Quello che
Obama ha già fatto
Editoriale de Il Portale del Sud
Barack Obama
è il 44° presidente degli Stati Uniti d’America. È l’uomo che la
stragrande maggioranza dell’umanità avrebbe voluto alla guida del più
importante paese del mondo, come risulta dai risultati delle elezioni
planetarie virtuali via Internet, dalla Francia (94,5%) alla Cina (88%),
dalla Germania (92,5%) all’India (97%), dalla Russia (88%) all’Iran
(80%), all’Italia (92%).
Ha
vinto un uomo che è l’icona del cambiamento perché Obama non è solo
afroamericano: è meticcio, come egli stesso si definisce, cresciuto in
Indonesia e alle Hawaii. Un cosmopolita, un uomo che conosce
l'emarginazione di chi è diverso, e sa che la cooperazione, l'ascolto,
la solidarietà sono armi migliori dell'isolamento identitario. Un
intellettuale capace di citare nei suoi raffinati discorsi filosofi
medievali di Calabria.
La
vittoria di Obama dovrebbe liberarci dai pregiudizi razziali, da quelli
antiamericani. Soprattutto potrebbe e dovrebbe liberarci dallo
scetticismo, molto italiano e molto meridionale, sulla possibilità di
cambiare. Dovrebbe liberarci dall'egoismo e dalla paura che uccide i
sogni e la speranza.
La
vittoria di Obama dimostra che si può battere la più potente macchina
economica mediatica del mondo, si può manifestare contro la guerra e
essere ascoltati, si può lottare contro discriminazioni e pregiudizi e
vincere. Obama ha dimostrato che si possono raccogliere fondi per una
campagna elettorale battendo i potentati economici repubblicani e
democratici, appellandosi su Internet a milioni di singoli elettori
desiderosi di cambiare. La somma delle donazioni da 50 o 100 dollari dei
molti ha superato gli assegni milionari dei pochi, dimostrando così che
tante singole e piccole voci insieme possono contare e il candidato
eletto sarà meno ricattabile dalle grandi lobbies.
Il
compito che attende Barak Obama non è per niente facile: è quello della
ricostruzione della potenza leader in un mondo che molti analisti
definiscono ormai “post-americano”. Un mondo che ha visto tramontare,
nonostante il dispendio di armi e di soldi, la stagione di egemonia
planetaria iniziata con la seconda guerra mondiale e culminata con il
crollo del muro di Berlino e la dissoluzione dell’impero sovietico. Da
allora, il dominio incontrastato come iper-potenza mondiale è durato
venti anni, ma il bilancio finale, per l’ America, è disastroso.
La crisi
degli States parte da lontano, parte dall’edonismo reganiano e forse
anche da prima, dal capitalismo selvaggio e dalla deregulation che
tradotto in parole povere sarebbe: io mi arricchisco e il grasso che
tracima, se ne tracima, è tuo. Poi sette anni fa, con l’attentato
alle torri simbolo della finanza creativa, è arrivata “la paura”,
l’insicurezza, è arrivato l’inasprimento
militarista che ha aperto una voragine nei conti pubblici e privati.
Infine è scoppiata la bolla speculativa che ha inghiottito il finto
benessere dei singoli cittadini ed è crollata l’immagine dell’America
nel mondo.
Dopo anni di
“autismo geopolitico” voluto da Bush e Cheney, Obama e Biden dovranno e,
forse, vorranno passare ad un "multilateralismo" d’impronta americana.
L’America tornerà, in altre vesti, ad essere La Merica dei nostri
emigranti, la terra del “we can”, per gli stessi americani.
Certamente
Obama cercherà risorse altrui per servire gli interessi del SUO paese e
se tali interessi coincideranno con quelli degli stati amici, tanto
meglio. Non dimentichiamo che Obama è il presidente degli Stati Uniti,
non il nostro né quello del resto del mondo.
Gli Americani
alla fine hanno capito che la sicurezza degli Stati Uniti non può
derivare solo dalle armi e dalle barriere, ma soprattutto deriva dal
rispetto. Quanto più Bush erigeva muri fisici e virtuali a protezione
del territorio nazionale, e promuoveva le campagne d’Afghanistan e
d’Iraq, guerre “preventive” dispendiose in dollari e disastrose per
uomini e ambiente, tanto più molti Americani si sentivano meno protetti.
