La
presa di potere di Silvio Berlusconi
Editoriale del Portale del Sud
Comunque vada a finire è ormai chiaro che il periodo berlusconiano è
concluso. Si tratta solo di tempo. Il tempo di mettere al sicuro le
chiappe del premier. È durato 17 anni, sostituendosi al precedente lungo
ciclo democristiano del quale si possono ricordare luci ed ombre, ma non
negare le realizzazioni. Il berlusconismo cosa ha realizzato? Per cosa
verrà ricordato?
Il potere democristiano
Il
ciclo democristiano ebbe inizio, vogliamo ricordarlo,
quando il presidente statunitense Truman e il suo
Segretario di Stato, Dean Acheson, per evitare che lo strapotere
economico e finanziario degli USA, frutto della seconda guerra mondiale
mandasse in bancarotta i partner commerciali europei degli Stati Uniti,
inventarono la
Guerra
Fredda.
Tutto andò
bene per un certo periodo, ma nel 1971, con la dichiarazione
d’inconvertibilità del dollaro in oro, iniziò “ufficialmente” la crisi
attuale. Una crisi tutta di matrice liberale dovuta al sovra-accumulo di
capitale.
Nel
“ventennio d’oro del capitalismo” che seguì la fine della II Guerra
Mondiale si erano infatti accumulati capitali talmente grandi e così
rapidamente da non potere essere reinvestiti con profitto negli stessi
settori che ne avevano permesso l’accumulo. D’altro canto, il debito
pubblico statunitense aveva cominciato a lievitare, a causa della guerra
in Vietnam, che stavano per giunta perdendo, e per tutte le altre spese
imperiali e anche, cosa da non sottovalutare, per la sempre più
sofisticata tecnologia impiegata per guerre sempre più impervie. Le
spese di guerra, in pratica, cominciarono a superare i profitti.
Ora, tutti
sappiamo che la politica è spesso miope e considera un beneficio a breve termine migliore di un investimento
di lungo termine. Ciò accade perché elettoralmente rendono di più le
decisioni che (a volte) danno risultati positivi nel breve termine,
anche se si rivelano nefaste nel lungo. Un esempio lampante è il cercare
di evitare una recessione ingigantendo i problemi strutturali: non si
sarebbe mai arrivati al punto in cui siamo se Greenspan non avesse
introdotto la "Greenspan Put"
[1]
e se il Trattato di Maastricht fosse stato rispetto.
Ma non ci si può aspettare lungimiranza
dai politici: di norma quelli lungimiranti perdono le elezioni ed a loro
vengono preferiti quelli opportunisti.
I
gruppi di pressione organizzati, le lobbies con interessi concentrati ed
a breve termine, hanno di norma la meglio sugli interessi diffusi, a
lungo termine, non organizzati e caratterizzati da un basso livello di
informazione. L’esempio tipico sono i produttori che sfruttano i
consumatori riducendo la concorrenza grazie alla politica. È evidente
che nei mercati finanziari americani, flussi di centinaia di miliardi di
ricchezza sono stati dirottati verso il settore finanziario che, essendo
molto grato di ciò, ha pagato milioni di dollari in contributi
elettorali sia ai repubblicani che ai democratici. Il che significa
nessun investimento “reale” e nessun riflesso sulla produzione reale,
con conseguente impoverimento dell’economia e della cittadinanza.
I capitali
che venivano disinvestiti o non investiti in commercio e industria a
causa della sovra-accumulazione presero due vie: quella della
speculazione finanziaria e quella della “rapina”
della ricchezza già esistente nel mondo.
