Le interviste di Brigantino e don Virgilio

 

Luigi di Borbone, conte dell'Aquila

(serie infamoni borbonici)

Luigi Carlo Maria nato il 19 luglio 1824 a Napoli, morto nel 1897 a Parigi.

Viva 'o Rre!

Il personaggio di cui vi proponiamo l'intervista in esclusiva è niente di meno che Don Luigi di Borbone, Conte dell'Aquila, figlio cadetto di Re Francesco I delle Due Sicilie e fratello di Ferdinando II. Per ottenere questa esclusiva, ebbene lo confesso, mi sono dovuto rivolgere molto in alto! Mi ha accompagnato don Virgilio il portinaio, che ne sa una più del diavolo e che stranamente non ha voluto regalia. Il percorso per giungere al luogo prestabilito ci apparve piuttosto come una discesa senza fine. Ah, lì sono anche vietate le riprese: tanto qua abbascio nun vene niente, ha abbozzato l'anfitrione!

Brigantino: Fa molto caldo qui, Conte! Come Vi trovate?

D. Luigi: Non mi lamento, trattasi di luogo confacente al mio lignaggio.

Brigantino: Parlateci di Voi, signor Conte! Molti lettori ne sanno così poco!

D. Luigi: Pe' primma cosa, pe' tte ije songhe ... chiedo venia, voi conoscete il nostro nobile idioma?

Brigantino: Certamente! Però per una più vasta comprensione è meglio ricorrere al Toscano, signor Conte.

D. Luigi: Un'altra volta mò co stu "conte" 'e ziete! Io per te, villico pennarulo, son Sua Altezza Reale! O devo illustrarti la diversità di ciò che procede dai natali con quello che invece viene da reggia nomina?

Brigantino: Pe' carità! Procedete, Altezza!

D. Luigi: Nacqui in quel di Napoli qual ultimo rampollo di Re Francesco I, condussi vita lieta, sempre attento alle muliebri grazie. Il gentil sesso accorreva folto, attratto dalle mie virili fattezze; mio fratello, il Re Ferdinando II, premiò le mie doti di valente marinaro con l'affidarmi acconci compiti nell'Armata di mare, pria saldamente in pugno al barone Della Cosa. Fui duce dell'impresa di portar mia sorella sposa all'imperatore di Brasile, con quattro vascelli napolitani e due brasiliani. In quelle lontane contrade conobbi il grande amore, sotto le spoglie di una leggiadra fanciulla dagli occhi ammalianti e voluttuose forme: si chiamava Iolanda. Anch'ella mi amò prontamente e in quei brevi giorni la vita scorse felice ... Non ci fu però concesso di perseguire i nostri desii. Il mio fratello Re e l'imperatore si accordaron per darmi in sposa la principessa di Brasile che, più tardi, raggiunse Napoli qual mia moglie per procura. Lì cominciò il mio rancore nascosto ma sicuro verso il germano augusto regnante che invadea la vita di tutti, qual che fossero le sue! Ma io non rinunciai ad accostarmi ad altre vezzose beltade: figuriamoci! Poi, quando il barone della Cosa tentennò un po' troppo per rientrare la flotta dall'Adriatico durante i fatti del 1848 e fu detto ch'era liberale, io argutamente aumentai la cosa per dargli più discredito. Per pormi in luce migliore, fui anche duce dei più conservatori, di quelli che menavan che il Ministero era fin troppo permissivo! L'altro mio fratello, Leopoldo Conte di Siracusa, fedele sposo della principessa di Savoia, mi blandì più volte con l'idee della modernità mi parlò anche a nome del ministro de' Sardi, il conte di Cavour, e dei liberi muratori ...

Brigantino: Quel che dite, Altezza, è strabiliante! ...siete sicuro di ricordare bene: Cavour, i Massoni ...?

D. Luigi: Non vorrai, marrano, dubitare della mia nobile favella!

Brigantino: Assolutamente no, Altezza, ma quelli che leggeranno vorranno qualche dettaglio in più...

