Ringraziamenti
Innanzi tutto, vorrei
ringraziare la Dott.ssa Virginia Picchietti per tutto
ciò che ha fatto per me durante il mio tempo qui
all'Università di Scranton. Sono onoratissima di poter
dire che è stata la mentor per questo progetto e spero
di aver l'opportunità di lavorare di nuovo con lei nel
futuro. Vorrei anche ringraziare la Dott.ssa Josephine
Dunn per tutte le sue parole d'incoraggiamento e per
tutto l'aiuto che mi ha dato su questo progetto.
Inoltre, vorrei ringraziare il Dott. Roy Domenico per
aver sempre saputo farmi ridere e sorridere, soprattutto
quando i miei nervi erano a pezzi e per aver preso il
tempo di scoprire la "Verde Irpinia".
Ringrazio Giuliana
Caputo, Tina Rigione ed Emilia Bersabea Cirillo per la
loro disponibilità e la loro amicizia. Spero di aver
trattato i loro libri con lo stesso amore e rispetto che
hanno sempre mostrato per me. Devo la mia passione ed
amore per l'Irpinia a Salvatore Boniello del comune di
Guardia dei Lombardi perché lui è stato la prima persona
ad accogliermi in Irpinia e mi ha sempre incoraggiata a
continuare coi miei studi sulla nostra terra.
Voglio esprimere la
mia più profonda gratitudine a mia madre, Anna Maria,
perché lei è stata la prima persona ad introdurmi
all'Irpinia ripetendomi le parole di mio nonno,
Giuseppe: "Voglio tornare a Guardia". È stata a causa di
questa memoria che ho deciso di scoprire questa terra
per me stessa. Inoltre, mia madre mi ha sempre
consigliata di seguire i miei sogni ed alla fine della
mia carriera universitaria, posso veramente dire che
l'ho ascoltata. Senza la mia famiglia, non sarei la
persona che sono e ve ne ringrazio.
[...] A Giuseppina
Luongo Bartolini devo la mia consapevolezza che sto
facendo un lavoro che aiuterà non solo l'Irpinia ma
anche tutto il Meridione.
Mille grazie a Paolo
Speranza, Michele Vespasiano e Generoso Benigni per
avermi inviato tanti bellissimi libri sull'Irpinia.
Grazie a voi, sono sicurissima di poter continuare a
studiare la nostra terra e la sua letteratura e storia.
Finalmente, voglio
ringraziare le seguenti persone per tutto ciò che hanno
fatto per me durante il corso della mia ricerca:
Domenico Cirpiano, Denise D'Antona, Sharon Nazarchuk,
Andrea Massaro, Valeria Luongo, Carmine Palatucci,
Cesare de Seta, Elio Guerriero, Antonio Serao, Rita
Pennarola, Edoardo Spagnuolo, Luigi Famiglietti, Franco
Adamo Balestrieri, Marina Troiano, Giuseppe Palma Alagia,
Pierpaolo Basso, Michele Luongo, Ottaviano De Biase,
Giuseppe Di Biasi, Francesco Bianco, Vittoria Troisi,
Clemente Farese, [...], Angelo Siciliano, Franco
Arminio, Antonio Ciano, [...], Umberto Bartolini, [...]
e le seguenti organizzazioni: Le comunità Internet
Napoli Bella, Controrivoluzione e Ddoje Sicilie, L'Ente
provinciale per il turismo di Avellino, Per caso sulla
piazzetta, L'Associazione culturale Due Sicilie, Il
Comune di Guardia dei Lombardi, Il Comune di Avellino,
La Provincia di Avellino ed Il Centro di Documentazione
della Tradizione Orale della Biblioteca G. Venturelli.
Voi tutti avete
contribuito molto alla crescita di studi sull'Irpinia e,
nel nome di tutti gli Irpini non solo in Italia ma anche
attraverso il mondo, vi ringrazio.
L'idea del
sottosviluppo è sempre stato un problema per il
Meridione d'Italia. Dopo il Risorgimento, il nuovo
governo italiano ha preferito contribuire alla crescita
del Nord (1). Il Meridione è stato considerato un
"problema" e c'era un gruppo di persone del Nord, i
meridionalisti, che credevano di poter risolverlo (2).
Secondo i meridionalisti, i problemi del Sud erano
causati dal fatto che la terra del Sud non è adeguata
per l'industria o l'agricoltura e che le persone del Sud
non avevano le qualità necessarie, come la voglia di
lavorare, per cambiare la situazione. Gli storici ed i
meridionalisti degli anni immediatamente dopo il
Risorgimento credevano che il Sud fosse primitivo e che
la gente lì non fosse colta (3).
Negli anni '80, gli
studiosi della storia del Meridione hanno cominciato a
contrastare il meridionalismo perché cambiava le realtà
del Sud quando questa veniva interpretata dal punto di
visto di qualcuno dal Nord (4). L'idea più importante di
questo "nuovo" meridionalismo è che è pericoloso
paragonare il Sud col Nord perché sono due zone
completamente diverse e che il "vecchio" meridionalismo
non può superare lo stereotipo del Sud sottosviluppato,
che è un'idea sorpassata (5). Questo nuovo
meridionalismo, allora, propone di guardare il Sud con
occhi meridionali invece che con occhi settentrionali
(6).
Il Sud è sempre stato
colpito da disastri naturali come terremoti. Nel
terremoto del 1908 in Calabria e in Sicilia, oltre
100.000 persone sono morte (7) e nel terremoto del
Belice nel 1968, i danni erano quasi irreparabili ma la
Regione di Sicilia ha proposto un piano di
modernizzazione che avrebbe aiutato il Belice a
riprendersi dopo la tragedia mantenendo il suo
patrimonio storico (8). Nella valle dell'Irpinia, la
quale include la Provincia di Avellino, sono avvenuti
cinque terremoti negli anni fra il 1900 ed il 2000. (9)
Il terremoto del 1980, che serve come soggetto di quest'analisi,
ha ucciso oltre 3.000 persone e ha forzato gli Irpini a
ricostruire la loro terra da zero (10).
La ricostruzione
dell'Irpinia dopo il terremoto del 1980 ha provocato una
modernizzazione nella zona che non è stata regolata
dalla Regione di Campania (11) ma che è stata causata
dal bisogno inerente alla modernizzare la zona. Per
esempio, le case erano prevalentemente fatte di tufo
prima del terremoto irpino del 1980 ed ora venivano
ricostruite col cemento antisismico per meglio
sopravvivere ad un'altra catastrofe.
L'Irpinia è
rappresentata nella letteratura italiana, per la maggior
parte, attraverso l'immagine della modernizzazione e la
ricostruzione della zona dopo il terremoto del 1980. Nei
tre libri presentati in quest'opera, si vedrà la
modernizzazione dell'Irpinia mostrata in vari modi. Tina
Rigione nel suo racconto "Terra" rappresenta i
cambiamenti nella cultura irpina avvenuti dopo il
terremoto, mentre Emilia Bersabea Cirillo nel romanzo Il
pane e l'argilla reclama il bisogno di usare le
tradizioni contadinesche dell'Irpinia per sviluppare il
suo turismo; lo sviluppo di un turismo irpino è un passo
verso la modernizzazione della zona perché aiuterà a
migliorare l'economia della zona.