La prima
portò alla deindustrializzazione, perseguita anche per meri fini di
vendetta di classe: contro i lavoratori, “colpevoli” di aver chiesto
tutele e garanzie sociali, lottando duramente per ottenerle. I quartieri
operai e quelli della piccola borghesia si trasformarono in aree
socialmente degradate, terreno fertile per l’attecchimento della
malavita, mentre si sviluppavano, a vantaggio di una élite ristretta, i
“prodotti finanziari”, derivati di derivati di derivati di ricchezza
reale, che soppiantavano a ritmo vertiginoso i titoli economici (quelli
di beni e servizi): nasceva il termine “industria finanziaria”: il
denaro in pratica si autogenerava come nel
campo dei miracoli
del Paese di Acchiappacitrulli di Pinocchio. Insomma, per usare una
metafora cara a Piero Pagliani,
i padroni
delle ferriere avevano lasciato il posto al Gatto e la Volpe.
Il tutto sotto il patrocinio di due padrini d’eccezione: Mr. Reagan e
Mrs. Thatcher.
Reazionari
Ovviamente il
duo non inventò niente, perché il principio ispiratore della
speculazione è lo stesso della tradizionale catena di Sant’Antonio, o di
“manda 4 cartoline e ne riceverai 4mila”. Chi inizia la catena riceve le
cartoline, poi la cosa si allarga troppo ed gli ultimi invieranno ma non
riceveranno alcunché.
Per rapinare
la ricchezza esistente invece, la cosa basilare era di rendere
consenziente a farsi depredare coloro che detenevano il risparmio. I
finanzieri liberisti e creativi, ansiosi di lucrose speculazioni, si
adoperarono in tutti i modi perché ciò che fino ad allora era
considerato normale, cioè la governance monetaria, il controllo
sui flussi di capitale, il sistema progressivo di tassazione, il welfare
e l’industria pubblica o partecipata, cominciasse ad essere considerato
anormale, inefficiente, obsoleto, e quindi da smantellare: “Privato è
bello”, “Pubblico è cattivo”, “Privatizzare è d’obbligo”.
Generazioni
di economisti e “manager” di tutto il mondo furono formate negli USA su
queste parole d’ordine, giustificate e supportate da elaborati ed
eleganti modelli matematici. Spesso, dopo periodi di formazione presso
le Istituzioni Finanziarie Internazionali, come l’FMI e la Banca
mondiale, o presso le grandi banche d’affari come la Goldman Sachs, i
managers venivano “sguinzagliati” ad occupare posti strategici nei
gangli del potere dei Paesi di origine, portandosi dietro quella
formazione mentale ed importanti relazioni “amichevoli” alle quali era
difficile sottrarsi.
La
caratteristica principale di base di tali professionisti è
l’assoluta ignoranza delle caratteristiche tecnico-operative del
prodotto (o servizio) cui venivano (e vengono) preposti. Un’ignoranza
voluta e coltivata, necessaria per “non farsi distrarre” dal prodotto e
dal processo produttivo, e concentrarsi solo sull’aspetto finanziario e
sulla riduzione dei costi di produzione, sempre meno considerati
“investimento”.
La
caratteristica USA di creare specialisti ha localmente parato un po’ il
colpo, facendo sì che l’America combinasse speculatori e produttori di
beni. Così, grazie anche alla genialità di personaggi come Bill Gates
(Microsoft) ed il compianto Steve Jobs (Apple), gli USA hanno continuato a creare
innovazione, generando la rivoluzione informatica dei decenni a cavallo
di secolo. Il contagio speculativo e finanziario si è diffuso nel mondo,
trovando fertile terreno in Europa, in particolare nei Paesi
mediterranei come Grecia, Spagna e Italia. Da noi è diventata “moda”,
regola rigida per scegliere o nominare i vertici di imprese private e
pubbliche. L’incompetenza sul prodotto o sul servizio da realizzare è da
noi caratteristica indispensabile per riuscire a raggiungere posizioni
di comando. Meglio se accompagnata da ruvido pelo sullo stomaco in fatto
di corruzione e compromessi.
