Paganica
L'AQUILA - Si sono riuniti ieri alle 18,
puntuali. I consiglieri della "Circoscrizione n.10 -
Paganica" sono stati convocati dal loro presidente, Ugo
De Paulis, per discutere questioni importanti, elencate
nell'Odg con protocollo numero 41.
"Richiesta recupero macerie e riapertu a
percorsi nel centro storico. Richiesta autorizzazione
per posizionamento temporaneo chiesa in legno in
località San Giustino. Richiesta case in legno per
Pescomaggiore, Paganica e altre località della
Circoscrizione". Il presidente De Paulis è scuro in
volto. "Ma come si fa a discutere di "recupero macerie"
il 14 settembre, cinque mesi e mezzo dopo il terremoto?
Perché dobbiamo chiedere oggi che ci portino casette di
legno in cui ripararci e una chiesa fatta con assi di
pino per pregare? Paganica è stata sigillata il 6
aprile, come un pacco postale, e ancora non è stata
riaperta. Si doveva discutere il 7 o 8 aprile, questo
ordine del giorno. Solo così avremmo potuto
ricominciare".
Oggi il premier Silvio Berlusconi
arriverà a due chilometri da qui. Consegnerà 94 alloggi
in casette di legno - costruite dalla Provincia di
Trento con un finanziamento della Croce rossa - ai 200
sopravvissuti di Onna. Lenzuola firmate, una torta con
spumante e un biglietto di auguri: "Serena vita nella
nuova casa". "E così - dice Ugo De Paulis - chi guarda
la tv penserà che qui tutto è stato risolto. E invece
Paganica sta morendo e come noi stanno morendo i centri
storici dell'Aquila e delle sue 64 frazioni. C'è anche
chi sta peggio di noi: nel centro di Tempera, ad
esempio, non è rimasta pietra su pietra. E pure noi
rischiamo di perdere tutto: un centro senza abitanti
diventa un cimitero. Le case che sono rimaste in piedi
rischiano di essere abbattute dalle altre abitazioni
pericolanti".
Manca solo la cenere, nella nuova Pompei
di Paganica.
Le strade sono però invase da pietrisco e
polvere portate giù dalla parte alta del paese dagli
ultimi temporali. Come in una macchina del tempo, sembra
di tornare al 6 aprile. Il silenzio è assoluto. In via
Roma 2 c'è una casa di tre piani i cui muri si stanno
piegando verso un'abitazione più bassa, intatta, al
civico 3. Una scossa, o il vento di una burrasca,
faranno crollare i muri e distruggere anche la casa
agibile. Nel vicolo Sdrucciolo dei Perigli ci sono metri
di macerie. Anche vico del Golfo è bloccato dalle
pietre. In vicolo del Pizzicagnolo le macerie coprono
una Fiat bianca. In via degli Angeli il palazzo al
civico 44 sta crollando sulle case del 38 e del 40.
"Ormai l'inverno è alle porte e ci chiediamo: cosa
troveremo a primavera? Qui bisogna portare via le
macerie, abbattere le case pericolanti, riaprire almeno
alcune strade. Si sono persi troppi mesi e noi stiamo
perdendo anche la speranza di rientrare nelle nostre
case. Nel disastro, eravamo stati fortunati. Abbiamo
avuto cinque morti, a Paganica, ma solo perché quella
sera c'era la Via Crucis nel centro storico e alle 23,
quando si stava tornando a casa, è arrivata una forte
scossa. Tanti allora si sono messi a dormire in macchina
o nelle aie".
Ci sono ancora le locandine sui muri.
Annunciano i "Festeggiamenti in onore di S. Giustino
patrono e Santa Maria d'Appari". "Fino al 1927 eravamo
un Comune - dice Ugo De Paulis - ora siamo una frazione
e non contiamo nulla. L'Aquila pensa solo a se stessa.
Le ordinanze che autorizzano i lavori sono arrivate
soltanto a luglio, i soldi per la ricostruzione sono
stati stanziati solo per le case fuori dalle "zone
rosse". Questo, per Paganica e tutti gli altri centri, è
un certificato di morte".
