la collezione d'arte: Giovan Paolo Fondulo

Palermo, chiesa di San Domenico, Paolo Fondulo "San Tommaso d'Aquino e La Maddalena"

 

Un Pittore cremonese nella Sicilia del ’500

Giovan Paolo Fondulo

di Giovanni Falcetta

Qualcuno ha definita la nostra, sul piane culturale, un’epoca di “revivals”, di continui “repêchages” e, in termini mene sofisticati, di “recupero del passato”, determinato, però, non da una sincera esigenza di riflettere sulle storia, per meglio comprenderne i fenomeni, ma di un bisogno di novità (si fa per dire!), mito rincorso ossessivamente e costantemente dell'industrie culturale per incrementare le vendite presso un pubblico ormai disincantato, distratto, e quindi attratto solo, appunto, dalle novità, reali e presunte.

Ma il revival presuppone la riproposta di opere e di artisti già abbastanza noti al grosso pubblico e sufficientemente sottoposti ed esegesi critiche de parte degli studiosi. È in sostanza, una forzatura pseudoculturale, un kitsch, che appaga le superficiali esigenze delle mode.

Noi, invece, più modestamente, vogliamo presentare un pittore cremonese che è quasi completamente sconosciuto non sole ai Cremonesi d’oggi ma anche ai loro antenati, suoi contemporanei. Si tratta certamente di un “minore”, rispetto ai grandi Maestri del suo tempo, me riteniamo che sia utile studiarne l’attività artistica, se non oltre per aggiungere un prezioso tassello alla ricostruzione del variegato mosaico dell’arte figurativa del tardo Rinascimento agli albori del periodo manierista.

Ci riferiamo a Giovan Paolo Fondulo, la cui vita e le cui opere sene ancora, in gran parte, avvolte nel mistero. Qui cercheremo soltanto di delinearne alcuni particolari, così come li abbiamo ricavati delle fonti storiografiche disponibili.

"Annunciazione", Chiesa Santa Maria di Portosalvo, Palermo

Il primo a parlarci di Fondulo, seppure per cenni generici, è Antonio Campo il quale, nelle sua “Cremona Fedelissima” così si esprime: “D'un solo son sforzato far memoria, che è stato mio allievo, il qual intendo con mio gran contento che è tenuto in molte pregio nella Sicilie, ove fu condotto del Marchese di Pescara, è questi Gio. Paolo Fondulo, che fine da fanciullo dava segno di dover riuscire perfetto, si come intendo che è riuscito” [1].

Da questa testimonianza diretta sappiamo, quindi, che il nostro personaggio è stato allievo di un grande Maestro della pittura cremonese, Antonio Campo, appunto, che non esita a manifestargli la sua autorevole stima. Sulla vita del Fondulo e sulla sua produzione artistica, però, l’autore non ci fornisce notizie esaurienti. Dice, intatti soltanto che Gio. Paolo segui il Marchese di Pescara in Sicilia, terra in cui si fece molto apprezzare per la sua bravura. Ma quando e dove precisamente nacque l'allievo del Campo, qual è stata la sua vita a Cremona, quali opere ci ha lasciato, quale è stato, nei particolari, il suo soggiorno in Sicilia, è possibile che non abbia lasciato alcuna traccia nella sua citta [come sembra], quando e dove e morto'? Ecco le domande alle quali ancora la ricerca storiografica può dare, finora, solo parziali risposte.

La maggior parte delle fonti si limita, infatti, a riprendere in toto la notizia dataci dal Campo [2] (aggiungendovi talora la presumibile ascendenza da Cabrino Fondulo, signore di Cremona) tranne alcune che riportano ulteriori significativi particolari. Per esempio, un manoscritto settecentesco cosi ci parla di Giovan Paolo Fondulo: “Fiorì sul finire del secolo XVI... Questo gran capitano [il Marchese di Pescara, n.d.r.] condusse in Sicilia anche Francesco Locatelli... il quale era da Castelleone, come lo era il Fondulo... Castelleone era feudo di quel Marchese. Cosicché sembra aver egli voluto onorare in essi i principali e più meritevoli de' suoi vassalli…” [3]. Dal testo risultano almeno tre dati interessanti: a) Fondulo raggiunse la maturità artistica sul finire del XVI secolo. b) Fondulo era di Castelleone. c) Un altro castelleonese, Francesco Locatelli, si recò in Sicilia al seguito del Marchese Davalos di Pescara quando quest’ultimo divenne Viceré dell’isola [4].