La reazione in Italia
In Italia già
fin dagli anni '80 è stata praticamente distrutta la produzione
industriale originale strategica, con la chiusura o drastica riduzione
dei poli della siderurgia, chimica, del tessile, dell'elettronica,
dell'informatica (Olivetti), e ora anche della cantieristica e persino
dell'auto grazie all’intervento del “geniale” Marchionne. Siamo stati
esautorati dai segmenti produttivi vitali per l’economia e per fare
innovazione. Con il silenzio-assenso generalizzato, tanto chi se ne
frega, son rami secchi, fino al è da comunista
quest’idea di fabbriche ed operai. Come detto, se non ci fosse
l’accettazione della vittima, lo speculatore non potrebbe rapinarla.
Oggi si
stanno cercando di distruggere con la delocalizzazione e il precariato i
pochi primati artigianali che ancora conserviamo: design, moda, cibo,
arredamento, cicli automatizzati.
In Italia
occorreva innanzitutto scardinare il precedente sistema di potere
democristiano, o meglio quanto di esso sopravvissuto al craxismo, padre
di tanti guai. La DC era oramai in orribile combutta col Pci.
Poiché i Paesi alleati non possono, per definizione, essere bombardati,
si puntò sul “logoramento da potere”. In altre parole si contò sul fatto
che dopo cinquant’anni i cittadini non ne potessero più dei soliti
partiti. In teoria è vero, ma nella pratica è un po’ più difficile.
Occorre infatti vedere cosa si offre in cambio. E se in cambio si
offrono impoverimento, precarietà, perdita di dignità, asservimento, è
difficile che la cosa funzioni.
Perché un
paese possa essere svenduto occorrono quindi dei complici interni, degli
“inside men”.
In Italia lo
smantellamento del vecchio ordine politico ed economico doveva, a rigor
di logica, essere affidato agli ex comunisti, con l’aiuto dell’ala
sinistra della Democrazia Cristiana. Una scelta ragionevole: il sistema
democristiano era degenerato nel CAF (asse Craxi-Andreotti-Forlani) e il
Partito Comunista Italiano era stato l’unico credibile partito di
opposizione. Non solo ma il segretario Berlinguer aveva fatto della
“questione morale” un suo cavallo di battaglia. Così, una volta
sdoganati geopoliticamente grazie alla caduta del Muro di Berlino,
all’implosione dell’URSS e al riformismo di cui fu pioniere l’attuale
Presidente della Repubblica, la messa alla berlina per via giudiziaria
al CAF sembrava permettere un facile ricambio di potere. Questo non
significa comunque che i magistrati di “Mani Pulite” fossero asserviti a
poteri stranieri. Semplicemente venne meno il muro di protezione nei
confronti di una certa classe di politici.
Intanto
parallelamente a Mani Pulite si svolgeva l’addestramento di una élite di
economisti e finanzieri italiani sui meccanismi della nuova politica di
“finanziarizzazione” e di “accumulazione per espropriazione”, come è
stata chiamata da David Harvey. Un addestramen-to iniziato,
sempre nel fatidico 1992, con un viaggio d’istruzione sul panfilo
Britannia, messo gentilmente a disposizione da sua Maestà Britannica
alla crème de la crème
della finanza anglosassone ed ai suoi ospiti italiani (Massimo Maggi, “Convegno
sul Britannia, sponsor la Regina. Manager ed economisti invitati a un
dibattito sul Mediterraneo, a bordo dello yacht della famiglia reale
inglese”.
Corriere della Sera,
2 giugno 1992).
Tutto sembra
svolgersi secondo copione e la “gioiosa macchina da guerra” di Achille
Occhetto, sembra pronta a trionfare.