Finalmente, Giuliana
Caputo in Lezione d'amore annuncia la necessità di
cambiare il sistema scolastico irpino perché le future
generazioni irpine possano usare la loro istruzione per
aiutare a modernizzare la zona. Per mostrare la
modernizzazione dell'Irpinia com'è messa in rilievo
attraverso queste opere, si useranno le opere stesse,
interviste con gli autori ed anche altri libri ed
analisi critiche pubblicati sull'Irpinia per sostenere
le idee presentate qui. È importante notare che non
esistono molte opere critiche che trattano dell'Irpinia
perché non è una zona studiata spesso. Questa tesi si
propone come un esempio del nuovo meridionalismo perché
prova a mostrare che il Sud non è una zona
sottosviluppata e che ci esiste veramente una cultura.
Il Sud non è una zona primitiva; anzi, è una terra ricca
di storia e letteratura. I libri usati in quest'opera
sono solo un esempio di quanto è ampia la collezione di
libri scritti da autori meridionali.
La resistenza degli
Irpini è stata messa alla prova la sera del 23 novembre
1980 quando alle 19,35 un terremoto ha quasi distrutto
l'Irpinia con tutta la sua forza (12). Migliaia di
persone sono state uccise dalla violenza del sisma che
si poteva sentire attraverso tutta la penisola italiana.
Come si fa ad affrontare il dolore, la paura ed il
terrore causati dal terremoto che anche oggi è un
simbolo della "morte" dell'Irpinia? C'è un racconto in
particolare, "Terra" di Tina Rigione (13), che serve
come fotografia di quel fatidico giorno (14). Si vede in
questo racconto che la normalità in Irpinia se n'è
andata nel 1980 e che gli Irpini hanno dovuto costruirsi
una nuova vita sulle rovine del loro vecchio mondo.
Quando si legge
"Terra", si capisce immediatamente il disagio provato da
Rigione e da tutti gli Irpini durante il periodo del
terremoto perché comincia come un giorno qualsiasi della
vita irpina: "Fu un bel pomeriggio trascorso a cantare
alla parrocchia per la messa delle sei; tra gli amici,
Roberto suonava la chitarra e noi altri facevamo il
coro" (15). Questa prima frase del racconto rappresenta
l'Irpinia di prima perché l'azione avviene in chiesa-"la
stella maggiore" (16) del cielo irpino. Rigione ed i
suoi amici stanno godendo la vita senza alcun'indicazione
degli eventi che stanno per accadere. C'è solo una breve
prefigurazione del sisma quando Rigione scrive nel
paragrafo che ha salutato gli zii per "l'ultima
volta".(17) Il primo disagio causato dal terremoto è,
allora, la perdita dei cari in un colpo. Questo
sentimento di disagio rimane al primo piano per tutto il
racconto ma ci sono anche altri sentimenti che fanno
parte alla ricostruzione degli eventi del terremoto come
sono rappresentati qui.
Il terremoto irpino
del 1980 significa la fine terrificante della "vita
vecchia" di quella zona (18). Rigione mette questo in
rilievo quando scrive che "Ad un certo punto un boato,
come un tuono circoscritto, mi fece trasalire, ma
sembrava tutto calmo... Poi mio padre iniziò ad urlare
'il terremoto! il terremoto!' e fu quell'urlo che mi
fece tremare di più, dando la conferma alla casa che
qualcosa di tremendo stessa accadendo. Buio"(19). Il
lettore sa immediatamente che tutto è cambiato in
Irpinia perché il buio è come una tenda
nell'opera-l'atto è finito quando la tenda scende.
Quando si leva, tutto è diverso; come quando il buio è
sparito in Irpinia dopo il terremoto. Si vede la
sensazione di terrore provata da Rigione; lei tremava,
lei sapeva che "qualcosa di tremende stesse accadendo".
Lei era terrorizzata; non sapeva che cosa le avrebbe
portato l'indomani, tutto era incerto e tutti erano nel
buio.
Il terrore che un
disastro naturale come un terremoto può provocare è
immenso ma anche difficile da spiegare ad un altro; però
Rigione ce lo descrive paragonando il sisma ad "una
giostra del luna park" e dicendo che "il panico mi
avvolse".(20) Si vedono gli eventi del disastro nei
giornali dell'epoca ma si ha bisogno di un racconto come
quello di Rigione per mostrare cos'è successo nelle
menti delle persone che hanno vissuto il trauma perché
un articolo giornalistico dev'essere obiettivo nel
raccontare i fatti mentre un racconto può parlare di
sentimenti personali che non dovrebbero apparire in un
giornale. (21) Lei ci racconta che "L'odore di quella
polvere [della loro abitazione che stava per crollare]
resterà indimenticabile nella mia mente".(22) I giornali
dell'epoca ci mostrano cos'è successo quel giorno ma gli
scritti come questo ci mostrano l'aspetto umano della
tragedia; si vedono tutti i sentimenti provati dagli
Irpini e da Rigione quel giorno. Lei ci dice che,
"Attendemmo il nostro destino sul muro maesto".(23)
Mentre Rigione e la sua famiglia aspettavano il loro
destino, tutto intorno a loro stava crollando.
La parola "TUFO" (24)
scritta tutta a maiuscolo richiama il crollo degli
edifici irpini perché quasi tutti erano costruiti di
tufo. È una sorpresa vedere la parola scritta a
maiuscolo ma serve a dimostrare lo shock e l'aspetto
inaspettato dell'evento. Il tufo era dappertutto ed era
la sostanza che componeva la polvere della quale Rigione
ha detto che l'odore "resterà indimenticabile" nella sua
mente. Immediatamente dopo la pioggia del tufo, Rigione
descrive il suo terrore dicendo che "Tutto girava a
mille, il cuore batteva a mille, il fiato usciva a mille
ed entrava a meno mille dalle narici ostruite e dalla
bocca arsa senza più saliva, ingombrata dallo strato di
polvere; le gambe tremavano e i piedi saltavano da una
pietra all'altra cercando di non inciampare".(25)
Nel 1980, Rigione era
ancora ragazzina. Il racconto è la sua memoria del
terremoto e, perciò, lei include anche i suoi sentimenti
ora che guarda indietro. Scrive di un fanciullo che
conosceva, Gerardo, morto nelle macerie: "Era sparito
sotto alle balconate precipitate in terra lì, proprio a
mezzo metro dal portone, un solo passo indietro, ah! se
fosse rimasto ad aspettare dentro!"(26) Questa frase
mette chiaramente in rilievo la spontaneità di quel
giorno e che nessuno sapeva l'esito delle proprie
azioni; per esempio, nessuno sapeva che un passo
significava la differenza fra la vita e la morte.
