Introduzione
La ridente città di Marsala sorge nell’estremo lembo occidentale
della Sicilia, il suo territorio si estende lungo la costa del
Mediterraneo proprio di fronte all’isola di Mothia e alle isole
Egadi, una posizione geografica questa che è stata determinante per
le sue vicende storiche. Nel
397 a.C.,
l’isola di Mothia, che campeggia con la sua bellezza nelle acque
dello “Stagnone” di Marsala, venne cinta d’assedio e conquistata per
mano di Dionisio I. I Cartaginesi sconfitti, ma non rassegnati a
perdere un così importante scalo commerciale, inviarono nell’isola
un esercito agli ordini di Imilcone; Mothia venne riconquistata e
nel
392 a.C.
e si giunse ad un accordo di pace, che durò un decennio e diede modo
ai Cartaginesi di riorganizzarsi nella Sicilia occidentale.
Non ci sono testimonianze storiche, ma sembra che, non volendo
rinunciare alla favorevole posizione geografica di Mothia, che
garantiva una facile comunicazione con l’antistante costa africana,
ma ritenendo, al tempo stesso, quell’isola troppo angusta, i
Cartaginesi abbiano deciso di costruire una nuova città più grande e
meglio difesa. La scelta cadde sul promontorio di Lilibeo, già
conosciuto sia perché utilizzato come scalo, prima dell’intervento
di Dionisio, sia perché i moziesi l’avevano difeso da un tentativo
di colonizzazione greca. Nacque così Lilibeo, nuova città destinata
a raccogliere l’eredità di Mothia. A questo punto è chiaro perché
nell’odierna Marsala, numerosissime sono le testimonianze
archeologiche puniche e soprattutto gli ipogei funerari, anche in
pieno centro storico. E vale la pena sottolineare che il toponimo
Lilibeo, come ci informa il grammatico Esichio di Alessandria ha la
sua radice nella lingua prefenicia, utilizzata nel nord-Africa, dove
la parola “lily” sta ad indicare l’acqua sorgiva. Alla presenza dei
cartaginesi sono legati i numerosissimi ipogei funerari, che si
riscontrano a Marsala anche in pieno centro storico. Col diffondersi
del cristianesimo nella Sicilia occidentale, e col passaggio dal
rito dell’incinerazione a quello dell’inumazione gli ipogei punici
vennero utilizzati da pagani, cristiani ed ebrei. L’Ipogeo di
Crispia Salvia è uno dei tanti ipogei punici utilizzati nella
Sicilia appena cristianizzata.
Ipogeo di Crispia Salvia
Nel 1994, a Marsala, sul lato nord della città, durante i lavori di
demolizione di un edificio, venne alla luce un lembo della necropoli
di Lilibeo.
Si tratta di una necropoli che in origine era sicuramente un’area
sepolcrale punica, e venne poi utilizzata, fino alla tarda età
romano-imperiale e paleocristiana, da pagani, ebrei e sicuramente da
cristiani. L’indagine archeologica ha consentito di individuare una
camera funeraria che, per il rinvenimento di una lastra fittile con
incisa la dedica di Iulius Demetrius alla moglie defunta, è stata
denominata “Ipogeo di Crispia Salvia”.
L’ipogeo consiste in una camera funeraria di forma trapezoidale, di
circa 25 metri quadrati di superficie, con le pareti interamente
dipinte, analogamente ad alcuni ipogei punici lilibetani, quello di
Crispia Salvia appare in superficie solo con il taglio di un pozzo,
ma all’interno vi è un “dromos”, con dieci gradini scavati nella
roccia tufacea; sulle pareti del dromos, a circa metà percorso, si
notano fori e reseghe che provano l’esistenza di un cancello di
chiusura. Lungo le pareti sono scavate sei deposizioni, di cui due
ad arcosolio alla destra e alla sinistra del “dromos”; le rimanenti
in casse rettangolari, entro nicchie scavate nelle pareti; dinanzi a
ciascuna della quattro nicchie vi è una cavità circolare, ricavata
nel pavimento, ove in origine erano poste piccole olle globulari; le
cavità erano chiuse da un coperchio fittile. Al centro del pavimento
è posta, su un rialzo, una piccola ara ottenuta da un blocco di
calcarenite. Il soffitto è privo di decorazioni, le pareti sono
affrescate. I colori più usati nelle pitture parietali, che si
stagliano sul fondo bianco-azzurro dell’intonaco, sono: il rosso, il
giallo ocra, il bianco, il verde, il nero utilizzati in diverse
sfumature. La zoccolatura perimetrale dell’intera stanza è dipinta
in rosso. Le raffigurazioni del monumento, allo stato attuale degli
studi, costituiscono, in Sicilia, un esempio eccezionale nell’ambito
dell’arte funeraria romana.
