Presentazione del volume: lunedì 23 gennaio 2012 alle ore 18.00 presso
il Museo Civico Pietro Cavoti di Galatina.
Il bellissimo volume narra la storia del monumento, facendo gustare al
lettore il testo ottocentesco del Cavoti riprodotto in originale con la
trascrizione a fronte. Gli acquerelli riportati, e fin qui inediti sono
tratti da un raccoglitore conservato nel Museo Civico del Comune di
Galatina. Questo inedito lo dobbiamo ad un solo protagonista, Pietro
Cavoti (Galatina, 181990); uno tra i patrioti dell’Ottocento, il quale
condivise il difficile periodo storico con Liborio Romano da Patù, il
grande protagonista dell’unione di Napoli all’Italia. La Prefazione è
curata dal Prof. Giancarlo Vallone. Il Volume è composto da 206 pagine
edito da Edipan Grafiche Panico Galatina
La dedica
“È con immenso piacere che presento agli amici di Patù, e a tutti coloro
che si interessano di Storia Patria, il presente volume: Pietro
Cavoti. La Centopetre di Patù; ma, cosa ancor più importante, sento
il dovere di dedicarlo ad un Vostro caro amico e concittadino oggi
scomparso per aver reso gloria a questa Patria italiana, che lo annovera
ora nel largo numero dei suoi prodi figli. Il suo nome echeggia ancora
in questo luminoso e caldo paesino del sud-Salento.
Egli è il caporal maggiore dell’Esercito, Marco Pedone, in servizio al
7° Reggimento alpini di Belluno, morto nel drammatico attentato in
Afghanistan che noi tutti rammentiamo. Sembra lontano dal Salento,
l’Afganistan, ma a renderlo invece drammaticamente vicino è il dolore
della famiglia Pedone che alla notizia della morte di Osama Bin Laden
non riesce a gioire e nemmeno trovare conforto. L’uccisione del numero
uno di Al Qaeda è la fine di un incubo; la morte di Marco salentino doc,
orgoglioso della sua divisa, in quei teatri di guerra è il tributo alto
che questa terra ha pianto e paga alle missioni di pace. Marco Pedone,
caporal maggiore di Patù: assieme ad altri tre suoi commilitoni è
rimasto ucciso nell’esplosione di un ordigno contro il blindato Lince su
cui viaggiavano. Era il 9 ottobre 2010, nel distretto del Gulistan, in
Afganistan.
Spero, che con questo volume, l’eroe di Patù “sopravviva” sempre nel
ricordo di ognuno di noi”.
Premessa
Ho appreso dell’esistenza di questa raccolta di acquerelli del Cavoti
che ora si pubblicano e dei cenni illustrativi per la Centopietre di
Patù, datata 1878, durante gli studi sulla mia Soleto. Si tratta di un
raccoglitore che mi capitò per caso tra le mani, precisamente nel mese
di marzo del 2005, col titolo Centopietre di Patù. Studi di Pietro
Cavoti. Autografi. Così cominciai ad interessarmi della cosa; il
raccoglitore giace “sconosciuto” da ben 133 anni. Insomma, a spingermi
nell’impresa di divulgare lo studio sull’edificio monumentale di Patù,
non è stata solo la curiosità e la bellezza delle immagini che riempiono
lo scritto cavotiano; determinante è stato il desiderio di diffondere la
conoscenza di un tempo e di una memoria colpevolmente trascurata, e
dimenticata. La nostra memoria è oggi affidata ai computers, che a
differenza dell’uomo non hanno né sentimento né senso della storia.
L’occasione fornitami da quel raccoglitore ho sentito che non doveva
essere sprecata. Osservando gli acquerelli, i documenti e le lettere
giunte al Cavoti, ho visto conservati anni e anni di storia che è poi
tutt’uno con le radici di questa terra e di questa gente. Ricordare,
tornare indietro nel tempo, vuol dire tracciare sentieri più lineari al
nostro cammino. Scorrendo a fondo queste immagini, sopra le più facili
tracce della memoria, emerge il suo affetto e appaiono i segni dell’uomo
e cominciano a manifestarsi i sentimenti; e la commozione si fa forte.