Ma, a questo
punto, scende in campo il Cavalier Silvio Berlusconi, che è uno dei
maggiori beneficiati dalla cosiddetta Prima Repubblica. Con l’attività
di Mani Pulite e la prospettiva che il Pds di Occhetto prenda il potere,
lui non naviga più in buone acque e rischia seriamente la bancarotta o
addirittura di fare la fine di Gardini. Decide così di reagire e si
affida alle “cure” dell’amico e sodale Marcello dell’Utri che, tra
l’altro, raccoglie intorno a lui il consenso di poteri occulti e
mafiosi, di cui è stato dimostrato come Dell’Ultri stesso facesse parte,
nonché di tutte le “leghe”, spesso sovvenzionate dalla malavita
organizzata, che spuntavano come funghi nel meridione suggestionato dal
nascente potere della Lega nord.
L'entrata in scena
Dietro
Berlusconi non c’è però solo Dell’Utri ma c’è anche Licio Gelli, capo
della loggia Massonica deviata P2 (Propaganda due) ufficialmente sciolta
nel 1981con il suo
"piano di rinascita democratica"
sequestrato a Maria Grazia Gelli nel luglio 1982, che rappresenta la
"carta programmatica per l'Italia" della P2, e che è divenuto il
programma di Silvio Berlusconi.
Costui è
presentato come l’uomo “perfetto”, l’uomo “che si è fatto da solo”, che
“ha regalato” agli italiani la TV senza canone, quella delle
telenovelas e di Drive in ed è pure patron del Milan. Ma è,
soprattutto un outsider. È fuori dai giri dei salotti buoni della
finanza e dell’industria italiana. È il
parvenu per
eccellenza, sia nel mondo degli affari sia, ora, in politica.
Ed è per
questo che i settori che hanno deciso di resistere alla svendita
globalizzatrice si trincerano dietro di lui, a cominciare dall’avvocato
Agnelli (“Se perde Berlusconi, perde lui, se vince vinciamo tutti” ebbe
a dire) e alla maggioranza degli Italiani che aveva sostenuto fino a
quel momento il CAF.
La prima
operazione politica di Berlusconi fu di unirsi alla Lega al Nord ed ai
post-fascisti al Sud: un vero e proprio azzardo, basato fondamentalmente
sul fatto che al Sud i voti per lo più si comprano, altrimenti non
sarebbe mai potuta riuscire. Invece, con l’appoggio di fatto delle
gerarchie vaticane, con i meridionali che non si accorgono (e, in buona
parte, non si accorgeranno mai più) del trucchetto.
E così Silvio
Berlusconi nel 1994 divenne per la prima volta Presidente del Consiglio,
inaspettatamente, contro ogni previsione. Contro ogni considerazione
storica, l’Italia vuole ridiventare fascista, adorare un “leader”, farsi
i cavoli propri, non pagare le tasse.
La democrazia italiana
I primi tre
articoli della Costituzione italiana spiegano chiaramente cosa è la
democrazia
Articolo 1 -
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità
appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione.
Articolo 2 -
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo,
sia come singolo sia nelle forme sociali ove si svolge la sua
personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale.
Articolo 3 -
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese.
L'articolo 3
garantisce la pari dignità delle persone, tutte importanti in una
Repubblica Democratica. L'articolo 2 dice che la Repubblica riconosce i
diritti inviolabili della persona. L'articolo 1 parla della sovranità
del popolo: sovranità esercitata rispettando tutte le persone, anche le
minoranze. È compito della Repubblica eliminare gli ostacoli che
vincolano la libertà di espressione, il loro pieno sviluppo: ciascuno ha
il diritto di trovarsi nelle stesse condizioni degli altri. Sia nella
vita sociale, che economica che politica.
Una
Repubblica è democratica fintanto che c'è la partecipazione e l’impegno
quotidiano da parte dei cittadini. Partecipazione che può avvenire
attraverso gli strumenti che la Costituzione garantisce: i progetti di
legge popolare, i referendum, le petizioni alla Camera e soprattutto la
scelta dei loro rappresentanti al Parlamento.
Sono queste
le fondamentali regole che hanno fatto dell’Italia una repubblica
democratica prima che il cavaliere Silvio Berlusconi, una volta
impadronitosi del potere ne ha stravolto il significato piegandolo alle
sue personalissime esigenze. Ma vediamo come.
