L’era dei nani
Ci siamo chiesti già da tempo:
come è potuto succedere? Ma l’era dei nani, ovvero del trionfo del
meschino, quella che non avrebbe mai dovuto avvenire, continua
ad allungare l’ombra del nostro crepuscolo.
I protagonisti:
Tremonti
Taglieremo le tasse, ridurremo a
tre le aliquote Irpef
Il ministro dell’economia, Tremonti,
ha oggi introdotto la patrimoniale, cioè la famigerata tassa sul
risparmio, da sempre sbandierata ai quattro venti come sinonimo del
pericolo comunista, per impaurirvi, per indurvi a non votare secondo
coscienza, ma secondo convenienza. Ebbene, la patrimoniale è
stata introdotta tassando i vostri risparmi, anche se solo costituiti da
BOT e titoli di stato messi da parte con il lavoro di una vita,
ultima spes per assorbire aumenti di tariffe e garantire a figli e
nipoti l’ormai indispensabile integrazione ai loro poveri proventi.
Tremonti è un vecchio politicante,
non è quello per il quale vorrebbe passare, cioè colui che ha
fronteggiato alla meno peggio la crisi mondiale, barcamenandosi tra
avvenimenti più grandi di lui e di noi. Nossignore! Tremonti è tra gli
ideologi e progettisti della finanza creativa, della messa da parte
dell’economia a vantaggio della speculazione finanziaria, della
trasformazione del liberismo in quel porcaio senza nome che è
l’attualità.
Tremonti ha fatto condoni di ogni
genere, scudi fiscali ripetuti, interventi di una demagogia – quale la
social card – crudele quanto inutile. Tremonti è l’alfiere della
evasione fiscale.
Tremonti in quindici anni di potere
assoluto ha riempito i consigli di amministrazione delle aziende
partecipate (Fincantieri, Finmeccanica, Rai, Alitalia finché ha potuto
ecc.) di persone che manco sanno dove sta di casa la gestione
industriale. I risultati sono impietosamente sotto gli occhi di tutti. I
cantieri chiudono, ma si costituiscono fondi neri per i soliti
noti… E pensare che ci fu un tempo in cui gli stranieri invidiavano il
nostro apparato industriale partecipato, che faceva da locomotiva per la
laboriosa piccola e media industria! Oggi, l’Italia non ha una politica
economica, industriale, occupazionale, non investe nell’innovazione e la
ricerca. Lo straniero ci guarda con diffidenza. Ride di noi, ancora
rappresentati da un vecchio corruttore libidinoso, tronfio, dalla testa
asfaltata. Certo, per gli stranieri è meglio avere a che fare con
Tremonti che con Berlusconi, almeno non hanno ritorni negativi di
immagine quando sono costretti a stringergli la mano…
Tremonti in quindici anni ha
distrutto lo Stato sociale, anch’esso, una volta, oggetto di studio e di
invidia da parte del mondo intero, frutto di mezzo secolo di lavoro di
democristiani e del grande partito dei lavoratori italiani. Oggi i
malati di mente ed i diversamente abili hanno solo il conforto delle
proprie famiglie, lasciate sole – economicamente e moralmente – nella
loro disgrazie. I ticket sono stati reintrodotti, vilmente perché il
lavoro sporco è lasciato alle Regioni…
Tremonti è il principale responsabile
del federalismo, cioè di quella inutile quanto pazzesca riforma di
stampo leghista che sta facendo lievitare tutti i costi della politica,
riproducendo a livello locale le impalcature istituzionali centrali. Il
tutto con lo scopo, neanche recondito, di penalizzare e affossare il
Sud, come se quest’ultimo non ci pensasse già da solo a farlo!
Per una legislatura ci ha preso in
giro con la storia del buco lasciatogli dal centro-sinistra, cioè
da quei decorosi governi di Prodi e Amato che ci hanno portato in Europa
e nell’Euro. Per una legislatura l’abbiamo sentito criticare l’Euro,
mentre incamerava immense risorse gestendo il cambio Lira-Euro in
maniera da far raddoppiare i prezzi e rastrellare così il risparmio…
Tremonti nel 2008 aveva trovato un debito pubblico al 103,6 (% Pil),
oggi è al 120,5%, un aumento che in soldoni si riesce a fatica a
scrivere: circa 400 miliardi di euro di debito in più! Ma dove
sono finiti tutti questi soldi? Tremonti ha avuto a disposizione più
risorse di qualunque altro ministro della storia d’Italia. Che ne ha
fatto? Oltre a favorire l’evasione, di cui è un vero scienziato, che
cavolo ne ha fatto di tutti i nostri soldi? Quali opere meravigliose si
sarebbero potute fare se quelle risorse fossero state amministrate da
qualcuno che appena appena se ne intendeva?
