La Camargo diretta da
Arturo Toscanini nel 1898 al Regio di Torino, da
una cronaca dell'epoca
“Ridicoli!”, e, sceso dal podio,
uscì dalla sala. Raggiunto e pregato, tornò, e,
accolto da un incontrastato applauso, impugnò la
bacchetta, ma, evidentemente sdegnato e
svogliato, segnò il tempo, come un batteur de
mesure, poi volle lo scioglimento de!
contratto che lo legava ad altri concerti, e
partì.
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Al Teatro “Dal Verme” diresse
ancora La Bohème di Puccini, s’intende,
perché quella di Leoncavallo, apparsa a Venezia
mentre Toscanini ripeteva la pucciniana, non
tardò a sparire, e un concerto recante l’ouveture
della Sposa venduta di Smentana ed il
Mormorio della foresta di Siegfried. A
Bologna tenne alcuni concerti, ed alla fine
dell’anno, fu nuovamente al Regio di Torino.
Accanto ad Ero e Leandro (12 gennaio) di
Mancinelli, alla Bohème (12 gennaio), al
Mefistofele (30 gennaio), alla Camargo (2
marzo) di Enrico De Leva, La Walchiria
(17 febbraio) parve mirabile per la fusione
dell’impasto e della sonorità, per la vera
miniatura dei coloriti”. Alla prima della citata
Camargo (ecco l'opera solitamente
inscenata senza fiducia, senza speranza, ecc.
ecc.), che cadde fra la più dichiarata ostilità,
avvenne un curioso contrasto. Un solo pezzo
piacque alla maggior parte del pubblico, un
minuetto, intermezzo fra il primo e il secondo
atto. Richiesto il bis, Toscanini lo
concesse. Aveva appena ricominciato, e sorse un
gran putiferio, sicché egli dovette
Interrompersi. Ma stavolta proprio lui non
rinunciò alla replica. Diede ordine d'alzare il
sipario sulla scena del secondo atto e
riattaccò. Sorpreso, il pubblico tacque, ed il
pezzo continuò senz'altra contesa. |