Parete Est
Tomba n°2
Sulla parete Est dell’ipogeo, che accoglie la tomba n° 2, sono
raffigurati cinque danzatori che si dirigono verso la propria destra
in direzione di una figura femminile, resa di profilo, seduta su una
sedia con alta spalliera, con i piedi poggiati su un suppedaneo. La
donna, i cui capelli sono raccolti sulla nuca, indossa una corta
tunica a mezze maniche, con due strette bande verticali che si
dipartono dal seno, è rappresentata nell’atto di suonare un “aulos”
a canne doppie, di cui quella sinistra termina con un padiglione
ricurvo, che come è noto era un corno applicato all’estremità della
canna. I cinque danzatori sono raffigurati in corteo, a piedi nudi,
ciascuno di essi poggia un braccio sul danzatore che lo precede, uno
reca in mano un una corona, un altro un fiore. Le parti nude sia
della flautista, sia dei danzatori sono di colore rosa carico,
delineate in ocra, mentre i tratti somatici ed altri particolari
sono resi col nero. L’intera scena è cosparsa di fiori rossi su
steli ocra o verde, distribuiti in maniera piuttosto uniforme.
Nella parete laterale della stessa nicchia, tra fiori ghirlande
troviamo di nuovo cinque figure maschili, di cui tre sono
rappresentate sedute al centro mentre le altre due sono semisdraiate
su uno “stibadium” dinanzi ad una mensa “tripes”. I cinque
personaggi sono raffigurati nell’atto di brindare con coppe di vetro
colme di vino rosso, e proprio una coppa di vetro poggia su una
trapeza a zampe leonine posta al centro della scena.
Tomba n°3
Sulla stessa parete Est, la tomba più interessante dell’ipogeo è la
n° 3 anch’essa a nicchia. La sua posizione centrale, proprio di
fronte alla camera di accesso, fa pensare che fosse destinata al
personaggio più importante; sulle pareti si trovano raffigurate due
figure alate (amorini) entrambe nude, in volo l’una verso l’altra,
mentre reggono una ghirlanda di fiori rossi con nastri e bende
verdi.
Su ciascuna delle due pareti laterali della nicchia è raffigurato un
pavone accovacciato su un “kalathos”; i due uccelli, una femmina ed
un maschio, come si può costatare dalla corona di piume che orna il
capo di quest’ultimo, sono resi con notevole capacità, grazie
all’impiego di diverse tonalità cromatiche rosse, ocra e beige.
Anche le raffigurazioni di questa tomba sono poste tra fiori, ma la
figura del pavone femmina è contornata superiormente da una decina
di melagrane. È interessante notare come questa scena non si trovi
esattamente al centro della parete ma sia spostata verso est in modo
da lasciare spazio sulla sinistra all’epigrafe latina, nella quale
“Iulius Demetrius” dedica il suo pensiero alla moglie Crispia
Salvia, morta a circa 45 anni, con la quale visse per 15 anni
“Libenti animo”.
ISCRIZIONE LATINA DEDICATA A CRISPIA SALVIA
CRISPIA SALVIA VIXIT ANNOS
PLUS MINUS XLV
UXORI DULCISSIMAE
IULIUS DEMETRI
US QUAE
VIXIT CUM SUO
MARITO ANN(OS) XV
LIBENTI ANIMO |
Particolarmente interessante è la precisazione degli anni vissuti
nel vincolo matrimoniale; nell’iscrizione, infatti, si legge,
infatti, sia il periodo di tempo vissuto dalla donna insieme al
marito, sia a quale età essa aveva contratto matrimonio, ovvero a
circa trenta anni. Secondo alcuni studiosi, è raro il caso di
iscrizioni in cui, accanto all’età della sposa, al momento della
morte, figuri anche l’età che aveva la defunta quando era convolata
a nozze, È particolare la notizia che la donna doveva aver contratto
matrimonio all’età di circa 30 anni, età eccessivamente avanzata,
che induce a pensare che Crispia Salvia doveva essere al suo secondo
o terzo matrimonio. Le fanciulle, allora, prendevano marito a 14
anni o anche prima.
