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Il viaggio di Livia

Racconto di Francesca Mazzitello

C’era il sole quando Livia decise di scendere le scale e compiere il gran salto che avrebbe dovuto cambiare il corso della sua vita.

L’aria che ella respirava aveva il profumo acre che spesso l’aveva riportata alle sue care memorie, quando il sole ancora splendeva nitidamente nel suo cuore e nessuna nuvola adombrava i suoi pensieri.

Quanto s’erano modificati gli stati d’animo e le condizioni di vita con i quali ora era avvezza a condurre nei suoi giorni non più sereni!

Il gran da fare, le pene troppo pressanti, il fiume in piena che la stava trascinando via con la sua corrente l’avevano lentamente fatta scivolare nella sola via che accendeva una sua speranza.

E come quando un bambino piange e urla quando decide che un gioco deve esser suo allo stesso modo la nuova idea s’impossessò completamente di Livia, anima e corpo e copriva ogni sua riflessione.

Finanche gli impegni, che pur imperversavano, erano sopraffatti dal desiderio di realizzare ciò che aveva in mente al più presto possibile. Non vedeva più nulla, non udiva il suono dei genitori che le stavano accanto e la supplicavano di tornare sui suoi passi. Niente avrebbe potuto farle cambiare idea.

Se in quel momento le avessero detto: “Ritorna in te, tutto sarà come desideri senza che tu faccia questa pazzia”,  lei avrebbe stentato ad afferrare cosa volessero dire quelle parole. Non c’era verso di farla ragionare, con le valigie già pronte, scendeva le scale e non guardava nessuno, non ci sentiva nemmeno più.

- Voglio andare, non cambierò idea – continuava a ripetere incessantemente, quasi fosse una nenia e lei non si rendesse più conto di quanto le stesse accadendo attorno.

Ma il buio era il suo conforto in un momento come quello, denso di ricordi e carico di follia.

Correva, quasi saltava i gradini con la mente di chi fugge verso spiagge incontaminate, dalle insidie che sciamano dalla vita come api senza guida.

La madre tentava affannata di trattenerla ma ella non si voltava, camminava urtata e severa, con l’astio di chi non può fare a meno di un oggetto che gli si vuol togliere.

Il padre la inseguiva gridandole: - Ma dove vuoi andare Livia! Noi che siamo la tua famiglia vogliamo averti sempre accanto a noi! – E la madre ripeteva: - Accanto a noi, si piccola mia, vicino a noi, per sempre. Ascolta tuo padre, non ci fare questo torto! –

Grosse lacrime bagnavano il volto dei genitori, che la imploravano, la supplicavano mentre Livia scendeva e non si voltava.

La madre in preda ad uno spasimo le continuava a ripetere: - Figlia mia, dammi la mano, senti il calore del mio cuore! Stringila forte e vedrai che non avrai più il coraggio di lasciarci! -

Ella ebbe come un moto di risveglio ma presto precipitò nel suo sconforto e nella sua folle corsa.

Non ci fu niente che riuscì a farla risvegliare dal sonno dei suoi sensi che, senza che ella se ne avvedesse, la ingannavano inesorabilmente.

In un attimo sparì e lasciò i suoi amati genitori nella più tetra solitudine, col vuoto nella mente, col silenzio nell’anima.

Piansero, e non si stancarono mai di pensare a quella figlia adorata che il vento l’aveva condotta via con sé tra le intemperie del mondo. Piangevano e non si davano pace. Lei non spedì lettere né tantomeno li volle sentire per telefono. Pareva esclusa dal mondo, travolta dalle fauci delle inquietudini. Nessuno sapeva dargli un ragguaglio di notizia che potesse alimentare la speranza in loro. Nessuno osava creare nei loro cuori false illusioni. Gli amici gli facevano compagnia, sempre… così, senza fiatare. Nessuno si azzardava ad aprire l’argomento.

Livia pareva inabissata nel mare dell’inquietudine, le vicende che ella aveva cercato e voluto con tanta insistenza non le avevano dato tregua, erano state le sue stesse nemiche.

Ma il destino è il frutto dei nostri desideri al quale non possiamo sottrarci. Livia era stata l’artefice del suo futuro ed ora s’era accorta di quanto più grande di lei era stata quella decisione.

Una sera quando ritornò a casa vide con limpidezza quanto crudele era la realtà che stava vivendo. Non si era mai fermata un momento per vedersi, accorgersi di quello che era diventata e quanto grama fosse la vita che stava scorrendo. Tutto era corso veloce davanti ai suoi occhi ed ora era lei a rimetterci tutto, i principi stessi con i quali aveva lottato finora. Ogni cosa era svanita per la sua folle corsa verso l’immaginaria visione d’un mondo meraviglioso che fuori si apprestava senza di lei, per un sogno disilluso dalla triste realtà. A cosa le era servito l’abbandono della sua casa, la furia a dispetto di tutto e di tutti, il dolore che aveva lasciato nel cuore dei suoi adorati genitori!