Rigione riflette sul sisma dicendo "Ma a tredici anni
non si conosce la vita, tanto meno si dovrebbe conoscere
la morte".(27) La vita è stata tolta a Gerardo e lui non
ha veramente vissuto dato la sua giovanissima età. Lei
si ricorda di Gerardo ed ora, più di vent'anni dopo il
sisma, lei si sente sconvolta perché si accorge che
Gerardo avrebbe dovuto avere l'opportunità di vivere
invece di morire nel terremoto.
Il terremoto era un
evento così tremendo che Rigione aveva sentimenti
contrastanti: "Ero incredula, non riuscivo neanche a
versare una lacrima. Singhiozzavo, non piangevo".(28)
Lei era scioccata; non piangeva perché la situazione era
così inaspettata. Prima del terremoto, lei era in chiesa
e cantava coi suoi amici; non ha mai sognato che il
resto della sera le avrebbe portato tanto dolore. I
sentimenti dello shock degli Irpini cambiano in
sentimenti di disperazione quando scrive "E poi, dalla
piazza dove eravamo fermi, chi si era ritirato dopo
l'evento stava cercando il compagno, la figlia, la
moglie, l'amica".(29) Il disagio e la disperazione
provocati dal terremoto erano così grandi che le persone
erano ridotte a cercare nelle rovine i loro cari senza
l'aiuto di nessuno. La disperazione aumenta quando
Rigione dice in un ricordo simbolico all'inizio del
racconto: "Sembrava che Dio si fosse proprio dimenticato
di noi, pure dei bambini e dei ragazzi sotto alle
pietre. La natura ha voluto punirci".(30)
Dopo i suoi ricordi
del sisma, Rigione comincia a parlarci della sua vita
nei prefabbricati costruiti in Irpinia mentre si
ricostruivano le vere abitazioni della gente. Rigione
scrive di un evento inventato che sembra avere niente a
che fare con la storia intera ma che è rilevante perché
mostra i primi passi dell'Irpinia verso la
modernizzazione: "Ero solo una bambina quando mi resi
conto che in quelle calde mattine d'estate quando nella
casa si alzavano le risa, non si giocava con le bambole,
non erano le risa di una bambina, anzi, lei era in
silenzio...'Vieni qua, piccola, che ti faccio vedere un
bel giocattolo'".(31) Questa frase enunciata dall'uomo
che abitava nella vicina prefabbricazione dopo quella di
Rigione significa la fine della vita vecchia in Irpinia;
il terremoto ha veramente distrutto tutto. La vita che
caratterizzava l'Irpinia di prima è sparita sotto le
macerie. Prima del terremoto, un istante d'abuso come
questo era tenuto nascosto; non se ne parlava anche se
succedeva. Rigione ci mostra che ora si può parlare
apertamente dell'abuso sessuale e che non è tabù.(32)
Allora, tutto in Irpinia è cambiato, si sono perduti i
valori tradizionali. L'evento descritto qui rappresenta
l'inizio di una nuova Irpinia, una società meno rigida
di quella di prima.
Rigione chiude il
racconto dicendo che la sua vecchia abitazione è stata
ricostruita in cemento armato; questo vuol dire
simbolicamente che gli Irpini hanno subito un terremoto,
hanno vissuto la catastrofe ma tutto questo non ha
potuto distruggerli. Il terremoto ha reso loro più forti
e ha anche insegnato loro che devono fare i primi passi
verso la modernizzazione per sopravvivere veramente; per
esempio, non si possano più tenere nascosti istanti
d'abuso sessuale come quello descritto da Rigione. Poi
lei ci dice che "con qualcuno degli abitanti di quella
zona siamo rimasti in rapporti di salda amicizia" (33),
un segno di un ritorno alla normalità dalla parte degli
Irpini. Ma, immediatamente dopo questa frase, Rigione
annuncia "Il dubbio, non l'ho mai cancellato dai miei
ricordi".(34) Quest'è perché il "normale" di prima non
esiste più nell'Irpinia dopo il terremoto; tutto, non
solo le case e la vita, è stato distrutto; gli Irpini
hanno dubbi incancellabili perché sanno che la natura
della loro zona cambia sempre, un altro disastro può
capitare loro nel futuro.
Questo breve racconto
ci mostra l'aspetto umano del terremoto e ci mostra il
grande cambiamento della vita irpina nel periodo
immediatamente dopo il sisma. In una frase di Salvatore
Boniello, professore e storico del comune di Guardia dei
Lombardi (AV), l'impatto del terremoto può essere
descritto così: "Noi, i giorni del terremoto, li abbiamo
vissuti tra sacrifici, paure, speranze, difficoltà di
sopravvivenza e poi il ritorno del sole... e della
vita".(35) Nella parte seguente vedremo il ritorno del
sole irpino; la nuova Irpinia non è com'era prima del
sisma perché ora sta modernizzandosi; ma è ancora una
testimonianza vivente di una gente forte che ha saputo
riprendersi dopo una terribile tragedia.
Nell'introduzione de
Il pane e l'argilla di Emilia Bersabea Cirillo si
legge che "una data separa il primo e il dopo (36) "
dell'Irpinia. Questa data è, di nuovo, il 23 novembre
1980. Nel racconto "Terra" di Tina Rigione si sono visti
il terrore e il disagio provocati dagli eventi del
terremoto e si sono anche visti i cambiamenti nella
società irpina dopo il sisma. Il pane e l'argilla di
Emilia Bersabea Cirillo e Lezione d'Amore di Giuliana
Caputo mostrano il bisogno di modernizzazione in
Irpinia, attraverso un cambiamento nell'economia e nel
sistema scolastico della zona. Il pane e l'argilla di
Emilia Bersabea Cirillo è una serie di riflessioni
dell'autrice dopo aver girovagato nei comuni
dell'Irpinia. Il fatto che l'autrice viaggia
nell'Irpinia può essere considerato una continuazione
del viaggio desanctisano perché entrambi gli autori
scrivono delle loro esperienze nella zona e delle loro
impressioni della terra irpina. Ambedue parlano dei
problemi della valle e condividono le idee su come
cambiare la situazione coi loro lettori. Il problema più
importante dell'Irpinia descritto da Cirillo è la
mancanza di gente nella valle; tutti se ne vanno a
Napoli o a Roma per trovare lavoro. L'Irpinia di oggi è
un luogo dal quale tutti partono. In una frase che
descrive la situazione corrente in Irpinia, Cirillo
scrive che "solo il vento è la permanenza del tempo in
Irpinia".(37)
Questo vuol dire che
niente è permanente in Irpinia, né la presenza della
gente né gli edifici dei comuni. Nella sua riflessione
su Guardia dei Lombardi, un comune irpino che sta
provando una tale emigrazione che la popolazione
diminuisce ogni anno (38), l'autrice racconta una
conversazione con un vecchio signore. Lui le dice "'qua
non è vita per un ragazzo. Tra poco a Guardia non
rimarrà più nessuno'. Cosa resterà dell'Irpinia allora.
