Il
personaggio di cui vi proponiamo l'intervista in
esclusiva è niente di meno che Don Luigi di Borbone,
Conte dell'Aquila, figlio cadetto di Re Francesco I
delle Due Sicilie e fratello di Ferdinando II. Per
ottenere questa esclusiva, ebbene lo confesso, mi sono
dovuto rivolgere molto in alto! Mi ha
accompagnato don Virgilio il portinaio, che ne sa una
più del diavolo e che stranamente non ha voluto
regalia. Il percorso per giungere al luogo prestabilito
ci apparve piuttosto come una discesa senza fine.
Ah, lì sono anche vietate le riprese: tanto qua
abbascio nun vene niente, ha abbozzato l'anfitrione!
Brigantino: Fa molto caldo qui, Conte! Come Vi
trovate?
D.
Luigi:
Non mi lamento, trattasi di luogo confacente al mio
lignaggio.
Brigantino:
Parlateci di Voi, signor Conte! Molti lettori ne sanno
così poco!
D.
Luigi:
Pe' primma cosa, pe' tte ije songhe ... chiedo
venia, voi conoscete il nostro nobile idioma?
Brigantino: Certamente! Però per una più vasta
comprensione è meglio ricorrere al Toscano, signor
Conte.
D.
Luigi:
Un'altra volta mò co stu "conte" 'e ziete! Io per
te, villico pennarulo, son Sua Altezza Reale! O
devo illustrarti la diversità di ciò che procede dai
natali con quello che invece viene da reggia nomina?
Brigantino: Pe' carità! Procedete,
Altezza!
D.
Luigi:
Nacqui in quel di Napoli qual ultimo rampollo di Re
Francesco I, condussi vita lieta, sempre attento alle
muliebri grazie. Il gentil sesso accorreva folto,
attratto dalle mie virili fattezze; mio fratello, il Re
Ferdinando II, premiò le mie doti di valente marinaro
con l'affidarmi acconci compiti nell'Armata di mare,
pria saldamente in pugno al barone Della Cosa. Fui duce
dell'impresa di portar mia sorella sposa all'imperatore
di Brasile, con quattro vascelli napolitani e due
brasiliani. In quelle lontane contrade conobbi il grande
amore, sotto le spoglie di una leggiadra fanciulla dagli
occhi ammalianti e voluttuose forme: si chiamava
Iolanda. Anch'ella mi amò prontamente e in quei brevi
giorni la vita scorse felice ... Non ci fu però concesso
di perseguire i nostri desii. Il mio fratello Re e
l'imperatore si accordaron per darmi in sposa la
principessa di Brasile che, più tardi, raggiunse Napoli
qual mia moglie per procura. Lì cominciò il mio rancore
nascosto ma sicuro verso il germano augusto regnante che
invadea la vita di tutti, qual che fossero le sue! Ma io
non rinunciai ad accostarmi ad altre vezzose beltade:
figuriamoci! Poi, quando il barone della Cosa tentennò
un po' troppo per rientrare la flotta dall'Adriatico
durante i fatti del 1848 e fu detto ch'era liberale, io
argutamente aumentai la cosa per dargli più discredito.
Per pormi in luce migliore, fui anche duce dei più
conservatori, di quelli che menavan che il Ministero era
fin troppo permissivo! L'altro mio fratello, Leopoldo
Conte di Siracusa, fedele sposo della principessa di
Savoia, mi blandì più volte con l'idee della modernità
mi parlò anche a nome del ministro de' Sardi, il conte
di Cavour, e dei liberi muratori ...
Brigantino: Quel che dite, Altezza, è
strabiliante! ...siete sicuro di ricordare bene: Cavour,
i Massoni ...?
D.
Luigi:
Non vorrai, marrano, dubitare della mia nobile favella!
Brigantino: Assolutamente no, Altezza, ma quelli
che leggeranno vorranno qualche dettaglio in più...
D.
Luigi:
Gira per Napoli e tutti ti parleranno di me e della gran
virtude che impersonai!
Brigantino: Ma che caspit'e cauro che ffa cà
dinde! Veramente a Napoli non si parla di queste
cose da quasi un secolo e mezzo! Altezza, veniamo al
punto, alcuni storici sostengono che voi tradiste
l'Antico Regno, determinando anche la defezione della
Marina, principale causa della sconfitta militare del
1860 ...
D.
Luigi:
Cheste so' chiacciere! Ma che ne sapite vuje!
Il Regno non esistea più da tempo, da quando mio
fratello il Re Ferdinando retirò gli statuti ed oppresse
la Sicilia e la di lei novella bandiera: le grandi
potenze si rivolsero allora a noi per riorganizzare
tutto e instaurare il libero consesso dell'Italia unita.
Brigantino: Quali erano le grandi potenze e che
sistemi adoperarono?
D.
Luigi:
Prima di tutto l'Inghilterra, e poi la Francia - ma
pecchè qual'ati grandi potenze ce stanno? - Si
servivano pei loro fini del Regno di Sardegna e dei
galantuomini liberali. Coi denari compraron la stampa,
già avezza a lustrar i potenti, e gli animi menando
ch'eravamo antichi ed oppressori del popolo.
Brigantino: e Leopoldo che cosa le propose?
D.
Luigi:
I galantuomini del Piemonte ci fecero sapere che
graditissima cosa era la successione di Leopoldo,
acciocché si facesse l'Italia una con tre stati: Nord,
provincie romane, Napoli, sorrette tutte da una
federazione con costituzione liberale. Leopoldo ne fu
entusiasta e ne parlò segretamente dentro alle forze
armate. Si decise di agire in segreto perché Ferdinando
era molto sospettoso. Fu tra i nostri pel primo il
Nunziante, che come me godeva la piena fiducia del Re.
