Le Monografie storiche di Giuseppe Ressa

L'invasione e la fine delle Due Sicilie

L’esilio di Francesco II e sua morte

Francesco II e Maria Sofia nel 1865

 

Testo di Giuseppe Ressa

Editing e immagini a cura di Alfonso Grasso

Il venticinquenne Francesco II andò in esilio a Roma, ospite di Pio IX, alloggiò prima al Quirinale e poi, dal novembre 1862, a Palazzo Farnese (allora di proprietà dei Borbone).

Il 10 dicembre 1861 l’ambasciatore francese presso il papa, La Valette, fu incaricato da Napoleone III di convincere Francesco II a rifugiarsi in Francia in un castello promettendo, in cambio, che si sarebbe adoperato per favorire la restituzione del suo patrimonio personale che gli era stato sottratto indebitamente, il motivo di questo abboccamento era politico perché la presenza del Re nel territorio papale era un costante punto di riferimento per la reazione del popolo meridionale contro il nuovo ordine dei Savoia che stava assumendo un carattere estremamente preoccupante. per i  nuovi re. Francesco II respinse questa “proposta” e rispose: “Io sono un principe italiano illegalmente spogliato del suo potere, è qui l’unica casa che mi è rimasta, qui è un lembo della mia patria, qui sono vicino al mio Regno ed ai sudditi miei…..vengono chiamati assassini e briganti quegli infelici che difendono in una lotta diseguale l’indipendenza della loro patria e i diritti della loro legittima dinastia. In questo senso anche io tengo per un grand’onor di essere un briganteper ciò che concerne la mia fortuna confiscata…quando si perde un trono, importa ben poco perdere anche la fortuna…sarò povero come tanti altri che sono migliori di me ed ai miei occhi il decoro ha pregio assai maggiore della ricchezza”[1]

Poi, spinto dall’indomabile regina Maria Sofia, fece pervenire ai suoi rappresentanti diplomatici all’estero alcune note in cui manifestava il proposito di mettersi alla testa dei suoi sudditi per restituire l’indipendenza alle Due Sicilie ma il momento favorevole non venne mai ed egli sprofondò in un cupo fatalismo. Nel 1866, all’approssimarsi della guerra tra il nuovo regno d’Italia e l’Austria, Francesco II diede ulteriore prova della sua nobiltà d’animo (che peraltro, per i tempi correnti, fu un difetto più che un pregio in relazione alla difesa dei diritti dei cittadini del Sud e dei suoi, di sovrano); egli infatti, scontentando gli oltranzisti della sua corte, che vedevano finalmente l’occasione tanto attesa per riprendere il regno, scoraggiò un’ulteriore e definitiva insurrezione auspicando la concordia e la tranquillità.

L’anno successivo, il 1867, Francesco II sciolse il governo borbonico in esilio. Gli stati europei, uno dopo l’altro, lo abbandonarono al suo destino, avvallando il fatto compiuto; riconobbero il nuovo regno d’Italia (per ultima la Spagna, il 1° giugno 1865), malgrado le note di protesta diplomatiche del Re, così egli rimase sempre più solo; dal 1866 nessun diplomatico straniero mise più piede a palazzo Farnese eccezion fatta per l’austriaco Hubner.

Il 21 aprile del 1870 lasciò la Città Eterna mentre ancora c’erano episodi di “brigantaggio” nel suo ex regno, “ora comincia il vero esilio” commentò nel suo diario[2];  si trasferì a Parigi e poi in varie località europee, dove condusse una vita molto ritirata; era malato di diabete e morì, all’età di 58 anni, il 27 dicembre del 1894, ad Arco di Trento, cittadina che faceva ancora parte dell’impero asburgico, dove si era recato per le cure termali. Muore “In un albergo delle Alpi nel cuor dell’inverno all’ultimo confine d’Italia, quasi da tutti abbandonato, da tutti ignorato, mentre i suoi nemici stanno nelle gloriose sue capitali di Napoli e Palermo…e vi danno quegli esempi di una nuova morale…..”[3] . Solo allora gli abitanti del posto seppero che il cortese “signor Fabiani”, che ogni giorno assisteva alla Messa, recitava il Rosario, si metteva compostamente in fila con i contadini del luogo per baciare le reliquie, era il deposto re meridionale; gli furono tributate esequie solenni e tuttora esiste in quella località una via a lui intitolata (l’unica in Italia, recentemente la giunta partenopea ha risposto negativamente alla richiesta di inserirne una a Napoli).

