Il Racconto ulteriore,
“antecedente all’intelligibilità” nella contrapposizione di un tempo
mitico alla desolante contemporaneità di una terra già esplorata da
Eliot, è un progetto che vede Flavio Ermini coordinare dei pensatori
nel “gesto narrativo”. La ”inquietudine dell’imprevedibile” ci ha
condotto verso false certezze allontanandoci dal vero senso della
tradizione, dall’origine. Dal chaos, nello stesso gesto della
creazione sussiste ancora, inalterata, l’energia per una prospettiva
ulteriore, devoluta a un sapere autentico, non più reso
asettico, e considerato nel suo originario contesto organico.
Bonnefoy lo fa attraverso una possibile variante per la cacciata
dal giardino. Un punto in cui il tempo non ha avuto ancora
inizio, dove l’immediato e il mediato, opportunamente affrontati da
Vitiello nell’episodio finale, sono ancora “erranza nell’eterno” e
prendono forma col giorno, nell’esperienza, tra l’eco di un flauto,
mediando dolore e speranza. Prima o dopo divengono l’intangibilità
del tempo dove l’archetipo, riflesso nella forma, si tramanda nel
mito, restando impresso tra luci e ombre. Nel tema della leggenda
primordiale resta ancorato anche Félix Duque, è quella indigena
della foresta e del suo lago, mentre, a poca distanza, si consuma
“l’imminente fine di questo mondo”, tra disastri ecologici e
notiziari flash sul terrorismo. Quella di Labarthe è un’Allusione
all’inizio migratoria, iniziatica ed incentrata sulla
comunicativa, in un viaggio che ci vede dubitare e disperderci,
ricominciare: possibile metafora della stessa vita. L’arcangelo, con
Antonio Prete, dalla sua sostanza di luce, viene a contatto col
tempo e la disgregazione della materia. Vive con rammarico i suoi
fallimenti, la distrazione di una colpa ancestrale. E’ questa la
prima delle Tre storie sul tempo e l’apparenza, quale
“impossibile somma d’infiniti vuoti” nell’epilogo della sera: lo
scorgere finalmente il sorriso di una bimba ricongiunta al suo
gatto. Articolato e dettagliato è il ritratto ginevrino di Roberta
De Monticelli che, traversando memorie e riflessioni, approda su più
acquietanti sogni in una “fragorosa e sporca” piazza toscana.
Spinoza, l’ottico, tanto ebreo quanto eretico, con Tagliapietra lo
ritroviamo che si diletta coi ragni e sarà specchio di una risata
che è dio, vittima e carnefice nelle vesti di un Benjamin portato al
martirio, ancora immerso nella lettura di Ethica. Uno Spinoza
che ricorre anche con Vitiello, ricordandoci “che ogni definizione è
negativa” e che, con Jean Luc Nancy, ci riporta a quel “sentiamo e
sperimentiamo il nostro essere eterni”. Interessante il contesto in
cui si sviluppa Diario, “fluttuante in un’incerta
intemporalità” che va dal 4 al 10 novembre 2002. Realizzato per
conto della rivista Parallax, vede qui la sua versione italiana dopo
essere stato tradotto in inglese. Il marionettista di Givone,
unitamente al racconto di Tagliapietra, è, a mio parere, tra gli
episodi più centrati, almeno in relazione all’intento narrativo
preposto. Tutto il fascino e la magia dello spettacolo dei burattini
viene rilevato allontanando lo spettro di un demiurgo dietro le
quinte, restituendoci personaggi con un’anima sottesa ad un filo
tramite cui comunicare, finanche a recepire “dal basso” “le
sollecitazioni sceniche”. Ironico ed incisivo giunge Carlo Simi che,
attraverso l’antica e collaudata formula del dialogo, ci trasporta
nel mondo delle fiabe che preannunciano ciclicità atemporali. Con
Donà ci si addentra in tematiche che includono risvolti psicologici,
mentre con Gargani si abbandona il filone narrativo soltanto per
meglio sviscerarlo con esiti che, personalmente, trovo convincenti,
soprattutto per quell’ “indissolubile legame” tra “etica e
scrittura” ricordato anche attraverso il monito di Wittgenstein:
“non possiamo scrivere qualcosa di vero se non siamo veri”.
Riportare la figura dell’intellettuale ad un suo più connaturato
baricentro rendendogli la giusta attenzione, a partire dall’operato
scientifico e politico, potrebbe essere un varco aperto da questo
libro, poiché in queste condizioni, come Gargani stesso afferma,
“non c’è da sorprendersi che fenomeni mafiosi si estendano
all’ambito dell’organizzazione della cultura e del mondo
accademico”.
Enrico Pietrangeli
A cura di
Flavio Ermini,
Il racconto ulteriore,
Moretti e Vitali 2006, 18 Euro
La pagina
è stata realizzata con testi ed immagini inviatoci da
Enrico
Pietrangeli, novembre 2007 |