La prima informazione ci e confermata dalle date che compaiono in parecchie delle sue tele firmate (es. 1574 per la Copia delle Spasimo di Sicilia di Raffaello, la qualcosa si può spiegare sia perché allora come anche oggi in Sicilia era più conosciuta la città di Cremona rispetto a Castelleone, sia, più verosimilmente, perché l’artista voleva essere conosciuto come un allievo della famosa scuola pittorica dei fratelli Campi di Cremona [5].

Riguardo alla maturità artistica del Fondulo, la fonte manoscritta, successivamente, cade in grossolane errore cronologico quando afferma: “… passò in Sicilia poco dopo uscito dalla scuola del maestro, cioè verso l’anno 1586” [6]. Nello stesso errore incorrono pure gli autori Galetti e Camesasca. quando riprendono la stessa data, 1586 o A. Corna il quale afferma che Fondulo “operava da sé nel 1585” [7]. Come poteva Giovan Paolo, infatti, lasciare il sue maestro A. Campo e la sua Cremona cosi tardi quando la sua attività pittorica in Sicilia e documentata già nel 1572 (vedi l’opera Transite della Vergine a Sciacca)? Più credibile, perciò, appare Santi Correnti quando dice: “… Imitatore dei manieristi operanti in Sicilia si dimostra pure quel Giovan Paolo Fondulli, che dalla natia Cremona venne a Palermo nel 1568 al seguito del Viceré Avalos, e la cui attività è documentata nell’isola fine ai primi decenni del secolo successivo” [8].

Riguardo alla data di nascita un’indicazione, anche se generica è comunque ricostruibile in basa alla data dai quadri, ce la fornisce un altro manoscritto: “Nacque Giampaolo… intorno alla metà del decimo sesto secolo, o poco dopo d'una famiglia delle più illustri e cospicue” [9].

Ed ancora Lancetti: “… di codesta gente provenuto da uno da’ rami collaterali ovvero da una dalla linee rifugiatasi, dopo la fatale catastrofe di Cabrino, in vari luoghi dalla provincia. Parlo del pittore Gio. Paolo Fondulo…” [10]. E poiché è storicamente provato che i parenti di Cabrino subirono in seguito alla sua sconfitta persecuzioni e l’onta dall’esilio lo stesso autore cosi spiega la presenza di Giovan Paolo Fondulo in Castalleone: è  probabile cha nel tempo degli Sforza sia stato permesso ad alcun de’ Fonduli di redimer colà qualche resto di beni allodiali rimastavi invenduti” [11].

Sulla biografia di Fondulo l’unica fonte che ci fornisca particolari interessanti, ripresi poi da altri autori [12], è Io Zaist che testualmente dice:

“Fondulo Giampaolo, di Nobil Famiglia Cremonese, attese all’Arte della Pittura, per cui, resosi caro al Marchese di Pescara, venne in età giovanile da lui condotto in Sicilia, dove risedeva, qual Viceré di tal ragno; e godeva passare l’ora libera nel vederlo a dipingere. Sendo egli dotato dalla natura di un bell’aspetto, e nutrendo altresì sentimenti, conformi all’illustre sua nascita, si acquista una singolar affezione de principali Signori di quell’isola, ed attesta la sua virtuosa condotta, con una rara prudenza, da lui usata in sì grand'auge di fortuna, non vi fu grazia, ch'ei richiedesse dal suo amorevolissimo Viceré, che non gli fosse benignamente conceduta. Si compiacque egli poi molto ancora nello studio della storia, cosi sacra, come profana, in cui riuscì versatissimo.