Parete Ovest
La parete ovest comprende due tombe nn. 4, 5 a cassa rettangolare
ricavate nella roccia, oltre il bordo superiore della sepoltura n 4,
all’interno di un incasso di forma pressappoco semicircolare
decorato con fiori ed una ghirlanda centrale, sono ricavate due
nicchie quadrangolari. Nella decorazione, ricca di fiori e
ghirlande, sono raffigurati una colomba nell’atto di alzarsi in volo
da un cesto di fiori, due pavoni affrontati che reggono una
ghirlanda ed un “kalathos” fra due ghirlande disposte a festone. I
fiori, come nelle altre decorazioni dell’ipogeo sono di colore
rosso; la colomba ha il corpo ocra chiaro, delimitato da una linea
di contorno più scura, i pavoni sono resi anch’essi in ocra, con una
linea di contorno marrone e la coda rossa puntinata di nero.
Pareti Sud ed Est
Le pareti S e E, ove si trovano i due arcosoli dell’ipogeo, non
presentano alcuna decorazione.
Significati dei temi figurativi dell’Ipogeo di Crispia Salvia
Stando ai dati raccolti, l’ipogeo deve essere rimasto in uso per
almeno due secoli, le sepolture più antiche sono senz’altro quelle
contrassegnate con i nn. 2, 3, 4, 5, la cui contemporaneità è
dimostrata, oltre che dall’utilizzo della stessa tipologia
architettonica, anche della presenza ai loro piedi delle cavità
circolari ricavate nel pavimento. Questa prima fase è databile, a
giudicare dai dati di scavo e soprattutto dalla grafia
dell’iscrizione, al pieno II sec. d.C.
Le due tombe ad arcosolio (nn. 6 ed 1) risalgono probabilmente al IV
sec. d.C.; delle due la più recente deve essere la n.1, ricavata
nella parete est del dromos, fuori dunque dalla camera ipogea.
La presenza della piccola ara e delle quattro cavità ai piedi delle
tombe a cassa, i temi e i contenuti simbolici delle pitture
parietali costituiscono prova dell’utilizzo degli spazi dell’ipogeo
per rituali connessi alla deposizione e alla commemorazione dei
defunti. I numerosi fiori rossi che attorniano la scena del
banchetto e di danza della tomba n.2, le ghirlande stilizzate delle
tombe 4 e 5, le melagrane, cibo dei defunti, simbolo della fecondità
ma anche della morte e della vita eterna ed il kalothos colmo di
frutti e foglie del lato E della tomba 3, la donna che suona il
flauto sono tutti temi che alludono all’ambiente paradisiaco
dell’antica iconografia funeraria pagana. Troviamo, infatti, temi
pressoché identici raffigurati sulle note edicole funerarie dipinte,
rinvenute a Marsala; si tratta di prodotti di botteghe locali,
realizzati da pittori di tradizione ancora ellenistica. Fra queste
edicole databili tra il II sec a.C. e il I sec. d.C., ve ne sono
otto a forma di naiskoi, nelle quali la figura del defunto, disteso
su un kline, mentre porge un’anfora ad una donna seduta, è
accompagnata da motivi floreali kalathoi, melagrane, mentre nella
parte più alta sono dipinti ventagli, strumenti musicali quali
tamburo o cimbali. La presenza di questi strumenti musicali è stata
interpretata come espressione del legame tra il tema del banchetto e
la sfera religiosa e rituale di Dionisio, il cui culto in ambito
funerario fu largamente diffuso a Lilibeo tra la fine del III sec.
a.C. e l’inizio del I sec. d.C. La raffigurazione del banchetto
funebre sembrerebbe rievocare la consuetudine di promuovere veri e
propri incontri conviviali per ricordare il defunto, sentito come
non ancora del tutto morto, che si prepara a raggiungere uno stato
di felicità nell’Aldilà. Tutti questi temi, nel corso della tarda
antichità, verranno adottati senza sostanziali variazioni, dal
repertorio iconografico cristiano. Assai significativi sono,
infatti, i confronti delle pitture dell’ipogeo di Crispia Salvia con
gli affreschi del cimitero dei SS. Pietro e Marcellino di Roma,
nonché con la scena raffigurata nell’ipogeo Arangio di Siracusa, con
defunto che banchetta assistito da due servi. Il banchetto, allude,
infatti, all’uso pagano del del convivio tra i parenti del defunto,
che vogliono ricordarlo così senza mestizia, com’è noto i cristiani
adottarono anch’essi questo rito, ribattezzandolo “refrigerium”
termine che allude al sollievo fisico e spirituale offerto ai
parenti e al destino di felicità eterna che attende il defunto
nell’aldilà. È possibile che i cinque danzatori che avanzano verso
la flautista seduta, raffigurati sulla parete E della tomba 2
dell’ipogeo di Crispia Salvia, siano gli stessi personaggi della
scena conviviale della parete attigua, come sembrano dimostrare i
loro abiti, identici in entrambe le scene. Forse l’artista ha
voluto, in questo modo, congiungere idealmente il mondo terreno, cui
alludono i cinque danzatori con l’aldilà, rappresentato dalla
defunta-flautista e dall’ambiente paradisiaco di cui sono simboli la
corona di rose rosse e le ghirlande che ornano il capo dei
convitati. Un tentativo analogo di congiunzione tra mondo terreno e
aldilà, lo troviamo nella scena di “adventus” dell’ipogeo degli
Aureli, a Roma, ove il defunto è raffigurato nell’atto di partire
per l’oltretomba, ove è atteso da un gruppo di anime, mentre
dall’altra parte riceve gli ultimi saluti di un gruppo di viventi.