'Nui, fino 'a quanno campammo' risponde".(39) Quest'incontro
significa che l'Irpinia, morirà forse con la morte delle
persone anziane perché i giovani partono senza
l'intenzione di tornarci perché c'è una mancanza di
lavoro e d'industria. Con la partenza della gente,
l'Irpinia perderà la sua identità contadinesca che si
manifesta nel fatto che la zona è sempre stata
largamente una zona agricola e gli abitanti non vivevano
una vita di lusso.(40)
Una delle domande che
Cirillo pone ai suoi lettori è "Dov'è il nucleo
dell'Irpinia?" (41), il nucleo essendo l'identità della
valle. Per rispondere alla propria domanda, lei dice che
"il vero nucleo è la terra d'argilla che scivola lenta
fino al fiume, che apre nuove spaccature, possibili
nuovi percorsi. Il nucleo fondante è la forma rotonda
del pane, quel pane maestoso, croccante, alto di pollica
che ho visto sfornare con gesti rituali dalla panettiera
di Aquilonia".(42) Allora, per Cirillo, l'identità
dell'Irpinia si trova nel pane e l'argilla, come
suggerisce il titolo del libro. Perché questi due
oggetti? Si può dire che il pane e l'argilla
rappresentano il mondo contadino e che essi fanno parte
della vita irpina. L'Irpinia non è un mondo industriale;
invece, è un mondo contadinesco nel quale si lavora con
la terra e il pane e l'argilla vengono da questa terra.
Il nome di Avellino è
un simbolo dell'identità contadinesca della zona. Il
capitolo dedicato alla città di Avellino inizia con una
riflessione sul suo nome: "Il nome di Avellino non mi è
mai piaciuto, per quel diminutivo che associavo
a-novellino campanello-e a nulla valevano le spiegazioni
della maestra: Avellino deriva da Avellana, dal culto
per la dea Giunone, dea di abbondanza".(43) Anche se il
nome di Avellino dovrebbe suggerire l'abbondanza,
qualcosa di importante per i contadini soprattutto nella
stagione del raccolto, il fatto che c'è un -ino
suggerisce una piccola cittadina piena di persone
ingenue. Cirillo non crede che Avellino sia così; lei ci
parla della fierezza ed orgoglio della città che non
esistono altrove; per lei, Avellino non somiglia al suo
nome, è qualcosa di diverso. Gli Avellinesi, secondo
lei, non sono ingenui; invece loro lavorano per portare
l'abbondanza alla loro valle. La gente di Avellino
mostra il suo orgoglio e la sua fierezza negli anni dopo
il terremoto quando ha lavorato per ricostruire la loro
città:
Poi la catastrofe.
La collina tremò. Tremò tutta la città, tremò l'Irpinia
intera, ancora morte, rovine, distruzione, pietre di
sangue, grida dagli ammassi. Polvere, polvere, buio e
polvere, il tufo era sotto i nostri occhi, frantumato.
La città c'era appena, ancora, troppo poco per
mantenerla in piedi, in ogni caso una parola d'ordine
passò tra i banchi del consiglio comunale, abbattere e
ricostruire. Nuovo. Questa città ha ormai solo una
pallida scorza di tufo, per il resto è cemento
antisismico e stecchetti, colori panna e rosa lieve,
capitelletti e stucchi da salotto, questa città ha vetri
a specchio al centro, al contorno è una pullulare di
villette, lottizzazioni, mattoncini in bella vista e
pinnacoli sui tetti.(44)
Questo passaggio
mette in rilievo che Avellino sa sopravvivere dopo un
evento catastrofico come il terremoto del 1980. Questo
passaggio richiama anche il racconto di Rigione perché
parla del terrore e la pioggia di polvere di tufo che si
sono visti in "Terra". Ciò che è diverso ne Il pane e
l'argilla è che Cirillo descrive come l'Avellino nuovo è
diverso da com'era nell'epoca prima del terremoto: le
case sono fortificate dal cemento antisismico, allora,
non sono come quelle trovate in "Terra"; non sono più
fatte solo di tufo. Le case sono state modernizzate per
resistere ad un altro sisma. Questo richiama
l'abbondanza trovata nel nome di Avellino perché ora che
gli Avellinesi si stanno modernizzando con la
fortificazione delle loro case, il resto della zona
comincerà a seguire quest'esempio; così non si assocerà
più l'Irpinia con persone ingenue che non vogliono fare
niente per la loro terra perché si vedrà che queste
persone vogliono portarci l'abbondanza.
Dopo il passaggio sul
terremoto, Cirillo ritorna al suo fascino con l'-ino di
Avellino e il fatto che Avellino dovrebbe significare
l'abbondanza. Lei dice che "Avellino farebbe a tempo
ancora a tirare umilmente dal cuore la sua matrice e
farci i conti, se è vero che i nomi hanno dentro il
destino di chi li porta".(45) Poi scrive che "starà a
noi di lasciar crescere erbe e foglie sui muretti, o
strapparli prima che le radici penetrino in profondità.
Sarà una maniera di dialogare col tempo".(46)
L'ottimismo dell'autrice per l'Irpinia è chiaro in
queste frasi perché lei dice che crede che Avellino
possa superare la sua sorte. Il destino è stato crudele
ad Avellino, soprattutto col terremoto, ma siccome il
nome "Avellino" vuol dire "abbondanza" in riferimento
alla sua natura contadinesca, la scrittrice sa che la
zona può cambiare il suo destino. Dopo aver passato del
tempo ad Avellino, Cirillo fa visita ai comuni limitrofi
dell'Irpinia dove abita la maggior parte dei contadini
della zona. In un paragrafo, richiama l'antica Irpinia
di prima anche se parla del presente: Le zone interne
non hanno bisogno di stravolgimenti: hanno retto e
reggono per un miscuglio di tenacia e passione,
attaccamento al luogo, voglia di esistere e resistere.
Noi che ci inoltriamo d'autunno per questa terra
rosastra, come coda di volpe, abbiamo voglia di una
dignità diversa, di essere percorsi e visitati per
quello che siamo, per quello che resta di una cultura di
pietra e vino, di santuari antichi, di castelli e
fortezze, di polle di salmastro e zolfo dove la prima
dea predisse un destino di dimenticanza.(47)
Si vedono di nuovo la
resistenza e l'orgoglio di essere nati irpini menzionati
nel Viaggio desanctisano. Forse la terra irpina è
dimenticata oggi (48), conosciuta solo come la zona del
terremoto, ma gli Irpini di oggi, come Cirillo, vogliono
cambiare questo. Vogliono che si ami l'Irpinia perché è
l'Irpinia, non perché si sente la colpa per i tempi
difficili che gli Irpini hanno trascorso. Il problema è,
secondo Cirillo, che poche persone capiscono cosa
rappresenta l'Irpinia, come ci spiega Cirillo nel
capitolo dedicato al comune di Nusco nel quale scrive:
La vita è un
sorriso e un battito di mani dopo una danza, ho pensato,
rincorrendo in piazza il suono della Montemaranese e le
cose sono sembrate soffici, sopportabili, come le trine
e i filet viste a casa di una signora qualche minuto
prima. La vita ha il sapore acre e sugoso delle
ciliegine ricamate nel filet. Questo siamo noi, questo è
l'Irpinia intera. Siamo questo struggente ballo d'amore
e questa musica sempre uguale, come un bolero, che viene
da respiri lontani, siamo il caglio e le fascelle di
giunco, siamo il pane con le cigole, gelatina e pepaine.