Si dirà che il debito pubblico fece
il gran salto all’epoca di Craxi, che infatti è nella loro bacheca e non
nella nostra… Si dirà che la colpa è della crisi, come in una canzonetta
anni Cinquanta… I nani, come l’ex craxiano Tremonti, sono gli
eredi sodali e nostalgici di Craxi, sono gli autori della crisi. Noi
siamo le vittime.
Pressione fiscale e tasse al massimo
per gli onesti, scudi e privilegi per gli avventurieri e una politica di
mera manutenzione delle finanze pubbliche che si è rivelata
fallimentare, perché è mancata l'attenzione allo sviluppo: «il dramma
italiano è la mancata crescita».
Questa è l’Italia del potente
Tremonti, affittuario in nero, ovvero semplice caporale secondo la
classifica di Totò.
I protagonisti:
Bossi e Maroni
“Quando ci libereremo di neri,
prostitute, ladri, stupratori color nocciola e zingari che infestano le
nostre case, le nostre spiagge, le nostre vite, le nostre menti?
Buttiamoli fuori, quei bastardi!”. (la Padania)
Insieme a Calderoli, a Borghezio ed a
Salvini, Bossi e Maroni rappresentano l’Italia peggiore, quella della
disgregazione morale e culturale, quella dell’avventura nazista e
totalitaria.
Entrambi pregiudicati – il ministro
dell’Interno per aver morso un poliziotto che faceva il suo dovere, e
quello per le riforme per vilipendio alla bandiera - badano solo ad
accumulare privilegi per i loro familiari ed i loro clientes. Non
hanno niente da dire e da proporre se non consunti (quanto pericolosi)
slogan razzisti e antimeridionali. Spreconi e clientelari peggio dei
vecchi democristiani, aprono oggi “ministeri” a Monza. Chi paga? Così
vogliono diminuire i costi della politica?
Ma non è l’aspetto fanfaronesco della
Lega a preoccuparci, bensì ciò che esprime e svela come sua vera
essenza: la destra estrema, sovversiva e bombarola, quella delle guardie
padane, dei campi estivi di Borghezio dove si allevano giovani
nazisti, uomini che odiano gli uomini, assetati d’odio e di violenza,
terroristi pronti a distruggere ogni forma di solidarietà che non sia
quella strettamente di razza o per meglio dire di osteria.
Dal 9 ottobre 2010, senza che nessuno abbia protestato, è in vigore la
legge leghista che ha abolito il reato di costituirsi in “banda armata”.
Ciò che accade in questi giorni in
Norvegia, altro non è che il risultato dell’incredibile lassismo
democratico che ha consentito, negli ultimi anni, di sdoganare quanto di
più lercio alberga nella mente e nell'animo umano.
Il decennale dei fatti di Genova 2011
è stato ricordato da radio, tv, giornali, riviste; anche in seminari e
convegni. Esagerazione? In realtà un po’ tutti, anche coloro che a lungo
avevano sottovalutato quegli avvenimenti, avvertono, tanto più a
distanza di anni, con una prospettiva più “storica”, che si è trattato
di qualcosa di sconvolgente. Il danno arrecato in quindici anni è
profondissimo. Abbiamo assistito alla degradazione dei rapporti
interpersonali con una crescita vertiginosa dell’egoismo e
dell’arroganza violenta, il parametro più utile per capire l’Italia di
oggi.
I fatti di Genova furono il biglietto
da visita del 2° Governo Berlusconi e, non dimentichiamolo, c’era
Gianfranco Fini a dirigere le operazioni dalla Questura del capoluogo
ligure e Scaloia come Ministro della Polizia. A Genova il governo di
destra, rivelò la vera faccia dello Stato: quella di Giovanni Battista
Botero, che, nel suo celebre “Della ragion di Stato” (1589), definisce
lo Stato “dominio fermo sui popoli”. Uno stato dalla faccia
ringhiosa dietro il quale c’è il vuoto.
A ricordarcelo c'è anche il
decreto-legge, voluto dal generoso e umano ministro
leghista Maroni del 14 luglio scorso, crudele verso le persone comuni,
soprattutto le più deboli; condiscendente e magnanimo e verso i ricchi e
i potenti. Decreto-legge che, fra l’altro, prevede l’espulsione
immediata degli immigrati (comunitari ed extracomunitari) “irregolari”
per motivi di ordine pubblico e prolunga fino a 18 mesi la detenzione
nei Cie (Centri d’identificazione ed espulsione), che sono divenuti
autentici lager in uno stato di polizia sui generis.
