Pensiero Meridiano

Libertà e arbitrio

di Nicola Lo Bianco

Avrei voluto parlare delle cose belle che pure ci sono in questo mondo, degli uomini di buona volontà, degli onesti, dei sentimenti che fondano il senso proprio della vita, di quel nonno, ad esempio, che sulla panchetta del giardino gioca alle figurine col nipotino, e si appassiona, si diverte, ridiventa bambino anche lui.

Ma accadono brutte storie, accade che l’arbitrio pretende di accamparsi come legge, accade che la prepotenza è il segno distintivo del potere, che la frantumazione di ogni aspetto della vita sociale su cui poi intervenire “a discrezione”, è il vero progetto politico di ieri l’altro e di oggi, in perfetta consonanza e continuità.

Si vuole piegare la realtà all’idea che tutto e tutti si devono sottomettere alla volontà del “signore”, cioè del capitale finanziario, attorniato e protetto dai suoi complici e ruffiani, dalla “minutaglia cortigianesca”, per dirla con Stendhal.

In questo contesto, con questi referenti politici ed economici si fa strada la “sobria” ferocia accompagnata dalle “lacrime” di raccapriccio per il crimine che si sta compiendo, si fa strada la convinzione che “tutto è possibile”, come ebbe a scrivere Hannah Arendt a proposito degli orrori del totalitarismo del secolo appena trascorso.

A Marchionne, per fare l’esempio più clamoroso e grave, quale trama di alterazioni mentali, comportamentali, ideologiche, gli hanno fatto apparire “normale” trafugare l’asse portante dell’industria italiana, la storia e l’economia, la competenza e l’appartenenza secolare di tutto il popolo italiano?

L’avidità, che certamente c’è, spiegherebbe soltanto la grandiosa stupidità di un uomo tutto inteso ad accumulare denaro. Se solo così fosse, manderemmo il signor Marchionne all’inferno nel cerchio degli avari, e proseguiremmo il nostro cammino.

Si tratta invece di un intero sistema, di un meccanismo di assensi, di una rete di connivenze e correità che coinvolgono tutto uno strato sociale, uno spaccato del potere, che va dai banchieri ai lacchè della casta politica e mediatica, dal grande funzionario statale, al professionista asservito, dai quadri dirigenti industriali e sindacali (sottobanco), a una legislazione che strizza l’occhio alle varie forme di delinquenza paralegale.

Ieri come oggi, non c’è solo l’offesa, il disprezzo di ogni principio di convivenza civile, c’è il disamore per la propria terra, lo scherno per il lavoro di un’intera popolazione, l’indifferenza di fronte alle possibili conseguenze, la conferma dell’assoluta mancanza di princìpi etico-sociali, senza i quali la cosiddetta “libera economia di mercato” produce disastri di portata incalcolabile.

Dietro Marchionne c’era, e c’è, una classe dirigente che fonda i suoi calcoli sulla certezza dell’ impunità, sulla certezza di tornare ad occupare ruoli di primo piano, di non perdere quella pienezza di potere e di malaffare solo temporaneamente sospesi.

E così, gli strati sociali più deboli sono ridotti alla mercé di un sistema dove la vittima viene tramutata in colpevole, e viceversa, dove gli “scandali”, sono effetti della “guerra per bande” dei gruppi politici, dove gli atti punitivi colpiscono chi è fuori dai centri del potere o chi non accetta pienamente i suoi presupposti.

Si è compiuta la profezia orwelliana: “la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”.

L’intento sprezzantemente dichiarato è quello di pervertire le libertà democratiche, di svuotarle del loro precipuo contenuto, di considerare i cittadini come massa indistinta ed amorfa: la massa dei consumatori, degli “utenti”, dei disoccupati, dei pensionati, dei lavoratori, ecc., all’interno delle quali non ci sono uomini in carne ed ossa, ma individui “superflui” (sempre Arendt) di cui ci si può “sbarazzare” non più in nome della razza, ma in nome del “mercato”.

Il timone della democrazia non si può lasciare nelle mani dei “mercanti”, nelle mani di chi subordina le prerogative del cittadino all’illegittimo, illegale, alieno interesse dei pochi che incombono sulla vita del pianeta.

Cominciamo intanto a liberarci dei “cattivi maestri”, di chi semina menzogne, comportamenti delinquenziali, sfiducia, divisioni nel corpo sociale.

Il popolo è bue, dice in privato un sindacalista di mia conoscenza. Ma, ammesso e non concesso, a maggior ragione il buon mandriano dovrebbe governarlo con accortezza e lungimiranza.

Se i “mercanti” sono necessari, facciano il loro mestiere a condizione di non fare baratto della vita di milioni di persone.

Nicola Lo Bianco


Testo trasmesso dall'autore il 7/04/2012

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