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Puglie

 

Il fiume Ofanto

di Pina Catino

Canosa, Ponte romano sull'Ofanto

 

Orizzonti d’Acqua

Tratto dalla presentazione della mostra itinerante “Orizzonti d’Acqua” di Pina Catino

Vedete… vi sono cose rese in qualche modo banali dalla loro eccedenza e diffusione, cose della cui preziosità la coscienza comune perde la nozione. Accade così che l’acqua, fondamento della Vita, e della sua stessa pensabilità sia spesso data per scontata e sentita come ovvia e povera cosa: vilissima rerum la definiva già Orazio nel resoconto di un suo viaggio in Puglia, stupendosi del fatto che da noi, appunto, la si vendesse. Ho voluto con questa mostra strutturata secondo un itinerario simbolico, restituirla al suo nativo mistero, alla sua straordinarietà, perché nessun elemento come l’acqua riesce a rappresentare eccellentemente la rete della vita la connessione tra organismi ed ambiente e tra tutte le cose.

E quindi partendo dall’acqua quale Archè, il principio del tutto, come sostenne giustamente Talete, il primo filosofo della nostra vicenda culturale occidentale, arrivo all’acqua quale fine (per ora molto temuta, ma la minaccia è incombente), di tutte le cose. A Lei è legato il mistero dell’esistere, della nascita: veniamo da acque materne e portiamo con noi sempre la segreta nostalgia di un oceano originario cui tornare. Acqua–principio, quindi, che va adorata (ad os, portata alla bocca), venerata custodita protetta perché non diventi acqua-fine a causa della stupidità dell’uomo che sfrutta la natura invece di servirla.

Recita un detto pellerossa quando avremo tagliato l’ultimo albero e avvelenato l’ultimo fiume, scopriremo che il denaro non si può mangiare e nemmeno bere. La mostra si propone, quindi, quale espressione di una religione della natura e si avvale di un patrimonio simbolico-iconografico teso a suscitare una nuova consapevolezza a tutela dell’acqua. Una religione antica quanto l’uomo, che nelle forze della natura vedeva il principio che relegava da cui re-ligio tutte le cose.

Canosa, Ponte romano sull'Ofanto

Il nostro fiume regionale Ofanto

L’Ofanto è una biblioteca a cielo aperto, un patrimonio culturale ed educativo che va preservato.

Il fiume Ofanto e il fiume Nilo rappresentano un Ponte nel Mediterraneo, veicolo di scambi e sincretismi culturali che attraverso un percorso iconografico ne documentano l’antico ruolo di cerniera geopolitica e culturale all’insegna del confronto fra civiltà, ma non solo….

L’acqua essendo l’elemento fondamentale di una zona umida, ne governa i ritmi e, a secondo della profondità, delle correnti, del tenore più o meno alto di salinità, insieme alla struttura del fondale e alla composizione dei sedimenti, determina le caratteristiche dal punto di vista vegetazionale e faunistico. E i due fiumi sono strettamente collegati fra loro per l’avifauna.

L’Ofanto ha come prerogativa la capacità di mantenere un’alta biodiversità, di differenti specie animali e vegetali. Gli animali rappresentano l’aspetto più appariscente e più spettacolare dell’Ofanto. Tra tutti spiccano l’airone rosso, l’airone cenerino, la bianchissima garzetta e la sgarza ciuffetto. Tra i mammiferi, l’esistenza di molte specie è strettamente dipendente dalle zone umide, tra questi, la lontra, la puzzola e la volpe.

Il valore economico, naturalistico e scientifico delle zone umide è ormai riconosciuto a livello internazionale. Sono ambienti essenziali per la conservazione delle specie animali e vegetali che in questi habitat raggiungono valori massimi di diversità e di produttività fra tutti gli ecosistemi presenti sul Pianeta, ed inoltre svolgono funzioni importanti per l’accumulo delle acque, il controllo di piene e alluvioni, la produzione di risorse alimentari, la regolazione del clima, e costituiscono un patrimonio culturale ed educativo.

Come tutti i bacini idrici, l’Ofanto favorisce la presenza di un eccezionale assortimento di specie viventi che per varietà e ricchezza lo rendono, dal punto di vista naturalistico, una delle aree di rilievo della regione e nazionale, nonostante gli interventi di bonifica e le deturpazioni a cui è andato incontro, soprattutto negli ultimi anni.

