Ferdinando
III Esposito Borbone, di Camillo Linguella, come lo stesso sottotitolo
recita - romanzo onirico napoletano - vuol essere una rilettura “soft” e
non politicamente gridata della Napoli borbonica. Di quella Napoli che
per un lungo periodo, si trovò a svolgere un ruolo culturale e politico
nell’Europa ottocentesca. Non è difficile per l’autore dipanare un sogno
che si svolge in una città dove passato presente e futuro si mescolano.
Napoli è il
Paese delle favole, con tutte le sue tradizioni, usanze, costumi,
maschere e personaggi che spesso sono stati e sono usati come stereotipi
decadenti e degradati, dando un’immagine della napoletanità distorta e
volgare. In questo romanzo se ne fa un uso diverso, le maschere e i
personaggi, di ieri e di oggi, si incrociano e si mescolano a formare un
tessuto sociale multiculturale tipico delle regioni mediterranee.
A Napoli non
si fa sistema, ci sono tante teste, belle e brutte al tempo stesso, come
in ogni uomo ma ognuna di queste si esprime liberamente e contribuisce a
formarne il tessuto sociale; è possibile che ci si rivolga solo ai
personaggi negativi, per parlare di Napoli? Possibile che si insista,
anche da parte di certi napoletani, nel vedere in una città come Napoli,
variegata, ricca, proteiforme, sanguigna e delicata, volgare e poetica
solo il negativo e che l’aspirazione sia di trasformarla in un
quartierino bene?
Napoli invece
vive un eterno presente, mescolando tutte le sue anime: quella dello
Sbruffone e del Poeta, del Lazzaro e del Principe; Napoli è l’ultima
città stato della Magna Grecia. Non a caso i suoi re Borbone erano a
tutti conosciuti come i “Re di Napoli”. Avete mai sentito parlare di re
di Vienna o di Parigi o di Londra o di Torino? Certamente no, quelli
erano re di Francia, d’Inghilterra, di Sardegna, solo i Borbone erano “i
re di Napoli” .
Né Milano né
Torino o Padova e Pavia potranno mai rappresentare l’Italia. Sono città
fotocopia di un mondo che non ci appartiene. Un mondo arido, senza sogni
che vive solo di partite doppie e conti in banca. Nelle pagine di questo
libro ritroviamo il nostro mondo: questa Napoli, la Napoli del sogno, la
Napoli sempre viva, la Napoli dei simboli e delle favole.
La favola
bella, il sogno napoletano che l’autore ci racconta con un linguaggio da
innamorato, in fondo ha uno scopo solo: farci capire che Napoli è viva
nel bene e nel male, che riassume in sé tutti i caratteri della cultura
mediterranea, e che mai potrà morire o essere trasformata in una
asettica città nordica dove tutti, senza fantasia, si omologano ad un
unico stile.
Fara
Misuraca
maggio 2007
(Teseo Editore, € 12) |