È la storia di un litigio tra
due giovani innamorati, ancora immaturi, un “ammore ‘e vìcolo”.
Il litigio forse è nato per qualche maldicenza, chiacchiere di
vicolo o incomprensione. La canzone, del genere villanella,
è articolata su 3 coppie di strofe, con la ripetizione
dell’ultimo verso della 2a strofa a due voci con
qualche parola adattata ed il ritornello di quattro versi,
ripetuti, di cui il primo è anche il titolo della Canzone. Il
testo è una vera poesia di un vero grande poeta. La musica, sia
per il ritmo sia per il ritornello, che anima la canzone e la
rende popolare, sminuisce l’intensità della poesia che è
valorizzata solo se recitata da una coppia di attori, ben calati
nel loro ruolo. Si riporta il testo della Poesia e la traduzione
all’impronta (non letterale) per mantenere la forza
dell’espressione poetica di Salvatore Di Giacomo, ampliata nel
commento.
(Lui)
Frutto 'e granato mio, frutto 'e granato,
quanto t'aggio stimato a tiempo antico!
Tiénete 'o muccaturo arricamato,
tutta 'sta rrobba mia t''a benedico...
(Lei)
Quanto si' bello e quanto si' curtese!
io
t'ero indifferente e mo se vede;
tècchete 'o muccaturo 'e seta ingrese...
fossero accise ll'uommene e chi 'e ccrede!
(Insieme)
Fossero accise ll'uommene ('e ffemmene) e chi 'e ccrede!...
|
Mio bel frutto di melograno,
quanto ti ho adorata e da sempre!
Riprenditi il fazzoletto
ricamato.
Tieniti pure ciò che t’ho donato.
Quanto sei bello, anche cortese!
ti ero indifferente, ora lo vedo;
riprenditi il foulard di seta inglese
siano uccisi i maschi e chi li crede
Che siano uccisi i maschi (le femmine) e chi li crede! |
Ah,
lariulá, lariu - lariu - lariulá...
L'ammore
s'è addurmuto
nun
'o pòzzo cchiù scetá... |
Ah, lariulá, lariu - lariu - lariulá...
l’amore si è
addormentato
e non posso più svegliarlo |
(Lui)
E
quanno è chesto, siente che te dico:
Io
faccio 'ammore cu na farenara;
tène
nu magazzino 'int'a nu vico,
ll'uocchie
ca tène só' na cosa rara...
(Lei)
E
quanno è chesto: Io pure faccio 'ammore
e a
n'atu ninno mo tengo 'o penziero...
s'erano date a fuoco ánema e core:
mme
só' raccummannata a nu pumpiere...
(Insieme)
Mme
só' raccumannata/o a nu pumpiere
(Lui)
Ah,
vocca rossa comm'a nu granato!
Chi
'o ssape 'o tiempo antico si è fernuto?
Chello ch'è certo è ch'io stó' frasturnato,
e 'o
sapore d''o ppane aggio perduto!
(Lei)
Si'
stato sempe bello e ntussecuso,
e
pure, siente, vide che te dico,
nun
mme ne 'mporta ca si' furiuso:
voglio campá cu te, murí cu tico!...
(Insieme)
Voglio campá cu te, murí cu tico! |
Quand’è così, senti cosa ti dico:
son fidanzato con una che ha un negozio
di legumi nell’altro vicolo,
ha gli occhi che sono una rarità!
E allora: anch’io son’ innamorata
ho un altro ragazzo nel mio cuore,
s’erano incendiate l’anima e cuore
ho dovuto chiamare un pompiere!
Oh bocca bella come melograno!
chi può sapere se l’amore è finito?
Certamente io sono tanto confuso,
Non ricordo più il sapor del pane!