Ottomila abitanti, nella circoscrizione.
Tremila nelle tende, 2.000 al mare, 3.000 nelle case o
"lì attorno, dentro a casette o container".
Milleottocento persone andranno nella Case con le
piattaforme antismiche, gli altri passeranno l'inverno
in hotel o in quelle case che, come per miracolo, sono
tornate agibili. In tutto l'aquilano fino a tre giorni
fa non si poteva entrare nelle abitazioni classificate B
e C, poi un'ordinanza ha stabilito che si può rientrare
mentre sono ancora in corso i lavori di riparazione.
Fatti i conti, ci si è accorti che i 15.000 posti letto
nelle Case (che dovrebbero essere pronti entro Natale)
non sarebbero bastati per le 36.354 persone ancora
assistite dalla Protezione civile in tendopoli, hotel o
case private. "Siamo allo sbando - dicono i Comitati
dell'Aquila, 3,32, Rete Aq, Collettivo 99 e Colta, in
una lettera inviata al Presidente della Repubblica -
perché non si è saputo e non si è voluto dare priorità
alla ricostruzione ma alla costruzione del nuovo. E così
le comunità sono smembrate e il centro storico resta
immerso in un silenzio spettrale".
Onna
Anche le "zone rosse" di San Gregorio,
Fossa, San Demetrio e di decine di altri Comuni e
frazioni sono ferme, come in un tragico flashback,
all'alba del 6 aprile. "Noi della Protezione civile -
dice Bernardo De Bernardinis, vice capo del dipartimento
- abbiamo dovuto affrontare l'emergenza, e l'abbiamo
fatto. Entro la fine dell'anno 25 - 30.000 persone
avranno un tetto, non un container. Nel centro storico
aquilano abbiamo lavorato per la messa in sicurezza di
chiese ed edifici pubblici. Anche in altri centri stiamo
lavorando perché si possano raggiungere, in sicurezza,
le case ancora agibili. Ma per la ricostruzione del
centro storico aquilano il sindaco è il soggetto
attuatore. E per tutta la ricostruzione, quella detta
pesante, la delega è affidata al presidente della
Regione, sempre in concerto con il sindaco". Ma c'è chi
non vuole più aspettare. "In queste ore - dice Eugenio
Carlomagno, direttore dell'Accademia di Belle arti e fra
i fondatori dell'associazione Centro storico da salvare
- si sta discutendo ancora dove mettere le macerie della
città, come se la scossa fosse arrivata ieri. Il sindaco
aspetta Renzo Piano e gli architetti giapponesi. Noi
diciamo che qui non deve arrivare nessuno: dobbiamo
darci da fare, e subito. Facciamo consorzi, fra pubblico
e privato, cominciamo a togliere le macerie, ad
abbattere le parti pericolanti, a ricostruire. L'inverno
è alle porte. La neve negli anni scorsi è stata tenuta
lontano dal centro storico perché 20.000 camini
buttavano calore. Quest'anno i camini sono spenti e
rotti, e faranno entrare la pioggia. Il freddo - qui si
va anche a meno 10 - farà gelare l'acqua e spaccherà le
pietre. Alcuni privati hanno cercato di coprire i tetti
rotti con dei teloni di plastica, ma il primo vento
forte li spazzerà via. E si buttano via i soldi. Si
spendono anche 300.000 euro per mettere in sicurezza un
palazzo, poi se ne dovranno spendere 150.000 per
smontare i ponteggi e solo allora si farà
l'abbattimento. Perché non farlo subito, questo
abbattimento?". La speranza è ormai merce rara, fra le
antiche pietre dell'Aquila. "Le banche hanno fatto un
accordo con la Cassa depositi e prestiti per finanziare
con 2 miliardi la ricostruzione. Ma noi del centro
storico siamo tagliati fuori. Quando saremo autorizzati
a chiedere un finanziamento, ci diranno: siamo
spiacenti, i denari sono finiti".
La Repubblica,
15 settembre 2009