D. Luigi: Gira per Napoli e tutti ti parleranno di me e della gran virtude che impersonai!

Brigantino: Ma che caspit'e cauro che ffa cà dinde! Veramente a Napoli non si parla di queste cose da quasi un secolo e mezzo! Altezza, veniamo al punto, alcuni storici sostengono che voi tradiste l'Antico Regno, determinando anche la defezione della Marina, principale causa della sconfitta militare del 1860 ...

D. Luigi: Cheste so' chiacciere! Ma che ne sapite vuje! Il Regno non esistea più da tempo, da quando mio fratello il Re Ferdinando retirò gli statuti ed oppresse la Sicilia e la di lei novella bandiera: le grandi potenze si rivolsero allora a noi per riorganizzare tutto e instaurare il libero consesso dell'Italia unita.

Brigantino: Quali erano le grandi potenze e che sistemi adoperarono?

D. Luigi: Prima di tutto l'Inghilterra, e poi la Francia - ma pecchè qual'ati grandi potenze ce stanno? - Si servivano pei loro fini del Regno di Sardegna e dei galantuomini liberali. Coi denari compraron la stampa, già avezza a lustrar i potenti, e gli animi menando ch'eravamo antichi ed oppressori del popolo.

Brigantino: e Leopoldo che cosa le propose?

D. Luigi: I galantuomini del Piemonte ci fecero sapere che graditissima cosa era la successione di Leopoldo, acciocché si facesse l'Italia una con tre stati: Nord, provincie romane, Napoli, sorrette tutte da una federazione con costituzione liberale. Leopoldo ne fu entusiasta e ne parlò segretamente dentro alle forze armate. Si decise di agire in segreto perché Ferdinando era molto sospettoso. Fu tra i nostri pel primo il Nunziante, che come me godeva la piena fiducia del Re.

Brigantino: Si dice che il Nunziante abbia organizzato il fallito attentato a Ferdinando. Anche Voi partecipaste al complotto?

D. Luigi: Seppi della cosa, e me ne sdegnai! L'organizzarono male, senza collaudare acconciamente il piano. Fu mio consiglio puntuale il distruggere qualunque pruova, e infatti l'attentatore, il tal Milano, muorette immantinente! Il conte di Cavour lamentò il fallimento a Leopoldo, ma ebbe anche a rallegrarsi perché nulla era trapelato. La stampa riprese l'opera di parlar male del Regno.

Brigantino: E poi che successe?

D. Luigi: Non molto tempo dopo Ferdinando dipartì naturalmente e venne il tempo pell'azione.

Brigantino: Cosa esattamente prevedeva il piano?

D. Luigi: Uno sbarco al di là del Faro coi volontari di Garibalbi aiutati dai locali e, velatamente, dal Piemonte. La promessa fu di far l'isola indipendente, poi carpirla con il Crispi ch'era galantuonmo e avea nelle mani la gente giusta per sottomettere i popolani. Leopoldo andava al trono, in luogo di Francesco ed il Regno venia succhiato dall'Italia federata. Fu mia cura approntare la Marina, imponendo le promozioni ed i comandi delle navi a uffiziali acconci. Il vegliardo Filangieri salvò poi la situazione, preservando il trono a Francesco dalle brame di mia cognata, la regina Maria Teresa, che lo ambìa pel suo figliolo Luigi, e fu buona cosa perché Francesco era bastantemente schivo ed perciò adatto alla bisogna, benché il mio libertinaggio lo disgustasse. La stampa internazionale, in mano ai galantuomini, fustigò ferocemente il Regno e preparò assai bene l'opera. Ma gli avvenimenti non tardarono a volgersi diversamente.

Brigantino: Qualcosa andò storto?