L’America ha capito quello che la maggioranza degli Italiani non riesce
a capire. Si è accorta di essere vecchia, impaurita, ignorante e
svuotata di veri valori morali quali la solidarietà, la tolleranza,
l’accoglienza. Ed ha cambiato.
La
vera essenza del voto degli Americani non sta infatti nell’aver scelto
un afro-americano, un democratico. Sta nel fatto, e per noi italiani
dovrebbe essere d’esempio, di aver dimostrato di “usare” la democrazia:
il popolo ha cacciato via una classe dirigente che l’aveva portato al
disastro e ha dato il mandato ad un uomo diverso: giovane, cosmopolita,
colto, che non ha paura di mostrare la propria cultura. Guidare una
nazione è cosa ben diversa dall’organizzare un gioco a quiz televisivo o
un’azienda. Se esempio deve essere dato, non è di livellamento verso il
basso, ma di capacità di innalzarsi, di crescere, anche e soprattutto
intellettualmente.
Servirà
questa lezione magistrale che proviene dagli Americani? Servirà a
svegliare gli Italiani? O il nostro è ormai un paese per vecchi e di
vecchi senza coraggio di cambiare, di dare un taglio netto con
l’antico, di scegliere i candidati giusti?
A sentire la
classe politica di governo, una gerontocrazia di nullità
autoreferenziale dove anche i giovani sono mentalmente vecchi, non pare
se ne siano resi conto: cercano l’Obama italiano e lo trovano in
Berlusconi e Bossi! L’uno, vecchio filibustiere rifatto e imbellettato
come un cicisbeo del ‘700, massimo esponente di quell’arrivismo senza
limiti e (soprattutto) regole, che porta solo diseguaglianza e povertà
(tranne che per se stesso). L’altro, malato e meschino che teme il
confronto e si rifugia nella difesa del proprio particulare.
Entrambi temono il nuovo, il giovane, il diverso.
Berlusconi ha
già per due volte portato l’Italia alla malora, e per due volte è
intervenuto un “fesso” che ha avuto il coraggio di prendere decisioni
impopolari per raddrizzare le finanze del Paese. Risultato: lo hanno
eletto per la terza volta. Perseverare diabolicum!
Seguiteranno
a realizzare il programma della loggia massonica P2, di cui peraltro
Berlusconi era regolarmente un tesserato. Non è infatti un caso che
Licio Gelli torni in TV e rilasci interviste in cui designa come suo
successore Berlusconi. Che le squadracce fasciste tornino a colpire. Che
vecchi ex presidenti consiglino al capo della Polizia di provocare il
sangue nelle manifestazioni per giustificare la reazione dura. Non è un
caso che Marcello Dell'Utri, fondatore di Forza Italia, senatore della
Repubblica e pregiudicato (condannato per associazione mafiosa e
interdetto dai pubblici uffici), in una intervista rilasciata a Klaus
Davi dichiari: “L'antifascismo? Un concetto obsoleto. Mussolini?
Un uomo di valore. L'antimafia? Troppo costosa. Saviano?
Il suo libro ha enfatizzato la camorra. La Rai? Ci sono ancora
troppi dirigenti di sinistra. Lo stalliere mafioso di Berlusconi?
Fu a suo modo un eroe”.
Il programma
della loggia Propaganda 2 era proprio quello di cristallizzare il
sistema, ed è proprio quello che stanno facendo i nostri gerontosauri:
ritoccare la Costituzione svuotandola di significato, eliminare il
dissenso, impadronirsi dei media, spaccare i sindacati e renderli
innocui e soprattutto delegittimare la magistratura asservendola al
potere. Il nostro futuro è stato già scritto molti anni fa. Chi avesse
la curiosità, potrà leggerlo nella relazione della commissione
parlamentare sulla P2: basta un
clic!
Tutto questo
con l’appecoranato (per usare un temine del nostro raffinato
premier) consenso di molti Italiani, almeno di quelli che hanno
avuto lo stomaco di votarlo. Mentre l’America si sveglia, noi
continuiamo a dormire e ci chiediamo cosa saprà fare Obama. Qualunque
cosa riuscirà a realizzare, la cosa più importante l’ha già fatta: dare
voce alla diversità e al nuovo. Voltare pagina.
Il Portale del Sud
Novembre
2008
Gli editoriali del sito sono scritti congiuntamente da Fara
Misuraca ed Alfonso Grasso