Fu assai lepido, e gioviale nei famigliari suoi discorsi, contenendosi però sempre entro i limiti della più regolata modestia; seppe ei pure maneggiar bene la spada, e fu un bravissimo Cavaliere; onde spesse fiate adoperato ei venne, a compor gravi, insorte differenze fra primi Maggiorenti del Regno, stante la sua disinvolta maniera in somiglianti maneggi.

Si trattò sempre alla grande e col mezzo del suddetto Viceré, ebbe la sorte di accasarsi con una nobilissima Gentildonna del Paese [cioè la città di Palermo o la Sicilia, N.d.R.] di ricche sostanze posseditrice per ereditaria ragione. E quindi accoppiato il proprio avere co' beni a lui pervenuti della doviziosa Consorte, colà trapiantò egli la illustre Prosapia, fatto Padre di due figliuoli, senza più curarsi, di rivedere la Cremonese sua Patria. Fece egli pertanto in quei contorni molte commendevoli opere di Pittura, cosi in pubblico esposte, come custodite in più luoghi privati, delle quali, perché rimaste in paese da noi lontano, non potiamo recarne alcuna distinta, individuale notizia…” [13] [segue la citazione dal Campo, cfr. testo, N.d.R.].

Fin qui ci siamo avvalsi delle fonti storiografiche del Nord Italia. Sulla vita e le opere del Fondulo troviamo ancora una breve notizia nell’opera familiare agli studiosi di Storia dell’Arte di Thieme - Becker, autori che hanno certamente avuto la possibilità di consultare le fonti siciliane [14].

Sempre sul piano storiografico, del Fondulo si occupa anche, seppure in un brave trafiletto, il Benezit [15] ed altri autori citati dai Thieme-Becker [16].

Palermo, chiesa di Santa Maria La Nova, "Martirio di Santa Caterina d'Alessandria 1584"

Ma torniamo alla vita e alle opera dal nostro pittore. Riguardo al suo soggiorno a Palermo, basandoci sulle fonti siciliane da noi finora consultate, aggiungiamo che Giovan Paolo si trattenne in questa città dal 1568 al 1600 [17], che ivi, inizialmente, fu discepolo di un maestro locale, l’Ainemolo [18] e quindi, dopo essersi fatto conoscere per la sua abilità artistica, sembra che abbia fondato agli stesso una scuola di pittura [19].

Ed ora passiamo ad una rapida rassegna delle sue opera. Premettiamo che non possiamo, in questa sede, tentare alcun tipo d'analisi – valutazione estetica per una serie di validi motivi:

1] Soltanto tre delle tele dal FonduIo sono reperibili e, quindi, visibili, ma necessitano di solidi restauri (Lo Spasimo di Sicilia, copia da Raffaello, li sta già subendo] per poterne ricostruirne l’originale aspetto (sia come struttura formale, sia come stesure cromatiche].

2] Delle altre opere conosciamo solo il titolo ed il loro contenuto iconografico, non sappiamo dove si trovino  attualmente per cui speriamo, in prospettiva, di poter procedere, nei limiti del possibile, ad una loro ricognizione diretta e relativa schedatura.

3] Dopo di che ci proponiamo di studiare da una parte le connessioni tra Fondulo e Campi, dall’altra tra Fondulo e la scuola dei Campi (da questo studio è probabile cha si giunga a rivedere talune attribuzioni di tele attualmente considerate di autore anonimo o riferibili ad allievi dei Campi diversi dal Fondulo).

inoltre è nostra intenzione tentare una ricognizione comparativa per ricostruire i rapporti intercorsi tra Giovan Paolo Fondulo e i pittori siciliani del ’5U0. Solo dopo aver effettuato tali ricerche riteniamo si possa giungere ad enucleare la “specificità” dell’arte figurativa del nostro pittore lombardo-siculo.