Sei sempre stato bello e rabbioso,
malgrado ciò, ascolta cosa ti dico,
non m’importa che sei irritabile:
con te voglio vivere, morir con te! |
Abbiamo detto che è la storia di un litigio tra due
innamorati giovanissimi, abitanti nello stesso vicolo, il
tipico “amore di vicolo”, nato spontaneo tra coetanei
che convivono nel piccolo universo del vicolo, da dove si
esce solo per andare a scuola o a lavorare, fare acquisti di
cose che l’economia del vicolo non offre, andare da parenti,
quasi mai per comunicare con quelli dei vicoli accanto,
salvo che per motivi gravi, che interessano il Quartiere o
un singolo Rione del Quartiere. Vediamo chi sono i
protagonisti. Sono giovanissimi, hanno pochi mezzi, i regali
che si sono scambiati sono semplici, un foulard di seta
inglese per la ragazza, un fazzoletto da tasca ricamato per
il ragazzo, che per loro valgono più di un brillante o un
abito costoso, di cui forse non hanno nemmeno idea e di cui
non sentono il bisogno. Il litigio sarà nato per
qualche chiacchiera di vicolo, frutto di invidia di chi non
sopporta un amore così giovane e così bello. Qualche donna
che spia dal suo “basso”? Nella prima coppia di strofe il
poeta determina incisivamente il carattere dei protagonisti,
con le parole, loro attribuite, usate nel testo: Il
ragazzo è il tipico Napoletano del Centro Storico, che non
corrisponde affatto allo stereotipo ufficiale che purtroppo
è ancora in voga nei
telegiornali e nei tabloid delle TV e della Stampa. Il
Napoletano è un gran lavoratore, si dà sempre da fare! Lo
sono tutti quelli dei vicoli che non hanno un “posto fisso”,
persone che lavorano e fanno bene il loro lavoro, artigiani
che producono, gente con tanta dignità, anche nella miseria
economica. Nel centro storico si vive col proprio lavoro o
lo si inventa, il lavoro, sfruttando il proprio poliedrico
ingegno. Il ragazzo, figlio della sua cultura, crede di
poter dominare la ragazza, ritenuta quasi sua proprietà, per
cui ha un tono altero e quasi sprezzante, quando le dice:
“Mia cara, bella come un fresco melograno, ti ritenevo
sincera ed innamorata! Toh, riprenditi il fazzoletto
ricamato che mi hai dato, tieniti pure i miei regali, ormai
sono stati “insozzati” dalle tue mani!”. La ragazza è una
vera donna Napoletana. La donna che porta avanti la famiglia
e riesce a moltiplicare il ricavato del lavoro del marito,
con la parsimonia e l’oculatezza, o lavora in casa nel tempo
libero, dignitosa nella sua povertà, ma altera ed
orgogliosa. E’ sempre pronta a replicare alle battute
salaci, con ironia al vetriolo, come un personaggio delle Fabulae Atellanae, scritte dai suoi lontani antenati, per
cui risponde: “Sei tanto bello e tanto cortese! (notare
l’ironia della frase). Ti ero indifferente, ora ne son
sicura, riprenditi il foulard di seta inglese, che siano
uccisi tutti gli uomini e chi crede in loco!” Nella seconda
strofa il litigio continua con le ripicche: il ragazzo,
punto nel suo orgoglio di maschio dalla reazione della sua
amata, che credeva già piangente e pronta a scusarsi (lui,
quello che comanda non può essere trattato così!), inventa un
amore con una “farenara” (figlia di commercianti di legumi e
granaglie) quindi di “classe economica superiore” a quella
di “bocca di granato” e per giunta persona di un altro
vicolo, replica: “Visto che così stanno le cose, ora sono
fidanzato con una che vende sfarinati, in un negozio in un
vicolo qua vicino, ed in più ha un paio di occhi da farti
morire d’invidia!”. Ma la ragazza, da par suo, risponde:
“Non me ne importa affatto, tanto sono anche io
innamorata,
di un ragazzo a cui ci tengo tanto! Mi erano infiammati
dalla passione l’anima ed il cuore, per spegnerli ho dovuto
fare intervenire un pompiere!”. Nella terza strofa vi è la
repentina riappacificazione: il ragazzo, visto che
l’amata, da vera Donna Napoletana, non si scusa, perché non
ha fatto nulla contro di lui ed è ancora pronta combattere,
tanto da ricordare la passione che aveva nell’anima, da
spegnere “con l’intervento del pompiere”, chiede di far
pace, le chiede velatamente perdono (il maschio è sempre
lui!) e dice: “Mia bella bocca di fresco melograno! Sarà mica
finito l’amore che abbiamo vissuto? So solo che sono tutto
confuso, ed ho perso il lume della ragione!”. La ragazza,
che non lo aveva mai voluto perdere, replica: “Sei sempre
stato bello, ma collerico, malgrado ciò, sai che ti dico,
non mi importa che sei tanto impulsivo, voglio vivere con te
per tutta la vita!”.
L’ambientazione della poesia non può essere
immaginata dovunque, bensì solo in un vicolo
di uno dei quartieri storici di Napoli, tanto amati da Re Nasone
[Ferdinando
IV di Borbone, n.d.r.].
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