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La monetazione in Magna Grecia

di Alfonso Andreotti

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Si ringrazia l'ing. Alfonso Andreotti di averci concesso le immagini ed i testi della pagina. Si ringrazia anche l'ing. Alfonso Barbato, autore dei scatti fotografici.

L’idea di battere moneta nacque 600 o 700 anni a.C. in Anatolia, l’attuale Turchia, più precisamente nel regno di Lidia.

Le prime monete erano già fabbricate per “coniazione”, utilizzando cioè un principio non dissimile a quello usato ancor oggi: un “tondello” di metallo incandescente veniva posto tra un “conio di incudine” ed un “conio di martello”; veniva poi data una martellata sul quest’ultimo, imprimendo così sul metallo le effigi che erano incise sui due coni. Non esistendo uno stampo di contenimento, i bordi della moneta erano irregolari e spesso le immagini erano mal centrate, ma il peso della moneta era comunque molto accurato e costante… Era il peso infatti a garantirne il valore.

Le prime monete erano di “elettro”, una lega naturale di oro ed argento che si rinveniva nei fiumi dell’Anatolia: ciò però costituiva un problema, poiché già in epoca antica l’oro era molto più prezioso dell’argento, e la percentuale dei due metalli nella lega era variabile… La soluzione al problema fu escogitata, secondo la tradizione, dal mitico Creso, re di Lidia, alla metà del VI secolo a.C.: Creso, molto semplicemente, decise di coniare separatamente monete d’oro e monete d’argento…

Subito le città greche della Ionia (cioè le colonie fondate dai Greci sulle coste turche) capirono i vantaggi della nuova monetazione bimetallica ed adottarono l’uso delle monete, coniando grandi quantità di monete d’argento.

Entro pochi decenni non vi fu città Greca in cui non si coniassero monete… ciò, ovviamente, riguarda anche le città della Magna Grecia, che iniziarono, a partire dalla fine del VI secolo a.C., una serie di emissioni spettacolari di monete d’argento: ogni città aveva i propri simboli, che identificavano la moneta come emessa dalla zecca cittadina, anche se esistevano molte varianti.

Erano in uso nel mondo greco diversi sistemi ponderali monetari leggermente diversi tra di loro, ma la base era costituita dalla “dracma”, che aveva un peso di circa 4 g.

L’abitudine però era di coniare multipli della dracma, in particolare “stateri” o “didrammi” (del peso di circa 7-8 g.) o “tetradrammi” (del peso di 15-17 g.).

Le colonie greche in Italia coniavano specialmente stateri: le prime emissioni di alcuni di questi stateri, come quelli di Metaponto, raffiguranti la spiga, o quelli di Crotone con il tripode, erano di una tipologia del tutto particolare. Essi avevano infatti da entrambi i lati la stessa raffigurazione: da un lato impressa in rievo, dall’altra incavata. Queste monete, chiamate “incuse”, furono coniate solo da poche città greche dell’Italia meridionale per un periodo di circa 50 anni, a cavallo del 500 a.C., e furono tra le prime monete coniate in Italia.

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Statere incuso in argento di Metaponto, di stile arcaico (circa 500 a.C.). Su entrambe le facce è raffigurata la spiga di frumento, simbolo della città per tutto il periodo in cui fu attiva la zecca. Quando questo statere fu coniato, la monetazione in Magna Grecia era iniziata da non più di 30 anni.

Poiché le città della Magna Grecia batterono moneta per alcuni secoli – grossomodo dal 500 a.C. fino a quando vennero via via conquistate dai Romani, nel corso del III secolo a.C. – lo stile dell’incisione del conio varia di conseguenza: le prime emissioni sono di stile “arcaico”, per passare poi allo stile “classico” ed infine a quello “ellenistico”.

Tuttavia, pur evolvendo lo stile, rimaneva talvolta del tutto invariato il soggetto: infatti ciascuna città aveva un simbolo che, rappresentato sulle monete, le rendeva immediatamente riconoscibili: vediamone alcuni esempi.

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Statere in argento di Taranto, di stile classico (circa 300 a.C.). Su di una faccia è raffigurato Taras salvato da un delfino, simbolo della città; sull’altra è raffigurato un giovane a cavallo. Taranto, allora la più importante città del Sud Italia, raffigurava spesso un cavaliere sulle proprie monete: la cavalleria tarantina infatti era molto rinomata e fu lo strumento con cui la città guadagnò la supremazia.