In Italia,
come abbiamo appena detto, la forma democratica stabilita nella
Costituzione assegna al Parlamento liberamente eletto la rappresentanza
della sovranità popolare. È il Parlamento che deve fare le leggi. Il
governo, non eletto ma nominato, ha il compito di amministrare e deve
avere la fiducia del Parlamento. La Magistratura ha il compito di
perseguire le infrazioni alla legge. I tre poteri, legislativo,
esecutivo, giudiziario sono separati ed indipendenti l’uno dall’altro:
questo principio è l’architrave della nostra forma di democrazia.
Esistono al mondo modelli diversi da quello parlamentare, altrettanto
validi, ma noi abbiamo questo, almeno fin quando una nuova Assemblea
Costituente non ne formalizzi il cambiamento.
Non è da
trascurare, al riguardo, che le democrazie presidenziali pongono limiti
ai mandati, in maniera che il potere non resti mai a lungo nelle mani di
una sola persona. Per esempio, negli USA tale limite è di 8 anni.
La contraddizione
del berluscolismo
L’avvento del
berlusconismo ha di fatto modificato la nostra forma di Stato,
introducendo una prassi competitiva tra i Poteri volta a rendere
l’esecutivo predominante. Ciò ha generato una serie di conflitti
d’interesse, che si sono sovrapposti a quello insito implicitamente nel
berlusconismo: la necessità di anteporre le ragioni, proprietà,
influenze e personalismo di Silvio Berlusconi alle istanze collettive,
con l’assunto di rappresentare un’individualità da assumere come
modello, o quanto meno a cui aspirare. Questa componente totalitaria
farà da sfondo a tutto il periodo del berlusconismo, ed è una chiave di
lettura indispensabile per comprendere la base ideologica, se così si
può definire, del personaggio.
In realtà,
tale attitudine trae un’origine pratica dalla necessità di Berlusconi di
oscurare il proprio passato e la misteriosa provenienza degli
ingenti capitali da lui maneggiati nel grande affare dell’edilizia
milanese. Occorreva anche occultare i rapporti con la mafia tenuti
tramite lo “stalliere” Mangano, e creare per sé il mito dell’uomo di
successo.
Da subito,
Berlusconi manifesta il fastidio per il frazionamento del potere su cui
si basa la democrazia. Nel corso degli anni poi, procede anche a
eliminare alleati che si rendono ai suoi occhi concorrenziali: prima
Follini, poi Tremonti (che verrà richiamato, ma di cui Berlusconi
diffiderà sempre), Casini, quindi Fini…
Basa la sua
forza sul monopolio quasi assoluto dell’informazione di massa, potendo
godere grazie al craxismo di ben tre reti televisive sue personali, di
almeno 2 su tre reti pubbliche, nonché della proprietà di grandi case
editrici e di quotidiani. Ovviamente, pretende dai giornalisti e
conduttori una partigianeria assoluta, pronta a tutto, come rivelare
conversazioni telefoniche illegali (Fassino-Consorte) ed allo stesso
tempo condurre campagne iper-garantiste contro la divulgazione di
intercettazioni che lo riguardano.
L'alterazione della realtà
Crea, oltre
che il mito di se stesso, il mito negativo del nemico: i comunisti.
Categoria più mentale che reale, visto che il partito Comunista Italiano
non è mai stato al governo del Paese, al contrario del fascismo che l’ha
distrutto. Il Pci nel 1994 era un partito dal comportamento e dai
programmi assolutamente democratici, “pulito” per non aver mai avuto
ministeri, posti nei consigli d’amministrazione, cariche nelle banche.
Per questo, fu solo sfiorato dal repulisti operato da Mani Pulite. Il
Pci non aveva nulla a che fare, oggettivamente parlando, con gli
intrallazzi della Milano da bere.
