L'oro di Napoli
Editoriale di Brigantino - Il Portale del Sud
Giuseppe Marotta
scrisse nel lontano 1947 un bellissimo libro, "L'oro di Napoli".
Un’opera in cui tra le altre cose si racconta dell'abitante di una casa
bombardata adattatosi a vivere nella buca dell'esplosione, di una
famiglia presso cui per 30 anni si installa un guappo e non se ne va
più, di un giocatore di carte incallito che avendo perso tutto è
costretto dalla moglie a giocare solo con il figlio del portinaio e così
via.
Un libro dove
molti hanno voluto leggere che l'oro di Napoli è la pazienza: quella
dote virtuosa che dà al popolo di Napoli "la possibilità di rialzarsi
dopo ogni caduta: una remota, ereditaria, intelligente, superiore
pazienza". Ma soli pochi hanno saputo leggervi la condanna
dell’abitudine di questo popolo ad adattarsi a qualsiasi disgrazia,
magari cercando di sfruttarla a proprio scarso beneficio, anziché
rimuoverla e sanarne la ferita.
Qualcuno
sicuramente ricorderà una bella canzone di Pino Daniele, era il 1977,
che diceva "Napule è 'na carta sporca e nisciuno se ne importa e ognuno
aspetta a ciorta". L’artista si riferiva alla città dove "l'immondizia è
oro", come disse il collaboratore di giustizia, l'ex camorrista Nunzio Perrella, agli inizi degli anni '90. Lo cantava più di 30 anni fa e
nessuno fece niente. Poi ci fu la prima emergenza ed il governo pensò
bene di inviare un commissario speciale perché risolvesse il problema,
che non risolse. Da allora l'emergenza é diventata normalità di una vita
contaminata da cumuli di monnezza ovunque presenti, e dal fumo velenoso
degli incendi appiccati dagli “incoscienti”.
Per anni la mano
della camorra ha inquinato il circondario con rifiuti tossici scaricati
nella terra una volta “felix”, complice la paura, l’omertà,
l’incoscienza di chi sapeva, vedeva, fingeva che il fatto non era il
suo. Oggi la gente é stanca. Ha perso la pazienza. E protesta. Nessuna
bonifica è stata effettuata, le promesse sono state sistematicamente
disattese, le “solite” comunità devono seguitare a sopportare il peso
delle discariche.
Cercare
spiegazioni, responsabilità e soluzioni é diventato un compito disperato
nell’anarchia generale, su cui troneggia l’assordante silenzio degli
intellettuali e dei saggi. Ce ne sono ancora disposti a rischiare, a
parlare, o anche solo a cantare? Sembra di no. Perché per noi napoletani
questo è il momento della vergogna, e voltiamo la faccia dall’altra
parte, mentre la “famiglia” italiana non si fa capace che all’estero non
sappiano distinguere tra un incivile napoletano, che vive nella monnezza
piuttosto che far riaprire una discarica, e il resto del civilissimo Bel
Paese.
Le responsabilità
sono troppe e diffuse, e cercare ad ogni costo uno o due
responsabili significherebbe, come ben descrive Marotta, trasformare
ancora una volta la “santa” pazienza dei napoletani nel cinico tirare a
campare. Punire i responsabili, rimuovere le cause alla radice, senza
accontentarsi di crocifiggere un paio di capri espiatori: questo
dovremmo fare, ma cosa significa?
In primo luogo,
significa sconfiggere la camorra, 'o sistema, che con il
"business" dei rifiuti ricava denari a palate ogni anno, provenienti da
fondi statali ed europei, che riesce ad intercettare per il “servizio”
di smaltimento che “offre”. Ad esempio, se lo smaltimento dei rifiuti
tossici - i più pericolosi – costa, se correttamente eseguito, tra i 20
e i 60 centesimi al chilo, la camorra riesce ad offrirlo a soli 10
centesimi. Come fa? Li interra, semplicemente. Ma quando la camorra ha
cominciato ad interrare, possibile che nessuno se ne sia accorto?
Possibile che per decenni nessuno – anche tra quanti oggi protestano -
si sia accorto che terreni pubblici e privati venivano usati per
seppellire rifiuti di ogni genere? Paura, omertà, incoscienza: saremo
mai in grado di superarle?