D. Luigi: Il conte di Cavour disse che la federazione non era più possibile. Il Piemonte avea pagato un alto prezzo per l'unità d'Italia ed ora ne chiedeva il riscatto: un solo regno pe' Savoia. La situazione venia incalzando con molta confusione: Garibaldi avea effettivamente ghermito la Sicilia e Francesco seguì i consigli di Napoleone III, ch'era dei nostri, dando la costituzione senza dichiarare la mobilitazione, e quando lo fece fu troppo tardi. Ma non abdicò, né sciolse l'esercito dal giuramento e combattè fino all'ultimo. Rispettò davvero le leggi e non ruppe le relazioni neppure col Piemonte! Non diede il minor appiglio alla invasione de'Sardi, che perciò tardò. A Napoli successe di tutto: chi volea solo un cambio di dinastia, chi la repubblica, chi la federazione, chi volea esser solo libero di far affari, chi volea passar al Piemonte collo stesso grado, chi attendea paziente per vendersi poi meglio, mentre si raccontava al popolo che si andava a star meglio. Leopoldo ed io comprendemmo che era meglio per trattare alla pari stare con Garibaldi, che poi si potea cacciar quando aggarbava. Nunziante fece dissolvere l'esercito ed io la Marina. La cosa fu troppo evidente e Leopoldo si bruciò con l'appello a Francesco di desistere dall'uccidere tra Italiani. Il conte di Cavour non avea più necessità di noi, e nulla volea dare a'Borbone, e ci abbandonò: si permise di mandare il suo più bieco servo, Liborio Romano, ministro degli Interni, da Re Francesco per supplicare il mio esilio. In due giorni fui su una nave alla volta del Brasile.

Brigantino: Voi avete detto, Altezza, che fu una congiura internazionale a far cadere l'Antico Regno: ma perché congiurare contro uno Stato pacifico che non faceva del male a nessuno?

D. Luigi: Prima di tutto il tesoro da togliere dai forzieri e far circolare per produrre nuova ricchezza. Ferdinando avea fede solo nella sua politica autonomistica, quando invece l'Inghilterra avea necessitade pel Mediterraneo di paese amico, qual fu ai tempi di mio nonno, che non solo non fu disturbato, ma amorevolmente protetto. Ferdinando invece tentò di negare lo zolfo, e da quel momento l'Inghilterra non si fidò più di lui. Indi le brame di chi possedea opifici di commerciar senza dazi e balzelli; i terrieri poi volean mettere le mani sulle terre demaniali. La più accanita fu la libera muratoria, perché il sistema di Ferdinando di condurre l'economia era un pericolo per i galantuomini. Grazie a Ferdinando, gli opifici eran fiorenti e venian solo dopo quelli di Inghilterra e Francia, ma il Re controllava tutto, affinché il profitto restasse nelle Due Sicilie, e il progresso non avvenisse con deperimento del popolo, ma per l'armonia di tutti, con equilibrio tra lavoro e riposo, pensioni pei vecchi e previdenza pei malati. I galantuomini stimavan invece necessario procedere, secondo lo stile inglese, all'arricchimento coi lavoranti in fabbrica per 14 ore, cacciar gli infermi o chi paresse loro, non dar pensioni. Ferdinando poi poneva levissime tasse, e i liberali non potean ingrassarsi con commesse pubbliche, come invece nel Piemonte, e le nostre intraprese dovean rischiare il proprio per trarre profitto. Insomma, eravamo la negazione della libertà, e il nostro sistema dovea sparire per impedire che gli altri popoli lo volessero! Si diè quindi fiato alle parole, col dire che Ferdinando è vecchio ed oppressivo, ed i liberali moderni.

Don Virgilio: Dottò, ce ne amma 'scì! Mò appicciano l'altoforno!

Brigantino: Figùrate! Qui il calore è già insopportabile! Ma addò stammo?

D. Luigi: In Brasile, dove vuoi che stiamo! In gironi ... volevo dire: in regioni molto calde.

Brigantino: Come si chiamano 'sti gironi .. ahm, regioni?

D. Luigi: Ah, questi nomi stranieri ... uno ha a che fare coi parenti, l'altro con la Patria ... io le condivido entrambe, le .. regioni.

Brigantino: Statave bbuono, Altezza. Scusate, ma da Meridionale non riesco proprio a dirVi grazie!

Viva 'o Rre!

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