Note sull'artista
“Ritratti di giovani, ripresi di tre
quarti, a figura intera o a mezzobusto, seduti su una scalinata o su una
panchina del lungomare, in posa davanti a una finestra, intenti a fumare o
mentre si accingono ad eseguire un esercizio di danza: sono i protagonisti
dei lavori più recenti di Lello Gelao. Non è la semplice ricerca di
variazioni su un genere che appartiene alla sfera alta dell’arte, il
ritratto, che ha avuto nella storia dell’arte occidentale mirabili
interpretazioni, ad aver spinto l’artista, pittore innanzi tutto ma capace
di eterodossi sconfinamenti in altri ambiti espressivi, a realizzare questa
serie di dipinti. Per Gelao, si tratta invece di una decisione molto
ponderata che lo riporta decisamente e senza ripensamenti nell’alveo
profondo della pittura. I nuovi lavori costituiscono la risposta argomentata
e organica all’esigenza di dare nuova sostanza ad un discorso mai
interrotto, di dare nuovo corpo ad una lunga consuetudine con la ricerca
pittorica, intrapresa in età giovanile e praticata assiduamente tra
ponderatezza tematica e freschezza stilistica, ariosità ludica e acutezza
dei significati, autentica ammirazione per i grandi del Novecento e
laboriosa costante ricerca del nuovo. A ribadire l’audacia della sua scelta
solo apparentemente anacronistica – la pittura, che a volte si fa
faticosamente largo nella scena contemporanea affollata di foto, video,
installazioni e quant’altro, è ampiamente praticata e non di rado a livelli
qualitativi molto elevati – sta l’utilizzo dell’olio su tela, una tecnica
antica e ancora vitale a dispetto dei tanti che la vorrebbero morta. E
proprio ai tempi lunghi che la tecnica dell’olio severamente impone sembra
collegarsi il Leit-motiv sotteso alla galleria di ritratti approntata
dall’artista. Come non pensare, leggendo titoli come Il gioco del tempo,
L’attesa dell’estate, Tutto passa, Aspettando, a quel tempo sospeso che ogni
essere umano conosce, in cui il presente interessa relativamente, ma ciò che
conta è solo quello che deve venire, cioè il futuro? Gli uomini di Gelao,
evidentemente, sono in attesa non di qualcuno ma di qualcosa, di un evento
che interrompa la banale ripetitività della routine quotidiana, di una
svolta che possa dare un nuovo indirizzo alla propria esistenza. Giovani che
vanno incontro alla vita, con le illusioni e i sogni propri dell’età in cui
ci si sente pieni di vigore e pronti a prendere in mano il proprio destino.
Giovani soli, per quanto affiancati da coetanei, individui sulla soglia
dell’età adulta, inquieti dinanzi alla “linea d’ombra” che accompagna ogni
importante scelta esistenziale. E qui viene naturale pensare al protagonista
del famoso omonimo romanzo di Conrad, alle durissime prove che segnano il
suo passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Ma come nella fortezza de Il
deserto dei Tartari di Dino Buzzati, all’interno della quale Giovanni Drogo
consuma gran parte della propria esistenza, molto spesso l’attesa – di per
sé frustrante – si fa addirittura inutile. Così il tempo scorre
inesorabilmente, i sogni tramontano, e se ci si volta indietro a guardare il
tempo trascorso, quella somma di ore, giorni, mesi, anni consumati
nell’attesa, spesso ci si rende conto – tardi, troppo tardi, purtroppo – che
ciò che si stava aspettando non arriverà mai”.
Tratto dalla presentazione in catalogo di
Lia De Venere della mostra "Uomini" presso la Associazione Culturale
Muratcentoventidue Bari, 3 ottobre - 12 dicembre 2008. |