Questo è un alfabeto con cui parlare, con cui
esprimerci. A conferma nell'aria si è sentita la musica
di un organetto che ha fatto muovere i piedi da soli.
Amarcord.(49)
Questo passaggio
intero rappresenta l'Irpinia di Cirillo, una zona antica
dove c'è molta musica e cibo che ci permettono di
sentirci completamente a nostro agio quando ci si va.(50)
Lei scrive "amarcord" (51) perché si ricorda della vera
Irpinia che ha visto attraverso il suo viaggio. Lei ha
visto il bene ed il male dell'Irpinia ma non permette al
male di cambiare il suo sentimento ottimista per la
zona. L'ottimismo di Cirillo per l'Irpinia è rilevato
verso la fine de Il pane e l'argilla nei capitoli su
Torella dei Lombardi e Vaidiaperti. In questi capitoli,
Cirillo parla dell'Irpinia di domani. Dice che "Sì, a
Torella penso che siamo nel domani. Che le cose
accadono, che possiamo uscire dalla malìa in cui sembra
sprofondare l'Irpinia".(52) Poi scrive che "Il futuro
dell'Irpinia è conservare i centri minori nella loro
interezza e anche nella loro dimensione, creando intorno
una rete di interessi turistici ed economici, legati
alla nostra tradizione agricola e artigianale,
tralasciando lo sviluppo urbano come risorsa".(53)
Cirillo crede che l'Irpinia possa rinascere senza
rinunciare al passato. L'Irpinia deve cambiare in molti
modi ma non deve cambiare ciò che la rende speciale,
come le sue tradizioni contadinesche. Invece, l'Irpinia
deve usare la sua natura particolare per sviluppare
un'economia ed un turismo nella zona.(54)
Una delle istituzioni
irpine che devono cambiare perché la zona diventi
moderna è il sistema scolastico. Lezione d'amore
di Giuliana Caputo ci mostra che molte scuole irpine
falliscono nella loro meta di istruire le nuove
generazioni e che, secondo Caputo, è necessario favorire
l'istruzione nell'Irpinia ricostruita. Il libro è una
lettera da Caputo ad Antonio, uno dei suoi alunni alle
scuole medie. Caputo spiega la sua decisione di scrivere
una lettera ad Antonio sui suoi sentimenti riguardano i
problemi del sistema scolastica avellinese:
La mia decisione
di scriverti una lettera risale ad almeno tre anni, cioè
al momento in cui ho deciso di lasciare la scuola con
molti anni di anticipo rispetto all'età della pensione.
Sentivo infatti di dovermi scusare con te per averti
abbandonato alle soglie della licenza media, quando il
mio aiuto era più necessario. In realtà, non mi sento
solo in colpa con te, ma con tutti i compagni della tua
classe e delle classi a venire. Tanti piccoli Antonio
che, per la mia scelta, non mi conosceranno mai come
loro insegnante.(55)
Caputo ha deciso di
lasciare la scuola media perché credeva che non si
facesse abbastanza attenzione ai bisogni degli
studenti.(56) Questo libro serve come un appello ad
agire per cambiare il sistema scolastico irpino e
portarlo nell'epoca moderna. Serve anche a mettere in
rilievo che le nuove generazioni sono le persone che
finiranno la ricostruzione dell'Irpinia dopo il
terremoto.(57) In questo libro, il personaggio di
Antonio rappresenta la rinascita della vita irpina dopo
il terremoto e i docenti sono gli operai della
ricostruzione dell'Irpinia.(58) Come si è visto ne Il
pane e l'argilla di Cirillo, l'Irpinia è una zona
contadinesca che ha bisogno di modernizzazione. Secondo
Caputo, la modernizzazione dell'Irpinia dopo il
terremoto deve concentrarsi sulla formazione scolastica
dei bambini perché loro possano dare nascita a città più
"vive e vivibili"(59) -"vive" perché ci saranno cose da
fare e da vedere con lo sviluppo turistico della zona e
"vivibili" perché le future generazioni possono
sviluppare nuove tecniche architettoniche per rendere
gli edifici delle città più sicuri nell'evento di un
altro terremoto. Purtroppo, gli altri professori non
sempre concordano con le idee di Caputo. Lei si ricorda
di una manifestazione nella Provincia di Avellino dove
ha dovuto gridare la sua rabbia col sistema scolastico
avellinese: "Qualcuno di loro [gli uomini politici
provinciali] ebbe a dire che è necessario soprattutto
sradicare la mentalità diffusa che vede nel contadino
'il cafone', rozzo e ignorante. Subito dopo il microfono
fu tra le mie mani e non seppi resistere alla tentazione
di ribattere".(60)
Antonio rappresenta
la rinascita dell'Irpinia simbolizzata dai contadini
come ci ha mostrato Cirillo. Usando Antonio come
esempio, Caputo ci dice che i contadini meritano un
sistema scolastico che aiuterà loro a superare lo
stereotipo del cafone che sa né leggere né scrivere.
Caputo si accorge della vera situazione del contadino
irpino perché l'ha vista per se stessa mentre gli uomini
politici provinciali la conoscono solo attraverso
l'immaginazione perché non vogliono associarsi coi
contadini che credono ignari. Un esempio di come Caputo
capisce veramente la vita contadinesca dell'Irpinia si
trova nelle sue esperienze con Antonio. Quando Caputo ha
cominciato ad insegnare alla scuola dove ha conosciuto
Antonio lui non sapeva né leggere né scrivere pur avendo
undici anni. Dopo aver fatto del progresso con lui,
insegnandogli a scrivere ed a leggere, Caputo si è resa
conto che Antonio era assente per numerosi giorni e lui
non sapeva darle spiegazioni. Finalmente, Caputo si è
recata da Antonio per parlare coi suoi genitori. Quando
nessuno ha risposto alla porta, Caputo è andata a
parlare con la loro vicina di casa, la quale le ha
detto: "Il ragazzo abita solo nella casa. I genitori
vivono in campagna mentre lui da qualche mese vive qui
perché deve tenere occupato l'appartamento di queste
case popolari, diversamente la casa viene tolta alla
famiglia. Mi sembra, continuò a dire, che la madre venga
ogni quindici giorni a pulire la biancheria".(61) Da
quest'incontro, Caputo ha potuto capire che Antonio
doveva badare a se stesso e che era la ragione per cui
non veniva sempre a scuola. Caputo ci mostra in questo
breve libro che i contadini hanno dignità e che meritano
essere trattati con rispetto. Non è la colpa di Antonio
che la sua situazione è così pessima avendo genitori
assenti; è la colpa degli uomini politici come quelli
alla manifestazione che rifiutano di aiutare i contadini
a migliorare la loro sorte e che, invece, continuano a
togliere la loro dignità considerandoli solo "cafoni
ignoranti" e niente di più.
