Un Pittore cremonese nella Sicilia del
’500
Giovan Paolo Fondulo
di Giovanni Falcetta
Qualcuno ha definita la nostra, sul piane
culturale, un’epoca di “revivals”, di continui “repêchages” e, in
termini mene sofisticati, di “recupero del passato”, determinato, però,
non da una sincera esigenza di riflettere sulle storia, per meglio
comprenderne i fenomeni, ma di un bisogno di novità (si fa per
dire!), mito rincorso ossessivamente e costantemente dell'industrie
culturale per incrementare le vendite presso un pubblico ormai
disincantato, distratto, e quindi attratto solo, appunto, dalle
novità, reali e presunte.
Ma il revival presuppone la
riproposta di opere e di artisti già abbastanza noti al grosso pubblico
e sufficientemente sottoposti ed esegesi critiche de parte degli
studiosi. È in sostanza, una forzatura pseudoculturale, un kitsch,
che appaga le superficiali esigenze delle mode.
Noi, invece, più modestamente, vogliamo
presentare un pittore cremonese che è quasi completamente sconosciuto
non sole ai Cremonesi d’oggi ma anche ai loro antenati, suoi
contemporanei. Si tratta certamente di un “minore”, rispetto ai grandi
Maestri del suo tempo, me riteniamo che sia utile studiarne l’attività
artistica, se non oltre per aggiungere un prezioso tassello alla
ricostruzione del variegato mosaico dell’arte figurativa del tardo
Rinascimento agli albori del periodo manierista.
Ci riferiamo a Giovan Paolo Fondulo, la
cui vita e le cui opere sene ancora, in gran parte, avvolte nel mistero.
Qui cercheremo soltanto di delinearne alcuni particolari, così come li
abbiamo ricavati delle fonti storiografiche disponibili.
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"Annunciazione", Chiesa Santa Maria di Portosalvo, Palermo
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Il primo a parlarci di Fondulo, seppure
per cenni generici, è Antonio Campo il quale, nelle sua “Cremona
Fedelissima” così si esprime: “D'un solo son sforzato far
memoria, che è stato mio allievo, il qual intendo con mio gran contento
che è tenuto in molte pregio nella Sicilie, ove fu condotto del Marchese
di Pescara, è questi Gio. Paolo Fondulo, che fine da fanciullo dava
segno di dover riuscire perfetto, si come intendo che è riuscito”
.
Da questa testimonianza diretta sappiamo,
quindi, che il nostro personaggio è stato allievo di un grande Maestro
della pittura cremonese, Antonio Campo, appunto, che non esita a
manifestargli la sua autorevole stima. Sulla vita del Fondulo e sulla
sua produzione artistica, però, l’autore non ci fornisce notizie
esaurienti. Dice, intatti soltanto che Gio. Paolo segui il Marchese di
Pescara in Sicilia, terra in cui si fece molto apprezzare per la sua
bravura. Ma quando e dove precisamente nacque l'allievo del Campo, qual
è stata la sua vita a Cremona, quali opere ci ha lasciato, quale è
stato, nei particolari, il suo soggiorno in Sicilia, è possibile che non
abbia lasciato alcuna traccia nella sua citta [come sembra], quando e
dove e morto'? Ecco le domande alle quali ancora la ricerca
storiografica può dare, finora, solo parziali risposte.
La maggior parte delle fonti si limita,
infatti, a riprendere in toto la notizia dataci dal Campo
(aggiungendovi talora la presumibile ascendenza da Cabrino Fondulo,
signore di Cremona) tranne alcune che riportano ulteriori significativi
particolari. Per esempio, un manoscritto settecentesco cosi ci parla di
Giovan Paolo Fondulo: “Fiorì sul finire del secolo XVI... Questo gran
capitano [il Marchese di Pescara, n.d.r.] condusse in Sicilia anche
Francesco Locatelli... il quale era da Castelleone, come lo era il
Fondulo... Castelleone era feudo di quel Marchese. Cosicché sembra aver
egli voluto onorare in essi i principali e più meritevoli de' suoi
vassalli…”
.
Dal testo risultano almeno tre dati interessanti: a) Fondulo raggiunse
la maturità artistica sul finire del XVI
secolo. b) Fondulo era di Castelleone. c)
Un altro castelleonese, Francesco Locatelli, si recò in Sicilia al
seguito del Marchese Davalos di Pescara quando quest’ultimo divenne
Viceré dell’isola
.
