Sud Illustre

 

I grandi della Musica del Sud

Enrico Caruso

a cura di Fara Misuraca e Alfonso Grasso

 

È considerato il tenore per eccellenza, grazie alla suggestione del timbro e alla inconfondibile voce.

Enrico Caruso nacque a Napoli il 25 febbraio 1873 in via SS. Giovanni e Paolo 7 nel quartiere di San Carlo all'Arena. La era famiglia originaria di Piedimonte d'Alife (oggi Piedimonte Matese), un piccolo centro dell'alto casertano. Il padre, Marcellino (1840–1908), era un operaio. La madre, Anna Baldini (1838–1888) faceva la donna delle pulizie ed aveva avuto prima di lui 17 figli: tutti morti. Dopo di lui nacquero altri tre fratelli. Nel 1888 sua madre morì di tubercolosi e poco tempo dopo il padre si risposò con Maria Castaldi.

“E lucevan le stelle” (Tosca)

Dopo aver frequentato le scuole elementari, a dieci anni andò a lavorare col padre in fonderia, ma sotto l'insistenza della madre si iscrisse a una scuola serale dove scoprì di essere portato per il disegno ed iniziò così ad elaborare progetti di fontanelle in ghisa. Ma nel frattempo qualcosa stava crescendo in lui: la sua voce. Le prime arie d'opera e le prime nozioni di canto gli vennero insegnate dai maestri Schirardi e De Lutio.

Oltre a cantare nel coro della chiesa, Enrico fece qualche apparizione in spettacoli teatrali; la sua voce nel frattempo si era irrobustita e le piccole rappresentazioni cominciarono a non bastargli più. La sua fortuna iniziò quando il baritono Eduardo Missino, sentendolo cantare, si entusiasmò a tal punto che lo presentò al maestro Guglielmo Vergine, che accettò di dargli lezioni in cambio del 25% dei guadagni per cinque anni.

Fenesta che luceva, 1913

Nel 1894 Caruso si sentiva ormai pronto all'esordio, ma alle prove per la Mignon di Ambroise Thomas non venne accettato. Esordirà il 16 novembre 1894 con una parte ne L'amico Francesco di Domenico Morelli percependo 80 lire per quattro rappresentazioni. Iniziò così ad esibirsi nei teatri di Caserta, Napoli e Salerno e fece la sua prima apparizione all'estero al Cairo, ricevendo 600 lire per un mese di lavoro. Nel 1897, a Salerno, Caruso conobbe il direttore d'orchestra Vincenzo Lombardi che lo convinse ad effettuare con lui la stagione estiva a Livorno. Qui Caruso conobbe il soprano Ada Giachetti, sposata e madre di un bambino. Con lei iniziò una relazione che durerà undici anni e da cui nasceranno due figli: Rodolfo (1898–1951) ed Enrico junior (1904–1987). Ada lo lascerà per fuggire con il loro autista, con il quale cercherà anche di estorcergli denaro. Tutto finì in tribunale con la condanna della Giachetti a tre mesi di reclusione ed a 100 lire di multa.

“Un dì all'azzurro spazio” (Andrea Chénier)

Nel 1898 Caruso esordì al Teatro Lirico di Milano nel ruolo di Loris in Fedora di Umberto Giordano; seguirono poi tournée in Russia, a Lisbona, Roma, Montecarlo ed al Covent Garden di Londra dove interpretò il Rigoletto di Giuseppe Verdi; l'anno dopo fu a Buenos Aires. Nel 1900 Caruso cantò nuovamente alla Scala nella Bohème diretta da Arturo Toscanini e nel 1901 a Napoli al San Carlo dietro un compenso di ben 3.000 lire a recita. Ma la sua interpretazione de L'elisir d'amore di Donizetti non fu all’altezza, forse a causa dell’emozione. Fortemente deluso dalle critiche che gli vennero rivolte dei suoi concittadini, decise di non cantare mai più nella sua città natale. L’episodio comunque indusse Caruso a correggere i difetti e crearsi un repertorio.

