Poemetti "L'impenitente XI"
Odio, nol nego, e di
sì fosche bende
L'ira talor gli acri
miei sensi allaccia,
Che con furor di
flutti il cor si caccia
Contro chi il giusto
opprime e il vero offende.
Ma come prima a'
torvi occhi s' affaccia
L'Idea che le mie
notti unica accende,
Ecco, Amor torna, e
in cerula bonaccia
Sotto a lui la
selvaggia anima splende.
Così, volgo maligno,
entro il mio core,
Nell'opre mie, ne'
detti miei sfavilla
Con alterna costanza
odio ed amore :
Non l'amor tuo, che
il mondo gabba e i santi;
Non l'odio tuo, che
frigido distilla
Da la lingua de'
preti e de' pedanti. |
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Nox
Dice il mare alla
notte: O paurosa
Ombra, che invadi i
miei torbidi baratri,
Che chiedi, o paurosa
ombra, da me?
Se nel tuo cavo sen
dorme ogni cosa,
Perché più fiero a te
sorge il mio gemito?
Questo perpetuo
fluttuar perché?
Dice alla notte il
core: Ombra infinita,
Che gravi intorno a
me, ch'entro a me penetri
Perchè contendi a le
mie brame il ciel?
Se di sole e d'amor
l'anima è ordita,
Perchè il vero a'
miei stanchi occhi s'ottenebra?
Perchè, se pace io
vo' s'apre un avel?
Tacito sopra i
baratri marini,
Su' baratri del cor
tacito stendesi,
Stendesi dell'immensa
ombra l'orror;
Danzan nell'ombra i
fati adamantini
E perpetuamente i
flutti gemono,
Perpetuamente si
querela il cor. |
[…] Versi politici e sociali,
inspirati da avvenimenti attuali e quindi caldi d' ironia o di
sdegno essi non hanno un grande valore: sono poi quasi tutti
superati dall'idea che vi si agita. Offrono queste liriche
accentuatissimo il fenomeno che ho già notato altrove: non ve n' è
di compiutamente belle nè di compiutamente brutte. Quelle che
appaiono migliori, hanno qua e là versi tirati via e immagini
barocche: le più condannabili hanno strofe ed espressioni di non
comune bellezza. La vendetta sociale, l'anticlericalismo, l'odio di
classe li inspirano tutte. I mietitori che falciano le messi per
l'altrui mensa, i minatori che muoiono per arricchire i potenti,
gettano l' urlo della vendetta, sembrano rievocare, con la voce del
poeta, il vespro siciliano per la nuova rivolta. [Stralcio del
saggio critico di Vincenzo Picardi, deputato del Regno
d’Italia, 1913] leggi tutto in
http://rapiasrdi.altervista.org/critica_a_rapisardi.htm
“Questione
fra settentrionali e meridionali d'Italia
Mario Rapisardi
Non avendo
né voglia né autorità di far lungo discorso
sull'immancabile questione fra settentrionali e
meridionali d'Italia, mi restringo ad osservare che dal
fraterno dissidio a me paiono principalmente colpevole i
primi, che le Provincie nostre han considerato sempre
come terra di conquista; e precipua cagione dei loro
falsi giudizi è l’ ignoranza lacrimevole che essi hanno
della nostra storia, della condizione del nostro popolo,
della vita insomma e dell'esser nostro: ignoranza
gradita alle camorre più o meno politiche e industriali,
che ne fan prò ; alimentata stoltamente da un branco di
novellatori che ci descrivono, per partito preso e per
ragion di mestiere, come un popolo di accoltellatori e
di bruti ; suggellata e quasi santificata dai
biciclettisti di una scienza novissima, che ci ha
marchiati e gabellati per barbari e condannati a
barbarie perpetua.
Ma le male arti dei
diffamatori, dei calunniatori e dei mestieranti hanno
ormai tanto di barba; e il popolo se ne accorge e ne
freme.
La parola d'ordine
«Unione e non unità» si va, dopo quarantanni
d'esperienza, facendo strada nell'animo degli onesti; e
coloro che ci voglion tenere in perpetua tutela, per
dissanguarci a lor comodo, si accorgeranno finalmente
che le province meridionali, e la Sicilia in ispecie,
non hanno mai tollerato a lungo le male signorie.
Ci pensi e provveda
chi può.” |
Pensieri e
giudizi
Mario Rapisardi è comunemente
conosciuto solo come poeta, e molti ignorano il Rapisardi prosatore.
Si consiglia pertanto la lettura del suo “Pensieri e giudizi”, in
una rarissima edizione liberamente scaricabile dai links
sottostanti. L’opera racchiude vari pensieri e giudizi filosofici
artistici politici sociali, in gran parte tratti dai discorsi di
Rapisardi agli studenti, ai lavoratori, alla folla che lo amava.
Forse alcuni giudicheranno queste pagine, come di cose oramai
desuete. Ma quanti hanno il cuore aperto alle più belle
manifestazioni della vita, udranno echeggiare in questo libro la
voce carezzevole di un amico buono, il quale fu uomo di eroica
tempra, che ebbe fede inconcussa nei destini umani, nonché di
pensiero estremamente attuale.
Scarica il libro (formato pdf):
Parte 1ª -
Parte 2ª
Mario Rapisardi muore
nel 1912 a Catania: al suo funerale parteciparono oltre
150.000 persone, con rappresentanze ufficiali che
giunsero addirittura da Tunisi. Catania tenne il lutto
per tre giorni. Nonostante questo, a causa del veto
opposto dalle autorità ecclesiastiche, la sua salma
rimase insepolta per quasi dieci anni in un magazzino
del cimitero comunale. |
“Rapisardi, un poeta della Natura e del Mistero”
Saggio di Nunzio
Vaccalluzzo, ed. R. Sandron 1930 (indispensabile per
capire il Poeta)
"A un amico che gli
consigliava di fare una scelta delle sue poesie, perchè
avec un gros bagage on ne va pas à la postérité, il
Rapisardi rispose col sonetto «Precipita la notte»,
fiero di non rinunziare a nessuna delle sue chimere, pur
preferendo per l'arte il Giobbe, le Religiose, i
Poemetti. Giudizio meritevole di attenzione, in quanto
che l'affetto paterno per l'opera propria non gl'impedì
di distinguere in essa due periodi, uno anteriore e
l'altro posteriore al Giobbe. Pochi sono i poeti che
hanno la fortuna di trovar subito, quasi sull'uscio di
casa, l'ideale che accenda la loro coscienza e ispiri la
loro fantasia. Il Rapisardi tale fortuna non l'ebbe:
anzi n'ebbe una non so se più bizzarra o crudele; che
dopo d'essere stato applaudito per i suoi versi
giovanili, quando si credette poi maturo per l'arte, fu
così combattuto e vilipeso da rendere difficile una
coscienziosa valutazione dell'opera posteriore, dalla
quale poteva essere misurata vantaggiosamente la sua
vera forza poetica. Non è a dire che dopo la morte gli
siano mancati giudizi equi e benevoli.
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Testi ed immagini tratti da
http://rapiasrdi.altervista.org/index.htm per gentile
concessione del Sig. Pietro Rizzo. |