Libertà e lavoro
Editoriale de Il Portale del Sud
Non è chiara la finalità di tutto ciò che sta accadendo. Non si
percepisce l’idea di futuro, il programma, dove si vuole andare a
parare.
Il papa, uomo anziano, ha ribadito il concetto, nel suo viaggio in
America Centrale, che il marxismo ha fallito. Secondo Ratzinger ha
fallito perché, contrastando la religione, soffocava la libertà. In
realtà le cose sono andate diversamente, perché erano anticlericali
tutte le ideologie uscite dall’800: liberismo e comunismo. Quest’ultimo
ha dovuto cedere il passo quando la nomenclatura sovietica si è fatta
“incastrare” da Reagan in una folle rincorsa agli armamenti, spendendo
immani ricchezze che un vero marxismo avrebbe dedicato alla crescita
sociale. Per il liberismo, tuttora imperante, nessuna parola dal papa.
Eppure sembra tanto evidente come gli scopi del capitalismo liberale
oggi differiscano enormemente da quelli del primo Novecento. Allora il
capitale accumulato veniva reinvestito in attività economiche, oggi
viene accumulato e basta. Allora la manodopera in esubero veniva espulsa
ed indotta ad espatriare: ci furono milioni di emigranti europei che
andarono a far fortuna in America. Oggi chi resta senza lavoro è
condannato alla povertà ed all'indigenza, non ha alcun altro posto dove
andare e non c'è alcun paese “vergine” disposto ad accoglierlo.
Così la gente soffoca, non respira aria pulita, sia in senso metaforico
che reale. I giovani non hanno obiettivi, opportunità, progettualità.
Gli anziani, come noi, guardano preoccupati le spese che aumentano.
Devono sostenere figli e nipoti, nonché i parenti ancora più vecchi, che
sopravvivono nelle case di riposo private, quando sono fortunati.
Coloro che stanno male, dal bambino al vecchio, fanno la fila al pronto
soccorso, vengono etichettati bianco, verde, rosso… un popolo desolato
in tricolore che attende per ore ed ore che qualcuno si occupi di loro e
dei loro malanni. Alla prima cosa seria, si va perciò dallo specialista
privato, che poi ti manda nella clinica provata, e poi magari ti asporta
qualche organo sano per rimpinguare l’onorario in nero…: cose
incredibili che sono all’ordine del giorno, che accadono davvero,
cosicché d’incredibile resta solo l’impunità e la sfacciataggine di chi
si approfitta della salute per fregare la povera gente.
I medici sono diventati famelici di soldi, i farmacisti pure, le case
farmaceutiche li mettono d’accordo… niente appare più limpido e pulito
in un’Italia che ha perso la dignità di se stessa. Politici,
amministratori, managers… dove tocchi tocchi, spunta il marcio, la
corruzione, il favoritismo e l’egoismo.
In una sua recente apparizione televisiva, l’on. D’Alema ha detto che
c’è bisogno di sinistra in Italia e, soprattutto, in Europa. Per una
volta ha parlato bene, ci sembra. Se in Francia le cose dovessero
cambiare, pensionando Sarkozy e la sua insulsa prosopopea, ci sarà anche
per la sinistra italiana un modello da seguire, a patto di riuscire a
darsi un’unica anima, laburista o socialista che sia, ma ben definita ed
ancorata ai principi della solidarietà e dell’uguaglianza. E se ciò
dovesse costare sacrifici, come per esempio l’allontanamento dei
centristi (interni ed esterni al PD), meglio compierli che barcamenarsi
tra indirizzi diversi, senza poter esprimere liberamente le proprie idee
per paura di inimicarsi le gerarchie ecclesiastiche e la Confindustria.
Ognuno abbia il suo ruolo, così si fa solo il gioco del “nemico”, tra
cui occorre annoverare per chiarezza anche il neoconformismo dei “grillini”.
“Nemico” che è più ideologizzato che mai. È assetato di vendetta, contro
operai e lavoratori subordinati che oramai non contano più nulla e sono
impegnati unicamente a riuscire ad arrivare alla fine del mese.