Core 'ngrato

A Milano incise l'11 aprile del 1902 dieci dischi con arie d'opera per conto della casa discografica inglese Gramophone & Typewriter Company. Il cantante napoletano fu il primo a cimentarsi nella nuova tecnologia, fino ad allora snobbata da molti altri cantanti, e questo determinò il suo successo e quello della casa discografica.

Nell’autunno del 1903 si recò a cantare in America, con un contratto col Metropolitan di New York. L’esordio avvenne il 23 novembre con il Rigoletto. Riscosse un tale successo da diventare l'idolo degli appassionati dell'epoca. Commissionò a Tiffany & Co. Il conio di una medaglia in oro 24 carati col suo profilo, per ricordo delle sue recite al Metropolitan di New York, da distribuirsi tra i suoi intimi. Caruso pretendeva ingaggi ingenti, ma era anche disponibile a cantare gratis per allietare gli emigranti. Dovette subire anche la gelosia e l'invidia di taluni: fu accusato di molestie ad una giovane sconosciuta e fece scandalo un bacio scambiato in scena con la soubrette Lina Cavalieri. Caruso venne condannato a pagare un'ammenda, subendo così una cocente umiliazione.

O Sole Mio

Nel 1909 incise una serie di ventidue canzoni napoletane che comprendevano anche Core 'ngrato, canzone scritta da Riccardo Cordiferro e da Salvatore Cardillo, che si ispirarono alle sue vicende sentimentali dopo l'abbandono da parte della Giachetti. Fu in quell'anno che Caruso venne operato a Milano per una laringite ipertrofica, che non compromise sul momento la sua carriera, tanto che continuò le sue tournée per il mondo, senza trascurare recite per beneficenza durante il periodo della guerra. Solo a Napoli non volle tenere più alcun concerto, sentendosi ancora indispettito dalle critiche ricevute anni prima al San Carlo.

Il 28 agosto 1918 sposò Dorothy Benjamin (1893–1955), ragazza di buona famiglia dalla quale avrà una figlia, Gloria (1919–1999). Interpretò anche due film come protagonista, My cousin e The splendid romance. Verso il 1920 cominciò a soffrire d'insonnia e, durante la rappresentazione di Pagliacci, ebbe un calo di voce; tre giorni dopo, mentre cantava ne L'Elisir d'amore, perse sangue dalla bocca e fu costretto a sospendere la recita. Venne operato il 30 dicembre al polmone sinistro. Trascorse la convalescenza a Sorrento. Dopo un lieve miglioramento, subì una ricaduta. Il male lo fermò il 2 agosto 1921, in una delle stanze dell'albergo Vesuvio a Napoli dove morì a soli 48 anni. È sepolto in una cappella privata nel cimitero di Santa Maria del Pianto nel quartiere della Doganella.

Santa Lucia

La sua fama sopravvive grazie ai dischi, rendendo sempre aperta la caccia a chi, tra le grandi voci di tenore, ne potesse essere considerato erede a buon diritto.

Nel panorama vocale dell’epoca, che stava faticosamente abbandonando le leziosità ottocentesche, Caruso seppe dare un'interpretazione straordinaria sia di ruoli veristi, come Chénier, che di quelli di Rigoletto, o Faust, opere cantate con un gusto del tutto nuovo e ben testimoniate da dischi tecnicamente primordiali ma eccezionali sotto il profilo puramente vocale. Entrò quindi anche nelle grazie di Puccini che scrisse per lui La fanciulla del West.

Dopo un'operazione alle corde vocali subita nel 1909, la sua voce divenne più brunita, talune agilità gli furono precluse e sempre più faticoso divenne l'uso della mezzavoce. Ciò non di meno Caruso rimase un interprete inarrivabile per impeto e passionalità e, almeno fino al Si acuto, in grado di afferrare di slancio acuti tonanti che mandavano in visibilio il pubblico e risuonavano anche nelle numerose incisioni di canzoni napoletane.

Gli è stato anche dedicato un asteroide, 37573 Enricocaruso.


Testo ed immagine tratti da http://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Caruso.

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