Avrei voluto parlare delle cose belle che pure ci sono
in questo mondo, degli uomini di buona volontà, degli
onesti, dei sentimenti che fondano il senso proprio
della vita, di quel nonno, ad esempio, che sulla
panchetta del giardino gioca alle figurine col nipotino,
e si appassiona, si diverte, ridiventa bambino anche
lui.
Ma accadono brutte storie, accade che l’arbitrio
pretende di accamparsi come legge, accade che la
prepotenza è il segno distintivo del potere, che la
frantumazione di ogni aspetto della vita sociale su cui
poi intervenire “a discrezione”, è il vero progetto
politico di ieri l’altro e di oggi, in perfetta
consonanza e continuità.
Si vuole piegare la realtà all’idea che tutto e tutti si
devono sottomettere alla volontà del “signore”, cioè del
capitale finanziario, attorniato e protetto dai suoi
complici e ruffiani, dalla “minutaglia cortigianesca”,
per dirla con Stendhal.
In questo contesto, con questi referenti politici ed
economici si fa strada la “sobria” ferocia accompagnata
dalle “lacrime” di raccapriccio per il crimine che si
sta compiendo, si fa strada la convinzione che “tutto è
possibile”, come ebbe a scrivere Hannah Arendt a
proposito degli orrori del totalitarismo del secolo
appena trascorso.
A Marchionne, per fare l’esempio più clamoroso e grave,
quale trama di alterazioni mentali, comportamentali,
ideologiche, gli hanno fatto apparire “normale”
trafugare l’asse portante dell’industria italiana, la
storia e l’economia, la competenza e l’appartenenza
secolare di tutto il popolo italiano?
L’avidità, che certamente c’è, spiegherebbe soltanto la
grandiosa stupidità di un uomo tutto inteso ad
accumulare denaro. Se solo così fosse, manderemmo il
signor Marchionne all’inferno nel cerchio degli avari, e
proseguiremmo il nostro cammino.
Si tratta invece di un intero sistema, di un meccanismo
di assensi, di una rete di connivenze e correità che
coinvolgono tutto uno strato sociale, uno spaccato del
potere, che va dai banchieri ai lacchè della casta
politica e mediatica, dal grande funzionario statale, al
professionista asservito, dai quadri dirigenti
industriali e sindacali (sottobanco), a una legislazione
che strizza l’occhio alle varie forme di delinquenza
paralegale.
Ieri come oggi, non c’è solo l’offesa, il disprezzo di
ogni principio di convivenza civile, c’è il disamore per
la propria terra, lo scherno per il lavoro di un’intera
popolazione, l’indifferenza di fronte alle possibili
conseguenze, la conferma dell’assoluta mancanza di
princìpi etico-sociali, senza i quali la cosiddetta
“libera economia di mercato” produce disastri di portata
incalcolabile.
Dietro Marchionne c’era, e c’è, una classe dirigente che
fonda i suoi calcoli sulla certezza dell’ impunità,
sulla certezza di tornare ad occupare ruoli di primo
piano, di non perdere quella pienezza di potere e di
malaffare solo temporaneamente sospesi.
E così, gli strati sociali più deboli sono ridotti alla
mercé di un sistema dove la vittima viene tramutata in
colpevole, e viceversa, dove gli “scandali”, sono
effetti della “guerra per bande” dei gruppi politici,
dove gli atti punitivi colpiscono chi è fuori dai centri
del potere o chi non accetta pienamente i suoi
presupposti.
Si è compiuta la profezia orwelliana: “la guerra è pace,
la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”.
L’intento sprezzantemente dichiarato è quello di
pervertire le libertà democratiche, di svuotarle del
loro precipuo contenuto, di considerare i cittadini come
massa indistinta ed amorfa: la massa dei consumatori,
degli “utenti”, dei disoccupati, dei pensionati, dei
lavoratori, ecc., all’interno delle quali non ci sono
uomini in carne ed ossa, ma individui “superflui”
(sempre Arendt) di cui ci si può “sbarazzare” non più in
nome della razza, ma in nome del “mercato”.
Il timone della democrazia non si può lasciare nelle
mani dei “mercanti”, nelle mani di chi subordina le
prerogative del cittadino all’illegittimo, illegale,
alieno interesse dei pochi che incombono sulla vita del
pianeta.
Cominciamo intanto a liberarci dei “cattivi maestri”, di
chi semina menzogne, comportamenti delinquenziali,
sfiducia, divisioni nel corpo sociale.
Il popolo è bue, dice in privato un sindacalista di mia
conoscenza. Ma, ammesso e non concesso, a maggior
ragione il buon mandriano dovrebbe governarlo con
accortezza e lungimiranza.
Se i “mercanti” sono necessari, facciano il loro
mestiere a condizione di non fare baratto della vita di
milioni di persone.
Nicola Lo Bianco
Testo
trasmesso
dall'autore il 7/04/2012