Le pagine della cultura

 

 

Le età dell’uomo

racconto di Agostino Spataro

 

“Sentite, sentite questa: Scapagnini [1] assicura che Silvio può vivere anche 120 anni”

Il ragionier Falisi, tutto infervorato, agitava il giornale per scuotere dal torpore i suoi sodali del circolo pensionati. Una bella notizia per Berlusconi e i suoi seguaci, ma anche una lieta sorpresa per quei vecchietti che, da tempo, avevano superato la metà del nuovo traguardo.

Com’era prevedibile, l’annuncio provocò qualche alterco e rari consensi e soprattutto tanti risolini speranzosi e smorfie di evidente scetticismo.

Nel bel mezzo del trambusto, si levò zio Bertino, ortolano e poeta sopraffino, che sentenziò:

120 anni! Sei generazioni in una vita sola? Una follia! Adulazione per accattivarsi i favori di Berlusconi… Non date retta alle chiacchiere e ascoltate questa storia che è più istruttiva dell’articolo del giornale!”

Ottenuto il silenzio richiesto, iniziò a narrare.

Quando Gesù camminava per il mondo, giunse, in un giorno d’estate, alle pendici del monte Atabirio, e imboccò la discesa per Muxarello, nel cuore d’argilla di questa nostra Isola anticamente chiamata Trinacria.

Qui, dove un rio ingrottato nelle viscere della montagna esce alla luce e si spalma, baldanzoso, sopra una radura d’erbe balsamiche, incontrò un viandante lacero e stanco, rannicchiato all’ombra di un pero selvatico.

Cristo lo guardò con un sorriso e gli rivolse parole soavi.

Un’armonia insolita ravvivò quel “punto d’acqua”, quella natura aspra e solitaria. Il viandante fissò quella figura che brillava di una luce strana.

Chi era quell’uomo che trasudava un’essenza divina?

Osservò le sue mani protese e si avvide dei segni lasciati dal supplizio. Ora non aveva più dubbi: era certo di trovarsi al cospetto del Cristo risorto.

Ripresosi dallo sgomento, il viandante volle togliersi un pensiero che, da qualche tempo, l’assillava.

“Maestro, a te che nulla sfugge, puoi dirmi quanto sarà lunga la mia vita?”

Gesù, nella sua beata serenità, rispose senza indugi.

“Cinquant’anni”.

“Cinquant’anni! Così poco?”- dolente, il viandante.

“Ti bastano, ti bastano.”

 “Maestro, ti prego, fammi campare qualche anno di più, ho una numerosa famiglia da sfamare e tre figlie d’accasare”

Mentre così implorava, sopraggiunse un asino che annaspava sotto una pesante soma. Il suo mantello nero, lucido di sudore, era punteggiato di piccole ferite sanguinolente alle quali erano attaccati sciami di mosche assatanate.

La bestia alzò gli occhioni tristi verso il Cristo e così l’apostrofò.

“Maestro, per favore, ditemi: quanto sarà lunga la mia vita?”

“Quarant’anni”, rispose il Nazareno.

L’asino fece una smorfia come di fastidio.

“Quarant’anni! Sono troppi. Non vedi la vita che faccio? No, sono troppi, me ne bastano venti”

A questo punto, s’intromise il viandante: “Maestro, se per lui son troppi, potrei prendere io i suoi vent’anni superflui?”

Gesù gli gettò uno sguardo quasi sdegnoso, tuttavia acconsentì alla richiesta.

L’asino, appagato dall’insperata detrazione, si era già avviato per l’erta impervia, quando si avvicinò un cane lercio, affamato, con la lingua penzoloni.

“Maestro, ti prego, dimmi: quanto durerà questa mia miserabile esistenza?”

“Vent’anni”, rispose il Cristo.

“Altri dodici anni di fame e di botte! No. Sono tanti. Non li potrei sopportare. Sarei contento della metà. Sì, dieci anni mi bastano e m’avanzano…”

Il viandante pareva incontenibile. Si fece avanti e, un po’ impacciato, domandò:

“Maestro, se non hai nulla in contrario, posso prendere i dieci anni che lui rifiuta?”

Gesù oramai appariva un tantino seccato. Gli venne il sospetto che quell’uomo ingordo, sotto sotto, aspirasse all’immortalità che sapeva essere un desiderio piuttosto diffuso fra gli umani.

E dire che gli erano stati concessi settant’anni. Un tempo più che doppio di quello che a Lui aveva accordato il Padreterno per portare a termine la sua missione sulla terra.

Con le sue pretese, quell’uomo stava turbando la serafica magnificenza del Cristo che non ricordava tanta insolenza.

Certo, c’era il precedente di Adamo che aveva donato quaranta dei suoi mille anni di vita a Davide al quale erano state concesse soltanto tre ore di vita, ma fra i due casi non c’era confronto.

