Ci sono città
che si identificano perfettamente con un periodo storico,
quello in cui magari hanno raggiunto una grandezza politica,
culturale, artistica, letteraria in seguito mai più
eguagliata. Sono posti suggestivi e rassicuranti perché vi
si respira intatta proprio l’aria dell’epoca che vi si va
cercando.
Poi ci sono le
città delle sorprese, dove tutto è possibile. Luoghi dove
regna la stratificazione e le tracce del tempo passato
sopravvivono una sull’altra. Le immagini si accavallano,
convivono stili e periodi, non si parla un solo linguaggio,
ma dieci, cento, mille idiomi differenti. Palermo è così.
Qui convivono la civiltà araba e la classicità, la sobrietà
del mondo rinascimentale e il barocco più sfrenato, le
grandi decorazioni normanne e l’eleganza liberty, leggende
medioevali e certezze illuministe. E non c’è una cosa che
prevalga sull’altra. Tutto viene assorbito con la stessa
potenza dall’immaginario di abitanti e viaggiatori.
la Cattedrale
Palermo sorprende per i suoi innumerevoli aspetti: nel campo
delle arti figurative ci si imbatte in ogni genere di
poetica e di tecnica, anche le meno consuete. Per esempio,
Palermo è una delle capitali del mosaico e dello stucco, una
delle varie possibilità della scultura, qui interpretata
nella sua visione più eccentrica. Alle maestranze bizantine
che lavoravano per i re normanni si devono i primi; Giacomo
Serpotta, uno dei tanti figli del popolare quartiere della
Kalsa, è invece l'autore dei secondi. Così, non distanti tra
loro, si ammirano i colori sgargianti delle tessere di
vetro, ma anche di marmi, conchiglie, pietre, lapislazzuli,
smalti, malachite che formano i mosaici realizzati nel XII
secolo, e il candore del bianco assoluto degli Oratori
decorati da Serpotta negli anni a cavallo tra il XVII e il
XVIII secolo.
Palazzo
Reale o dei Normanni
I mosaici più antichi della città
sono quelli della Cappella Palatina, all'interno del
palazzo dei Normanni. Sono sopravvissuti in tutto il
loro splendore e la loro magnificenza e chiariscono
subito che la tecnica delle tessere colorate da queste
parti significa soprattutto luminosità e profusione di
oro.
La Cappella Palatina
Se i
frammenti dorati erano utilizzati dai romani con una certa
sobrietà, soltanto per lumeggiare o per sottolineare piccoli
particolari, qui invece invadono la superficie creando
composizioni che, in primo luogo, abbagliano. Poi le
figurazioni colpiscono per la maestria nella resa dei
particolari, dello spazio, di volti e panneggi. Ma il primo
impatto è, ancora una volta, quello dello stupore.
Palazzo dei
Normanni, Sala di Ruggero II
A volere la
ricca decorazione della Cappella Palatina era stato Ruggero
II che, incoronato re nel 1132, voleva dimostrare a tutti il
ruolo centrale del suo regno e, per far questo, cercava
gente capace di fare in grande. La trovò a Costantinopoli,
importando in Sicilia la grande tradizione bizantina
costruita su immagini eleganti, imponenti, stilizzate,
preziose. I normanni trasferiscono in Sicilia il leggendario
lusso orientale, i canoni un po' rigidi ma anche l'immensa
raffinatezza della civiltà sorta a Bisanzio. Ma, com'è stato
notato da diversi studiosi, in alcune parti di queste
mirabolanti decorazioni c'è una componente greca, nel
vibrare delle immagini, nel digradare dell'oro dei fondi che
cercano quasi di tradurre il principio pittorico di creare
profondità attraverso il colore.
Porta Nuova
È probabile
che il grande ciclo di mosaici, che copre la cappella tanto
da trasfigurarla in una scatola luminosa, sia stato eseguito
in due momenti diversi. I primi, terminati nel 1147 sono
quelli del santuario con la cupola su cui troneggia il
Cristo Pantocrator circondato da angeli, arcangeli, profeti,
santi, evangelisti: è l'immagine del Padre onnipotente che
intimorisce e protegge nello stesso tempo. La ritroveremo,
gigantesca e solenne, alla Martorana, nell'abside del Duomo
di Monreale e in quello di Cefalù.
