In Sicilia la saga dell'arrivo di Ruggero d'Altavilla è stata raccontata in tanti modi da cantastorie, pupari e pittori. Ma particolare è il modo con cui gli abitanti di un paesino sui monti Peloritani ancora oggi lo rievocano: con campane e tamburo.
Per venti giorni, dal 17 gennaio al 5 febbraio, alle sei del mattino ed alle sette di sera risuona nella valle la tammuriniata e la campanata di Sant'Agata, con 25 ritmi diversi (prima erano molti di più) affidati all'estro degli esecutori inerpicati sul campanile, rappresenta l'arrivo del messaggero degli Altavilla: il trotto dei cavalli, il passo felpato del cammello su cui, secondo la leggenda, avanzava Ruggero, la fuga dei Saraceni.
Questa inusuale serenata ha un nome anch'esso curioso: Katabba. Le etimologie proposte per questo termine sono numerose ma due sono particolarmente interessanti: la derivazione dal greco Katabasis (discesa) o dall'arabo Qataba (adunata) o da entrambi.
Una sorta di sincretismo linguistico che si riflette anche nella presenza del tamburo, retaggio arabo e delle campane, retaggio cristiano. Fara Misuraca |