Nell’imminenza del
biannuale prodigio della liquefazione del sangue di San
Gennaro, conservato in due ampolline nella Cappella del
Tesoro del Duomo, previsto per il 19 settembre,
onomastico del venerato martire, vogliamo rammentare i
risultati di alcune nostre ricerche, parzialmente già
pubblicati, sulla presenza all’ombra del Vesuvio di un
numero stupefacente di grumi di sangue, più o meno
miracolosi, che va incontro a cadenze stabilite al
fenomeno dello scioglimento, per tornare poi allo stato
solido.
Napoli è da oltre
cinquecento anni capitale mondiale delle reliquie, in
particolare custodisce circa duecento ampolle contenenti
grumi di sangue di santi, martiri ed asceti. Infatti,
dopo la caduta dell’Impero romano d’Oriente, avvenuta
nel 1453, immagini religiose di ogni tipo e reliquie
varie affluirono copiose nella nostra città e da allora
non si sono più mosse, pur cadendo lentamente
nell’oblio.
Molti di questi grumi
presentano la stupefacente caratteristica di liquefarsi
con una precisione anche superiore a quella del
celeberrimo Santo patrono e senza la necessità di quel
corteo di preghiere ed invocazioni che qualcuno ha
proposto come spiegazione parapsicologica del fenomeno.
Il sangue di San
Gennaro, conservato in due balsamari vitrei di foggia
diversa, databili al IV secolo, si scioglie
costantemente, a partire dal 1389, il 19 settembre,
anniversario del martirio, avvenuto come è noto nella
Solfatara il 305 ed il primo sabato di maggio, con
qualche sporadico fuori programma il 16 dicembre,
anniversario della apocalittica eruzione del Vesuvio del
1631, quando la lava giunse a lambire Napoli e venne
fermata sul ponte della Maddalena dal pronto intervento
del Santo, da allora indiscusso patrono della città ed
eccezionalmente anche il 14 gennaio, in ricordo del
ritorno a Napoli delle spoglie del martire, nascoste a
Montevergine sino al 1497.
La fama universale
del sangue di San Gennaro, un prodigio osservato nei
secoli da tanti smaliziati visitatori stranieri, a
Napoli per il Grand Tour, scettici ed illuministi, ma
sempre cauti nel cercare una spiegazione razionale del
fenomeno, ha rubato la scena alle numerose altre
testimonianze del fenomeno liquefattivo, che si ripete
da secoli in numerose chiese napoletane e nel segreto di
cappelle gentilizie di antiche e nobili famiglie.
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Cominceremo ora
un’appassionante carrellata attraverso l’affascinante
universo esoterico partenopeo, partendo da alcune tra le
reliquie più note quali: il sangue di Santo Stefano,
custodito nel monastero di Santa Chiara, che si liquefa
il 3 agosto ed il 25 dicembre, quello di Sant’Alfonso
Maria de’ Liguori, conservato nella chiesa della
Redenzione dei Captivi, che si scioglie il 2 agosto,
quelli di San Pantaleone e di San Luigi Gonzaga, nel
Gesù Vecchio, attivi entrambi il 21 giugno o quello di
Santa Patrizia, il più dinamico in assoluto, conservato
in San Gregorio Armeno.
Sorprendente è il
comportamento del sangue del Battista, scioltosi per la
prima volta nel 1554 durante la celebrazione della messa
nel convento di Sant’Arcangelo a Baiano, dove era
custodito, proveniente dalla Francia, sin dal Duecento.
Quando il convento venne soppresso, per il leggendario
comportamento licenzioso delle monache, il sangue del
santo, diviso ab antico in due ampolle, venne affidato
alle monache di San Gregorio Armeno e di Donnaromita. Il
primo continua regolarmente a sciogliersi, mentre il
secondo ha cessato ogni attività dal Seicento. Quando
anche il monastero di Donnaromita venne soppresso,
l’ampolla “inattiva” ritornò vicino alla gemella
conservata in San Gregorio Armeno e stranamente ha
ricominciato a manifestarsi anche se in formato ridotto,
con un semplice arrossamento, in occasione della festa
del Santo.
