Le mille città del Sud


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La Caserma Tofano

Nel 1734 Carlo di Borbone conquistò i Regni di Napoli e Sicilia, strappandoli all'imperatore austriaco, e volle dotare il nuovo reame di un esercito, fino ad allora costituito da reggimenti stranieri, interamente nazionale e permanente.

L’ufficialità della nascita dell'esercito Napoletano va ricondotta alla Legge del 25 novembre del 1743, con la quale il Re Carlo diede un primo ordinamento all'esercito regio: le forze militari di Cavalleria vennero costituite da tre reggimenti interamente composti da milizie Napoletane, denominati Re, Regina e Borbone il cui primo banco di prova contro gli Austriaci fu la battaglia di Velletri, nell’agosto del 1744, nella quale partecipò lo stesso Sovrano; la vittoria di Velletri assicurò definitivamente a re Carlo il possesso delle Due Sicilie.

Forte del successo conseguito, Carlo volle irrobustire la Cavalleria e costituì tre nuovi reggimenti: Al di qua del Faro (Regno di Napoli) uno di Dragoni, che prese il nome di Principe, Al di là del Faro (Regno di Sicilia) due di Cavalleggeri, Napoli e Sicilia. La composizione della cavalleria borbonica restò invariata fino al 1796: i reggimenti di Dragoni erano Re, Regina, Borbone e Principe, i reggimenti di Cavalleggeri Napoli, Sicilia, Rossiglione e Tarragona. Numerose e pregiate erano, a quei tempi, le razze equine del Regno di Napoli

Intenzionato a trasformare Napoli in una grande capitale europea e i suoi regni in uno stati efficienti e ben organizzati, Carlo diede corso alla costruzione di numerosi edifici, palazzi e piazze, dando incarichi ai più noti architetti dell’epoca, tra cui spicca il nome di Luigi Vanvitelli.

Sorsero anche caserme e quartieri per alloggiare la cavalleria: in Aversa, Nocera Inferiore, Santa Maria di Capoa e Nola.

La Caserma Tofano di Nocera Inferiore è un edificio militare dismesso che si trova a Nocera Inferiore; è dedicata alla memoria del tenente Bruno Tofano; la struttura fu realizzata per volere del re di Napoli Carlo, sul luogo dove sorgeva il palazzo ducale della città. Nel 1751 ciò che rimaneva della precedente struttura fu raso al suolo e il luogo fu trasformato in Caserma di Cavalleria; Carlo III di Borbone scelse di costruirla (circa 130 m per lato) per i cavalleggeri a Nocera e per la posizione strategica della città, allo sbocco tra i due principati (Ulteriore e Citeriore). L'edificio, noto anche come Gran Quartiere, rappresenta uno dei più grandi edifici militari d'Italia;  il progetto fu affidato all'ingegnere militare Felice Romano, allievo del Vanvitelli e i lavori cominciarono il 23 settembre del 1751; la realizzazione fu affidata a Felice Polito e portata a termine nel 1758; la denominazione Gran Quartiere sta a sottolineare anche le dimensioni urbanistiche dell’intervento che si evidenzia come una vera e propria "cittadella militare". La Caserma era completamente indipendente ed in grado di resistere per lunghi periodi ad  eventuali attacchi di truppe nemiche anche se, come è noto, il periodo borbonico fu caratterizzato da un sostanziale periodo di pace e tranquillità; essa è un’ampia costruzione su tre livelli di forma quadrata che reca al centro un ampio cortile o piazza d’armi; la struttura interna, distribuita su tre livelli più la copertura a tetto, è fondata su una morfologia classica; gli ambienti sono distribuiti sui lati esterni senza soluzione di continuità, con elementi di percorso sul lato interno alla Piazza d’armi, coperti con volta a botte e a vela ribassata su quattro archi di sostegno aventi spessore pari alla muratura perimetrale; il "cortile grande" era attraversato in direzione est - ovest dal rio Saltera dei Corvi, che alimentava i quattro pozzi d’acqua potabile, con un complesso sistema di "saracinesche" che consentivano il riempimento delle cisterne o il deflusso delle acque nel fiume Sarno; oltre a questo corso d’acqua, i quattro lati della caserma erano attraversati da canali indipendenti per la raccolta e lo scolo delle acque sporche; al pian terreno erano disposte le scuderie, capaci di ospitare in tempo di pace 658 cavalli; gli ambienti hanno ospitato le infermerie veterinarie, le officine, le prigioni semplici e di rigore, il corpo di guardia e le sale di scherma; il cortile esterno, nello spazio che va dall’attuale caserma al fiume, era destinato a maneggio e a sito per la ginnastica; il primo e il secondo piano erano destinati a dormitori per una capacità totale di 2560 uomini.

L'imponente edificio ha rappresentato la maggiore struttura del centro cittadino e nell'imma-ginario collettivo degli abitanti di Nocera è noto come Caserma Rossa a ragione della colora-zione delle mura.