Ai liberisti del governo Monti non interessa che una classe intera,
pensionati e lavoratori dipendenti, stia soccombendo. Loro hanno il
compito di attuare gli impegni sottoscritti con la liberista Europa ed i
liberisti mercati… Hanno anche fatto finta di voler negoziare con ciò
che rimane dei sindacati! Invece l’abolizione dell’art. 18 era già un
atto dovuto, poichè sottoscritto da Berlusconi a novembre su richiesta
della BCE.
La vertenza ha molta importanza, in realtà, perché oramai tutto il
quadro normativo, sociale e “atmosferico” è contro i lavoratori. Il
famigerato articolo 18 è solo una debole "difesa" da eventuali
prevaricazioni da parte di grandi aziende. Gli operai delle piccole
aziende con meno di 15 dipendenti, la cosiddetta spina dorsale
dell'imprenditoria italiana, non sono mai stati protetti.
E allora? Perché da tanto fastidio?
L'articolo 18 non impedisce alle grandi imprese, statali come private,
di licenziare se si dichiarano in difficoltà economica, se cambiano
produzione, per cui hanno la necessità di liberarsi di certe manualità e
di cercarne altre. Prova ne è il drastico ridimensionamento di
Fincantieri, la chiusura delle acciaierie, la soppressione della flotta
pubblica, la dismissione di Termini Imerese.
Ciò che l’art. 18 vorrebbe impedire è il licenziamento per "insopportazione":
cioè che vengano discriminate ed allontanate dal posto di lavoro le
donne in gravidanza, oppure chi è iscritto alla Fiom o alla CIGL, oppure
ancora chi è “vecchio” (anche se ha solo 50 anni), o chi non è della
religione “giusta” o semplicemente non ha un colorito roseo.
L'articolo 18 non impedisce alcun licenziamento. Impedisce solo il
licenziamento capriccioso. Non consente ai “capetti” di disfarsi di
coloro che hanno preso di mira, magari per questioni personali e che
nulla hanno a che fare con l’attività produttiva. Riveste anche
un’importanza etica a difesa della dignità umana, in quanto sottrae il
dipendente dal dover sottostare sempre e comunque al capo, di subire
continuamente, di dover ridere alle sue battute anche se insulse, non
protestare se fa avances sessuali…
L’articolo dello Statuto richiede semplicemente che, in caso di
licenziamento, ci sia una giusta causa e se ne conosca il motivo: se il
giudice sentenzia che un licenziamento è discriminatorio, ne prevede il
reintegro o il risarcimento. Ma questo dovrebbe essere a scelta del
lavoratore licenziato, perché se non c’è stata giusta causa, è lui ad
essere stato offeso, è lui che ha perso la fiducia nel datore di lavoro,
non viceversa.
In un paese normale, diverso dall’Italia quindi, il lavoratore
licenziato per discriminazione ha un risarcimento e si cerca un lavoro
altrove. In Italia non ha speranza di trovare un altro posto ed è per
questo che desidera il reintegro. Perché contrariamente a quanto pensa
la ministro Fornero a nessuno piace passare la vita a mangiare spaghetti
sotto il sole. Ma ormai abbiamo capito: la ministro è un coccodrillo
anomalo, che piange “prima” di ingoiare la preda!
L'interesse ad abolire l’art. 18 è quindi di carattere ideologico. In
pratica, interessa solo persone come Marchionne, Marcegaglia e pochi
altri. Quelli del capitalismo selvaggio, che però vivono di sovvenzioni
statali, dirette o indirette come nel caso Chrysler (i miliardi di
dollari di Obama) e che aspettano gli appalti pubblici (TAV, Ponti,
Grandi Eventi gestiti alla Bertolaso maniera) per un facile e lucroso
affare per le loro casse.
A questi “campioni del rischio” non interessa la beffa subita dagli “esodati”.