Non possiamo infine dimenticare la
profondità e la nobiltà del pensiero del “signor
ministro” Bossi. La dedizione e l’intelligenza di tale personaggio che
ha “giurato” fedeltà alla Repubblica, sono magistralmente riassunte in
quella immagine che lo ritrae col dito medio alzato contro la bandiera
italiana, segno rivoltante della sua brutalità e ignoranza.
Era reato di vilipendio alla bandiera
il suo e per questo era stato condannato nel 2001 a un anno e quattro
mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena e nel
2007 in via definitiva. Ma “il signor ministro” è al di sopra delle
leggi e il “suo” governo ha pensato di far modificare la pena detentiva
prevista per il reato di opinione in pena pecuniaria, pena che, tra
l’altro, “il signor ministro” si è pure rifiutato di pagare in quanto
europarlamentare. Un alto esempio di come si calpestano le regole e si
offendono i cittadini impotenti. Il suo gesto, più volte reiterato, e i
suoi comportamenti bastano a far capire in quale baratro di rozza
barbarie è riuscito a precipitare il paese.
Bossi e Maroni, con tutta la loro
Lega, sono l’emblema di un’ignoranza malavitosa, tracotante e brutale,
tale da far impallidire tutti i nostri Pascalone ‘e Nola
(semplice camorrista da mercato ortofrutticolo anni ’50). In questi
giorni, come già accennato, hanno pure aperto le dependance di
tre ministeri in quel di Monza. Si sono dovuti limitare ad inaugurare
sedi-garçonniers, perché per il trasferimento
vero e proprio servirebbe una “legge ad hoc” e non una dichiarazione da
banditore di piazza.
I protagonisti:
Fini
Fascio o martello
Nato, cresciuto e pasciuto nella
politica opportunistica della destra estrema italiana, erede di
Almirante, candidato a tutti i posti possibili ed immaginabili, uscito
fuori dalle fogne del fascismo assieme a Berlusconi, è stato alleato di
Bossi per 15 anni. L’ambizione sfrenata lo ha tradito verso fine del
2010. Voleva prendere il posto di Berlusconi e, per farlo fuori,
aveva – come da lui stesso dichiarato – un solo colpo in canna,
ed ha sbagliato la mira! Imperdonabile. Eppure aveva impostato il suo
discorso di “allontanamento” in maniera più efficace, almeno per
l’elettorato italiano, prendendo a modello di riferimento quello del
“Padre Severo”, sperando di far breccia nel cuore di molti moderati,
pronti a dimenticare che il buon Gianfranco ha retto il moccolo a
Berlusconi per 16 anni, firmando le due peggiori leggi dell’attuale
ordinamento: quella sulle droghe e quella sull’immigrazione.
I protagonisti:
Casini
Non fate come me
Quando si parla di Casini, il
pensiero vola all’Episcopato e al Vaticano. Le uniche differenze sono
nell’abito laico che Casini indossa e nelle sue due famiglie. Lui e i
suoi seguaci ci hanno messo più di 10 anni per capire che Berlusconi è
un farabutto ed un porco. Ne stanno prendendo le distanze, ma troppo
tiepidamente, timorosi di perdere esenzioni da tasse e sovvenzioni
miliardarie. Il sultano conosce bene i suoi polli e d’altronde la storia
millenaria della Chiesa cattolica dimostra come essa sia stata sempre
scrupolosamente ingorda di privilegi.
Quando si tratta di soldi, il vero
valore non negoziabile del Vaticano, non si guarda in faccia a
nessuno!
Il papato di Ratzinger non è esente
da colpe gravi nell’odierna involuzione del mondo occidentale. Atti come
quello di aver riammesso i tradizionalisti di Lefevre, ripristinato la
messa in Latino, tessuto tele e trame con i reazionari ortodossi, sono
stati bene accolti dai neonazisti odierni. Anche il terrorista norvegese
che ha ucciso 75 ragazzi si è professato cattolico integralista!
In effetti, il papato, con la sua
continua denuncia del relativismo etico, non ha fatto altro che
riaffermare l’assolutismo religioso su cui si è sempre fondato. E
l’assolutismo significa guerra di civiltà, supremazia di un credo sopra
l’altro. Già, perché la verità è relativa de facto: basta vedere un
qualsiasi meeting interreligioso per rendersi conto di come variegate e
diverse siano le varie credenze umane. Perciò quando la Chiesa afferma
il primato del cattolicesimo e impartisce la sua Dottrina, divide
e non unisce, anche se a parole sostiene il contrario.