Dietro la staticità di questo piccolo monumento, si avvertono la fatica
e il sudore, la sofferenza silenziosa degli uomini di questa terra,
tenaci, umili e orgogliosi, che hanno trascinato e messo pietra su
pietra per la costruzione dell’opera e l’hanno edificata senza nessun
riconoscimento, riservando a sé il sacrificio e il silenzio dei loro
nomi, rendendo omaggio al cavaliere mitico “…un capitano francese, di
nome Simighiano che con l’esercito franco-italiano di Carlo (Magno)
campeggiava presso Patù, e proprio nel luogo che ancora viene denominato
Campo Re, fu ucciso a tradimento dai Saraceni ai quali era stato inviato
come parlamentario. Si aggiungeva, che quel tradimento fu presto
vendicato, perché i Cristiani assalirono il campo nemico, sconfissero i
Saraceni e riconquistarono il cadavere di Simighiano”. E il Tasselli
aveva detto «Lo seppellirono vicino alla chiesa di S. Giovanni
Battista, dentro onorato sepolcro, o cappella fabbricata con cento
pietre che ancora si vede». E il Marciano a sua volta con più
chiarezza disse: «Morto il cavaliere Seminiano, generale
dell’esercito, uomo di santissima vita, gli fè Carlo (Magno)
separatamente dagli altri edificare una cappella di cento pietre per suo
sepolcro, vicino alla detta chiesa di S. Giovanni, …».
Ho pensato di impostare questa storia del monumento della Cento Pietre
in una maniera diversa, facendo gustare al lettore il testo ottocentesco
del Cavoti riprodotto in originale con la mia trascrizione a fronte;
pagina dopo pagina. Gli acquerelli riportati, e fin qui inediti sono
tratti come ho detto da un raccoglitore individuato col numero 3434
conservato nel Museo Civico del Comune di Galatina; alle autorità
preposte va tutto il mio ringraziamento sia per la autorizzazione
concessami sia per l’aiuto nelle ricerche, e non per ultimo, ringrazio
il personale del Museo in particolare Silvia Cipolla, per la continua
disponibilità accordatami nei lunghi anni di permanenza dei miei
sopralluoghi. L’impostazione data da me a questa pubblicazione, potrà
suscitare qualche critica fra gli studiosi; ed io stesso sono
consapevole che altri criteri avrebbero potuto essere adottati, ma ho
fatto queste scelte per favorire una pronta lettura, che sicuramente
sarà ben accetta dal pubblico, soprattutto da quello di Patù, che si
vedrà custode di una nuova documentazione storica per la propria città.
Ecco perché a Patù e alla storia di questo misterioso monumento arcaico,
offro oggi i documenti “nascosti” nel Museo galatinese, che riaffiorano
dopo 133 lunghi anni, venendo incontro ad un popolo di uomini comuni e
illustri, parlando con il linguaggio delle inedite immagini e con la
forza dei documenti, delle opinioni, delle testimonianze dei confronti
tra gli studiosi di allora e di oggi che hanno dato un valido, grande
contributo alla memoria. Questo inedito la dobbiamo ad un solo
protagonista, Pietro Cavoti (Galatina, 1819/90); uno tra i patrioti
dell’Ottocento, il quale condivise il difficile periodo storico con
Liborio Romano da Patù, il grande protagonista dell’unione di Napoli
all’Italia; ma in fondo il vero protagonista è il popolo di Patù che da
secoli ha il culto del suo monumento. Come scrive Massimo Montinari,
nipote dell’Illustre Michele Montinari (Galatina 1888/1966) “La
storia è scritta dal popolo che non è comparsa orfana, ma è attore,
artefice degli eventi”. Dunque, offro questo libro al lettore e a
tutti i cittadini di Patù. |