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Statere in argento di Napoli, di stile classico (circa 300 a.C.). Su di una faccia è raffigurata la ninfa Partenope, patrona della città; sull’altra è raffigurato un toro con testa umana: questo tipo di moneta venne coniato per molti anni.

Moneta di Crotone. Clicca sull'immagini per ingrandire

Statere “suberato” di Crotone, di stile classico. Su di una faccia è raffigurato un tripode, simbolo della città; sull’altra è raffigurata un’aquila. Questa moneta, emessa prima del 277 a.C. (anno in cui la città cadde sotto la dominazione romana) rappresenta l’estremo tentativo di mantenere la propria indipendenza: esaurite le possibilità finanziarie la zecca emette infatti monete in rame ricoperto da una leggera lamina d’argento – definite oggi “suberati”. Sotto il tripode si intravede il rame che affiora.

Le città greche della Sicilia, al contrario di quelle del Sud Italia, non coniarono monete “incuse” prediligendo la coniazione di tetradrammi di tipo più tradizionale… in particolare Siracusa, la più potente città della Magna Grecia, iniziò l’emissione di un’impressionante serie di monete che costituiscono probabilmente la serie artisticamente più avanzata dell’intera storia numismatica di tutti i tempi: i tetradrammi siracusani più tipici raffiguravano da un lato la testa della ninfa Aretusa, patrona della città, contornata da 4 delfini, dall’altro una quadriga, anche se la varietà della monetazione siracusana è notevole.

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Tetradramma in argento di Siracusa (circa 480 a.C.). Sulla faccia principale è raffigurata la testa della ninfa Aretusa, contornata da 4 delfini: l’incisione è ancora di tipo arcaico, successive emissioni di questi tetradrammi sono considerate tra le più belle monete mai coniate.

Altre città siciliane ebbero una vasta produzione di monete, ad esempio Agrigento, che emise dei bellissimi stateri raffiguranti il granchio e l’aquila, oltre a vari altri tipi.

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Statere in argento di Agrigento, di stile arcaico (circa 500 a.C.). Su di una faccia è raffigurato il granchio, simbolo della città; sull’altra è raffigurata un’aquila.

Anche se raramente, oltre all’argento le città della Magna Grecia fecero qualche emissione in “elettro”, tornando ad una pratica arcaica. Queste monete in elettro erano di stile particolarmente raffinato.

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Moneta da 50 litre in elettro di Siracusa (circa 350 a.C.). Sulla faccia principale è raffigurata la testa di Apollo; sul retro un tripode, simile a quello di Crotone.

La più importante innovazione da attribuire alla Magna Grecia fu però l’introduzione di un nuovo materiale nell’ambito della monetazione: infatti fu proprio nel sud Italia ed in Sicilia che si incominciò, circa 400 anni prima di Cristo, a coniare “spiccioli” utilizzando bronzo. Fino ad allora le città greche, tra cui Atene, erano solite coniare sottomultipli della dracma sempre in argento, diminuendone le dimensioni fino al punto di emettere monete poco più grosse della capocchia di uno spillo…

Moneta di Reggio. Clicca sull'immagini per ingrandire

Moneta in bronzo, di Reggio (circa 300 a.C.). Sul fronte è raffigurata la testa di Apollo, sul retro lo “scalpo” di leone, simbolo ricorrente sulle monete di questa città. Quando questa moneta fu coniata la monetazione in bronzo non era iniziata se non da pochi decenni.

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Moneta in bronzo, di Entella (circa 340 a.C.). Sul fronte è raffigurata la testa di Demetra, sul retro il pegaso. Entella, all’epoca della coniazione di questa moneta, era sotto il dominio di un gruppo di mercenari Campani che, rimasti senza “impiego”, si erano impadroniti della città.

Quando poi Roma, città di agricoltori e pastori che non conoscevano in pratica l’uso del denaro, venne in contatto con il mondo della Magna Grecia, ne adottò il tipo di monetazione. Incominciò così ad emettere, all’epoca delle guerre puniche (230 a.C. circa) una serie di didracme, definite “romano-campane” di cui il tipo più caratteristico raffigurava da un verso il capo di Giano bifronte, dall’altro una quadriga…. da cui il nome di “quadrigati”. Solo un centinaio d’anni dopo nacque il denaro, la tipica moneta romana di epoca tardo repubblicana ed imperiale, che seguiva un suo tipo ormai originale.

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