Con il nome di Pasque Veronesi, per la prima volta usato dal Bonaparte per speculazione politica contro Venezia, si designa la sommossa scoppiata a Verona nel pomeriggio del 17 aprile 1797 (lunedì di Pasqua) contro i Francesi che dalla occupazione della città (1° giugno 1796) avevano maltrattato la popolazione con requisizioni, prepotenze, azioni di guerra.
La sommossa obbligò i Francesi a rifugiarsi nei tre castelli, dove furono bloccati ed assaliti dalla popolazione e la lotta si prolungo sino al 23, quando la città, stretta dalle truppe francesi accorse, si arrese a discrezione consegnando ostaggi.
La punizione fu grave. La città per ordine di Bonaparte pago 120mila ducati di contribuzione, e 50mila ai soldati. Si vide confiscati i beni del Monte, le argenterie delle Chiese, opere d'arte, tutti i cavalli, forni 40mila paia di scarpe e vesti in proporzione, oltre a tutte le requisizioni e ruberie dei singoli.
Fra i molti processati , quattro furono i fucilati: tre civili, Francesco Emilei, Augusto Verità , G.B. Malenza e un cappuccino, p. Luigi Maria. La lotta fu sostenuta quasi solo dalle classi inferiori e dai contadini che spesso si opposero agli accordi delle autorità.
Si parlò anche di massacri anche ai feriti degli ospedali: questi sono da escludersi, mentre i soldati caduti nella lotta per le strade furono poco più di un centinaio. |