Tutte le volanti al
Cinema Aurora: non fanno entrare la famiglia Schifani
di A. Pagliaro
Ora. A parte la società di recupero
crediti GMS in cui era socio di Antonino Garofalo, arrestato e rinviato a
giudizio per usura ed estorsione. A parte l’aver fondato la Sicula Brokers
insieme a Benny D’Agostino e Nino Mandalà, due personaggi ben noti alla
cronache mafiose. A parte l’aver assistito imprenditori incappati nelle
confische per mafia per poi presentare un progetto di legge che modifica la
legge su confische e sequestri. A parte le consulenze milionarie prestate,
non è chiaro a che titolo, a Comuni poi sciolti per mafia. A parte il lodo
Schifani, cioè l’immunità totale per le prime cinque cariche dello Stato
proposto quando Berlusconi, quarta carica dello Stato, era sotto processo.
(Lodo Schifani per fortuna dichiarato incostituzionale dalla Consulta. Cioè:
l’unica attività di rilievo svolta in dieci anni di Parlamento era
incostituzionale, ottimo biglietto da visita per la seconda carica della
Repubblica).
A parte questi dettagli, Schifani è un
ottimo presidente del Senato e gli piace pure il cinema.
Il 5 maggio del 2002, arriva al cinema
Aurora di Palermo con moglie, figlio e scorta e pretende di entrare gratis
con una tessera AGIS scaduta. Film in programmazione: “Amen”. La sala uno è
piena. Nella due danno “Casomai”. Si accomodi lì, gli dicono. Non sia mai,
io sono il senatore Schifani ed entro dove voglio. Al rifiuto delle
maschere, la scorta fa intervenire gli agenti di una volante che
identificano due dipendenti del cinema. Cinema che in seguito, con una
penosa lettera al giornale, si scuserà pure inviando una tessera gratuita al
senatore.
Magistrale il commento di Simone Lucido
su Repubblica dell’epoca: “Ero presente al cinema Aurora quando il
senatore Schifani ha tentato di entrare nonostante la sala fosse piena e lui
fosse senza titolo d’ingresso. Ho visto l’arroganza dei suoi accompagnatori,
l’arrivo della polizia, la rabbia impotente degli addetti all’ingresso e del
gestore. Assistere a queste forme primitive di sopruso e di esercizio del
potere fa stare male e mi ero sentito sollevato quando ho visto che il caso,
anche se piuttosto edulcorato, era finito sui giornali. Ora, di fronte alle
scuse presentate da chi ha subito l’offesa provo un forte senso di pena e di
rabbia per un paese in mano a una classe dirigente di così basso profilo“.
Il cinema, una fissazione. Rita Calapso,
su Repubblica del 16 maggio 2002: “Cinema Tiffany, ore 19 di un giorno
durante le feste di Natale. In fila per lo spettacolo delle 20. Si proietta
il film «Il Signore degli anelli». Una bolgia infernale. Fuori piove. Una
signora accusa un malore a causa del caldo e della confusione, chiede di
sedersi su una poltrona antistante la sala cinematografica. Ma è vietato
entrare nella suddetta sala prima del tempo: le viene offerto dalla maschera
un gradino della scalinata. La ressa è quasi incontenibile. Da un ingresso
laterale del cinema vengono introdotti nell’antisala alcuni portatori di
handicap, con carrozzelle e con accompagnatori. Tra loro un volto noto, con
signora, senza handicap apparenti: i due occupano le comode poltrone, ad
altri negate. Scatta finalmente l’ ora X, il pubblico si precipita nella
sala vuota. Chi c’è al centro, lato corridoio, comodamente seduto? Il
presidente dei senatori forzisti Renato Schifani, con signora (e senza
scorta). Un rappresentante del popolo, ma un «diverso», che, oltre a entrare
gratis grazie a una tessera parlamentare (ma la moglie è anche lei
deputata?), in barba alle regole, surrettiziamente e con la complicità del
proprietario del cinema, scavalca la fila, si confonde tra i portatori di
handicap e si accaparra una poltroncina“.
Almeno, per sedersi sulla poltroncina che
si è accaparrato oggi, coda non ce ne dovrebbe essere.
A. Pagliaro,
29/04/2008 |