Pensiero Meridiano

Nuovo filone di indagine nell'inchiesta sulle grandi opere

Ecco la ragnatela di Bertolaso. La fuga di notizie provoca un'accelerazione

Tangenti pulite e fatturate

il business consulenze d'oro

di Giuseppe D'Avanzo

La figura, le mosse abusive, la fiacchezza morale di Achille Toro sono decisivi per comprendere che cosa è accaduto; perché; che cosa accadrà ora; in quale budello è finito Bertolaso; la "tangente pulita" che oggi definisce la corruzione italiana. Achille Toro è l'influente procuratore aggiunto di Roma. Sovraintende le inchieste contro la pubblica amministrazione marcia. Si sente in pectore il nuovo procuratore della Capitale (ahinoi, se non fosse stato costretto a dimettersi, non avrebbe avuto torto a crederlo).

Quando le sue parole si manifestano nell'universo sonoro dell'inchiesta che esamina gli affari extra ordinem della Protezione civile, i pubblici ministeri di Firenze hanno già pronto il calendario delle loro iniziative. Due blocchi di arresti da eseguire nello stesso giorno dentro il sistema, direbbe Denis Verdini, cresciuto come una metastasi lungo il corpaccione ipertrofico della Protezione civile e nelle strutture di governo dei Lavori pubblici. L'uno e le altre sottomesse all'urgenza della politica di creare un cerchio chiuso e oligarchico di consenso e obbedienza. I prosecutors hanno sistemato una stabile ragnatela intorno agli attori che decidono e beneficiano degli appalti del Dipartimento di Guido Bertolaso. Comunicazioni, dati, informazioni, immagini, documenti confermano, senza ambiguità, la scena e il delitto. All'ombra del "vuoto di diritto", creato dall'emergenza, si è formata una consorteria affaristica. Vi fanno parte imprenditori, spesso scadenti per capacità industriale, alti funzionari dello Stato delle opere pubbliche, influenti giudici amministrativi  -  regionali e della Corte dei conti  -  addetti ai controlli che, al contrario, sono cointeressati, in proprio, agli affari dei controllati. In cima alla piramide, Guido Bertolaso, onnipotente per la mano libera che gli consente la legislazione straordinaria, dominante per il rapporto diretto, protetto, esclusivo con il sottosegretario Gianni Letta e il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi. Bertolaso è al corrente di quel fondo fangoso? O, come dice oggi, è "parte lesa" perché non sa, non comprende, s'occupa di altro?

Nell'inchiesta nata a Firenze, la mappa degli illegalismi, che ha il suo centro nella Protezione civile, è divisa in tre grandi aree: gli appalti "in deroga" del Dipartimento di Bertolaso (G8, Mondiali di nuoto, intervento nell'area terremotata dell'Aquila, celebrazione dei 150 anni dell'Unità d'Italia...); il quadro milionario che aiuta la distribuzione arbitraria delle consulenze per quelle opere ("tangenti pulite e fatturate", si sente dire); le manovre organizzate con gli "arbitrati", la decisione privata che risolve le controversie che oppongono le società appaltatrici di lavori pubblici alle amministrazioni che glieli hanno affidati (lo Stato è sempre perdente, soccombe nel 95 per cento dei casi).

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Ogni inchiesta implica una strategia, un'economia, un modello. I pubblici ministeri di Firenze, nel loro lavoro, evitano fantasmi e forzature (modello). Si scoprono soltanto quando il terreno processuale appare solido, il reato documentato, le responsabilità ragionevolmente definite (strategia). Non infieriscono con atti di accusa e carcere, se non è indispensabile (economia). Si può dire che, in altri luoghi, Bertolaso forse sarebbe stato arrestato. Di sicuro sarebbe stato arrestato Mario Sancetta, consigliere delle Corte dei conti e presidente di sezione. Doveva essere "controllore", dalle carte emerge come un intrigante mediatore di affari. Suggerisce agli imprenditori dove giocare le loro chances, negli appalti del porto di Civitavecchia, della Fiera Spa di Milano, all'Aquila distrutta in aprile. Favorisce incontri (l'amico e imprenditore Rocco Lamino con Luisa Todini, parlamentare della maggioranza, alla guida di un'impresa vincitrice d'appalti per il terremoto abruzzese). Sancetta dice di avere "buoni argomenti per avvicinare Bertolaso" che ha procedimenti aperti alla Corte dei conti. Dice di poter condizionare ("influire") l'ex ministro Pietro Lunardi (è stato al ministero il capo del suo ufficio legislativo). Non si sa perché e come.

