Testo di
Giuseppe Ressa
Editing e immagini a cura di
Alfonso Grasso
Tra le duecento fiorentissime cartiere meridionali
dell'epoca, ricordiamo quella celebre di Fibreno, la
più grande d'Italia e una delle più note d'Europa con
500 operai dove si producevano carta bianca, cartoni
e carta da parato, oltre a quelle del Rapido, della
Melfa, della costiera amalfitana (che per prime ne
avevano appreso l’uso dagli Arabi); nella sola valle del
Liri
, che era il comprensorio piu’
importante del regno, il giro d'affari delle nove
cartiere della zona era di 8-900 mila ducati annui
grazie agli ingenti investimenti fatti per dotarle delle
migliori tecniche dell'epoca. Già ben prima dell'unità,
le cartiere avevano destato l’ammirazione dei più grossi
industriali del ramo; nel 1829 Niccolò Miliani
proprietario delle note cartiere di Fabriano, venne al
Sud nella Valle del Liri e si meravigliò di vedere “un
foglio di carta come un lenzuolo”, si chiedeva “come
diavolo si potevano ottenere formati così grandi".
Le cartiere del Sud,
grazie all’elevata qualità del prodotto esportavano in
misura notevole, oltre che nell’Italia settentrionale,
anche a Londra malgrado costi di trasporto assai
gravosi. “Strettamente collegate a quelle della carta
erano le “industrie” dei libri, le tipografie: oltre 400
i titoli pubblicati annualmente (un vero primato per
l’Italia del tempo), 2500 circa gli addetti (113 le
stamperie attive solo a Napoli intorno alla metà
dell’Ottocento). Decine i giornali e le riviste
scientifiche e culturali anche specialistiche, un
centinaio addirittura i giornali e i giornaletti”
Giuseppe Ressa
Annotazione di V. Demarco, Il crollo del Regno delle Due Sicilie, (Napoli 1960)
che parla di 2.000 operai nelle nove cartiere del Liri. Sul carattere avanzato
delle cartiere meridionali v. Barbagallo C., Le origini della grande industria
contemporanea (Firenze 1951), p. 436 (a p. 422 si nota il carattere arretrato
delle cartiere lombarde), Luzzatto G., L’economia italiana dal 1861 al 1894
(Torino 1968).
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