Le pagine di Napoli

Napoli Barocca

Duomo San Gennaro, la discesa alla Cripta

Napoli Il Barocco del paradiso

Possono essere erotiche le pietre? È possibile che muri di tufo, scale di piperno e fregi di marmo e stucco abbiano pupille e polpastrelli per comunicare con i nostri sensi? Ci si può innamorare di vecchie pietre? A Napoli è possibile, anzi, è necessario. Il viaggiatore sentimentale che ci arrivi non può capire la città-mondo se non entra in contatto con i suoi labirinti di vie, i ventri delle sue chiese, le tele che quiete risplendono nei palazzi nobiliari, le facciate bugnate, i portici arricciolati in volute.

E allora per viaggiare dentro la Napoli barocca e spagnola si potrà partire da un punto qualsiasi del suo labirinto, per esempio da piazza San Domenico, semplicemente sollevando la testa alla facciata di Palazzo Sansevero. Qui, in una stanza al secondo piano, l’autore di tenebrosi e erotici madrigali, il principe Carlo Gesualdo di Venosa, nel 1590, fece uccidere o forse uccise lui stesso la cugina e moglie Maria d'Avalos con l'amante, il duca d'Andria: e da dove comincerebbe meglio un viaggio nel barocco vivente di Napoli?

Napoli, Cappellone del Crocifisso della Basilica di San Domenico Maggiore, soffitto e archi

Non deve avere troppa fretta, il viaggiatore sentimentale, e non può perdersi alcuni luoghi. A pochi passi da Palazzo Sansevero, all'incrocio di quattro strettissimi vicoli, vedrà comparire in mezzo a bancarelle e muri scrostati la statua al dio Nilo, enigmaticamente detta del Corpo di Napoli; e poco oltre troverà un altro luogo abissale della città mondo: la Cappella di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero e alchimista. Qui il teatro, che è l’anima della città e del suo spagnolismo, trionfa senza limiti: la scena che l’alchimista allestì per la propria sepoltura è un catafalco affollato di statue simboliche, tra cui risplende la trasparenza marmorea ma sensualissima del Cristo velato del Sanmartino, i corpi umani con le vene in evidenza che secondo la leggenda furono mummificati vivi e il pavimento, che disegna in simboli geometrici l’accesso a dimensioni del cosmo note solo all’alchimista aristocratico che a lungo cercò l’energia al di fuori della deperibile Materia.

Giuseppe Sammartino, Cristo Velato, scultura in marmo, 1755. Napoli, Cappella Sansevero

Non lontano si potrà avere un’altra rivelazione: i resti del teatro antico dove recitò Nerone, incastonato in mezzo alle case moderne e ai portali di granito del ‘600. Quel teatro sepolto sotto e dentro la città dovrebbe accompagnare nella memoria il viaggiatore a Napoli, preparandolo a penetrare nei teatri di pietra che sorgono dovunque e nel teatro perenne delle strade. Così, sarà pronto a entrare in due straordinari teatri barocchi, là dove la religione si faceva incantamento e rapimento dei sensi: la chiesa di San Gregorio Armeno e la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, aperta solo in occasione del Maggio dei Monumenti.

Sepolcro di Don Pedro da Toledo. Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli. Incisione tratta da “Napoli e sue vicinanze - 1845”. Archivio Ciro La Rosa.

A San Giacomo il viaggiatore vedrà il monumento funebre a don Pedro de Toledo, forse il culmine di una visione del barocco ispano-napoletana, dove le mollezze e i languori del corpo femminile si sposano misteriosamente alla severità dell’aldilà, e dove il gelo della morte diventa fascinoso passaggio a un regno diverso, il regno della materia che si fa bellezza. A San Gregorio Armeno troverà invece lo stupore, la sorpresa della scenografia sognata da un regista pazzo di erotismo e di sacro: una fioritura di ori e volute come in un tropico della mente, una bomboniera abitata da civettuole credenti, una stanza da letto femminile che comunica con il cielo: ma un cielo che è steso come un velario di delizie, un luogo in cui l’Oriente ha accarezzato l’Occidente e si è trasformato nell’essenza del barocco.

Napoli, Museo del Tesoro di San Gennaro, San Nicola. 1670-80. Domenico Marinelli, argentiere.

E il viaggiatore dovrebbe aggirarsi per i Quartieri spagnoli, dove si ubriacavano i personaggi dei romanzi picareschi,e non perdersi luoghi aperti solo in questo maggio come la chiesa dei Gerolamini e la chiesa della Sanità, immerse nel brulicare di gente e di mercati all’aperto, il Palazzo Carafa, il palazzo Spinelli col suo cortile da teatrino d’opera buffa, la Cappella del Tesoro di San Gennaro, delirio di bronzo e lapislazzuli, argento e rame, nero e oro, e palazzo Donn’Anna: arrivandoci dal mare in barca, o contemplando da lontano il traforo di tufo sorto dall’acqua, sfaldato e cangiante a ogni luce e nuvola.

Caravaggio, Opere di misericordia, Pio Monte della Misericordia, Napoli - 1607

Presto il viaggiatore sentirà che gli interni di chiese e palazzi in cui risuonano profondi gli echi del passato, il Caravaggio al Pio Monte e la luce abbagliante di fuori, il caos esplosivo e la smania di godimento,i Ribera alla Certosa e le urla nei vicoli, bisogna sentirli come il contrappunto nella musica barocca: voci discordi ma inseparabili. Allora ogni pietra lucidata dai secoli gli parlerà di sangue e risa, ogni fregio di lacrime e gioia, ogni selciato di lava vulcanica di forza e instabilità. Allora la città-mondo e il viaggiatore si guarderanno e si toccheranno, e l’energia, fastosa e bruciante, arriverà come un dono.


Articolo di Giuseppe Montesano, Repubblica 24 aprile pag. 52. Immagini del Portale del Sud

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