La prima tela del Fondulo, ancora oggi accessibile, e una copia firmata dello Spasimo di Sicilia attribuibile, secondo la maggior parte dei critici, in minima parte a Raffaello ma, nel complesso, alla sua scuola [20]. L’originale raffaellesco si trova al museo del Prado di Madrid, mentre la “copia” del Fondulo è conservata nella abside della chiesa conventuale di S. Domenico a Castelvetrano [Trapani]. ll quadro di Madrid è del 1517, mentre la tela del Fondulo è datata 1574 [21]. Dello Spasimo di Sicilia furono eseguite diverse altre copie da altri artisti siciliani, ben quattro nel secolo XVI [quando l’opera raffaellesca era ancora a Palermo] e un’altra a Madrid nel sec. XIX [22]. A Palermo [nella seconda cappella a destra della chiesa di S. Domenico, nella attuale via Roma] si può vedere una Crocifissione su tavola del 1573. E a Sciacca [nella chiesa del Carmine] esiste un Transito della Vergine del 1572 [23]. Inoltre, da uno storico siciliano dei primi anni del '900, G B. Ferrigno apprendiamo che a Castelvetrano esisteva, datata 1573, una Sacra famiglia con Santi, opera su tavola disposta sulla parete destra del cappellone della Chiesa di S. Domenico. Dice testualmente il nostro autore: “Di questo quadro su tavola non si era ben identificato l'autore, ma sebbene un po' sciupata, vi si legge la seguente firma: Joannes Paulus Fundulli Pictor Cremonensis Anno Salutis DNI 1573. I detti due quadri (l’altro, pure firmato, e la copia dello Spasimo di Sicilia, vedi sopra, N.d.R.] furono eseguiti dal Fondulli a commissione del principe Carlo d’Aragona e Tagliavia…” [24]. Ed ancore aggiunge: “allo stesso Fondulli, ma non con sicura certezza, viene attribuito il quadro su tela raffigurante S. Domenico, con quadretti attorno, collocato nella piccola abside a destra, nelle detta chiese di S. Domenico in Castelvetrano”.

Ed ora passiamo a dare dei brevissimi cenni sulle opere “disperse”. Seguiamo ancora lo storico siciliano nelle sua esposizione sistematica: “… al 1578, per commissione del Viceré Colonna del Senato di Palermo, in seguito al flagello delle peste, [Fondulo, N.d.R.] dipinse un quadro votivo in cui è espressa La Vergine con in grembo il bambino ed ha sotto in due schiere S. Rocco e S. Sebastiano, e il Viceré Colonna con la consorte e le altre dame in atto supplichevole verso la Vergine… Questo quadro, che conservasi nella chiesa di S. Rocco in Palermo, (secondo l’opinione del Di Marzo “è uno dei capolavori di Gio. Paolo Fondulli”, N.d.R.)”.

Le notizie che il Ferrigno ci fornisce su quest’opera come sulle altre sono, in gran parte mutuate dal Di Marzo [25]. Ma egli continua ancora: “Al 1586, a commissione del nobile Vincenzo Russo, [Fondulo, N.d.R.] dipinse un quadro per la chiese di S. Maria di Portosalvo in Palermo, dove è espressa La Vergine annunziata dall’AngeIo ed al di sotto in una base ricorrono quattro quadrettini nei quali è La visita di Maria ad Elisabetta, La natività di Cristo, La presentazione di Gesù al Tempio e La Disputa di Gesù coi dottori; in un'estremità è il ritratto del Russo in atto di preghiera. Giovan Paolo al 1584 altro quadro su tela esegui per la chiesa S. Maria La Nuova di Palermo, a commissione del nobile Antonio Catalano, dove è rappresentato Il martirio di Santa Caterina. Al 1589 dipinse su tavola, pei Minori Osservanti [di Palermo, N.d.R.] un S. Diego in piedi, portante una croce, alla quale tutto sta intento e quasi rapito; il fondo e adorno con prospettiva di palazzi e con una piramide sormontata dalle sacre chiavi, che alludono a Roma; esisteva nella galleria Palagonia, ed è certamente quello che ora è [Io storico scrive nel 1936, N.d.R.] nella pinacoteca del Museo Nazionale di Palermo… Una copia... esegui... nel 1593, a commissione dei Minori Osservanti di Messina, rimase per lungo tempo nella loro chiesa di S. Maria di Gesù ma, nel 1823 fu trasferito nella quadreria peloritana” [26].