Quello che aveva vissuto in pochi mesi l’aveva segnata per sempre, non avrebbe avuto il coraggio di narrarlo e non avrebbe dovuto se non avesse voluto uccidere la sua famiglia che tanto s’era prodigata per darle il maggior bene possibile.

Non avrebbe avuto alcuna pietà se l’avesse fatto. E cosa fare ora che l’irrimediabile era accaduto? Come regolarsi?

Tornare indietro, e come? Erano domande che la tormentavano e alle quali non sapeva dare una risposta.

Non aveva risolutezza a fare un passo indietro e intanto cresceva in lei il bisogno di riabbracciare i suoi cari, ora che la tempesta era passata e l’aveva lasciata sgomenta ma ancora in piedi. Il dispiacere, l’afflizione e lo stupore di avere gli occhi di sua madre ancora una volta impressi nei suoi erano sentimenti che si avvicendavano nella sua mente e la lasciavano titubante, senza forza di farla decidere.

Ma la spinta irrefrenabile di essere là dove era vissuta nella più estrema tranquillità non l’abbandonava un istante. Quello che aveva fatto era imperdonabile. Se ne pentiva amaramente.

Non sapeva da dove cominciare, come muoversi per avvicinarsi ai suoi.

Finché un giorno vide per le strade colme di gente anonima, senza espressioni, quasi fossero pupazzi agghindati a festa, si stava avvicinando il Natale, un volto familiare.

Dapprima non ne ebbe una chiara visione, la sua mente faceva fatica a ricordarlo. Poi accadde come se un fiore fosse sbocciato all’improvviso sotto i raggi del sole, le sovvenne nella memoria il volto di quella donna: era una sua vecchia vicina di casa che le era vissuta accanto nei primi anni della sua infanzia e che poi era emigrata verso altri paesi e che non rivedeva se non nelle sue brevi vacanze estive.

Quella donna abitava proprio nella città che aveva impresso quei pochi mesi della sua vita come un marchio indelebile. Non s’era mai accorta di lei, era stata una fortuna per Livia. “Che coincidenza!” si disse e mosse le sue labbra a una leggera contentezza.

Le sue gambe la spinsero, senza che ella l’avesse pensato, ad andare incontro a quella donna. Come se un fascino misterioso la trascinasse verso quel nuovo destino.

“Sei tu?” le chiese con stupore quella donna.

Con un gran sorriso stampato sulle labbra, si diedero un lungo abbraccio. “Che sorpresa che mi hai fatto piccola Livia!”,  le disse quella donna. “Che ci fai qui? Non speravo mai di incontrarti in questa lontana città!”

Livia abbassò gli occhi, la prese per un braccio e facendola sedere su di una panchina le descrisse parte di quello che aveva vissuto e patito. La donna la ascoltava incredula, stentava a crederci. Le sembrava di vivere in un’altra dimensione. La piccola che aveva tenuto tra le sue braccia ora era una donna, sofferente come tutte coloro che sognano il mondo come un paradiso.

Non ci mise molto a decidersi che avrebbe fatto di tutto per rimetterla sulla buona via e così fece.

Andò in paese e preparò i genitori. Gli parlò col cuore in mano, come se fosse sua figlia.

Grosse lacrime solcarono il viso dei suoi genitori durante tutto il racconto. La commozione era troppo trascinante, non era di quelle sensazioni che sfuggono col primo passaggio di una nuova idea… no, qui la cosa era troppo violenta per due anime umili, non abituate a grandi urti con le vicende umane. Soli e poveri si occupavano mestamente delle faccende che sapevano di ristrettezze e di bocconi amari, senza curarsi delle umane voglie di superiorità, lasciandosi andare per i lunghi giorni di fatica e di sudore.

La donna, chiaramente, disse di Livia solo ciò che lei stessa le aveva riferito di sé e quello che Livia le aveva consigliato di aggiungere in suo favore.

E così la donna fece.

I genitori non ebbero nemmeno una parvenza di tentennamento e subito dissero di voler riabbracciare la loro figlioletta.

Livia il giorno stesso fece ritorno nel suo piccolo paesello e davanti alla mirabile visione dei suoi amati genitori rimase immobile e singhiozzante per lungo tempo.

Poi gli si lanciò addosso e vi rimase avvinghiata finché le sue membra non furono esauste di amore.


Francesca Mazzitello è una giovane poetessa e scrittrice di Filandari (Vibo Valentia). Laureata in Lettere Moderne, ha già al suo attivo la pubblicazione di due libri di poesie: "Attraversando la soglia" e "Collana di perle 2" (quest'ultimo è in collaborazione di altri poeti) ed un libro di racconti: "Moti dell'anima".


Pagina realizzata dal Portale del Sud nel mese di febbraio 2011

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