Gli ex
socialisti, quelli scampati dalle patrie galere, passano strumentalmente
con Berlusconi, ponendo fine ingloriosamente a una storia di lotte
operaie iniziate a fine ‘800.
Nel mentre
Berlusconi pretende o compra la fedeltà assoluta di chi lo circonda, con
la scusa dei comunisti fa fuori una ad una tutte le voci di
dissenso, anche quelle storicamente autorevoli come Enzo Biagi, fin ad
arrivare a Travaglio e Santoro, passando per onesti professionisti quali
i vari Mentana, Luisi, Gruber ecc.
Professionisti ex comunisti o ex socialisti o democristiani voltano la
gabbana e si votano a lui, come Ferrara e Vespa che diventano
addirittura ministri della Repubblica, o conducono trasmissioni
televisive per decenni con sfacciata faziosità a spese del servizio
pubblico.
Per come la
pensa Berlusconi, tutti hanno un prezzo e quindi possono essere
comprati, come l’avvocato Previti, tutore della contessina ereditiera, a
cui verrà sottratta la villa di Arcore in cambio di un tozzo di pane.
Continuerà a farlo a piene mani, nei confronti di magistrati, testimoni,
deputati e senatori, elettori e lobbysti, giornalisti ed avvocati,
faccendieri e ragazzine… La corruzione è per lui uno strumento da usare
con sfrontatezza e spregiudicatezza, sbandierata ai quattro venti e
fatta passare come “dazione liberale”, “aiuto ad una famiglia in
difficoltà”…
La copertura
vera è poi arrivata con le leggi ad personam, di cui sarebbe troppo
lungo fare l’elenco, che hanno falcidiato reati, tempi di prescrizione,
modalità e procedure della giustizia.
A furia di
leggi e codicilli ad uso personale la legge nel nostro Paese va in una
direzione che di democratico non ha più nulla: quella di un doppio
diritto. Uno, implacabile, per i cittadini comuni, e un altro, di manica
larghissima, per gli onorevoli signori. Sia nel civile che nel
penale dove per loro si applica un ipergarantismo peloso e la
presunzione d’innocenza è sacra, mentre per gli altri vale il principio
“in galera subito e buttate via la chiave”. È la vecchia, cara,
schifosa, giustizia di classe, quella di tradizione barbarica in uso tra
i Longobardi, gli inventori del feudalesimo.
Cultura longobarda
L’azione di
governo di Berlusconi si potrebbe sintetizzare nel “vivi e lascia
vivere”. Ovviamente il “vivi” sottintende il “come me”, pieno di soldi
di donne e di ville… Se non ci riesci, tenta lo stesso! Sappi comunque
che io, Berlusconi, non ostacolerò mai seriamente i tuoi abusi edilizi,
il tuo far lavorare in nero…
In realtà la
democrazia, al contrario di come l’intende Berlusconi e gli amici a lui
cari come Putin o i liberisti statunitensi non è che l’involucro che
serve a legittimare il modello di sviluppo basato sul mercato. Il
mercato è uno scambio di oggetti inerti che non può produrre “valori”,
né laici né di qualsiasi altro tipo. Per mantenere gli apparati questi
signori hanno bisogno di soldi e per procurarseli li drenano
illegalmente dal settore pubblico, di cui si sono impossessati, o da
quello privato tenendo l’imprenditoria sotto ricatto (o mi dai la
tangente o non vincerai mai un appalto). Essendo abituati al compromesso
i politici diventano, quasi sempre, dei corrotti. Questa corruzione
pubblica trascina fatalmente con sé i cittadini spazzando via tutta una
serie di valor quali onestà, lealtà, dignità, sono alla base di una
comunità sana.