San Diego

Ma Giovan Paolo, stavamo per dimenticarcelo, aveva dipinto anche “al 1573… pei Domenicani di Palermo, un S. Tommaso rapito in estasi”. E ancora conclude il nostro storico “al 1592, per la venuta del Viceré conte d’Olivares il Fondulli aveva dato il suo concorso alla decorazione dell’Arco trionfale [27], che si costruì per il solenne ingresso di quel viceré. Dopo il 1593 non si hanno più notizie del Fondulli” [28].

Per concludere questo nostro rapido excursus storico sul pittore cremonese faremo una marginale osserva zione di carattere onomastico. Spesso, accanto alla dizione Fondulo [vedi A. Campo] altre fonti riportano Fondulio, Fondulli, Fundulli. Sono, ovviamente, alterazioni fonetiche irrilevanti del cognome originario Fundulli (vedi la firma dell’artista sulle tele di Castelvetrano, per esempio].

Dopo quanto abbiamo detto ci sembra doveroso sperare che i cittadini cremonesi e le pubbliche autorità prendano coscienza della necessità culturale di conoscere meglio questo loro artista emigrato al Sud. L'unico modo serio per far ciò crediamo sia la realizzazione di una ricerca storica approfondita da effettuare sia in Lombardia che in Sicilia.


Note

[1] Cfr. Antonio Campo, Cremona fedelissima, Milano 1645, libro terzo, p. 197-198.

[2] Cfr. G. Grasselli, Abecedario biografico dei pittori cremonesi, Milano 1927. De Soresina Vidoni B., La pittura cremonese, Milano 1824, p. 128. A. Corna, Dizionario della storia dell’arte in Italia, Piacenza, s. d. e Biografia degli Artisti ovvero dizionario della vita e delle opera…, Venezia 1852. Stefano Ticozzi, Dizionario dei pittori…, Milano 1818. Ugo Galetti - Ettore Camesasca, Enciclopedia della pittura italiana, Milano 1951. L. Lanzi, Storia, Bassano 1789. A. VENTURI. Storia dell’arte emiliana, Vol. IX, parte VI, Milano 1933. E. Benezit, Dictionnaire des peintres…, Paris 1914.

[3] V. Lancetti, Miscellanea, man. Bibl. Gov. di Cremona.

[4] Per notizie relative al Marchese come signore di Castelleone cfr. R. Cugini, Storia di Castelleone, Castelleone 1973.

[5] L’autore del manoscritto, Lancetti (op. cit.) in un'opera a stampa, Cabrino Fondulo, Milano 1827, p. 367-70 ribadisce l'origine castelleonese di Fondulo ed anzi, erroneamente (a meno che non si sia servito di una fonte diversa da quella comunemente nota dello Zaist) attribuisce la paternità dell’affermazione allo Zaist, il quale nelle sue Notizie Istoriche (Cremona 1774), invece, non parla affatto di Castelleone in riferimento a Fondulo. Per il resto sempre in riferimento a Fondulo, Lancetti, sia nel manoscritto che nell'opera a stampa, copia lo Zaist per intero.

[6] Lancetti, man., op. cit.

[7] Galetti - Camesasca, op. cit. A. Corna, Biografia degli artisti, op. cit.

[8] Santi Correnti, La Sicilia de! Cinquecento, Milano 1980, p. 251.

[9] Biffi, Artisti Cremonesi, manoscritto della Bibl. Gov. di Cremona, sec. XVIII.

[10] Ctr. V. Lancetti, Cabrino Fondulo, op. cit., p. 367.

[11] Idem, p. 367-368.

[12] F. Arisi, Accademia, (manoscritto conservato c/o la Bibl. Gov. di Cremona) 1683. Biffi, Artisti cremonesi, op. cit. Lancetti, man. Bibl. Gov. di Cremona, op. cit.

[13] Cfr. G. Zaist, Notizie Istoriche de' Pittori, scultori ed architetti cremonesi, Tomo secondo, Cremona, 1774, p. 45-46.