Nel complesso i dati raccolti ed i confronti con le pitture dei
cimiteri tardo antichi, lasciano pensare che le decorazioni
dell’ipogeo di Crispia Salvia siano state realizzate in un momento
successivo all’impianto originario, che, in base ai dati raccolti si
può datare al pieno II sec. La posizione marginale dell’epigrafe,
posta nell’angolo sinistro in alto della parete di fondo, invece che
nella posizione centrale propria delle “tabulae ansatae”, e i
caratteri stilistici delle pitture ci riconducono alla temperie
artistica del III sec. d.C. La resa stilizzata, poco naturalistica
dei fiori e delle ghirlande, dei volatili, dei kalathoi, la rigidità
dei pavoni affrontati, la disposizione quasi frontale dei danzatori,
la frontalità stereotipa degli amorini, che ricordano certe figure
di sarcofagi del III sec. d.C., sono, infatti, caratteristiche
tipiche dell’arte della tarda antichità.
Un ipogeo privato come quello di Crispia Salvia, espressione di una
committenza provinciale ma colta e sensibile alle alle correnti
artistiche dell’epoca, si inserisce bene nel vivace clima di
iniziative a carattere pubblico che deve aver caratterizzato Lilibeo
in quel periodo. Infatti, nel corso del III sec. d.C., l’emergere a
LIlibeo di alcuni ricchi esponenti della classe senatoria, frutto
anche della trasformazione della città da municipio a colonia,
favorì il finanziamento di opere pubbliche, come attestano, tra
l’altro, numerose iscrizioni risalenti a quel periodo. Questa
interpretazione sembra essere avvalorata dai nomi riportati
nell’epigrafe dell’ipogeo; Salvius et Crispius sono due gentilizi,
di notevole importanza, attestati a Lilibeo da una iscrizione
funeraria posta da un membro della gens Statia in memoria di C.F.
Felicula e di P. Statius. Il gentilizio Salvius, oltre a Lilibeo, è
presente in un cippo votivo rinvenuto nella città di Floridia,
vicino Siracusa. Il gentilizio Crispius era già noto da
testimonianze su “instrumentum domesticum". Più difficile è
individuare il marito della defunta, Iulius Demetrius, poichè il
gentilizio è presente nell’onomastica di personaggi di alto rango
sociale come magistrati municipali, cittadini romani, liberti. Nella
Sicilia occidentale la gens Iulia è documentata, oltre che a Lilibeo,
a Palermo, Termini Imerese, Segesta. Iulius Demetrius, è nome
riferibile ad una gens facoltosa e di elevato rango sociale, la cui
presenza nella Sicilia occidentale sembra essere attestata da alcuni
altri esempi.
Nota conclusiva
Nonostante la sua notevole importanza storico-archeologica, l'Ipogeo
di Crispia Salvia resta, come del resto le catacombe di Vicolo Pace,
le latomie dei Niccolini, i complessi cimiteriali di corso Gramsci,
ancora oggi inaccessibile mancando sia delle più elementari
infrastrutture per renderlo fruibile, sia di personale addetto.
Si tratta di un patrimonio che andrebbe sicuramente valorizzato, ma
poco è stato fatto, fino ad oggi, dalle autorità competenti.
Rosa
Casano del Puglia
Ottobre
2011
Bibliografia
-
Bellia A.
Gli strumenti musicali nei reperti del Museo
Archeologico regionale A. Salinas di Palermo, Roma, 2009
-
Bivona L.
L’iscrizione di Crispia Salvia in Miscellanae
epigrafica in onore di Lidio Gasperini, vol. I
-
Carra M.R.
Pagani e cristiani nei cimiteri tardo antichi della
Sicilia, aspetti del rito funerario, Palermo, 2001
-
Carra M.R.
Nota lilibetana – A proposito dei cimiteri tardo
antichi in Marsala, Città Del Vaticano, 1998
http://www2.comune.marsala.tp.it/marsala_tour/it/sc_ipogeo.html |