L’ultima frase scritta nel diario personale, che redigeva quotidianamente dal 1862, sono del 24 dicembre “Lavoro un poco ma mi fatico”[4]; in quelle pagine, negli anni precedenti, aveva riportato tutta la sua amarezza per il destino che lo aveva costretto all’esilio dalla sua Patria, della quale ricordava i paesaggi quando questi assomigliavano a località straniere che ogni tanto visitava, ma soprattutto per la sorte del suo popolo, schiacciato dal malgoverno e dalla repressione armata del nuovo re Savoia. Nel corso della prima guerra mondiale, l’imperatore austriaco Carlo , preoccupato che la tomba di Francesco II non subisse danni dalla guerra, il cui fronte era vicino, ordinò il trasferimento della salma a Trento dove rimase per 6 anni. Finito il conflitto, la regina Maria Sofia chiese al governo italiano di poterla riportare ad Arco, ebbe risposta positiva “purchè la traslazione avvenisse in silenzio e senza pompa”, ma le cose si complicarono perché, con l’avvento del fascismo i suoi seguaci opposero un netto rifiuto. La regina Maria Sofia morì a Monaco di Baviera il 19 gennaio 1925 (aveva 83 anni), le sue spoglie, l’8 dicembre 1926, furono poste su un treno alla volta dell’Italia, a Trento fu caricato il sacello del marito Francesco II e furono tumulate, insieme a quelle dell’unica figlioletta, nella  chiesa di S. Spirito dei Napoletani di Roma da cui furono traslate il 10 aprile 1984 e trasportate finalmente a Napoli nella Chiesa di S. Chiara, il Pantheon dei Borbone. “Probabilmente Francesco avrebbe conseguito maggiori successi se nella sua indole ci fosse stata una vena di crudeltà; invece restava il “Figlio della Santa”[5], sempre cavalleresco, mite, cortese, pieno di fiducia nella bontà e nella sincerità altrui. Senza mai dubitare della giustezza della sua causa, perdette la partita per eccesso di virtù. Era un perfetto gentiluomo…disgraziatamente dalla parte opposta abbondava lo spirito aggressivo[6]

Come pretendente al titolo di Re delle Due Sicilie successe a Francesco II il fratellastro Alfonso, conte di Caserta e già colonnello nelle milizie pontificie dove “servì il Papa con fede di principe, con ardor di cristiano cattolico mirandissimo“[7]; egli cessò a fine secolo di distribuire le decorazioni di Casa Borbone; Alfonso è il bisnonno dell’attuale re di Spagna Juan Carlos di Borbone.  Alla sua morte (1934) gli successe, come Capo della Real Famiglia, il primogenito Ferdinando Pio, morto nel 1960; dei suoi figli maschi sopravvissuti, Carlo rinunciò al diritto di  successione nel 1900, per cui la linea dinastica passò a Ranieri (1883-1973) e, alla sua morte, al figlio Ferdinando (1926) tuttora vivente, che ha in Carlo Borbone, nato nel 1963 il suo legittimo erede.

I Savoia non permisero mai il ritorno dei Borbone dall’esilio cosa che invece fece la Repubblica Italiana dopo il riconoscimento della stessa da parte dei discendenti della casata meridionale. I Borbone Due Sicilie sono anche a capo dell’ordine cavalleresco più antico del mondo: Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, la cui origine risale all’imperatore romano Costantino il Grande, la cui Guardia imperiale era composta proprio dai Cavalieri Costantiniani.

Giuseppe Ressa


Note

[1] riportato da A. Insogna, op. cit., pag. 215  e segg.

[2] Aniello Gentile in “Da Gaeta ad Arco”, Arte Tipografica, 1988

[3] dalle memorie dell’Arciprete del luogo Chini, riportate da Aniello Gentile in “Da Gaeta ad Arco”, Arte Tipografica, 1988

[4] ibidem, pag. 240

[5] Maria Cristina, morta due settimane dopo il parto, proclamata Venerabile dalla Chiesa per la sua rettitudine e le sue opere di carità cristiana.

[6] Harold Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli, Giunti 1997, pag.583

[7] Gaetano De Felice, Il Re, Napoli 1895, pag. 24


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