Brigantino: Si dice che il Nunziante abbia
organizzato il fallito attentato a Ferdinando. Anche Voi
partecipaste al complotto?
D.
Luigi:
Seppi della cosa, e me ne sdegnai! L'organizzarono male,
senza collaudare acconciamente il piano. Fu mio
consiglio puntuale il distruggere qualunque pruova, e
infatti l'attentatore, il tal Milano, muorette
immantinente! Il conte di Cavour lamentò il fallimento a
Leopoldo, ma ebbe anche a rallegrarsi perché nulla era
trapelato. La stampa riprese l'opera di parlar male del
Regno.
Brigantino: E poi che successe?
D.
Luigi:
Non molto tempo dopo Ferdinando dipartì naturalmente e
venne il tempo pell'azione.
Brigantino: Cosa esattamente prevedeva il piano?
D.
Luigi:
Uno sbarco al di là del Faro coi volontari di Garibalbi
aiutati dai locali e, velatamente, dal Piemonte. La
promessa fu di far l'isola indipendente, poi carpirla
con il Crispi ch'era galantuonmo e avea nelle mani la
gente giusta per sottomettere i popolani. Leopoldo
andava al trono, in luogo di Francesco ed il Regno venia
succhiato dall'Italia federata. Fu mia cura approntare
la Marina, imponendo le promozioni ed i comandi delle
navi a uffiziali acconci. Il vegliardo Filangieri salvò
poi la situazione, preservando il trono a Francesco
dalle brame di mia cognata, la regina Maria Teresa, che
lo ambìa pel suo figliolo Luigi, e fu buona cosa perché
Francesco era bastantemente schivo ed perciò adatto alla
bisogna, benché il mio libertinaggio lo disgustasse. La
stampa internazionale, in mano ai galantuomini, fustigò
ferocemente il Regno e preparò assai bene l'opera. Ma
gli avvenimenti non tardarono a volgersi diversamente.
Brigantino: Qualcosa andò storto?
D.
Luigi:
Il conte di Cavour disse che la federazione non era più
possibile. Il Piemonte avea pagato un alto prezzo per
l'unità d'Italia ed ora ne chiedeva il riscatto: un solo
regno pe' Savoia. La situazione venia incalzando con
molta confusione: Garibaldi avea effettivamente ghermito
la Sicilia e Francesco seguì i consigli di Napoleone
III, ch'era dei nostri, dando la costituzione senza
dichiarare la mobilitazione, e quando lo fece fu troppo
tardi. Ma non abdicò, né sciolse l'esercito dal
giuramento e combattè fino all'ultimo. Rispettò davvero
le leggi e non ruppe le relazioni neppure col Piemonte!
Non diede il minor appiglio alla invasione de'Sardi, che
perciò tardò. A Napoli successe di tutto: chi volea solo
un cambio di dinastia, chi la repubblica, chi la
federazione, chi volea esser solo libero di far affari,
chi volea passar al Piemonte collo stesso grado, chi
attendea paziente per vendersi poi meglio, mentre si
raccontava al popolo che si andava a star meglio.
Leopoldo ed io comprendemmo che era meglio per trattare
alla pari stare con Garibaldi, che poi si potea cacciar
quando aggarbava. Nunziante fece dissolvere l'esercito
ed io la Marina. La cosa fu troppo evidente e Leopoldo
si bruciò con l'appello a Francesco di desistere
dall'uccidere tra Italiani. Il conte di Cavour non avea
più necessità di noi, e nulla volea dare a'Borbone, e ci
abbandonò: si permise di mandare il suo più bieco servo,
Liborio Romano, ministro degli Interni, da Re Francesco
per supplicare il mio esilio. In due giorni fui su una
nave alla volta del Brasile.
Brigantino: Voi avete detto, Altezza, che fu una
congiura internazionale a far cadere l'Antico Regno: ma
perché congiurare contro uno Stato pacifico che non
faceva del male a nessuno?
D.
Luigi:
Prima di tutto il tesoro da togliere dai forzieri e far
circolare per produrre nuova ricchezza. Ferdinando avea
fede solo nella sua politica autonomistica, quando
invece l'Inghilterra avea necessitade pel Mediterraneo
di paese amico, qual fu ai tempi di mio nonno, che non
solo non fu disturbato, ma amorevolmente protetto.
Ferdinando invece tentò di negare lo zolfo, e da quel
momento l'Inghilterra non si fidò più di lui. Indi le
brame di chi possedea opifici di commerciar senza dazi e
balzelli; i terrieri poi volean mettere le mani sulle
terre demaniali. La più accanita fu la libera muratoria,
perché il sistema di Ferdinando di condurre l'economia
era un pericolo per i galantuomini. Grazie a Ferdinando,
gli opifici eran fiorenti e venian solo dopo quelli di
Inghilterra e Francia, ma il Re controllava tutto,
affinché il profitto restasse nelle Due Sicilie, e il
progresso non avvenisse con deperimento del popolo, ma
per l'armonia di tutti, con equilibrio tra lavoro e
riposo, pensioni pei vecchi e previdenza pei malati. I
galantuomini stimavan invece necessario procedere,
secondo lo stile inglese, all'arricchimento coi
lavoranti in fabbrica per 14 ore, cacciar gli infermi o
chi paresse loro, non dar pensioni. Ferdinando poi
poneva levissime tasse, e i liberali non potean
ingrassarsi con commesse pubbliche, come invece nel
Piemonte, e le nostre intraprese dovean rischiare il
proprio per trarre profitto. Insomma, eravamo la
negazione della libertà, e il nostro sistema dovea
sparire per impedire che gli altri popoli lo volessero!
Si diè quindi fiato alle parole, col dire che Ferdinando
è vecchio ed oppressivo, ed i liberali moderni. |