Sud Illustre

 

Enrico De Leva

di Fara Misuraca e Alfonso Grasso

 

Enrico De Leva nacque a Napoli il 19 gennaio 1867. Dotato di grande talento musicale, tu indirizzato dalla famiglia nel conservatorio napoletano di San Pietro a Maiella. Iniziò giovanissimo a comporre canzoni napoletane, cui si dedicò per tutto l'arco della sua esistenza ed alle quali è legala la sua fama. Si impegnò anche nella composizione di opere più ardue e compiesse quali lavori teatrali e sinfonici: tale attività ebbe inizio con l'opera in 4 atti "La Camargo", su libretto di G. Pessina, rappresentata al teatro Regio di Torino il 2 marzo 1898 sotta la direzione di Arturo Toscanini. Inoltre, pur non avendo conseguito alcun diploma, iniziò ben presto una brillante carriera concertistica come pianista, che lo portò in tournée in varie città italiane e straniere. Fu legato a Gabriele D’Annunzio dia profonda amicizia. Particolarmente significativo fu il sodalizio artistico stabilito con Salvatore Di Giacomo, dalla cui collaborazione nacque la gustosa e ironica “E springule frangese”, ma anche “A novena”, “Bonnì! Bonnì!”, “A Capemonte”, “'Voce luntana”, solo per ricordarne alcune. Compose inoltre vari pezzi per pianoforte pubblicali dall'editore Ricordi.

Sergio Bruni in “'A Nuvena”. Testo di Salvatore Di Giacomo e musica di Enrico De Leva

Rallentata l’attività negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale, la interruppe completamente a partire dal 1943, in seguito alla tragica fine del figlio Rosario, trucidato a soli 18 anni dai Tedeschi a Faicchio (Benevento) ove la famiglia risedette durante la guerra. Morì a Napoli il 23 luglio 1955.

La Camargo diretta da Arturo Toscanini nel 1898 al Regio di Torino, da una cronaca dell'epoca

“Ridicoli!”, e, sceso dal podio, uscì dalla sala. Raggiunto e pregato, tornò, e, accolto da un incontrastato applauso, impugnò la bacchetta, ma, evidentemente sdegnato e svogliato, segnò il tempo, come un batteur de mesure, poi volle lo scioglimento de! contratto che lo legava ad altri concerti, e partì.

Al Teatro “Dal Verme” diresse ancora La Bohème di Puccini, s’intende, perché quella di Leoncavallo, apparsa a Venezia mentre Toscanini ripeteva la pucciniana, non tardò a sparire, e un concerto recante l’ouveture della Sposa venduta di Smentana ed il Mormorio della foresta di Siegfried. A Bologna tenne alcuni concerti, ed alla fine dell’anno, fu nuovamente al Regio di Torino. Accanto ad Ero e Leandro (12 gennaio) di Mancinelli, alla Bohème (12 gennaio), al Mefistofele (30 gennaio), alla Camargo (2 marzo) di Enrico De Leva, La Walchiria (17 febbraio) parve mirabile per la fusione dell’impasto e della sonorità, per la vera miniatura dei coloriti”. Alla prima della citata Camargo (ecco l'opera solitamente inscenata senza fiducia, senza speranza, ecc. ecc.), che cadde fra la più dichiarata ostilità, avvenne un curioso contrasto. Un solo pezzo piacque alla maggior parte del pubblico, un minuetto, intermezzo fra il primo e il secondo atto. Richiesto il bis, Toscanini lo concesse. Aveva appena ricominciato, e sorse un gran putiferio, sicché egli dovette Interrompersi. Ma stavolta proprio lui non rinunciò alla replica. Diede ordine d'alzare il sipario sulla scena del secondo atto e riattaccò. Sorpreso, il pubblico tacque, ed il pezzo continuò senz'altra contesa.

Mario Abbate in “'E spingule francese”, celeberrima canzone del 1888. Testo di Salvatore Di Giacomo e musica di Enrico De Leva

Pubblicazione Internet a cura de Il Portale del Sud®, giugno 2012

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