Di qualche
anno più tardi sono i mosaici della navata con le Storie del
Vecchio Testamento. E anche questi brillano e splendono sul
fondo dorato e, sebbene ci sia sempre quel carattere
astrattizzante, mistico e incantato di derivazione
bizantina, si nota anche un lieve accento narrativo. Come
nella scena che raffigura il peccato originale in cui il
volto di Eva sarà pure distante e impassibile mentre addenta
il suo frutto proibito, ma l'espressione del serpente la
dice lunga sulle sue intenzioni... Quanto fossero abili
questi anonimi artisti a integrare l'architettura con le
decorazioni lo mostra il rapporto magico, di esaltazione
reciproca che si crea tra l'oro e il marmo delle pareti, il
soffitto intagliato da stalattiti, simile a quello di una
grotta creata da una natura bizzarra, gli intarsi dei
pavimenti.
Nello stesso
palazzo dei Normanni, oltre ai temi sacri, i mosaicisti
possono mostrare la loro grande maestria anche nella
decorazione profana, come avviene nella Stanza di re
Ruggero, dove la magia di un universo dorato non è più
applicata alle figure celesti ma investe flora, fauna,
figure mitiche. Come i due centauri che si fronteggiano con
archi e frecce in un confronto tanto lontano da un vero
combattimento, quanto simile ad una danza.
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San Giovanni dei lebbrosi, secondo alcune fonti
fu edificata da Ruggero I, il gran conte, e
Roberto il Guiscardo, ma probabilmente risale a
Ruggero II |
Per Ruggero II
e per i suoi successori Guglielmo I e Guglielmo II invadere
palazzi e chiese con magnifiche decorazioni era un modo per
comunicare la propria potenza. Infatti quasi tutte le grandi
committenze del periodo sono regali. Fa eccezione la Chiesa
di Santa Maria dell'Ammiraglio che qui nessuno chiama così,
ma tutti conoscono come La Martorana perché, nel 1433,
Alfonso d'Aragona la cedette al vicino monastero benedettino
fondato da Eloisa Martorana. Voluta da Giorgio d'Antiochia,
ammiraglio appunto di Buggero II, la chiesa possiede un
interno abbagliante ed è qui che compare il dettaglio, che
ci conferma ancora una volta il valore ideologico e politico
di queste decorazioni, di Ruggero incoronato direttamente da
Cristo: il primo leggermente più piccolo del secondo in un
timido tentativo di rispettare una gerarchia, subito
smentita dalla ricchezza e dal lusso delle vesti e dei
paramenti del re, nonché da una certa somiglianza tra i due,
come se davvero appartenessero ad una stessa dinastia. Il
committente appare, invece, minuscolo ai piedi di una
maestosa Madonna a cui sta offrendo la sua opera. E qui si
che si sottolinea il diverso valore dei due.
Tutto
colorato, e arricchito da una vegetazione abituata da secoli
al sole del Sud. Si potrebbe pensare che allora Palermo sia
proprio questo. Immagini archetipiche e modernissime ad un
tempo, brillanti di colori e di luci da secoli. Ma sarebbe
troppo semplice. Ci sono tante Palermo e ci sono cose che si
possono trovare solo qui. Gli Oratori di Giacomo Serpotta
(Santa Zita, San Lorenzo, il Rosario di San Domenico) sono
l'altra faccia di uno stesso modo di intendere
l'ornamentazione: esagerando.
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Il ponte
dell’ammiraglio fatto costruire attorno al 1132,
dall’ammiraglio Giorgio d’Antochia Ammiraglio degli
Ammiragli alla corte di re Ruggero. Sotto le sue arcate non
passa più il fiume Oreto, deviato nel 1938. Originale, no? |
Serpotta però
non si affida al colore, sceglie il bianco e si concentra
sulla forma, sulla profondità dello spazio, sulle torsioni
dei corpi, le espressioni dei volti. Se i mosaici emozionano
in silenzio, con la loro immobilità, questi stucchi sono
l'incarnazione del movimento: sembra quasi di sentire
l'animato bisbigliare tra loro delle figure scolpite.
Serpotta copre le sale su cui interviene di putti dalle
carni rotonde e morbide che paiono di panna montata, di
fanciulle che incarnano Sante o raffigurano Virtù, ma sono
anche sensuali e un po' civette. Trasforma lo spazio in un
teatro, in una scenografia agitata e vivace. Come se avesse
deciso di portare all'interno delle chiese e degli oratori
il ritmo della vita che pulsa nelle strade di questa città
dall'anima al plurale.
Articolo
di Lea Mattarella tratto da Ulisse, rivista di bordo dell’Alitalia,
8/2004, riportato dal
sig. Massimo De Benedictis cui vanno i nostri
ringraziamenti |