La prima informazione ci e confermata
dalle date che compaiono in parecchie delle sue tele firmate (es. 1574
per la Copia delle Spasimo di Sicilia di Raffaello, la qualcosa si può
spiegare sia perché allora come anche oggi in Sicilia era più conosciuta
la città di Cremona rispetto a Castelleone, sia, più verosimilmente,
perché l’artista voleva essere conosciuto come un allievo della famosa
scuola pittorica dei fratelli Campi di Cremona
.
Riguardo alla maturità artistica del
Fondulo, la fonte manoscritta, successivamente, cade in grossolane
errore cronologico quando afferma: “… passò in Sicilia poco dopo
uscito dalla scuola del maestro, cioè verso l’anno 1586”
.
Nello stesso errore incorrono pure gli autori Galetti e Camesasca.
quando riprendono la stessa data, 1586 o A. Corna il quale afferma che
Fondulo “operava da sé nel 1585”
.
Come poteva Giovan Paolo, infatti, lasciare il sue maestro A. Campo e la
sua Cremona cosi tardi quando la sua attività pittorica in Sicilia e
documentata già nel 1572 (vedi l’opera Transite della Vergine a
Sciacca)? Più credibile, perciò, appare Santi Correnti quando dice:
“… Imitatore dei manieristi operanti in Sicilia si dimostra pure quel
Giovan Paolo Fondulli, che dalla natia Cremona venne a Palermo nel 1568
al seguito del Viceré Avalos, e la cui attività è documentata nell’isola
fine ai primi decenni del secolo successivo”
.
Riguardo alla data di nascita
un’indicazione, anche se generica è comunque ricostruibile in basa alla
data dai quadri, ce la fornisce un altro manoscritto: “Nacque
Giampaolo… intorno alla metà del decimo sesto secolo, o poco dopo d'una
famiglia delle più illustri e cospicue”
.
Ed ancora Lancetti: “… di codesta
gente provenuto da uno da’ rami collaterali ovvero da una dalla linee
rifugiatasi, dopo la fatale catastrofe di Cabrino, in vari luoghi dalla
provincia. Parlo del pittore Gio. Paolo Fondulo…”
.
E poiché è storicamente provato che i parenti di Cabrino subirono in
seguito alla sua sconfitta persecuzioni e l’onta dall’esilio lo stesso
autore cosi spiega la presenza di Giovan Paolo Fondulo in Castalleone:
“è probabile cha nel
tempo degli Sforza sia stato permesso ad alcun de’ Fonduli di redimer
colà qualche resto di beni allodiali rimastavi invenduti”
.
Sulla biografia di Fondulo l’unica fonte
che ci fornisca particolari interessanti, ripresi poi da altri autori
,
è Io Zaist che testualmente dice:
“Fondulo Giampaolo, di Nobil Famiglia Cremonese, attese all’Arte della
Pittura, per cui, resosi caro al Marchese di Pescara, venne in età
giovanile da lui condotto in Sicilia, dove risedeva, qual Viceré di tal
ragno; e godeva passare l’ora libera nel vederlo a dipingere. Sendo egli
dotato dalla natura di un bell’aspetto, e nutrendo altresì sentimenti,
conformi all’illustre sua nascita, si acquista una singolar affezione de
principali Signori di quell’isola, ed attesta la sua virtuosa condotta,
con una rara prudenza, da lui usata in sì grand'auge di fortuna, non vi
fu grazia, ch'ei richiedesse dal suo amorevolissimo Viceré, che non gli
fosse benignamente conceduta. Si compiacque egli poi molto ancora nello
studio della storia, cosi sacra, come profana, in cui riuscì
versatissimo.
Fu assai lepido, e gioviale nei famigliari suoi discorsi, contenendosi
però sempre entro i limiti della più regolata modestia; seppe ei pure
maneggiar bene la spada, e fu un bravissimo Cavaliere; onde spesse fiate
adoperato ei venne, a compor gravi, insorte differenze fra primi
Maggiorenti del Regno, stante la sua disinvolta maniera in somiglianti
maneggi.
Si trattò sempre alla grande e col mezzo del suddetto Viceré, ebbe la
sorte di accasarsi con una nobilissima Gentildonna del Paese [cioè la
città di Palermo o la Sicilia, N.d.R.] di ricche sostanze posseditrice
per ereditaria ragione. E quindi accoppiato il proprio avere co' beni a
lui pervenuti della doviziosa Consorte, colà trapiantò egli la illustre
Prosapia, fatto Padre di due figliuoli, senza più curarsi, di rivedere
la Cremonese sua Patria. Fece egli pertanto in quei contorni molte
commendevoli opere di Pittura, cosi in pubblico esposte, come custodite
in più luoghi privati, delle quali, perché rimaste in paese da noi
lontano, non potiamo recarne alcuna distinta, individuale notizia…”
[segue la citazione dal Campo, cfr.
testo, N.d.R.].