Non sono per nulla afflitti dall’emergenza scaturita dallo
stravolgimento in corsa dei patti sottoscritti, tempo per tempo, dai
datori di lavoro e dai lavoratori, peraltro nel rispetto delle leggi e
delle regole in quel momento vigenti, che lasceranno senza stipendio o
senza salario 350.000 persone fino al compimento del sessantasettesimo
anno d’età, infischiandosene di come faranno a sopravvivere.
L'alternativa c'è sempre
In
realtà,
questo capitalismo selvaggio, oltre a non portarci ad alcuna parte se
non alla società dei poveri immortalata da Cronin nella “Cittadella”, è
putrido come un cadavere. Perché allora molti governi, tra cui il
nostro, si ostinano ad adottarlo, prolungando l’agonia di un modello di
società ottocentesco, ingiusto e diseguale, sfruttando i lavoratori e
prosciugandone i redditi? È evidente ai nostri occhi che sarebbe
certamente più utile che gli investimenti si trasferissero dal settore
privato alla produzione di beni pubblici, incentivando la costruzione di
infrastrutture ed opere utili a tutti: non ponti megagalattici o treni
che portano pochi Torinesi a Lione in un nanosecondo, bensì
l’istruzione, la manutenzione e riassetto di aree urbane degradate, il
disinquinamento delle acque, la messa in sicurezza del territorio e
tante altre piccole opere che renderebbero vivibile il territorio.
Ci tocca invece assistere all’esibizione arrogante di ministri che, a
loro dire, non “distribuiscono caramelle”, ma che in realtà condannano
alla miseria i padri e non danno prospettive ai figli. Avevano promesso
mirabolanti liberalizzazioni di banche, servizi, e quant’altro che
avrebbero fatto riprendere la crescita. L’unica liberalizzazione che sta
realizzando è quella di licenziamento! L’inflessibilità è tutta contro i
lavoratori e pensionati. Per farmacisti, notai e notabili con 27
incarichi pubblici ed altrettanti stipendi da centinaia di migliaia di
euro cadauno, niente. Dice al riguardo degli stipendi d’oro la Fornero
che “la legge li consente”. La legge però si cambia per gli operai!
Siamo stati contenti di esserci liberati dal re di Arcore, ma non ci
siamo liberati della sua corte e del berlusconismo. Non abbiamo avuto
alcun vantaggio da questo nuovo governo tranne quello d'immagine.
Continua, inarrestabile, la cancellazione della dignità e dei diritti
dei lavoratori e, con essa, la corsa al crepuscolo di un’intera nazione.
Papa e libertà
Mentre Fidel Castro chiedeva candidamente ai suoi “cosa fa un papa?”,
Ratzinger, come accennato all’inizio, rivendicava “più libertà per la
Chiesa” a Cuba. Il carattere surreale della richiesta è stato
evidenziata dalle centinaia di migliaia di fedeli che liberamente si
sono recati ad ascoltarlo, nonché dalla presenza delle massime autorità
del Paese. Troppe volte la Chiesa cattolica ha utilizzato la libertà per
diminuire, annullare e distruggere quella altrui. Ancora oggi la Chiesa
cattolica cerca di imporre a tutti, credenti e non credenti, la propria
dottrina dogmatica ed assolutistica, fatta di proibizioni, conformismi e
paternalismi. La “libertà” chiesta da Ratzinger non è quindi il poter
professare liberamente il proprio credo religioso, perché quella già
c’è, anche a Cuba. È una richiesta più sottile, ed in qualche modo anche
più sfacciata, che rivendica un ruolo pubblico ed istituzionale a Cuba
come negli altri paesi (in Italia già ce l’ha da tempo immemore)
finalizzata ad imporre a tutti il proprio ruolo non solo in campo
sociale, ma anche in quello politico ed economico.
Troppi sono stati i silenzi del papa in occasione dei clamorosi scandali
che hanno travolto Berlusconi, tra cui quello della prostituzione
minorile. Troppi, per non pensare che la Chiesa pur di prosperare
comprenda tra le “libertà” rivendicate anche la facoltà di appoggiarsi a
politici corrotti e moralmente sozzi.
Fara
Misuraca
Alfonso Grasso
Marzo 2012