[14] Cfr. Ulrich Thieme - Felix Becker, Allegemeines lexicon der bildenden kunstler, Leipzig, 1916.

[15] E. Benezit, Dictionnaire des peintres…, op. cit.

[16] Hackert, PIL. Mem. pitt. mess., Napoli 1792, nuova edizione: Grano, Grasso, Campardi, Memorie de' pittori messinesi, Messina 1821 (ristampato da Forni Editore, Bologna), G. Di Marzo, I Gagini, Palermo 1883, Strafforello e Chiusi, La Patria, VII, 1893.

[17] Santi Correnti, La Sicilia del Cinquecento, Milano 1980, p. 258.

[18] G.B. Ferrigno, Lo Spasimo di Raffaello e il pittore cremonese G. P. Fondulli, in II Vomere, n. 32 e 33 del 9 e 16 Agosto, Marsala 1936.

[19] Luigi Natoli, Storia df Sicilia, Palermo 1979, p. 215. Vedi anche De Boni Filippo, Biografia degli Artisti, Venezia 1852.

[20] Sul quadro originale raffaellesco cosi scrivono alcuni autori: “Il quadro fu compiuto al 1516, dietro commissione, data al 1508, dal dottore in legge Giacomo Basilico, fondatore della chiesa di S. Maria dello Spasimo dei frati di Monte Oliveto a Palermo. Al 1573 i frati di Monte Oliveto, che avevano in consegna il quadro, prendendo a dimora il convento di S. Spirito, lo trasportarono nella chiesa annessa, collocandolo all'altare maggiore. Al 1660 il quadro dall'abate Clemente Staropoli, a premura del Viceré Don Ferdinando d'Ajala Fonseca e Toledo, fu donato al re di Spagna Filippo IV e in cambio fu lasciata una copia, mentre l’originale fu collocato nell’Escuriale. Napoleone B. violentemente lo tolse alla Spagna… Finalmente nel 1816 fu reso a Madrid ove rimane (Museo del Prado)» (cfr. G.B. Ferrigno, op. cit.). “Raffaello Sanzio compose nel 1506 espressamente per la Sicilia… il quadro raffigurante la caduta di Gesù sono la croce. Oggi quest’opera si trova al Museo del Prado di Madrid, per disposizione di re Carlo III di Borbone, al quale questo quadro… fu donato nel 1735, quando fu incoronato a Palermo re di Sicilia”. (Cfr. Santi Correnti, op. cit. p. 257). Le due fonti precedenti sono discordanti nella datazione e, a nostro avviso, poco attendibili perché gli estensori delle notizie non sono specialisti in storia dell'Arte. La prima dice che “il quadro fu compiuto al 1516”, la seconda che “Raffaello Sanzio compose nel 1506… il quadro...”. Comunque, a parte la nostra riserva sulla datazione, abbiamo riportato tali fonti soprattutto per le preziose notizie che ci forniscono relativamente al committente e alle vicende subite dall’opera nel corso dei secoli. Per maggiore completezza d'in1ormazione riportiamo una “scheda” precisa della tela raffaellesca, scheda che riteniamo più attendibile anche perché è stata compilata, di recente, da uno specialista di storia dell'arte. Secondo quanto apprendiamo da quest’ultimo, la tela del Prado misura cm. 318 per 229. L'autore cosi continua: “Raffigura una delle cadute di Cristo sulla via del Calvario. Fu eseguito per la chiesa di S. Maria dello Spasimo di Palermo, ove giunse dopo un viaggio avventuroso, ricordato dal Vasari, con naufragio e dirottamento a Genova; nel 1622 venne acquistato da Filippo IV di Spagna e assunse la denominazione attuale. Trasferito a Parigi con le prede napoleoniche nel 1813, lo si sottopose al trasporto su tela. Restituito alla Spagna nel 1822. Su una pietra e l’iscrizione RAPHAEL URBINAS. La esecuzione e tuttavia in gran parte riferibile alla      scuola; secondo lo Hartt anche la ideazione va fatta risalire più a Giulio Romano che al Sanzio il cui intervento è forse riconoscibile nella testa di Simone Cireneo. Concordemente datato 1517, l'anno che appare in un’incisione tratta da Agostino Veneziano. In cattivo stato di conservazione” (cfr. Pier-Luigi De Vecchi, L'opera completa di Raffaello, nei Classici dell’Arte Rizzoli, Milano 1966, bibliografia, opera n. 132).

