Testo di
Giuseppe Ressa
Editing e immagini a cura di
Alfonso Grasso
Dopo gli oltre 20 anni di guerra tra la Francia rivoluzionaria-napoleonica e le altre nazioni europee, il Congresso di Vienna, iniziato nel 1814 e conclusosi nel 1815, basò il riassetto politico del vecchio continente sul “principio di legittimità” in virtù del quale ai sovrani spodestati venivano restituiti i loro possedimenti: in realtà esso fu applicato con molta “elasticità”. Ci furono molte modifiche territoriali per cui in Italia, ad esempio, la Repubblica di Genova fu aggregata, suo malgrado, al Piemonte in modo da creare uno stato cuscinetto in funzione antifrancese, la secolare Repubblica Veneziana non fu restaurata, il Regno Meridionale, pur avendo contribuito con uomini e mezzi a sconfiggere Napoleone, perse l’isola di Malta, punto strategico al centro del Mediterraneo, che divenne possedimento inglese e la giurisdizione dello Stato dei Presidi (che comprendeva Orbetello, Porto Ferraio, Porto Santo Stefano, Porto Ercole, porto Longone, l’isola di Giannutri e il promontorio del Monte Argentario), non ottenne neanche l’inglobamento delle enclavi papali di Benevento e Pontecorvo; il regno del Sud era formalmente indipendente dal 1734 ma, nella sfera geopolitica europea “la gerarchia internazionale di grandi e piccoli stati era cosa fatta, e il Regno, pur autonomo, continuava ad essere dentro un gioco internazionale e commerciale che controllava molto parzialmente, poteva soltanto subirlo, adattandosi alla sponda spagnola o austriaca o inglese”
[1].
Re Ferdinando, quindi, pagò a caro prezzo il suo reintegro sul trono, dovette rinunciare a Malta in favore dell’Inghilterra “…
il punto dei miei diritti di sovranità su Malta deve cedere all’interesse maggiore, di cui oggi si tratta, qual è quello di riavere il mio Regno di Napoli” la quale imponeva anche (con convenzioni firmate nel 1816 e 1817) la riduzione del 10% sui diritti doganali di importazione dei suoi prodotti, nonché la concessione dello status commerciale di “nazione più favorita”. Ma non basta, il re meridionale dovette firmare il 12 giugno 1815 un trattato segreto con l’Austria, in base al quale si impegnava a non mutare le istituzioni politiche delle Due Sicilie ed a fornire alla potenza danubiana un contingente di 25mila uomini (poi ridotti a 13mila il 4 febbraio 1819) in caso di guerra. In ottemperanza a quanto deciso dal Congresso di Vienna, Ferdinando di Borbone emanò uno speciale decreto in cui
unificava i regni di Napoli e di Sicilia nel nuovo Regno delle Due Sicilie.
Nei giorni 8 e 11 dicembre 1816 la costituzione siciliana del 1812 veniva soppressa e con essa gli istituti parlamentari indipendenti, il regno di Sicilia cessò di esistere e venne accorpato nel neonato Regno delle Due Sicilie: il re assunse, così, il titolo di Ferdinando I re del Regno delle Due Sicilie (in precedenza era contemporaneamente re di Napoli e di Sicilia).
Giuseppe Ressa