Testo di
Giuseppe Ressa
Editing e immagini a cura di
Alfonso Grasso
Costituiva, in valore, la seconda fonte delle
esportazioni del regno delle Due Sicilie (dopo i
prodotti dell’agricoltura con l’olio in testa); era
composta da tre settori principali: quello del cotone,
della lana e della seta: prima dell’unità il settore
cotoniero vantava, al suo vertice, quattro
stabilimenti nella parte continentale del regno ed uno
in Sicilia con 1.000 o più operai ciascuno (1425
lavoravano per VonWiller a Salerno, 1160 in un’altra
filanda della provincia, 1129 nella filanda di
Pellezzano, 2159 nella Egg di Piedimonte Matese di cui
200 erano fanciulle bisognose del Regio Albergo dei
Poveri di Napoli, e un migliaio nella Aninis-Ruggeri di
Messina).
Nello stesso periodo gli stabilimenti lombardi a stento
raggiungevano i 414 operai della filatura Ponti; a
Biella erano occupati 1600 operai
,
a Torino nelle industrie miste di cotone e lana ne erano
occupati 3744 mentre, contemporaneamente, nel
Salernitano, comprensorio in cui si concentrò per
eccellenza l’industria tessile meridionale, gli operai
addetti alle fabbriche di tessuti erano 10.244 dei quali
1606 avevano la qualifica di “Capo d’Arte”;
nei tre principali stabilimenti salernitani erano attivi
50mila fusi contro i 100mila di tutta la regione
Lombardia; per questi motivi la provincia di Salerno
venne definita, dal suo intendente, come la “Manchester
delle Due Sicilie”. L’industria tessile era comunque
capillarmente diffusa in tutto il regno: molti
lavoratori erano impiegati negli stabilimenti della
valle del Liri, di cui il più importante era la fabbrica
Zino che aveva l’appalto per le uniformi dell’esercito,
e nel circondario di Sora
,
al momento dell’unità erano 12mila nella sola zona del
fiume Liri su una popolazione di 30mila abitanti, ad
Arpino (vicino Sora) vi erano 32 fabbriche che
impiegavano oltre 7mila operai
;
altre svariate migliaia lavoravano in Abruzzo, Calabria,
Basilicata e Puglia; “Un particolare riferimento va
fatto per il lino e la canapa: con quest’industria,
nella quale trovavano impiego ben 100.000 tessitrici e
60.000 telai, fu così dato lavoro a tutto un mondo
rurale prevalentemente femminile”
All’esposizione italiana di Firenze del 1861, lo
stabilimento tessile di Sarno risultò essere il più
grande della penisola nella produzione del lino. Il
medesimo sviluppo coinvolge la produzione della lana
grazie al miglioramento degli allevamenti, sono inoltre
introdotti molti capi di razza “merino” e la manifattura
conserva prevalentemente i caratteri di industria
domestica per il parziale processo di trasformazione del
manufatto.
Il Sud è invece nettamente svantaggiato, in confronto al
Nord, per la produzione della seta ove incide solo per
il 17.5% della produzione complessiva italiana ma in
seguito all’incremento di nuove piantagioni di gelsi ed
all’allevamento del baco si ha dal 1835
un rinnovato sviluppo; le filande sorgono in Calabria
(la maggiore produttrice di seta grezza), in Lucania, in
Abruzzo. Notissimo in tutta Europa era l’opificio di San
Leucio (600 addetti, 130 telai per la seta e 80 per i
cotoni) che introdusse, come novità, il fatto di riunire
tutte le fasi della lavorazione della seta, dalla
coltivazione dei gelsi, all’allevamento del baco da
seta, fino al manufatto finito, si producevano prodotti
serici di primissima qualità acquistati da tutte le
corti europee.
Fu creato da re Ferdinando, nel 1789, ed era
retto da uno Statuto dettato personalmente dal
sovrano e rifinito dai suoi giuristi, che risentiva
fortemente delle idee illuministe di Rosseau e che fu
magnificato in tutta Europa. Esso prevedeva, per ogni
membro della comunità, con decenni di anticipo sulle
prime leggi inglesi del lavoro: casa, strumenti di
lavoro, assistenza medica, istruzione obbligatoria per
tutti i bambini dopo i 6 anni, pensione di invalidità e
di vecchiaia, mezzi di sussistenza per la vedova e gli
orfani dei lavoratori, “né resti esclusa la femmina
dalla paterna eredità ancorché vi siano i maschi”;
per questi motivi San Leucio fu definita dai posteri: “la
repubblica socialista” dove persino il vestiario era
uguale per tutti gli addetti (anche il sovrano ne era
obbligato quando la visitava). La stessa Eleonora de
Fonseca Pimentel, successivamente protagonista della
Repubblica Napoletana, dedicò a Ferdinando di Borbone,
in occasione della pubblicazione del regolamento della
colonia serica, un sonetto, in cui celebrava il re quale
“novello Numa, nuove leggi detta”. Ricordiamo
anche gli stabilimenti di Nicola Fenizio che davano
lavoro a più di 4mila persone e la cui produzione era
largamente esportata in tutto il mondo, raggiungeva un
tale grado di perfezione che i concorrenti americani
arrivarono a contraffarne il marchio.
Giuseppe Ressa
In quell’anno si giunge a produrre circa 1.200.000 libbre (pari a 400.000 Kg.)
di seta grezza, particolarmente pregiata.
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