Il presidente Mario Sancetta non viene arrestato perché a Firenze avvertono la loro competenza incerta. Accade anche per Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, interfaccia diretto di Bertolaso. L'intervento della procura di Roma appare il più coerente e corretto per legge. Qui cominciano imprevisti incidenti. In quella procura c'è una toga infedele. È Achille Toro, il procuratore addetto ai reati della pubblica amministrazione. Offre servizi spionistici alla combriccola affaristica. Quando da Firenze avvertono Roma che presto saranno inviati i risultati di un'istruttoria che richiede, "per competenza", l'intervento della Capitale, Toro allerta la consorteria. Tra il 28 e il 30 gennaio, come ha raccontato ieri la Repubblica, i movimenti del network diventano indiavolati. Incontri di buon mattino "senza telefoni" anticipano che "pioverà molto". I discorsi, dinanzi al peggio, si fanno depressi. "Mi sembri un morto", dice la moglie ad Angelo Balducci. È vero, Balducci è molto sconfortato. Il procuratore gli ha fatto sapere che sarà arrestato. Il grand commis corre ai ripari. Chiama lo studio dell'avvocato Coppi prima di raggiungere Palazzo Chigi e incontrare Guido Bertolaso e "quell'altro", con ogni probabilità Gianni Letta. Toro, per suo conto, vuole essere più avveduto. Lavora subito per coprirsi le spalle. Convoca una cronista e gli "soffia" che "il telefono di Angelo Balducci è intercettato dai Ros per conto della procura di Firenze". La notizia sarà pubblicata il 9 febbraio. Tornerà utile se le cose si mettono male, pensa il magistrato. Si precostituisce un alibi. Potrebbe dire Toro a chi lo interroga: come potete pensare che abbia fatto la spia, la notizia dell'indagine e delle intercettazioni di Balducci era nota, pubblica, scritta nera su bianco nelle cronache. Non sanno - né Balducci né Toro - che i guai sono più vicini di quanto immaginano. Balducci sarà arrestato il giorno dopo. Toro saprà di essere indagato per violazione del segreto istruttorio e, una volta trasferita a Perugia l'indagine, per corruzione. Si dimetterà il 17 febbraio per scrollarsi così di dosso la probabilità di essere arrestato (ancora con la toga sulle spalle, avrebbe potuto inquinare le indagini).

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Il "servizio" offerto dal procuratore alla consorteria di imbroglioni mette sottosopra il calendario dei pubblici ministeri di Firenze. Sono costretti ora a muoversi in fretta. Volevano agire con due diversi iniziative (arresti a Roma e a Firenze). Ne devono privilegiare una, quella nella Capitale, per distruggere subito e in fretta la trama che tesse Achille Toro, per evitare fughe all'estero (un paio già in preparazione), l'inquinamento delle prove, la scomparsa dei documenti, le pressioni inevitabili del potere sulle burocrazie della sicurezza. L'urgenza non è priva di conseguenze. Lascia in secondo piano l'esame del gran circo degli "arbitrati" che costa allo Stato, più o meno, 350 milioni di euro l'anno e arricchisce di, più o meno, 25 milioni l'anno gli "arbitri": un ristretto club di avvocati  -  non più di una decina  - , giudici amministrativi, avvocati generali dello Stato, giudici contabili. Il "tradimento" di Achille Toro provoca un secondo danno. Rallenta l'intervento sulla rete delle "tangenti pulite e fatturate", come ormai hanno imparato a chiamarle anche fonti vicine all'inchiesta.

Si tratta di questo. La Protezione civile ha centinaia di consulenti. Ci sono consulenze di "area politica ed economica", di "ricerche e di indagine". Se ne rintracciano alcune stravaganti. "Consulenti di comunicazione politica e pubblica nel settore", consulenti di "accessibilità immediata agli specialisti del settore per la risoluzione di problematiche improvvise", "consulenti in strategie e tecniche dell'informazione, di immagine e divulgazione della cultura di protezione civile", consulenti per "coadiuvare il Capo del Dipartimento nelle attività collegate all'iter parlamentare dei provvedimenti legislativi", "consulente per le attività di comunicazione visiva". Ogni progetto o intervento della Protezione civile può rendere necessario, per un brevissimo, breve o lungo periodo, un'"assistenza tecnica", di "sperimentazione e analisi", dall'emergenza piogge in Friuli Venezia Giulia all'emergenza Pantelleria, dalla "Commissione generale di indirizzo Campionati del mondo di ciclismo su strada 2008" alle celebrazioni per il 150 anni dell'Unità d'Italia. I consulenti possono tirar su centinaia di migliaia di euro o anche trentamila euro per pochi giorni di lavoro e senza alcuna fatica o competenza. Le fumisterie degli incarichi corrispondono all'assoluta arbitrarietà degli ingaggi e delle selezioni, spesso direttamente decise da Guido Bertolaso. Tuttavia, se si guarda con attenzione ai nomi dei consulenti, alle loro famiglie e relazioni e ruoli pubblici, si intravede una razionalità e un disegno. Nelle liste dei consulenti delle più bizzarre e ben pagate consulenze, ci sono coloro che direttamente possono proteggere il sistema che si è creato negli interstizi operativi della Protezione civile. La consulenza non è altro che "una tangente pulita e fatturata" per tener buono il giudice amministrativo, l'assessore riluttante, il giudice contabile, il pargolo scapestrato del parlamentare, il genero del capo corrente, il procuratore cui si chiede di farsi quietista e guardare da un'altra parte. È il modo di creare intorno al sistema un muro di supporters e un anello di complicità.

