C’era il sole
quando Livia decise di scendere le scale e compiere il gran salto
che avrebbe dovuto cambiare il corso della sua vita.
L’aria che
ella respirava aveva il profumo acre che spesso l’aveva riportata
alle sue care memorie, quando il sole ancora splendeva nitidamente
nel suo cuore e nessuna nuvola adombrava i suoi pensieri.
Quanto
s’erano modificati gli stati d’animo e le condizioni di vita con i
quali ora era avvezza a condurre nei suoi giorni non più sereni!
Il gran da
fare, le pene troppo pressanti, il fiume in piena che la stava
trascinando via con la sua corrente l’avevano lentamente fatta
scivolare nella sola via che accendeva una sua speranza.
E come quando
un bambino piange e urla quando decide che un gioco deve esser suo
allo stesso modo la nuova idea s’impossessò completamente di Livia,
anima e corpo e copriva ogni sua riflessione.
Finanche gli
impegni, che pur imperversavano, erano sopraffatti dal desiderio di
realizzare ciò che aveva in mente al più presto possibile. Non
vedeva più nulla, non udiva il suono dei genitori che le stavano
accanto e la supplicavano di tornare sui suoi passi. Niente avrebbe
potuto farle cambiare idea.
Se in quel
momento le avessero detto: “Ritorna in te, tutto sarà come desideri
senza che tu faccia questa pazzia”, lei avrebbe stentato ad
afferrare cosa volessero dire quelle parole. Non c’era verso di
farla ragionare, con le valigie già pronte, scendeva le scale e non
guardava nessuno, non ci sentiva nemmeno più.
- Voglio
andare, non cambierò idea – continuava a ripetere incessantemente,
quasi fosse una nenia e lei non si rendesse più conto di quanto le
stesse accadendo attorno.
Ma il buio
era il suo conforto in un momento come quello, denso di ricordi e
carico di follia.
Correva,
quasi saltava i gradini con la mente di chi fugge verso spiagge
incontaminate, dalle insidie che sciamano dalla vita come api senza
guida.
La madre
tentava affannata di trattenerla ma ella non si voltava, camminava
urtata e severa, con l’astio di chi non può fare a meno di un
oggetto che gli si vuol togliere.
Il padre la
inseguiva gridandole: - Ma dove vuoi andare Livia! Noi che siamo la
tua famiglia vogliamo averti sempre accanto a noi! – E la madre
ripeteva: - Accanto a noi, si piccola mia, vicino a noi, per sempre.
Ascolta tuo padre, non ci fare questo torto! –
Grosse
lacrime bagnavano il volto dei genitori, che la imploravano, la
supplicavano mentre Livia scendeva e non si voltava.
La madre in
preda ad uno spasimo le continuava a ripetere: - Figlia mia, dammi
la mano, senti il calore del mio cuore! Stringila forte e vedrai che
non avrai più il coraggio di lasciarci! -
Ella ebbe
come un moto di risveglio ma presto precipitò nel suo sconforto e
nella sua folle corsa.
Non ci fu
niente che riuscì a farla risvegliare dal sonno dei suoi sensi che,
senza che ella se ne avvedesse, la ingannavano inesorabilmente.
In un attimo
sparì e lasciò i suoi amati genitori nella più tetra solitudine, col
vuoto nella mente, col silenzio nell’anima.
Piansero, e
non si stancarono mai di pensare a quella figlia adorata che il
vento l’aveva condotta via con sé tra le intemperie del mondo.
Piangevano e non si davano pace. Lei non spedì lettere né tantomeno
li volle sentire per telefono. Pareva esclusa dal mondo, travolta
dalle fauci delle inquietudini. Nessuno sapeva dargli un ragguaglio
di notizia che potesse alimentare la speranza in loro. Nessuno osava
creare nei loro cuori false illusioni. Gli amici gli facevano
compagnia, sempre… così, senza fiatare. Nessuno si azzardava ad
aprire l’argomento.
Livia pareva
inabissata nel mare dell’inquietudine, le vicende che ella aveva
cercato e voluto con tanta insistenza non le avevano dato tregua,
erano state le sue stesse nemiche.
Ma il destino
è il frutto dei nostri desideri al quale non possiamo sottrarci.
Livia era stata l’artefice del suo futuro ed ora s’era accorta di
quanto più grande di lei era stata quella decisione.
Una sera
quando ritornò a casa vide con limpidezza quanto crudele era la
realtà che stava vivendo. Non si era mai fermata un momento per
vedersi, accorgersi di quello che era diventata e quanto grama fosse
la vita che stava scorrendo. Tutto era corso veloce davanti ai suoi
occhi ed ora era lei a rimetterci tutto, i principi stessi con i
quali aveva lottato finora. Ogni cosa era svanita per la sua folle
corsa verso l’immaginaria visione d’un mondo meraviglioso che fuori
si apprestava senza di lei, per un sogno disilluso dalla triste
realtà. A cosa le era servito l’abbandono della sua casa, la furia a
dispetto di tutto e di tutti, il dolore che aveva lasciato nel cuore
dei suoi adorati genitori!