[21] Attualmente Lo Spasimo di Sicilia, di G.P. Fondulo si trova in restauro a cura della Soprintendenza alle Gallerie della Sicilia Occidentale a Palermo.

[22]In ordine cronologico, la prima copia fu quella dovuta ad Antonello Gagini, e oggi si trova nel Museo Diocesano di Palermo, nella sala dei Gagini; la seconda fu quella che nel 1537 Antonello Crescenzio esegui per la chiesa dello Spasimo di Sciacca (Agrigento), e oggi si trova esposta nella sala XII della Galleria Nazionale della Sicilia a Palermo; la terza copia fu eseguita nel 1541 dal pittore messinese Giacomo Vignerio, e si trova ancora oggi nel secondo altare a sinistra della chiesa di S. Francesco d’Assisi, o dell’Immacolata, di Catania; la quarta copia e dovuta al pittore cremonese Giovan Paolo Fondulli, che la esegui nel 1574, durante la sua lunga permanenza in Sicilia (1568-1600). La quinta copia fu eseguita nel secolo scorso dal pittore siciliano Raffaello Politi (Siracusa 1783 - Agrigento 1870), ed è esposta nel secondo altare a sinistra della scenografica cattedrale di Noto (Siracusa)”. Vedi Santi Correnti, op. cit., p. 257-258.

[23] L’opera, secondo alcuni critici venne iniziata da Vincenzo da Pavia (o Vincenzo degli Azami da Pavia detto “il Romano”, notizie su di lui si hanno nel 1518-1557) e portata a termine dal Fondulli che se ne attribuisce, firmandola, la paternità. Cfr. Cosentino, Nuovi documenti sul celebre pittore Vincenzo degli Azami da Pavia detto “il Romano”, in Archivio Storico Siciliano. a. 1912, fasc. XXXIII, p. 13. Di Marzo, Vincenzo da Pavia, Palermo, 1916, p. 82 e sg. Concorda con questa tesi il Soprintendente alle gallerie della Sicilia, dott. Vincenzo Scuderi, il quale, in una scheda sull’opera, sostanzialmente afferma (citando il Di Marzo) che sulla base del disegno generale e della parziale coloritura più realistica del pittore Vincenzo da Pavia, Fondulli realizzò la parte del quadro che va dal letto della Vergine in giù. Cfr. Catalogo delI’8a mostra di opere d’arte restaurate della Soprintendenza alle Gallerie ed opere d’arte della Sicilia, Palermo 1972.

[24] Cfr. G. B. Ferrigno op. cit. La Sacra Famiglia con Santi, fino a poco tempo fa si trovava nello studio privato del Vescovo di Mazara, attualmente è in restauro a Palermo a cura della Soprintendenza alle Gallerie della Sicilia.

[25] Cfr. Gioacchino Di Marzo, Diari della città di Palermo, vol. I, pp. 76-77, vol. XIII, p. 470, Palermo 1869. G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia, Palermo, 1858-1868, 4 voll.

[26] Cfr. G.B. Ferrigno, op. cit., Thieme-Becker, Lexicon, op. cit.

[27] Cfr. Grano, Grasso, Campardi, Memorie de' Pittori Messinesi, Messina 1821, i quali cosi affermano: “Delle opere da lui qui in Messina dipinte non ci resta che una bella tavola, coi quadretti attorno, in cui si vede effigiato un S. Diego, nella sagrestia di S. Maria di Gesù inferiore, ove a chiare note si legge: “IO: PAVLVS FVNDULI CREMON: FACIEBAT 1593”.

[28] Cfr. anche Thieme-Becker, Lexicon..., op.cit.


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