Terzo e ultimo danno per l'inchiesta di Firenze. L'infedeltà di Toro ha costretto a una discovery anticipata. La premura ha frenato l'accertamento di che cosa sapesse davvero Guido Bertolaso di quel che si muoveva dentro e intorno alle traboccanti responsabilità. È l'ultima questione da affrontare.

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Sembra di poter dire: Bertolaso crede che convincere sia ingannare. Ancora ieri ha ripetuto: "Vogliono distruggere la mia credibilità". Il fatto è che la sua affidabilità è in calare per quel che non ha fatto, quando sarebbe stato necessario, e per quel che oggi dice e dissimula risistemando gli avvenimenti del passato come meglio gli conviene. Dice: nessuno mi ha avvertito, mentre è stato avvertito dell'indagine e proprio dal maggiore indagato, Angelo Balducci. È una prognosi con un forte rilievo induttivo che il presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, messo sul chi vive dalle informazioni che abusivamente gli offre Achille Toro, si precipiti a Palazzo Chigi e riveli al capo del Dipartimento della Protezione civile le rogne che sono vicine. È una suggestione, è vero, anche se molto ragionevole. Con chi volete che ne parli, quel pover'uomo di Balducci? È vicino alla rovina. Lo è, non soltanto per le sue voglie, ma anche per le azioni che hanno mosso e assestato tasselli già pronti, integrato con la sua influenza e potere e docilità il sistema che ha, nel suo vertice operativo, Guido Bertolaso. Oggi Bertolaso disconosce Balducci. Nelle sue parole Balducci appare un tipo che si è ritrovato tra i piedi, non ha potuto evitare, anche se l'avrebbe fatto volentieri. Non sapeva che fosse quel fior di manigoldo ("Sono stato ingannato", dice).

Nella storia dell'indagine di Firenze, invece, ci sono i segni della loro antica relazione, a volte complice. Quando il 30 gennaio, il presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici si precipita a Palazzo Chigi per incontrare "Bertolaso e quell'altro" non è la prima volta che invoca l'aiuto dell'onnipotente leader tecnocratico del governo. Accade anche alla fine del 2008. Succede questo. L'Espresso racconta (23 dicembre) come in una casa di produzioni cinematografica, la Erretifilm srl, si incrocino i destini di Rosanna Thau, 62 anni, moglie di Angelo Balducci, e di Vanessa Pascucci, 37 anni, moglie di quel Diego Anemone che, pur dichiarando 26 dipendenti, si taglia la fetta più grossa dei 300 milioni di euro necessari per costruire il centro congressi per il G8 della Maddalena. In quell'occasione, Balducci concorda con Bertolaso una lettera per denunciare "la evidente natura scandalistica dell'articolo [che] introduce, ad arte, le attività hobbistiche della signora Thau, ventilando commistioni del tutto inesistenti". Bertolaso prende subito, e pubblicamente, per buona la replica. Nelle stesse ore diffonde un comunicato: "Il capo del Dipartimento della Protezione Civile e commissario delegato per il G8, dott. Guido Bertolaso, ha ricevuto dall'ingegner Balducci una relazione che ribadisce la regolarità delle procedure seguite ed esclude qualsiasi legame familiare con imprese impegnate nella realizzazione delle opere". Pur promettendo la massima trasparenza sul caso, la Protezione civile toglie in quelle ore dal suo sito le ordinanze di Palazzo Chigi con cui Balducci era stato nominato "soggetto attuatore" e il provvedimento con cui Silvio Berlusconi ha chiesto a Bertolaso di "assicurare un'adeguata attività di verifica degli interventi infrastrutturali posti in essere dai soggetti attuatori".

È una buona occasione per tagliare i ponti con Balducci. Non accade. È il momento giusto per liquidare quel Anemone. Non accade neanche questo. Al contrario, le carte fiorentine raccontano come il capo della Protezione civile accetti di incontrare l'imprenditore, non in ufficio né al circolo della Salaria. Si incontrano in strada, in piazza Ungheria ai Parioli. Parlano di appalti. Di lievitazione e adeguamento di prezzi. Con la soddisfazione di Anemone che, salutato Bertolaso, dice ai suoi compari: "L'ho convinto". I modi per difendersi e di persuadere sono molti. Quelli scelti da Guido Bertolaso, finora, devono far dimenticare troppi ricordi e indizi e prove per poter essere efficaci e convincerci che egli ignorasse i segreti della sua bottega.


La Repubblica, 22 febbraio 2010

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