Fin qui ci siamo avvalsi delle fonti
storiografiche del Nord Italia. Sulla vita e le opere del Fondulo
troviamo ancora una breve notizia nell’opera familiare agli studiosi di
Storia dell’Arte di Thieme - Becker, autori che hanno certamente avuto
la possibilità di consultare le fonti siciliane
.
Sempre sul piano storiografico, del
Fondulo si occupa anche, seppure in un brave trafiletto, il Benezit
ed altri autori citati dai Thieme-Becker
.
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Palermo, chiesa di Santa Maria La Nova, "Martirio di Santa Caterina
d'Alessandria 1584"
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Ma torniamo alla vita e alle opera dal
nostro pittore. Riguardo al suo soggiorno a Palermo, basandoci sulle
fonti siciliane da noi finora consultate, aggiungiamo che Giovan Paolo
si trattenne in questa città dal 1568 al 1600
,
che ivi, inizialmente, fu discepolo di un maestro locale, l’Ainemolo
e quindi, dopo essersi fatto conoscere per la sua abilità artistica,
sembra che abbia fondato agli stesso una scuola di pittura
.
Ed ora passiamo ad una rapida rassegna
delle sue opera. Premettiamo che non possiamo, in questa sede, tentare
alcun tipo d'analisi – valutazione estetica per una serie di validi
motivi:
1] Soltanto tre delle tele dal FonduIo
sono reperibili e, quindi, visibili, ma necessitano di solidi restauri
(Lo Spasimo di Sicilia, copia da Raffaello, li sta già subendo] per
poterne ricostruirne l’originale aspetto (sia come struttura formale,
sia come stesure cromatiche].
2] Delle altre opere conosciamo solo il
titolo ed il loro contenuto iconografico, non sappiamo dove si trovino
attualmente per cui speriamo, in prospettiva, di poter procedere, nei
limiti del possibile, ad una loro ricognizione diretta e relativa
schedatura.
3] Dopo di che ci proponiamo di studiare
da una parte le connessioni tra Fondulo e Campi, dall’altra tra Fondulo
e la scuola dei Campi (da questo studio è probabile cha si giunga a
rivedere talune attribuzioni di tele attualmente considerate di autore
anonimo o riferibili ad allievi dei Campi diversi dal Fondulo).
inoltre
è nostra intenzione tentare una ricognizione comparativa per ricostruire
i rapporti intercorsi tra Giovan Paolo Fondulo e i pittori siciliani del
’5U0. Solo dopo aver effettuato tali ricerche riteniamo si possa
giungere ad enucleare la “specificità” dell’arte figurativa del nostro
pittore lombardo-siculo.
La prima tela del Fondulo, ancora oggi
accessibile, e una copia firmata dello Spasimo di Sicilia attribuibile,
secondo la maggior parte dei critici, in minima parte a Raffaello ma,
nel complesso, alla sua scuola
.
L’originale raffaellesco si trova al museo del Prado di Madrid, mentre
la “copia” del Fondulo è conservata nella abside della chiesa
conventuale di S. Domenico a Castelvetrano [Trapani]. ll quadro di
Madrid è del 1517, mentre la tela del Fondulo è datata 1574
.
Dello Spasimo di Sicilia furono eseguite diverse altre copie da
altri artisti siciliani, ben quattro nel secolo XVI [quando l’opera
raffaellesca era ancora a Palermo] e un’altra a Madrid nel sec. XIX
.
A Palermo [nella seconda cappella a destra della chiesa di S. Domenico,
nella attuale via Roma] si può vedere una Crocifissione su tavola
del 1573. E a Sciacca [nella chiesa del Carmine] esiste un Transito
della Vergine del 1572
.
Inoltre, da uno storico siciliano dei primi anni del '900, G B. Ferrigno
apprendiamo che a Castelvetrano esisteva, datata 1573, una Sacra
famiglia con Santi, opera su tavola disposta sulla parete destra del
cappellone della Chiesa di S. Domenico. Dice testualmente il nostro
autore: “Di questo quadro su tavola non si era ben identificato
l'autore, ma sebbene un po' sciupata, vi si legge la seguente firma:
Joannes Paulus Fundulli Pictor Cremonensis Anno Salutis DNI 1573. I
detti due quadri (l’altro, pure firmato, e la copia dello Spasimo di
Sicilia, vedi sopra, N.d.R.] furono eseguiti dal Fondulli a
commissione del principe Carlo d’Aragona e Tagliavia…”
.
