“E come
gli uomini, non per elezione ma perché non potrebbero altrimenti,
soddisfano prima certi bisogni elementari, e poi da questi ne
sviluppano degli altri, raffinandosi; e, a soddisfare i bisogni
quali che siano, trovano ed usano certi mezzi ed istrumenti, e si
consociano in certi determinati modi, il materialismo della
interpretazione storica non è se non il tentativo di rifare nella
mente, con metodo, la genesi e la complicazione del vivere umano
sviluppatosi attraverso i secoli”. |
Antonio Labriola nasce il 2 luglio 1843 a Cassino, che all’epoca
faceva parte della Provincia di Terra di Lavoro, Regno delle Due
Sicilie. Il padre, professore di lettere, aveva ricevuto una
cattedra liceale a Napoli, e vi aveva trasferito la famiglia. Nel
1861, si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università
di Napoli, dove all’epoca prevaleva l’indirizzo idealista hegeliano.
Nel 1865 consegue l’abilitazione, ed insegna al Liceo Umberto.
L’anno successivo si sposa con la siciliana Rosalia Carolina von
Sprenger
,
mentre un suo saggio su Spinoza viene premiato dall'Università di
Napoli. Nel 1869 riceve un ulteriore riconoscimento dall’Accademia
di Scienze morali e politiche di Napoli per il saggio su Socrate.
Intanto aderisce all'Unione liberale e collabora con giornali
napoletani ed esteri.
Spenderà la sua vita nella ricerca filosofica e sociale, diventando
uno dei più grandi interpreti delle idee marxiste di libertà e
riscatto dei popoli. Un uomo che il Sud seppe esprimere, ma che,
pare, non sa ricordare.
“Sono avversario esplicito delle dottrine cattoliche”
Nel 1874, trasferitosi a Roma, insegna Filosofia morale
all’Università. Tra il 1875-76 inizia ad evolvere il suo pensiero ed
a scostarsi dalla destra, avvicinandosi al socialismo. Nel 1877
diviene direttore del Museo di Istruzione e di Educazione,
impegnandosi nella lotta all’analfabetismo e per la diffusione della
Scuola Pubblica, indispensabile per la nascita di una coscienza
democratica del Paese. Si schiera a favore del suffragio universale
e per una politica sociale basata sull'intervento statale
nell'economia. Tra il 1887-8, allorché sembra imminente la stipula
di un concordato con il Vaticano, il Labriola tiene una serie di
conferenze universitarie, denunciando energicamente il pericolo di
ingerenza del Papato nella vita pubblica italiana. Chiede
l'abolizione dell'insegnamento religioso a scuola, perché lo Stato
non può contribuire alla diffusione della superstizione.
L’impegno politico “sul campo” inizia il 16 dicembre 1888, con il
discorso agli operai di Terni, in cui rivendica la lottare per un
«governo del popolo mediante il popolo stesso». Nel 1890 entra
in corrispondenza con Engels ed ne studia le teorie elaborate con
Marx. Lavora per la nascita del Partito dei Lavoratori
.
Il materialismo storico
Il
2 maggio 1890 scrive che «I parlamenti, come forma transitoria
della vita democratica d'origine borghese, spariranno col trionfo
del proletario». Nell’ottobre dello stesso anno, in occasione
del congresso ad Halle dei socialisti tedeschi, scrive:
«Il proletariato militante procederà sicuro sulla via
che mena diritto alla socializzazione dei mezzi di produzione ed
l'abolizione del presente sistema di salariato, fidando solo nei
suoi propri mezzi e nelle sue proprie forze».
Labriola si impegna nella divulgazione del marxismo, divenendone uno
dei maggiori studiosi in Italia. La sua lotta è imperniata a
salvaguardare il significato storicistico e antimetafisico del
marxismo, contrastando sia i “revisionisti”, sia quelle che
definisce “volgarizzazioni deterministiche”, sostanzialmente
strumentali alla reazione borghese. Il capitalismo stava infatti
reagendo, non solo con la repressione violenta delle manifestazioni
operaie, ma anche più subdolamente, attraverso la sovvenzione e la
propaganda di iniziative volontaristiche volte a dimostrare il
"superamento" del marxismo.