Forse il vero valore
di questo libro è che ci mostra l'aspetto umano del
bisogno della modernizzazione nell'Irpinia del
dopoterremoto. Cirillo ci ha mostrato l'aspetto comunale
di questa modernizzazione perché il suo libro era un
raccolto di viaggi attraverso la valle. Questo libro
rende evidente l'aspetto umano del bisogno di
modernizzazione in Irpinia perché tratta dei problemi
della scuola irpina nella quale, secondo Caputo, i
maestri non fanno abbastanza per gli studenti. Quando
Antonio dà a Caputo delle ciliegie dicendole: "signora
professorè, t'aggio purtate 'e cerase pecché m'e mparate
'a leggere" (62), si capisce che l'attenzione e l'amore
della professoressa erano importanti per il ragazzo
perché è stato dimenticato dai suoi altri maestri.
Caputo sa che per compiere un progresso effettivo in
Irpinia, bisogna occuparsi delle prossime generazioni ed
è ciò che fa coi suoi alunni alla scuola media. Caputo
crede che per la ricostruzione dopo il terremoto sia
necessario non dimenticare il passato ma guardare al
futuro curando le future generazioni; questo richiama il
pensiero di Cirillo che crede che sia necessario
mantenere l'aspetto unico della zona. Però, Caputo crede
anche che sia necessario favorire l'istruzione
nell'Irpinia rinnovata perché è un modo per curare le
generazioni da venire. Lei vuole che il nuovo sistema
scolastico irpino sia libero
dall'arroganza
di chi possiede per se stesso la cultura e non la sa
comunicare;
dalla superbia
di chi cita a memoria titoli e aiuti di tremila opere,
ma perde per strada il senso del dovere diventando
strumento di disuguaglianza;
dalla protervia
di chi crede di essere un buon educatore ma non medita
sull'inalienabile concetto di 'Educazione' come diritto
universale;
dalla furbizia
di chi, dopo aver ottenuto un posto di lavoro, sa
difendere solo il suo salario;
dalla pigrizia
di quanti ritengono che essere docenti non significhi
mettere ogni giorno in discussione la propria educazione
culturale da dequalificare lungo tutto l'arco della
vita. (63)
Per Caputo, se le
scuole irpine possono liberarsi da questi vizi, si può
compiere la ricostruzione totale della zona perché non
ci saranno più pregiudizi contro i contadini, tutti
potranno esercitare il loro diritto fondamentale
all'educazione. Inoltre, i docenti si ricorderanno
sempre che sono maestri per insegnare invece di
guadagnare soldi. Caputo vuole una scuola senza vizi con
l'unico scopo essendo di aiutare i ragazzi irpini a
diventare cittadini non solo dell'Irpinia ma del mondo.
Il nucleo dell'Irpinia, come direbbe Cirillo, non si
trova nel mondo moderno ma si trova nella vita
contadinesca per la quale si conosce la zona 64. Caputo
vuole portare il pensiero di Cirillo in avanti e
cambiare il sistema scolastico irpino perché i contadini
possano imparare le materie necessarie, come il leggere
e lo scrivere, per portare la modernizzazione alla loro
valle. Se i contadini sono il nucleo dell'Irpinia,
secondo Caputo, loro devono avere accesso ad un miglior
livello d'istruzione.
In conclusione, il
bisogno di modernizzare l'Irpinia è mostrata dalla
letteratura prodotta dagli autori della zona dopo il
sisma del 1980. Gli autori presentati qui in quest'opera
hanno tutti voluto modernizzare l'Irpinia perché hanno
riconosciuto il bisogno di un cambiamento nella valle.
Non si sa ora cosa succederà con i progetti di
modernizzazione della valle; però, sembra che l'Irpinia
stia diventando più moderna quando si paragona
all'Irpinia di vent'anni fa. La letteratura dell'Irpinia
del futuro ci mostrerà il progresso fatto dalla valle
sul suo cammino verso la modernizzazione.
Note:
-
Robert Lumley, The New
History Of the Italian South: The Mezzogiorno
Revisited (Exeter: University of Exeter
Press, 1997).
-
--------. 2.
-
--------. 115.
-
--------. 3.
-
--------. 3.
-
Per ulteriori
informazioni sulla storia meridionale guardata con
gli occhi meridionali, si consiglia il libro La
Storia Proibita: quando i Piemontesi invasero il Sud
di Autori Vari (Napoli: Controcorrente, 2000).
-
Giuseppe Chiusano, È
la terra tremò (Lioni: Tipolitografia Irpina, 1983),
40.
-
Luciano Di Sopra, Il
costo dei terremoti (Udine: Grafiche Fulvio spa,
1992), 46.
-
Chiusano, Giuseppe.
41.
-
-------. 41.
-
-------. 185.
Iniziativi per la modernizzazione dell'Irpinia sono
state presi dai comuni della zona e non la regione
di Campania.
-
Tutti gli articoli sul
terremoto dal quotidiano napoletano Il Mattino sono
disponibili nel libro Quei giorni delle
macerie, della
paura e della rabbia (Napoli: Il Mattino, 1983).
-
Tina Rigione è la
fondatrice dell'Associazione culturale "Per caso
sulla piazzetta", che è la prima casa editrice
italiana no-profit. Per caso sulla piazzetta si
trova ad Avellino o al seguente sito:
http://digilander.iol.it/xcasosullapiazzetta.index.html.
-
In un'intervista
recente (marzo 2003), Rigione mi ha detto: "Per
scrivere "Terra", mi sono ispirata alla realtà ed
ai
ricordi di quei 90 secondi che non potrò mai più
dimenticare. Ho vissuto il terremoto, il dolore
delle perdite di persone care, il disagio di vivere
in un prefabbricato, il disagio di attendere 12 anni
che ricostruissero la mia casa, il disagio in cui ti
mette la burocrazia per permessi, autorizzazioni,
certificati, il tutto inerente alla ricostruzione
della casa stessa. Quindi ho vissuto 'nel terremoto'
del primo e del dopo. Perché non raccontarlo"?
-
Tina Rigione, I
racconti (Avellino: Per caso sulla piazzetta, 2001),
45.
-
La chiesa è
considerata la "stella maggiore" del cielo irpino
perché la vita irpina si base sul suono delle
campane della chiesa e che la chiesa è, di solito,
l'edificio più alto dei comuni irpini.