Ed ancore aggiunge: “allo
stesso Fondulli, ma non con sicura certezza, viene attribuito il quadro
su tela raffigurante S. Domenico, con quadretti attorno, collocato nella
piccola abside a destra, nelle detta chiese di S. Domenico in
Castelvetrano”.
Ed ora passiamo a dare dei brevissimi
cenni sulle opere “disperse”. Seguiamo ancora lo storico siciliano nelle
sua esposizione sistematica: “… al 1578, per commissione del Viceré
Colonna del Senato di Palermo, in seguito al flagello delle peste, [Fondulo,
N.d.R.] dipinse un quadro votivo in cui è espressa La Vergine con in
grembo il bambino ed ha sotto in due schiere S. Rocco e S. Sebastiano, e
il Viceré Colonna con la consorte e le altre dame in atto supplichevole
verso la Vergine… Questo quadro, che conservasi nella chiesa di S. Rocco
in Palermo, (secondo l’opinione del Di Marzo “è uno dei capolavori
di Gio. Paolo Fondulli”, N.d.R.)”.
Le notizie che il Ferrigno ci fornisce su
quest’opera come sulle altre sono, in gran parte mutuate dal Di Marzo
.
Ma egli continua ancora: “Al 1586, a commissione del nobile Vincenzo
Russo, [Fondulo, N.d.R.] dipinse un quadro per la chiese di S.
Maria di Portosalvo in Palermo, dove è espressa La Vergine annunziata
dall’AngeIo ed al di sotto in una base ricorrono quattro quadrettini nei
quali è La visita di Maria ad Elisabetta, La natività di Cristo, La
presentazione di Gesù al Tempio e La Disputa di Gesù coi dottori; in
un'estremità è il ritratto del Russo in atto di preghiera. Giovan Paolo
al 1584 altro quadro su tela esegui per la chiesa S. Maria La Nuova di
Palermo, a commissione del nobile Antonio Catalano, dove è rappresentato
Il martirio di Santa Caterina. Al 1589 dipinse su tavola, pei Minori
Osservanti [di Palermo, N.d.R.] un S. Diego in piedi, portante
una croce, alla quale tutto sta intento e quasi rapito; il fondo e
adorno con prospettiva di palazzi e con una piramide sormontata dalle
sacre chiavi, che alludono a Roma; esisteva nella galleria Palagonia, ed
è certamente quello che ora è [Io storico scrive nel 1936, N.d.R.]
nella pinacoteca del Museo Nazionale di Palermo… Una copia... esegui...
nel 1593, a commissione dei Minori Osservanti di Messina, rimase per
lungo tempo nella loro chiesa di S. Maria di Gesù ma, nel 1823 fu
trasferito nella quadreria peloritana”
.
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San Diego |
Ma Giovan Paolo, stavamo per
dimenticarcelo, aveva dipinto anche “al 1573… pei Domenicani di
Palermo, un S. Tommaso rapito in estasi”. E ancora conclude il
nostro storico “al 1592, per la
venuta del Viceré conte d’Olivares il Fondulli aveva dato il suo
concorso alla decorazione dell’Arco trionfale
,
che si costruì per il solenne ingresso di quel viceré. Dopo il 1593 non
si hanno più notizie del Fondulli”
.
Per concludere questo nostro rapido
excursus storico sul pittore cremonese faremo una marginale osserva
zione di carattere onomastico. Spesso,
accanto alla dizione Fondulo [vedi A. Campo] altre fonti riportano
Fondulio, Fondulli, Fundulli. Sono, ovviamente, alterazioni fonetiche
irrilevanti del cognome originario Fundulli (vedi la firma dell’artista
sulle tele di Castelvetrano, per esempio].
Dopo quanto abbiamo detto ci sembra
doveroso sperare che i cittadini cremonesi e le pubbliche autorità
prendano coscienza della necessità culturale di conoscere meglio questo
loro artista emigrato al Sud. L'unico modo serio per far ciò crediamo
sia la realizzazione di una ricerca storica approfondita da effettuare
sia in Lombardia che in Sicilia.
Note
Santi Correnti, La Sicilia del Cinquecento, Milano 1980,
p. 258.
