Testo di
Giuseppe Ressa
Editing e immagini a cura di
Alfonso Grasso
Era un settore notevolmente
sviluppato e di gran pregio, a Napoli, a
Castellammare, a Tropea, a Teramo, in Puglia; anche
cuoi esteri giungevano nel regno per l’ultima
finitura, erano prodotti finimenti di cavalli e
carrozze, selleria, stivali, suole per scarpe
comuni, cuoi di lusso, esportati in Inghilterra,
Francia, America; le concerie censite, nel 1857,
erano in tutto 51.
Nell’ambito della lavorazione delle
pelli ci si specializzò nella produzione di
guanti (se ne producevano il quintuplo di
Milano, Torino e Genova messe assieme, nel 1855 si
arrivò a 700mila paia annui, seconda produzione
europea dopo la Gran Bretagna, nel 1860 a 850mila
paia). Questa lavorazione, prevalentemente svolta da
personale femminile, attribuirà il nome ad uno dei
più popolari quartieri di Napoli, i guanti
napoletani erano reputati i migliori d’Europa,
costavano meno di quelli prodotti in Francia, per
questo si esportavano ovunque, anche in Inghilterra
dove l’Arsay, redigendo le leggi del perfetto
gentiluomo, asseriva la necessità dell’uso di sei
diverse paia di guanti al giorno.
Giuseppe Ressa |