I fieri assalti di crudel Fortuna
I fieri assalti di crudel Fortuna
scrivo, piangendo la mia verde etate,
me che 'n si vili ed orride contrate
spendo il mio tempo senza loda alcuna.
Degno il sepolcro, se fu vil la cuna,
vo procacciando con le Muse amate,
e spero ritrovar qualche pietate
malgrado de la cieca aspra importuna;
e, col favor de le sacrate Dive,
se non col corpo, almen con l'alma sciolta,
esser in pregio a più felici rive.
Questa spoglia, dove or mi trovo involta,
forse tale alto re nel mondo vive,
che 'n saldi marmi la terrà sepolta.
D’un alto monte onde si scorge il
mare
D’un alto monte onde si scorge il mare
miro sovente io, tua figlia Isabella,
s’alcun legno spalmato in quello appare,
che di te, padre, a me doni novella.
Ma la mia adversa e dispietata stella
non vuol ch'alcun conforto possa entrare
nel tristo cor, ma, di pietà rubella,
la calda speme in pianto fa mutare.
Ch’io non veggo nel mar remo né vela
(così deserto è l infelice lito)
che l’onde fenda o che la gonfi il vento.
Contra Fortuna alor spargo querela,
ed ho in odio il denigrato sito,
come sola cagion del mio tormento.
Ecco ch'un'altra volta
Ecco ch'un'altra volta, o valle inferna,
o fiume alpestre, o ruinati sassi,
o ignudi spirti di virtute e cassi,
udrete il pianto e la mia doglia eterna.
Ogni monte udirammi, ogni caverna,
ovunq'io arresti, ovunqu'io mova i passi;
chè Fortuna, che mai salda non stassi,
cresce ogn'or il mio male, ogn'or l'eterna.
Deh, mentre chì'io mi lagno e giorno e notte,
o fere o sassi, o orride ruine,
o selve incolte, o solitarie grotte,
ulule, e voi del mal nostro indovine,
piangete meco a voci alte interrotte
il mio più d'altro miserando fine.
Scrissi con stile amaro
Scrissi con stile amaro, aspro e dolente
un tempo, come sai, contro Fortuna,
si che null’altra mai sotto la luna
di lei si dolse con voler più ardente.
Or del suo cieco error l’alma si pente,
che in tai doti non scorge gloria alcuna,
e se de’ beni suoi vive digiuna,
spera arricchirsi in Dio chiara e lucente.
Né tempo o morte il bel tesoro eterno,
né predatrice e violenta mano
ce lo torrà davanti ai Re del cielo.
Ivi non nuoce già state né verno,
che non si sente mai caldo né gielo.
Dunque, ogni altro sperar, fratello, é vano.
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Valsinni |
Isabella
Morra (1520? –
1548?) da Favale (odierna Valsinni MT) era di nobile famiglia e morì a
soli 28 anni, uccisa insieme con il suo precettore Don
Diego, nobiluomo e poeta. I suoi assassini furono i fratelli, accecati
dal sospetto di una relazione tra i due. |