 


Pagine correlate

Nocera Superiore

Il convento di Santa Maria degli Angeli

Vicende costruttive

Il convento francescano di Santa Maria degli Angeli, ubicato nel territorio di Nocera Superiore, è stato fondato alla fine del Cinquecento, con precisione nel 1589, data dell’atto notarile con il quale il vescovo di Nocera, Mons. Supplicio Costanzo, ne autorizzava la costruzione. Nella Cronaca di padre Biagio del 1655 il convento non risulta ancora completato, mentre la chiesa viene descritta come una nave grande e spaziosa. Inoltre si descrive il luogo e si afferma che ha il suo frontespizio ed affacciata la chiesa con il convento all’occidente, ribadendo che il chiostro non è ancora fatto per non esserci in questo luogo fuorché un braccio finito con otto celle. A distanza di circa un ventennio, il terremoto del 1688 e quello successivo del 1694, con i loro rovinosi effetti su gran parte dell’edilizia in Campania, imposero la modifica dei progetti ed anche il piano dei lavori. Sicuramente nel 1706, data apposta sul portone d’ingresso al convento, la nuova struttura doveva essere pronta compreso il chiostro. Negli anni successivi, nel 1715, fu realizzato il ciclo di affreschi di Filippo Pennino nel chiostro. E 1718 è la data che si legge sul portale della chiesa. Le vicende costruttive successive, però, determinano significativi aspetti della storia conservativa dei dipinti. Agli inizi del XIX secolo, infatti, il convento divenne sede di Chiericato richiedendo nuovi spazi da destinare ad aule e camerate per i giovani. L’ampliamento fu operato costruendo sopra i bracci del porticato iniziando dal lato Ovest e proseguendo ancora nel 1936. Nel 1914 una preoccupata relazione della Cronaca conventuale denuncia il precario livello statico dell’ala Nord giudicata pericolante e malsicura a causa della costruzione del nuovo seminario sopra l’ala del refettorio…che aveva schiacciato i muri di sostegno, le fondazioni e gli archi…Lavori di consolidamento nel chiostro furono eseguiti a più riprese fra il 1960 ed il 1980.

La pressione dei piani alzati sui bracci del porticato ha avuto conseguenze anche sull’impianto degli affreschi in particolare sulle voltine delle campate che in alcuni punti si presentano crepate in maniera anche abbastanza vistosa. In qualche caso si evidenziano colature di cemento, causate da iniezioni di consolidamento, che deturpano interi brani degli affreschi.

I portali

La struttura del convento è caratterizzata da un insieme di portali, in gran parte in pietra lavica, di cui il più prestigioso è certamente quello di ingresso alla chiesa. Esso, pur recando incisa una data 1718, con ogni probabilità appartiene alla fase originaria dei lavori in quanto la sua fattura denuncia un apparato compositivo più vicino alla cultura tardomanierista che a quella barocca. La sua struttura è articolata da due colonne laterali su due dadi che reggono un architrave decorato, in termini classici, con un’alternanza di triglifi e di metope scolpite in maniera semplificata, dove sono raffigurati le figure di s. Bonaventura, s. Bernardino da Siena, s. Ludovico d’Angiò, s. Francesco, e i simboli araldici dell’Ordine Francescano, della città di Nocera de’ Pagani, e dei Carafa. Proprio lo stemma di questi ultimi, feudatari della cittadina fino al 1648, costituisce un ulteriore post quem non per la datazione del portale. Probabilmente la data settecentesca è dovuta soprattutto a lavori di adeguamento. A lato si trova un secondo portale, più snello e sormontato da una finestra mistilinea, anch’esso in tufo grigio, datato 1744, che fungeva da ingresso al piccolo vano della Congrega di San Giuseppe. Sull’altro lato si trova il portale di ingresso al convento, datato 1706 alla base destra, composta da una linea molto semplice con conci regolari ed una chiave di volta, che presenta una chiara corrispondenza con la cultura del tempo. Allo stesso modo, all’interno si trovano alcuni portali più piccoli che conducono a diversi ambienti conventuali.

I dipinti su tela e su tavola

Il corredo artistico del convento di S. Maria degli Angeli è composto anche da dipinti su tavola e su tela di ottima fattura. I dipinti su tavola sono la Pentecoste, databile agile ultimi decenni del XVI secolo,collocata sulla cantoria, e S. Giuseppe falegname con la sacra famiglia, collocato nella chiesa a lato sinistro dell’ingresso. Quest’ultimo probabilmente costituisce la cona dell’originaria congrega dei falegnami. La sua datazione, infatti, dovrebbe collocarsi agile inizi del XVII secolo in quanto sono ben evidenti influenze artistiche di stampo tardomanierista della cerchia dei Riformati alla Santafede. In tale circolazione, ma con una datazione di poco successiva, almeno al secondo decennio del Seicento, dovrebbe collocarsi anche la tela della sacrestia raffigurante la Madonna con Bambino e s. Antonio (s. Ludovico da Tolosa). In ordine cronologico segue la grande tela sagomata a capoaltare, opera attribuita al pittore umbro Ippolito Borghese, raffigurante la Gloria di san Diego e san Giuseppe , proveniente dalla chiesa di San Diego all’Ospedaletto a Napoli e trasferita a Nocera intorno alla metà del XIX secolo. Ad una visione settecentesca appartengono le tele collocate sulla cantoria raffiguranti L’estasi di san Pietro d’Alcantara su un lato e la Predicazione di santa Rosa da Viterbo su un altro.


Tratto dal Comunicato n. 15 del 18 marzo 2008 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, per il Patrimonio Storico, Artistico e Etnoantropologico di Salerno e Avellino.

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