Negli anni la
Campania è stata trasformata nella più grande discarica d'Europa e oggi
conserva sottoterra una quantità tale di rifiuti la cui bonifica
richiederebbe molti decenni. Rifiuti, la maggior parte generati dalla
produzione industriale del nord Italia – la “famiglia” che ora ci
disconosce - e di altri paesi europei.
L’attuale sistema
produttivo “usa e getta” (è il sistema capitalistico liberista) produce
solo beni non riciclabili per aumentare i profitti, e per mantenere
bassi i costi risparmia su sicurezza, qualità. Sembra che circa l'80%
dei rifiuti europei siano di origine industriale. Non è un caso che gli
industriali non dicano una parola e non rispondono a chi li accusa di
aver usufruito di mezzi "facili" per liberarsi delle loro scorie. È il
silenzio di chi per decenni ha progettato ed attuato forme sempre più
“snelle” e meno costose, complicando lo smaltimento dei rifiuti.
E la politica?
Poche volte, nella sua storia, la Campania ha avuto tanti ministri nel
governo, oggi dello stesso “colore” di quello regionale (e cittadino nel
caso napoletano). Ma con amara ironia, occorre riconoscere che la
politica non è il “nostro forte”! La presenza in politica è destinata
solo a produrre clientele e favori? Ricordando l’esperienza della scorsa
legislatura, quando i nostri deputati delle destre si affannarono a
votare la riforma antimeridionale della costituzione di stampo leghista,
dovremmo concludere che non c’è speranza. Il silenzio complice della
classe politica locale e nazionale è quanto meno la dimostrazione
dell’enorme incapacità di gestire un rapporto sano con le comunità, con
i produttori e gli smaltitori di rifiuti. Due amministrazioni di
centrosinistra e un commissario straordinario non sono state capaci di
risolvere il problema, nonostante gli enormi finanziamenti concessi
dallo Stato e dall'Unione Europea.
Tuttavia,
prendersela solo con la politica è riduttivo. Non si può non vedere che
esiste una corruzione e collusione capillarmente diffusa, che tanta
parte del popolo di Napoli è stato disposta fino ad ora ad "avere
pazienza", adattandosi a convivere con il degrado ed a sfruttarlo,
fiancheggiando - se non altro di fatto - i “furbi” che si sono intascati
miliardi. E' facile oggi prendersela con Bassolino e la Iervolino. Ci
sono stati in questi anni commissari di destra e di sinistra, nominati
dal governo Berlusconi e da quello di Prodi. Bassolino, come Masaniello,
aveva promesso molto e per questo è stato osannato come un salvatore e
oggi, proprio come Masaniello, viene indicato come l'unico reo. Si
chiedono le dimissioni di Bassolino e Jervolino, ma chiunque li
sostituirà non ce la potrà fare se ognuno di noi napoletani non saprà
assumersi le proprie responsabilità.
L'emergenza di
Napoli non è altro che l'emersione dell'emergenza Italia, un Paese in
cui non si ha più fiducia nelle istituzioni, troppo vecchie e lontane
dalla gente, che non crede più nella possibilità di interventi
collettivi che lo rendano meno vecchio e meno ingiusto. Un Paese
diventato senza prospettive, ignorante, provinciale, volgare,
particolaristico. Disgustato dall’idea di essere accostato alla
Campania.
Ma diciamoci la
verità, cosa sono le Istituzioni se non lo specchio di noi stessi? Cosa
fare allora è presto detto, ma certamente non presto fatto: occorre
educare i cittadini ad responsabili e non solo "clienti del console" che
hanno eletto. Bisogna insegnare nelle scuole, fin dall'asilo, come e
perché fare la raccolta differenziata. Educare al riciclo, a un consumo
meno forsennato e più compatibile. Occorre imparare a denunciare la
camorra, a tirare la testa fuori dalla sabbia …
La colpa, quando
è collettiva, non lascia scelta. Se ci sarà presa di responsabilità
individuale e voglia di riscatto, se ne potrà uscire con gli anni ed i
decenni. Altrimenti … pazienza!
Brigantino - Il Portale del Sud
gennaio 2008
http://wolontari.ilcannocchiale.it/
Gli editoriali del sito sono scritti congiuntamente da Fara
Misuraca ed Alfonso Grasso