Adamo era Adamo, il progenitore dell’umanità che si sacrificò in favore di un predestinato cui Dio aveva assegnato un compito davvero speciale che, certo, non poteva adempiere in tre ore!

Quel viandante stava oltrepassando tutti i limiti.

Eppure, non se la sentì di fargli un diniego e pronunciò un sofferto “E sia” che rallegrò il cuore di quel petulante.

Ma la faccenda non s’era conclusa. Come se quel giorno Gesù avesse dato appuntamento in quella incognita radura a un’intera schiera di bestie scontente della vita.

Di lì a poco, infatti, sopraggiunse una scimmietta saltellante, la quale stupita di trovarsi al cospetto del Cristo redentore volle conoscere ciò che la sorte le aveva riserbato.

“Maestro, tu che sei onnisciente, puoi dirmi quanti anni durerà la mia vita?”

“Vent’anni”

“Vent’anni! Così tanti? Dieci sono più che sufficienti”

 Il viandante, che non capiva il motivo di quelle rinunce, pensò di cogliere la nuova opportunità.

Tutto vergognoso, gli occhi abbassati per evitare lo sguardo severo di Cristo, alzò un dito e farfugliò: “Maestro, potrei…posso prendermi anche questi dieci anni che lei rifiuta?”

“Fai come più t’aggrada e vattene per la tua via”, lo licenziò il Cristo, con uno scatto d’ira.

Giunto alla soglia dei novant’anni, il viandante sentì approssimarsi la fine dei suoi giorni. Era tempo di bilanci e soprattutto di preparare l’anima per la trasvolata celeste verso il trono della Maestà divina che, certamente, gli avrebbe posto qualche domanda imbarazzante.

Ripassò con la mente le tappe principali della sua lunga vita, le sue quattro età.

Fino a cinquant’anni, la sua esistenza scorse serena. Certo, in casa non regnava l’abbondanza e faticava dall’alba al tramonto, tuttavia si sentiva pago di quanto aveva ricevuto dalla vita: una salute di ferro e buoni raccolti per mandare avanti la numerosa famiglia. Ai suoi figli non mancò mai il pane.

I guai iniziarono a manifestarsi dopo i cinquant’anni: le ossa, appesantite, faticavano a reggere il peso del duro lavoro, gli acciacchi lo tormentavano in più parti del corpo.

Persino la moglie prese a lamentarsi che la trascurava.

E i figli che erano stati il suo orgoglio di padre ora rappresentavano un assillo. Soprattutto le tre femmine che non trovavano marito.

Insomma, furono vent’anni di vita inquieta, stentata, dura da sopportare, come quella di un asino schiacciato da una gravosa soma.

Allo scoccare dei settant’anni, la sua esistenza divenne davvero impossibile. Vecchi e nuovi malanni s’impossessarono del suo corpo intisichito; l’arteriosclerosi gli devastò il cervello. Impedito di lavorare, restò in paese a oziare. Misero e lagnoso, s’impicciava in faccende che non lo riguardavano, sragionava, litigava con i vicini e con gli amici al circolo.

Divenne un vecchio pettegolo, ringhioso che tutti scansavano come un cane rognoso.

Oltre gli ottant’anni, l’umiliazione e la decadenza totale. Era sordo e quasi cieco. Il suo corpo fragile prese a incurvarsi verso il basso, le mani scheletriche rasentavano il suolo. Praticamente, camminava a quattro zampe, come una vecchia scimmia anchilosata dagli anni e dai malanni.

Ripensò all’incontro col Cristo e al tempo vissuto durante le sue quattro età: la prima fu serena, le altre tre sommamente deludenti. Era pentito di aver chiesto a Gesù tutti quegli anni.

Desiderava sfogarsi con qualcuno, ma nessuno era disposto ad ascoltarlo.

Perciò, parlò a se stesso con queste parole “Meno male che quel giorno non si trovò a passare da quelle parti un serpente, altrimenti avrei ancora qualche anno da strisciare….”

Agostino Spataro

Joppolo Giancaxio, Agosto 2011


Note

Questa storiella, raccontatami da un mio zio (Angelo Cultrera) ortolano e poeta dialettale, contiene una morale che oggi sarebbe bene osservare: ognuno deve vivere l’età che gli è propria, e per il tempo stabilito da madre natura, e soprattutto non desiderare la vita degli altri.

[1] Scapagnini Umberto, medico personale di Silvio Berlusconi, già sindaco di Catania e oggi deputato del PdL, oltre alla longevità ha garantito al suo illustre assistito e benefattore una superiorità anche in campo sessuale: “a 74 anni Silvio può avere sei rapporti la settimana. Purché riposi la domenica”. (in “Novella 2000” ripresa da “La Repubblica del 7/7/11). Insomma, come Dio durante la creazione.


Racconto pubblicato il 7 agosto 2011 in “Oggi7”, magazine del quotidiano italo- Usa “America oggi” di New York.

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