-
Rigione, Tina. 45.
-
Un interessante
articolo di Alberto Moravia chiamato "Ho visto
morire il Sud" che parla della fine della "vita
vecchia" in Irpinia può essere trovato nel libro
Terratremule: Vent'anni dal sisma pubblicato da
Legambiente a Napoli nel 2000.
-
Rigione, Tina. 45-46.
-
--------. 45-46.
-
Un altro libro nel
quale si possono trovare gli articoli giornalistici
trattando del terremoto è È la terra tremò di
Giuseppe Chiusano (Lioni: Tipolitografia Irpina,
1983).
-
Rigione, Tina. 46.
-
--------. 47.
-
--------. 47.
-
--------. 47.
-
--------. 48.
-
--------. 48.
-
--------. 49.
-
--------. 49.
-
--------. 49.
-
--------. 51.
-
Durante la mia
intervista a Tina Rigione, lei mi ha detto: "Con I
racconti ho cercato di immaginare cosa potesse
accadere nelle menti delle persone che sembrano
normali quando sono al di fuori del loro habitat
naturale, e che invece si rilevano aggressivi,
violenti, succubi delle loro madri, quando invece
sono all'interno della loro casa. Adesso c'è più di
comunicazione di massa e che è più difficile
nascondere certi eccessi perché vengono denunciati
alla polizia con più coraggio".
-
Rigione, Tina. 51.
-
--------. 51.
-
Lettera ricevuta da me
dal professor Boniello, 10 gennaio 2003.
-
Emilia Bersabea
Cirillo, Il pane e l'argilla (Napoli: Filema, 1999),
5.
-
--------. 13.
-
Per esempio, nel 1991
la popolazione di Guardia dei Lombardi era di 3361
Guardiesi e nel 1998 era di 2272 Guardiesi.
Informazione fornita da Salvatore Boniello.
-
Cirillo, Emilia
Bersabea. 104.
-
Un esempio di come
l'Irpinia mantiene la sua identità contadinesca può
essere trovato nel Museo della civiltà contadina di
Guardia dei Lombardi curato da Salvatore Boniello.
-
Cirillo, Emilia
Bersabea. 20.
-
--------. 20-21.
-
--------. 39.
-
--------. 41.
-
--------. 42.
-
--------. 50.
-
--------. 52.
-
Un capitolo in Dopo il
terremoto, la ricostruzione di Cesare de Seta si
chiama "Irpinia dimenticata" perché la zona è stata
dimenticata dopo il terremoto. (Bari: Laterza, 1983)
-
Cirillo, Emilia
Bersabea. 128.
-
Un libro utile per
scoprire le tradizioni dell'Irpinia è Sulle orme del
lupo di Carmine Palatucci (Lioni: Rotostampa s.r.l.,
2001).
-
La parola "amarcord"
qui fa riferimento all'omonimo film di Fellini del
1974.
-
Cirillo, Emilia
Bersabea. 147.
-
--------. 150.
-
Infatti, l'Irpinia sta
già sviluppando il suo turismo col Parco Letterario
De Sanctis, il Museo della civiltà contadina di
Guardia dei Lombardi e l'Ente Provinciale per il
Turismo ad Avellino.
-
Giuliana Caputo,
Lezione d'amore (Grottaminarda: Delta 3, 1998), 7.
-
Giuliana Caputo mi ha
spiegato questo in alcune lettere dal mese di
novembre 2002 fino al mese di marzo 2003.
-
Questa credenza di
Caputo mi è anche stata spiegata nelle sue lettere.
-
Da una delle lettere
ricevute da me dalla signora Caputo in febbraio
2003.
-
--------.
-
Caputo, Giuliana. 46.
-
--------. 17.
-
--------. 74.
-
--------. 76.
-
Salvatore Boniello
dell'UNLA (Unione per la lotta contro
l'analfabetismo) di Guardia dei Lombardi mi ha detto
nel corso della mia ricerca che l'Irpinia è
conosciuta per la sua identità contadinesca. Quest'è
anche trovato nei libri pubblicati dall'UNLA.
Bibliografia
1.
Caputo, Giuliana. Lezione d'amore.
Grottaminarda: Delta 3, 1998.
2.
Chiusano, Giuseppe. È la terra tremò.
Lioni: Tipolitografia Irpina, 1983.
3.
Cirillo, Emilia Bersabea. Il pane e l'argilla.
Napoli: Filema, 1999.
4.
Di Sopra, Luciano. Il costo dei terremoti.
Udine: Grafiche Fulvio spa, 1992.
5.
Lumley, Robert. The New History Of the Italian
South: The Mezzogiorno Revisited. Exeter: University
of Exeter Press, 1997.
6.
Rigione, Tina. I racconti. Avellino: Per
caso sulla piazzetta, 2001.
Libri che trattano
dell'Irpinia
Letteratura:
1.
Viaggio
nella memoria:
Salvatore Boniello (Lioni: Poligrafica Irpina, 1995).
2.
Quella
sera c'era una luna luminosa:
Angelo Giusto (Bracigliano: CECOM SNC, 1993).
3.
Terremoto
con madre e figlia:
Fabrizia Ramondino (Genova: Il melangolo, 1994).
4.
Passo
d'Ombre:
Giuseppina Di Rienzo (Salerno: Avagliano Editore, 1997).
5.
I versi:
Tina Rigione (Avellino: Per caso sulla piazzetta, 1999).
6.
Intorno a
noi: Nicola
Arminio (Avellino: Edizione Nuovo Meridionalismo, 1990).
7.
Respiri
di esistenza:
Vania Palmieri (Lioni: Altirpinia, 2000).
8.
Scrittori
irpini del 900:
Antologia a cura di Maria Teresa Cantore ed Antonio
Iannaco (Nusco: Hirpus, 1990).
9.
Folklore
in Irpinia: storie e leggende:
Alfonsina Esposito (Piazza al Serchio: Biblioteca G.
Venutrelli: Centro di Documentazione della Tradizione
Orale, 2001). Direttore della tesi: Prof. Alberto
Borghini.
10.
Scaglie
di Roccia:
Ottaviano De Biase (Altripalda: W.M., 1989).
11.
La
speranza del seme:
Ottaviano De Biase (Firenze: L'Autore Libri, 1995)
12.
Incontri:
Ottaviano De Biase (Firenze: L'Autore Libri, 1993).
13.
I colori
del Sud:
Ottaviano De Biase (Avellino: Scuderi Editrice, 1998).
14.
Terremoti:
Cesare De Seta (Marene: Nino Aragno Editore, 2002).
15.
Terra e
cielo: Ottaviano De Biase (Firenze: L'Autore Libri, 1994).
16.
Terra mia:
Ottaviano De Biase (Salerno: Poligraf, 1987).
17.
Con la
fiamma nel cuore:
Michele Luongo (Trento: Akkuaria, 2001).
18.
Il
continente perso:
Domenico Cipriano (Roma: Fermenti, 2001).
19.