Sfrontatezza, vittimismo e irresponsabilità
Tale
sfrontatezza non poteva certo trionfare se non in un Paese ipocrita e
infantile come il nostro e se non fosse stata “trasformata” in “prodotto
vendibile” grazie al monopolio della informazione televisiva. Infatti,
all’estero, dove il suo potere mediatico non arriva, Berlusconi è
considerato un buffone.
Le tattiche
parolaie di occultamento sono da 17 anni a questa parte sempre le
stesse: vittimismo e irresponsabilità. Berlusconi è “un perseguitato”
(anche se non ha trascorso neanche un minuto in carcere). La colpa
dell’agonia che stiamo vivendo non è mai sua, bensì dell’opposizione,
della magistratura, della crisi internazionale, dell’11 settembre, dei
sindacati, del presidente della Repubblica, dei comunisti… e in
ultimo degli invidiosi.
Sgombriamo
intanto il campo dal principale appiglio del suo potere: l’essere stato
eletto dal popolo. Ricordiamo allora che Berlusconi non è stato eletto
dal popolo, perché ciò non è previsto dalla Costituzione. Il suo partito
non ha mai conseguito la maggioranza dei voti degli Italiani. Alle
politiche del 2008 è rimasto ben al di sotto del 29% degli aventi
diritto. Hanno materialmente scritto il nome di Berlusconi solo il 5,5%
degli aventi diritto (elezioni europee 2009, le uniche dove si può
ancora esprimere una preferenza).
Berlusconi
non ha mai ottenuto la maggioranza. Né semplice (50%+1 dei voti) né
assoluta o qualificata (50%+1 degli aventi diritto). Semplicemente ha
ottenuto un numero di voti superiore a quelli ottenuti da ciascun'altra
opzione nella stessa votazione. Il che ha dato diritto alla
coalizione di cui fa parte di esprimere un governo (per poi avere
una maggioranza assoluta fittizia, grazie alla applicazione di una
perversa legge elettorale). Il popolo sovrano il voto non lo ha dato a
Berlusconi, ma alla coalizione parlamentare.
Nessuna legittimazione
Quando questa
si è sfasciata alla fine del 2010, il governo avrebbe dovuto dimettersi
non avendo più la legittimazione elettorale. Invece è andato avanti
tramite un ulteriore strupro alla democrazia: l’acquisto di parlamentari
senza scrupoli tra i ranghi dell’opposizione, cioè di persone elette
dagli anti-berlusconiani. Cittadini che avrebbero diritto di veder
difeso e propugnato il proprio orientamento politico, sono stati traditi
grazie ad un principio, quello dell’assenza di vincolo di mandato,
nato per tutto un altro scopo: preservare la libertà dei parlamentari
dalle imposizioni dall’alto.
Berlusconi ha
usato la democrazia per restare abbarbicato alla poltrona e sfuggire ai
giudici che tentano invano di obbligarlo alla legge. I parlamentari
comprati, approfittando di una garanzia di libertà, si sono fatti servi.
Un passo
indietro per comprendere fino in fondo il protagonista di questa amara
pagina di storia. Il “contratto con gli Italiani del 2001
[2]. Occorre ricordare che il contratto, da lui stesso proposto
scimmiottando i repubblicani USA, non fu poi da lui stesso onorato? Tra
il 2001 e il 2006 non realizzò neanche uno dei 5 punti su cui si era
impegnato e non trasse le conseguenze che egli stesso aveva garantito.
Inadatto a governare
Il
berlusconismo, visto dall’autunno 2011, ha portato l’Italia alla rovina.
È già troppo tardi, non c’è rimedio. Le prossime generazioni dovranno
pagare la nostra ignavia, l’aver permesso ad un personaggio simile di
restare sul proscenio senza fiatare, limitandosi, magari come stiamo
facendo noi che scriviamo, alla denuncia civile. Abbiamo lasciato, noi
che siamo la maggioranza semplice-relativa-assoluta-qualificata degli
Italiani, che una minoranza di ignoranti (tassisti, farmacisti, notai,
palazzinari, abusivisti, avvocati da strapazzo, vescovi ingordi di
potere e denaro) si imponesse sulle nostre sottili e sofisticate
divisioni.