Sul quadro originale raffaellesco cosi scrivono alcuni autori:
“Il quadro fu compiuto al 1516, dietro commissione, data al
1508, dal dottore in legge Giacomo Basilico, fondatore della
chiesa di S. Maria dello Spasimo dei frati di Monte Oliveto a
Palermo. Al 1573 i frati di Monte Oliveto, che avevano in
consegna il quadro, prendendo a dimora il convento di S.
Spirito, lo trasportarono nella chiesa annessa, collocandolo
all'altare maggiore. Al 1660 il quadro dall'abate Clemente
Staropoli, a premura del Viceré Don Ferdinando d'Ajala Fonseca e
Toledo, fu donato al re di Spagna Filippo IV e in cambio fu
lasciata una copia, mentre l’originale fu collocato nell’Escuriale.
Napoleone B. violentemente lo tolse alla Spagna… Finalmente nel
1816 fu reso a Madrid ove rimane (Museo del Prado)» (cfr.
G.B. Ferrigno, op. cit.). “Raffaello Sanzio compose nel 1506
espressamente per la Sicilia… il quadro raffigurante la caduta
di Gesù sono la croce. Oggi quest’opera si trova al Museo del
Prado di Madrid, per disposizione di re Carlo III di Borbone, al
quale questo quadro… fu donato nel 1735, quando fu incoronato a
Palermo re di Sicilia”. (Cfr. Santi Correnti, op. cit. p.
257). Le due fonti precedenti sono discordanti nella datazione
e, a nostro avviso, poco attendibili perché gli estensori delle
notizie non sono specialisti in storia dell'Arte. La prima dice
che “il quadro fu compiuto al 1516”, la seconda che
“Raffaello Sanzio compose nel 1506… il quadro...”. Comunque,
a parte la nostra riserva sulla datazione, abbiamo riportato
tali fonti soprattutto per le preziose notizie che ci forniscono
relativamente al committente e alle vicende subite dall’opera
nel corso dei secoli. Per maggiore completezza d'in1ormazione
riportiamo una “scheda” precisa della tela raffaellesca, scheda
che riteniamo più attendibile anche perché è stata compilata, di
recente, da uno specialista di storia dell'arte. Secondo quanto
apprendiamo da quest’ultimo, la tela del Prado misura cm. 318
per 229. L'autore cosi continua: “Raffigura una delle cadute
di Cristo sulla via del Calvario. Fu eseguito per la chiesa di
S. Maria dello Spasimo di Palermo, ove giunse dopo un viaggio
avventuroso, ricordato dal Vasari, con naufragio e dirottamento
a Genova; nel 1622 venne acquistato da Filippo IV di Spagna e
assunse la denominazione attuale. Trasferito a Parigi con le
prede napoleoniche nel 1813, lo si sottopose al trasporto su
tela. Restituito alla Spagna nel 1822. Su una pietra e
l’iscrizione RAPHAEL URBINAS. La esecuzione e tuttavia in gran
parte riferibile alla scuola; secondo lo Hartt anche la
ideazione va fatta risalire più a Giulio Romano che al Sanzio il
cui intervento è forse riconoscibile nella testa di Simone
Cireneo. Concordemente datato 1517, l'anno che appare in
un’incisione tratta da Agostino Veneziano. In cattivo stato di
conservazione” (cfr. Pier-Luigi De Vecchi, L'opera
completa di Raffaello, nei Classici dell’Arte Rizzoli,
Milano 1966, bibliografia, opera n. 132).
“In ordine cronologico, la prima copia fu quella dovuta ad
Antonello Gagini, e oggi si trova nel Museo Diocesano di
Palermo, nella sala dei Gagini; la seconda fu quella che nel
1537 Antonello Crescenzio esegui per la chiesa dello Spasimo di
Sciacca (Agrigento), e oggi si trova esposta nella sala XII
della Galleria Nazionale della Sicilia a Palermo; la terza copia
fu eseguita nel 1541 dal pittore messinese Giacomo Vignerio, e
si trova ancora oggi nel secondo altare a sinistra della chiesa
di S. Francesco d’Assisi, o dell’Immacolata, di Catania; la
quarta copia e dovuta al pittore cremonese Giovan Paolo Fondulli,
che la esegui nel 1574, durante la sua lunga permanenza in
Sicilia (1568-1600). La quinta copia fu eseguita nel secolo
scorso dal pittore siciliano Raffaello Politi (Siracusa 1783 -
Agrigento 1870), ed è esposta nel secondo altare a sinistra
della scenografica cattedrale di Noto (Siracusa)”. Vedi
Santi Correnti, op. cit., p. 257-258.
Cfr. G.B. Ferrigno, op. cit., Thieme-Becker, Lexicon, op.
cit.
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