Il Secolo XIX, gennaio 2006. Pierfranco Pellizzetti è opinionista di
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