In paese:
Domenico Cipriano (Guardia dei Lombardi: Domenico
Cipriano, 2000).
20.
Casa
nostra: Camilla Cederna (Milano: Mondatori, 1983).
21.
Rossa
luna di novembre ed altri:
Claudia Iandolo (Avellino: Grafic Way, 1990).
22.
Poesie:
Generoso Benigni (Avellino: Grafic Way, 1991).
23.
Memorie
di Pietra:
Romualdo Malandino (Nusco: Poligrafica Irpina, 1991).
24.
Casa e
putea: Michele Vespasiano (Montella: Eliotipografia dei Fiori, 1996).
25.
Divina o
Diversa: AA.VV.
a cura di Giuliana Caputo. (Frigento: Tipolitoelle,
2001).
26.
Terra:
Tina Rigione (Avellino: Per caso sulla piazzetta, 2003).
27.
Il senso
del sogno:
Alfonso Attilio Faia (Avellino: Casa Editrice Menna,
2000).
28.
La terra
di pane:
Alfonso Attilio Faia (Nusco: Nuovo Meridionalismo/ Il
Nuovo Sud, 1993).
29.
Meridiani:
Alfonso Attilio Faia (Avellino: La Ginestra, 2002).
30.
La
montagna di lame:
Vittoria Troisi (Avellino: Valentino editore, 2000).
31.
Un
viaggio elettorale:
Francesco De Sanctis (Torino: Giulio Einaudi Editore,
1968).
32.
Memorie
di un commerciante:
Angelo Muscetta (Avellino: Edizioni del Centro "Dorso",
1984).
Storia e
cultura:
1.
I sapori
della memoria:
Scuola elementare V^A e V^B di Guardia dei Lombardi
(Grottaminarda: Delta 3, 2001).
2.
Avellino
e la sua provincia:
Ente provinciale per il turismo di Avellino (Parma:
Clemente Editore, 2002)
3.
Sulle
orme del passato:
Salvatore Boniello (Lioni: Rottostampa s.r.l., 2001).
4.
Dizionario dialettale della lingua di Guardia dei
Lombardi:
Salvatore Boniello (Nusco: Poligrafica Irpina, 1994).
5.
Terra di
Irpinia:
Alessandra Cristina Celano e Giampiero Galasso a cura di
CRESM Campania (Roma: Grafica CDP, 2001).
6.
Panorami
in Irpinia:
Comune di Frigento (AV) (Mercogliano: Centro Regionale
Multimediale per la Valorizzazione delle Risorse
Culturali Territoriali, 2002).
7.
Viaggio
in Irpinia:
Ente provinciale per il turismo di Avellino (Napoli:
Edizioni Pubblitaf, 2002).
8.
Campania
e Turismo: Avellino e la sua Provincia: Ente provinciale per il turismo di Avellino (Napoli: Edizioni
Pubblitaf, 2002).
9.
Guardia
dei Lombardi: Notizie di storia civile e religiosa:
Don Antonio Parziale (Materdomini:Valsele Tipografica
s.r.l., 1996).
10.
Antica
funzione storica, sociale e legale dei soprannomi
dialettali di Guardia dei Lombardi:
Stefania Giordano (Lioni: Rottostampa s.r.l., 2001).
11.
La chiesa
madre di Guardia dei Lombardi:
Don Antonio Parziale (Lioni: Tipografia Irpina, 2002).
12.
Irpinia
in cifre:
Camera di Commercio di Avellino (Montella: Arti Grafiche
2000, 2002).
13.
Itinerari
in Irpinia:
Amministrazione provinciale della Provincia di Avellino
(Avellino: Grafic Way, 2002).
14.
Irpiniagate: Goffredo Locatelli (Roma: Newton Compton, 1989).
15.
I
Dauni-Irpini: AA.VV. (Napoli:Generoso Procaccino, 1989).
16.
Riflessioni di un liberale:
Generoso Benigni (Lioni: Tipolitografia Irpina, 1998).
17.
Santa
Lucia nella valle del Sabato:
Ottaviano De Biase (Lancusi: Edizioni Gutenberg, 2001).
18.
Avellino
e l'alta valle del Sabato:
Ottaviano De Biase (Avellino: Scuderi Editrice, 1997).
19.
Serino
antica e medioevale:
Ottaviano De Biase (Prata P.U. : Idea Stampa, 1999).
20.
L'Irpinia
non corre più:
Raffaele Aurisicchio et.al. (Serino: Stampa Editoriale,
2002).
21.
Ultime
voci dall'epicentro:
Salvatore Piazzo et.al. (Napoli: Tullio Pironti Editore,
1981).
22.
Sant'Angelo dei Lombardi: La città di De Sanctis:
Giuseppe Chiusano (Lioni: Tipolitografia Irpina, 1983).
23.
La
rivolta di Montefalcone:
Edoardo Spagnuolo (Napoli: Edizioni Nazione Napoletana,
1997).
24.
Guardia
dei Lombardi: Echi di Storia:
Aurelio Popoli (Lioni: Tipolitografia Irpina, 1996).
25.
Sant'Angelo dei Lombardi: Cittadini e famiglie:
Giuseppe Chiusano (Lioni: Tipolitografia Irpina, 1983).
26.
Grazie,
sisma: Rita Pennarola et.al. (Napoli: Tipografia Cafieri, 1990).
27.
Memorie
Conzane: Pro
Loco "Compsa" (Conza della Campania: Edizioni Pro Loco
"Compsa", 2000).
28.
Vocaboli,
poesie, canzoni, strofette e detti popolari in dialetto
gesualdino:
Mario De Prisco (Ariano Irpino: Tipolitografia
Lucarelli, 1996).
29.
Il
brigantaggio post unitario nella Morra di Francesco De
Sanctis: Luigi
Del Priore e Celestino Grassi (Morra De Sanctis:
Amministrazione comunale, 2000).
30.
Avellino
1799: Giovanni Pionati (Avellino: Edizioni Nuovo Meridionalismo, 1992).
Riviste
sull'Irpinia
1.
"Lo Brigante"
2.
"Nuovo Meridionalismo"
3.
"Civiltà Altirpinia"
4.
"La Voce della Campania"
5.
"Altirpinia"
6.
"Il Corriere dell'Irpinia"
Film
sull'Irpinia
1.
"È una domenica di novembre": Lina Wertmuller,
1981.
2.
"La terra è fatta così": Gianni Amelio, 2000.
Stefania Longo è americana di origine irpina e
calabrese. Con questa tesi si è laureata col massimo dei
voti e lode all'Università di Scranton, PA, USA. Le
siamo grati per averci concesso di mettere on-line la
sua opera monografica, veramente bella sia per i
contenuti che per l'amore che traspare verso la terra
d'origine della sua famiglia. Stefania, a soli 22 anni,
ha fatto già molto per il Sud, e il suo impegno ed
entusiasmo siano un esempio per tutti quelli, come noi,
che al Sud ci viviamo. |