Gli interessi
sul debito già sono sopra il 6%.
Dal 2008 ad
oggi il debito è cresciuto dal 104% a oltre il 120%. Non è un’eredità
del passato, come Berlusconi vorrebbe far credere: ci sono stati
ulteriori 350 miliardi di euro di debito. Lo pagheranno le prossime
generazioni. Non siamo intervenuti in tempo, non ne abbiamo avuto il
coraggio, non abbiamo saputo come farlo.
Ci ritroviamo
con un liberismo di stampo affaristico e massonico, con la
polarizzazione del capitale in mano a gruppi di faccendieri e
speculatori, che riescono persino a condizionare il mercato tanto si
sono arricchiti. Questo tipo di liberismo è responsabile della crisi,
che non è quindi subita, bensì prodotta (o se preferite co-prodotta) da
Berlusconi.
Siamo
dominati da un fascismo di stampo cesaristico: la figura del leader come
catalizzatore dei consensi, attuatore delle politiche, amministratore
dei vizi popolari. Berlusconi non è il rappresentante democratico degli
elettori, ma è l’unto,l’investito, che resta al potere anche se le
minorenni passano la notte tra le sue lenzuola, anche se chiama l’Italia
“paese di merda”, anche se si consiglia con il “faccendiere” Lavitola
per le nomine dei vertici della Guardia di Finanza. Tutto è lecito, se
riguarda la sua figura sacra ed inviolabile…
Ha commesso
dei reati? No, la colpa è delle intercettazioni, dei magistrati, dei
comunisti dell’Europa, del mondo, dei sindacati, dell’Economist, di
AnnoZero… Mai ammettere colpe proprie, bensì impossessarsi di ogni cosa
positiva e dire "l'ho fatta io"! E chi non è d’accordo è solo…invidioso!
La Gelmini,
da sua ottima allieva, si è vantata di aver scavato un tunnel di 750 km,
da Ginevra al Gran Sasso e di aver scoperto, anzi inventato, i neutrini
più veloci della luce. Poverina, vero? C’è da stendere un velo pietoso,
vero?
O piuttosto:
poveri noi. En attendant il 2014, se ci va bene…
È solo di
qualche ora fa infatti l’ennesima prova di forza di questa maggioranza
usurpata che ha ancora una volta evidenziato la disuguaglianza dei
cittadini sottraendo al giudizio il ministro Romano, indagato per mafia,
con il beneplacito del ministro antimafia Maroni, leghista Doc e
pregiudicato per aver morso un poliziotto.
La leggiadria
con la quale l’Occidente si sta consegnando, legato mani e piedi, alla
criminalità, mi fa pensare che tra mafia e democrazia esista un legame
indissolubile. Grazie ai flussi di capitali che il crimine organizzato
riversa giorno dopo giorno nei settori strategici dell’economia, le
nostre democrazie posso sopravvivere egregiamente alle crisi economiche
ricorrenti. L’accumulazione del capitale mafioso, in origine illecita,
necessita di trovare la sua giustificazione in un complesso sistema,
legislativo e processuale. Si tratta da un lato, di continuare ad
illudere la gente che a governare le dinamiche sociali siano la politica
e la legge; dall’altro, di assicurare, nel giro di due, al massimo tre
generazioni, la completa integrazione delle mafie. I mafiosi sono, oggi,
i nuovi capitani di ventura: garantiscono la tenuta del sistema e si
avviano a traghettarlo verso l’alba del domani. I loro figli e nipoti
costituiranno una nuova élite destinata a ereditare l’Occidente. [Thelonious
k. Lecinsky, Democracy and Conspiracy, Samanthawatan University Press,
2010 (Giancarlo De Cataldo )]
Fara Misuraca
Alfonso Grasso
Ottobre 2011