La democrazia liberale è di per sé
relativista, questo è bene chiarirlo. Le leggi fondamentali di
convivenza, le varie comunità le raggruppano nelle Costituzioni, che
sono una diversa dall’altra, a seconda del sentire del popolo cui si
riferiscono. Relative a quel popolo, appunto.
Casini nel suo piccolo, da caporale
qualunque, esegue fedelmente la volontà del Vaticano. Peggio di lui, ed
ancora più distante dall’umiltà del Cristo, ci sono solo l’Opus Dei (una
massoneria-clericale creata in funzione anti-massoneria-laica) e
Comunione e Liberazione (creata dal diavolo o da don Giussani?).
Casini non è il cattolico adulto alla
Prodi o alla Bindi. Dei padri democristiani di una volta ha ereditato
solo uno dei ruoli che quelli sapevano interpretare, quello del
clericalismo a prescindere.
Noi non vogliamo, insomma, che il
nostro fine vita sia condizionato dal tradizionalismo gretto. Noi non
crediamo, insomma, che la sofferenza faccia bene e che occorra il
cilicio per conquistarsi un’improbabile immortalità. Però non
condizioniamo minimamente chi vuol farlo, ognuno è libero di non
abortire, non divorziare, non farsi staccare il sondino quando diventa
un vegetale… noi rivendichiamo semplicemente la nostra libertà
nelle scelte che loro, invece, con la
loro intolleranza impongono a tutti con la forza!
Ricordiamoci sempre che le gerarchie
clericali, per migliaia di anni hanno gestito il potere con la
superstizione, le processioni, le perversioni sessuali, i roghi e la
tortura e, se hanno smesso di fare stragi, è perché vi sono state
costrette e non perché si sono convertite!
I Cortigiani:
nani, ballerini e l’uomo-cannone
Meno male che ci sta Silvio
In questa fase di crepuscolare
declino (speriamo!) del cavaliere, è bene ricordarsi che Berlusconi ha
portato alla ribalta una serie di individui, singolarmente farseschi,
complessivamente eversivi. Enumerarli tutti è difficile, ma stilarne un
elenco, seppur parziale, è istruttivo. Da solo rende l’idea dell’abisso
in cui siamo finiti. Bisognerà ricordarsi di loro, affinché mai più uno
qualsiasi dei protagonisti di questa brutta avventura possa pensare di
farla franca sopravvivendo politicamente al sultano. Non è una lista di
proscrizione, e per sottolinearlo abbiamo aggiunto degli epiteti
ironici.
D’Onofrio saggio di montagna,
De Gregorio autoricliclatore, Scillipoti agopuntore
responsabile, Fazio barbiere e chirurgo, Sgarbi la capra,
Frattini cicisbeo che controlla il flusso dei clandestini
dalle Seychelles, Bonaiuti portavoce del padrone, Bondi
poeta di corte, Cicchitto zimbello piduista, Schifani
un nome una garanzia, Brunetta più raccapricciante che ricolo,
Brambilla vergine rossa (affossatrice del turismo italiano
ma ha sistemato pure la sorella), Alfano angelo custode e segretario, Carfagna
da miss a ministro grazie ad un’opportunità, Mussolini la vaiassa,
Gelmini piccole fasciste crescono (è riuscita a distruggere la
scuola e l’Università pubblica), Romano (quale?), Castelli
l’ispettore, Giovanardi l’inquisitore, Lunardi fatti suoi,
Scaloia l’uomo che visse a sua insaputa, Bertolazo protettore,
Mastella tengo famiglia, Lettieri uomo che si è disfatto da
solo, Formigoni e Minetti la coppia di misfatto, Ombretta Colli ed
Iva Zanicchi era meglio quando cantavano, Quagliarello lo
zitello, Straguadagno se lo perdo, Lupi l’appecorato,
Prestigiacomo il ministro con la lacrima come il gorgonzola,
Miccichè il mostro sudato, Gasparri all'occhio di bue, La
Russa sturmtruppen, Matteoli cacciatore foruncolato,
Alemanno picchiatore di poliziotti, Ghedini e Pecorella dracula
azzeccagarbugli, Sor Pampurio Paniz, Capezzone lo
scemo del villaggio, Stefania Craxi l’orfana dell’esiliato,
Maiolo l’educatrice di cani (dopo la morte dei quattro bimbi
rom bruciati vivi a Roma ha dichiarato che è più facile educare
un cane di un rom), Boniver la ex, Scotti l’ex, Dini
il rospo tramutato in rospo, Rotondi macchietta da
avanspettacolo.
Ma vi rendete conto? E sorridete, per
piacere. Ci sarebbe da piangere, è vero, ma non serve a niente.
Fara Misuraca
Alfonso Grasso
Luglio 2011