Per il Labriola, il materialismo storico non è semplice "canone per
la interpretazione della storia", ma una nuova ed integrale
concezione del mondo e delle relazioni sociali. Il marxismo e la
lotta di classe non costituiscono quindi un sistema per propugnare
verità immutabili, bensì ideali aperti alla dialettica ed alla
esperienza, in grado di affrontare la complessità dei processi
sociali e la varietà di forze operanti nella storia. La sua
descrizione del marxismo come filosofia della prassi verrà
ripresa anche da Gramsci nei “Quaderni dal carcere”.
Il rapporto con Turati
Antonio Labriola può considerarsi per le sue idee un dissente dal
Partito socialista di Filippo Turati, nato con il Congresso di
Genova del 14 agosto 1892, che pure aveva contribuito a formare.
Labriola non ne condivide infatti la superficialità ideologica, che
porterà il partito a dividersi e confondersi su temi cruciali, né
l’arrendevolezza nei confronti degli avversari politici. Labriola
avrebbe voluto un partito di operai, più che di intellettuali. Vede
nei
Fasci siciliani un concreto esempio di socialismo
popolare e rivoluzionario. Per la prima volta in Italia, si delinea
una chiara lotta di classe tra il blocco industriale-agrario e il
ceto operaio-contadino. Come noto, nel 1893 il potere borghese
contrastò i Fasci con forza e ferocia: i Fasci siciliani furono
tragicamente repressi dai mafiosi locali e dal governo nazionale. Si
contarono più di cento morti, diverse centinaia i feriti e oltre
tremila cinquecento rinchiusi nelle patrie galere [cfr.
“I Fasci Siciliani” di Fara Misuraca in questo stesso sito].
Il Partito Socialista, dopo un iniziale appoggio ai Fasci siciliani,
si legherà sempre più al mondo operaio settentrionale, perdendo di
vista il Sud ed i problemi dei contadini. Per tale motivo perderà,
tra l’altro, l’appoggio di un altro grande democratico del sud,
Gaetano Salvemini.
Labriola preferisce quindi dedicarsi agli studi, senza partecipare
attivamente alla politica. Negli ultimi anni fu impegnato in accesi
dibattito sul marxismo, in posizione assai critica nei confronti sia
di Gentile che di
Croce.
Il
grande merito di Labriola resta quello di aver considerato il
marxismo non come sistema rigido dagli schemi prefissati, ma come
metodo di intendere la storia e mezzo di libertà dall’oppressione
borghese. Da uomo del sud non dimentico degli insegnamenti di
G.B. Vico, il Labriola vede nell’essere umano
l’attore-autore della storia e del suo divenire.
Antonio Labriola muore a Roma il 12 febbraio 1904.
Scrive di lui Trotsky
:
"Fu nella mia cella che lessi con delizia due noti saggi di un
vecchio italiano marxista-hegeliano, Antonio Labriola, che giunsero
in galera in edizione francese. Diversamente da molti scrittori
latini, Labriola padroneggiava la dialettica materialista, se non in
politica - nella quale era confuso - almeno nella filosofia della
storia. Il brillante dilettantismo della sua esposizione in realtà
nascondeva una perspicacia veramente profonda. […] Malgrado siano
passati trent'anni da quando ho letto i suoi saggi, il senso
generale dei suoi argomenti è ancora fermamente trincerato nella mia
memoria, insieme col suo continuo refrain «le idee non cadono dal
cielo»."
Bibliografia
-
Labriola A., In memoria del manifesto dei
comunisti, 1895
-
Labriola A., Dilucidazioni preliminari sul
materialismo storico, 1896
-
Labriola A., La questione universitaria, 1896
-
Labriola A., Saggi sulla concezione
materialistica della storia, 1896
-
Labriola A., Discorrendo di socialismo e
filosofia, 1897
-
Labriola A., Del materialismo storico, 1899
-
http://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Labriola
|