Quello che
aveva vissuto in pochi mesi l’aveva segnata per sempre, non avrebbe
avuto il coraggio di narrarlo e non avrebbe dovuto se non avesse
voluto uccidere la sua famiglia che tanto s’era prodigata per darle
il maggior bene possibile.
Non avrebbe
avuto alcuna pietà se l’avesse fatto. E cosa fare ora che
l’irrimediabile era accaduto? Come regolarsi?
Tornare
indietro, e come? Erano domande che la tormentavano e alle quali non
sapeva dare una risposta.
Non aveva
risolutezza a fare un passo indietro e intanto cresceva in lei il
bisogno di riabbracciare i suoi cari, ora che la tempesta era
passata e l’aveva lasciata sgomenta ma ancora in piedi. Il
dispiacere, l’afflizione e lo stupore di avere gli occhi di sua
madre ancora una volta impressi nei suoi erano sentimenti che si
avvicendavano nella sua mente e la lasciavano titubante, senza forza
di farla decidere.
Ma la spinta
irrefrenabile di essere là dove era vissuta nella più estrema
tranquillità non l’abbandonava un istante. Quello che aveva fatto
era imperdonabile. Se ne pentiva amaramente.
Non sapeva da
dove cominciare, come muoversi per avvicinarsi ai suoi.
Finché un
giorno vide per le strade colme di gente anonima, senza espressioni,
quasi fossero pupazzi agghindati a festa, si stava avvicinando il
Natale, un volto familiare.
Dapprima non
ne ebbe una chiara visione, la sua mente faceva fatica a ricordarlo.
Poi accadde come se un fiore fosse sbocciato all’improvviso sotto i
raggi del sole, le sovvenne nella memoria il volto di quella donna:
era una sua vecchia vicina di casa che le era vissuta accanto nei
primi anni della sua infanzia e che poi era emigrata verso altri
paesi e che non rivedeva se non nelle sue brevi vacanze estive.
Quella donna
abitava proprio nella città che aveva impresso quei pochi mesi della
sua vita come un marchio indelebile. Non s’era mai accorta di lei,
era stata una fortuna per Livia. “Che coincidenza!” si disse e mosse
le sue labbra a una leggera contentezza.
Le sue gambe
la spinsero, senza che ella l’avesse pensato, ad andare incontro a
quella donna. Come se un fascino misterioso la trascinasse verso
quel nuovo destino.
“Sei tu?” le
chiese con stupore quella donna.
Con un gran
sorriso stampato sulle labbra, si diedero un lungo abbraccio. “Che
sorpresa che mi hai fatto piccola Livia!”, le disse quella donna.
“Che ci fai qui? Non speravo mai di incontrarti in questa lontana
città!”
Livia abbassò
gli occhi, la prese per un braccio e facendola sedere su di una
panchina le descrisse parte di quello che aveva vissuto e patito. La
donna la ascoltava incredula, stentava a crederci. Le sembrava di
vivere in un’altra dimensione. La piccola che aveva tenuto tra le
sue braccia ora era una donna, sofferente come tutte coloro che
sognano il mondo come un paradiso.
Non ci mise
molto a decidersi che avrebbe fatto di tutto per rimetterla sulla
buona via e così fece.
Andò in paese
e preparò i genitori. Gli parlò col cuore in mano, come se fosse sua
figlia.
Grosse
lacrime solcarono il viso dei suoi genitori durante tutto il
racconto. La commozione era troppo trascinante, non era di quelle
sensazioni che sfuggono col primo passaggio di una nuova idea… no,
qui la cosa era troppo violenta per due anime umili, non abituate a
grandi urti con le vicende umane. Soli e poveri si occupavano
mestamente delle faccende che sapevano di ristrettezze e di bocconi
amari, senza curarsi delle umane voglie di superiorità, lasciandosi
andare per i lunghi giorni di fatica e di sudore.
La donna,
chiaramente, disse di Livia solo ciò che lei stessa le aveva
riferito di sé e quello che Livia le aveva consigliato di aggiungere
in suo favore.
E così la
donna fece.
I genitori
non ebbero nemmeno una parvenza di tentennamento e subito dissero di
voler riabbracciare la loro figlioletta.
Livia il
giorno stesso fece ritorno nel suo piccolo paesello e davanti alla
mirabile visione dei suoi amati genitori rimase immobile e
singhiozzante per lungo tempo.
Poi gli
si lanciò addosso e vi rimase avvinghiata finché le sue membra non
furono esauste di amore.
Francesca Mazzitello è una giovane poetessa e scrittrice di
Filandari (Vibo Valentia). Laureata in Lettere Moderne, ha già al
suo attivo la pubblicazione di due libri di poesie:
"Attraversando la soglia"
e "Collana di perle
2"
(quest'ultimo è in collaborazione di altri poeti) ed un libro di
racconti: "Moti
dell'anima".
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realizzata dal Portale del Sud nel mese di febbraio 2011 |