In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia
le librerie sono state inondate da una serie di pubblicazioni
sull’argomento, di scrittori noti e meno noti e, da notare, questa volta
quasi tutti gli autori hanno abbandonato la retorica risorgimentale che
ancora furoreggiava per il centenario. Il vento della revisione degli
eventi che portarono all’Unità, che ormai soffia da parecchi anni, ha
fatto sì che finalmente venisse alla luce, anche per i meno informati,
il vero volto dell’Unità d’Italia, la cui realizzazione fu soprattutto
lacrime e sangue per le popolazioni del Regno delle Due Sicilie.
In questo contesto si inserisce l’ultimo lavoro di
Lino Patruno, saggista e giornalista della “Gazzetta del Mezzogiorno” di
Bari che ha diretto per 13 anni diventandone poi editorialista e autore
di numerosi saggi sui molteplici problemi che affliggono il Sud.
Contrariamente alla maggior parte dei lavori finora
usciti, come “Terroni” di Aprile o “Il Sangue del sud” di Guerra, che
raccontano la sanguinosa aggressione, gli inganni, i tradimenti, le
vessazioni e le stragi che le truppe sabaude perpetrarono nei confronti
di napoletani e siciliani per dieci lunghi anni - tanti ce ne vollero
perché l’intero Regno delle Sicilie fosse definitivamente sottomesso -
il libro di Patruno è una voce diversa, senza piagnistei ed elenchi di
morti e distruzioni, ma lascia che a raccontare il malessere che cova
come un fuoco sotto la cenere siano le voci della galassia di
associazioni, intellettuali, fondazioni, case editrici, periodici,
movimenti, partiti, partitini o semplici siti web che negli ultimi 15-20
anni sono sorti con l’unico scopo di raccontare la verità sul
risorgimento e di restituire dignità e identità alle popolazioni
meridionali.
Un bell’esempio di giornalismo utilissimo per far
conoscere al lettore questo mondo in fermento, cresciuto non solo per
ripicca all’arroganza di una Lega Nord che al grido di Roma ladrona
e Sud parassita si è istallata nelle stanze del potere e
incessantemente continua a drenare risorse economiche e umane verso
nord, a scapito del meridione, e che con il loro federalismo vorrebbero
congelare tutto in questa situazione nel più classico degli “chi ha
avuto ha avuto…”, ma soprattutto per affermare e diffondere una
verità storica finora ostinatamente taciuta.
Attraverso le voci e le opinioni degli attori di
questa ribollente galassia, troppo spesso indicata genericamente, e con
un pizzico di dileggio, neoborbonica, Patruno dipana tutta la storia che
portò all’Unità e soprattutto portò al “furto” delle risorse
finanziarie, alla distruzione dell’economia agricola e industriale,
dell’alfabetizzazione (per i dieci anni che durò la guerra contro i
“briganti” le scuole rimasero chiuse) e della cultura di tutto il
meridione a favore dello sviluppo delle regioni del nord, nel triangolo
industriale Torino-Milano-Genova. Non solo ma permette al lettore di
valutare la forza che questa miriade di cellule potrebbero sprigionare
se solo ne avessero la spinta.
Dall’analisi delle interviste emerge che le diverse
sigle, pur concordando sullo scippo del futuro subito dal Regno delle
Due Sicilie, non riescono ad emergere ed a far sentire la propria voce
perché troppo deboli singolarmente e non riescono ad aggregarsi perché
troppo diverse sono le matrici politiche da cui provengono. “Troppa
genericità e frammentazione, da un lato - scrive Patruno - ma
dall’altro, i movimenti sono “impegnati a lavorare sul futuro,
battendosi per liberare il Sud dalla sudditanza subita” e,
confidando sulla “Rete”, per divulgare, come mai era accaduto, “il
ritrovato orgoglio meridionale e il rifiuto di un Sud di nuovo allo
stremo”.
Il libro non è un invito alla secessione, anche se mai
come ora il sud e il nord sono stati così lontani ed è veramente
difficile prevedere cosa accadrà in un futuro prossimo. Una cosa è
certa, in maniera trasversale per tutti i movimenti, c’è la volontà di
continuare ad impegnarsi, a scrivere, a lavorare per restituire ai
nostri giovani la dignità e la identità di popolo.
A nostro parere, un popolo che torna ad essere
orgoglioso del proprio passato perderà quella tendenza al servilismo
opportunista cui 150 anni di sudditanza economica lo hanno abituato e
acquisterà la forza di rivendicare il proprio posto di membro alla pari
in una Italia, federalista o centralista, ma unita perché in un mondo
ormai globalizzato non potrebbe esistere un Nord senza il suo Sud né un
Sud senza il suo Nord. E questo, forse, senza nemmeno la necessità di
formare un ennesimo Partito del Sud.
“Fuoco del Sud” è un libro da leggere.
Fara Misuraca
Aprile 2011 |