Canosa, la foce dell'Ofanto

“La valle Ofantina è una delle terre promesse nell’Italia Meridionale. Oh, se fosse conosciuta da tutti gli Italiani!”, scriveva il geografo Cosimo De Giorgi nel 1880. Una ventina di anni prima Parigi aveva conosciuto i paesaggi dell’Ofanto dai quadri di Giuseppe De Nittis e il mondo scientifico veniva informato delle ricerche sulla vegetazione ofantina dal botanico Achille Bruni.

L’Ofanto, citato per i “flutti ruggenti” nella nota “Encyclopedie” di Diderot e D’Alambert, è oggi un corso d’acqua notevolmente ferito e sconosciuto. Pochi sanno che in Puglia abbiamo un fiume, eccetto gli addetti alla salvaguardia e tutela e valorizzazione ambientale, ma della foce del fiume…non di tutto il suo meraviglioso, incredibile corso, lungo le cui spire si dipana la storia delle genti, la magia della natura, i suggestivi voli degli aironi.

Nella chiesa di S. Salvatore a Brescia, su una lapide, si legge: “…con le nozze delle figlie congiunse a sé nobili cuori, unendosi le remote genti che l’Ofanto vorticoso lambisce, legandosi col vincolo della pace quelle che cingono il Reno e il Danubio”. Il brano è tratto dall’epigrafe mortuaria scritta da Paolo Diacono (VIII secolo) e dedicata alla “bellissima” regina Ansa, moglie del re longobardo Desiderio e madre di Desiderata, (l’Ermengarda manzoniana), moglie di Carlo Magno. Da questa testimonianza si evince la considerazione di cui godeva nel medioevo l’Ofanto, tanto da essere equiparato, nella citazione, ai grandi fiumi europei.

E oggi? Devo amaramente constatare che l’oblio regna su tale preziosa risorsa idrica. Il più grande corso d’acqua pugliese, il maggior fiume che sfocia nell’Adriatico a sud del Reno, con i suoi 165 chilometri di percorso e 13.900 l/s di portata liquida media annua, uno dei maggiori bacini imbriferi nazionali, è stranamente dimenticato da tutti, non lo si insegna neanche a scuola. Eppure, in un momento in cui si parla tanto di carenza d’acqua in Puglia, dovrebbe essere al centro dei tanti discorsi e articoli giornalistici sull’argomento.

Canosa, l'Ofanto

Il fiume Ofanto è un corso d’acqua che accomuna tre regioni, la Puglia, la Basilicata e la Campania. A questo fiume è legata la storia del sud est meridionale. È sulle sue sponde che avvennero le due battaglie di Canne, quella tra Romani e Cartaginesi e l’altra tra Normanni e Bizantini. Tanti i siti archeologici nella valle dell’Ofanto, che confermano l’importanza della valle nel contesto storico e geografico dell’Italia meridionale. La Puglia, per la sua particolare collocazione si è sempre posta come “ponte” tra terre e culture diverse. Notevole la presenza templare nella valle dell’Ofanto, testimone e complice della Storia.

In Puglia, il fiume si divide in una parte alta, non particolarmente bella, una parte mediana meglio conservata, e le immagini esposte in questa mostra riguardano l’area intorno a Canne della Battaglia, e poi l’ultimo tratto che parte dall’insediamento industriale Fiat di Melfi e finisce con una foce altamente inquinata, nei pressi di Canosa, dove le acque registrano una concentrazione di batteri di origine fecale altissima.

La tradizione letteraria classica descrive la Puglia come una regione “siticulosa”, ma la realtà, era ben diversa. Nelle carte antiche appaiono numerosi torrenti, se ne conserva il ricordo nelle periodiche inondazioni di centri abitati come Bari, Bitonto e Andria… che si sono ripetute fino al secolo scorso. Poi la mano dell’uomo ha modificato tanto il territorio, facendo inabissare l’acqua e quella superstite inquinandola per poi recuperarla nelle acque reflue e berla.

Acqua dunque quale risorsa sempre più preziosa, in termini di disponibilità, di distribuzione qualitativa e quantitativa, una risorsa che per molti popoli costituisce un diritto negato, noi in Puglia l’abbiamo fatta scomparire e quella che rimane la stiamo avvelenando.

Pina Catino

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