Questa moltitudine di
eventi prodigiosi rappresenta per il credente un valido
motivo di orgoglio, con il sangue che tanti martiri
versarono per la loro fede, il quale si riversa, come
una pioggia ristoratrice, su tutti noi, in un periodo
così difficile per la Chiesa e per l’umanità tutta; ma
anche per i laici deve rappresentare un motivo di
profonda meditazione, perché le spiegazioni fino ad ora
proposte dalla scienza, per cercare di dare una
spiegazione razionale al fenomeno, sono poco più che
risibili.
Basta leggere le
conclusioni del Cicap, un’associazione scientifica che
si propone di trovare la soluzione ai tanti quesiti
ancora aperti della parapsicologia, per convincersene.
Si è dato grande risalto ad una pubblicazione,
nell’ottobre del 1991, sulla prestigiosa rivista Nature,
di una equipe dell’università di Pavia, guidata dal
ricercatore Garlaschelli, che riteneva di saper
riprodurre il fenomeno del passaggio dallo stato solido
allo stato liquido in un fluido, adoperando poche
sostanze elementari già note agli alchimisti medioevali,
dal carbonato di calcio al cloruro di ferro in
soluzione, per ottenere una sostanza gelatinosa
”reversibile” a piacimento, purché dall’esterno venga
fornita energia attraverso lo scuotimento del
contenitore; condizione del tutto assente nella
liquefazione di gran parte dei grumi di sangue dei santi
precedentemente descritti, incluso lo stesso San
Gennaro, che si “manifesta” nelle più diverse
condizioni.
Un’ipotesi alchemica,
affascinante, ma forse vicina alla verità, era stata
avanzata dal compianto Mario Buonoconto, uno studioso
autore di un prezioso libretto sulla Napoli esoterica,
ancora reperibile sulle bancarelle in edizione
economica, profondo conoscitore della antica scuola
napoletana specializzata nell’apertura della materia e
nella possibilità di trasformare gli elementi naturali
in maniera reversibile, come ridurre il ferro malleabile
o le interiora umane dure come il marmo.
Lo stesso famoso,
quanto famigerato, principe di Sansevero, chimico e
letterato, massone e scienziato, pare fosse in grado di
replicare il “miracolo” nel suo laboratorio, posto
nell’angolo più segreto del suo palazzo in San Domenico
Maggiore, per la meraviglia dei suoi amici più fidati e
delle belle dame che gli facevano visita.
Naturalmente per
studiare più approfonditamente il fenomeno della
prodigiosa liquefazione del sangue dei santi, sarebbe
necessario aprire le ampolle, per sottoporre il
contenuto ad indagini di laboratorio e ciò è
naturalmente impensabile per quelle del venerato ed
amatissimo San Gennaro, ma perché non analizzare qualche
grumo di sangue di santi meno venerati tra i tantissimi
che si conservano nella nostra città, non solo in
chiese, ma anche di proprietà di antiche famiglie
napoletane?
Credo che nessuno
potrebbe opporsi a degli esami eseguiti su ampolle di
sangue conservate nelle cappelle gentilizie di famiglie
disposte a placare una insopprimibile sete di
conoscenza.
“Pulcra sunt quae
videntur, pulchriora quae sciuntur, longe pulcherrima
quae ignorantur”.
E nell’attesa che parte del mistero che circonda i sacri
grumi possa dissolversi attraverso l’indagine della
scienza resta l’oggettività del prodigio sotto gli occhi
di tutti, credenti e scettici, a fornire agli uni il
coraggio della fede, agli altri una giusta dose di
meditazione e riflessione.
Testo inviato al Portale del Sud dall'autore nel mese di
settembre 2009. Le opinioni e le considerazioni ivi
contenute sono dell'autore e non coinvolgono il sito.