La sera del 26 aprile Silvio Berlusconi
festeggiava Noemi a Casoria. È giunto il tempo, due mesi
dopo, di tirare le somme. Bisogna annotare con cura le
bugie ascoltate; interrogarsi sulle ragioni dei troppi
silenzi; afferrare il filo rosso che da una storia (le «veline»)
ci ha condotto in un’altra (Noemi) e in un’altra
ancora (le prostitute a Palazzo Grazioli) fino
alla soglia di una quarta (le feste del presidente).
Giorno dopo giorno, si è definita sempre
meglio la «licenziosità» del capo del governo, «la
scelta sciagurata degli amici di bisboccia, la
sciatteria in certe relazioni e soprattutto la
caratterizzazione ostentatoria di tutti i suoi
comportamenti privati» (Giuliano Ferrara,
Panorama, 26 giugno). Quel filo si riannoda intorno
a un «grandioso sé», lascia nudo un potere e un abuso di
potere che si immagina senza contrappesi e
irresponsabile.
Da due mesi, Berlusconi parla senza dire.
Ci scherza su alquanto imbarazzato e come ossessivo, ma
tace l’essenziale. Il tempo non è passato invano, però.
Le
dieci domande che Repubblica ha ritenuto di
rivolgergli il 14 maggio hanno trovato più di una
risposta, nonostante il loquace mutismo del presidente
del consiglio. A volte, anche i silenzi sanno parlare.
C’è oggi materia viva per eliminare qualche
interrogativo e proporne altri, nuovi e dunque necessari
e urgenti.
«Chi è incaricato di una funzione
pubblica deve chiarire», dice Silvio Berlusconi (Porta
a Porta, 5 maggio). All’alba di questa storia,
il premier sembra sapere che il significato etico e
politico di accountability presuppone
trasparenza; impegno a dichiararsi; rendiconto di quel
che si è fatto e si fa; assunzione di responsabilità;
censurabilità delle condotte riprovevoli – anche private
– perché è chiaro a tutti che non ci può essere una
radicale contrapposizione «tra il modo in cui un uomo
di potere tratta coloro che gli sono vicini (la sua
morale) e il modo in cui governa i cittadini e risponde
a loro (la sua politica)»(Carlo Galli,
Repubblica, 22 giugno).
Berlusconi, in apparenza, è animato da
buone intenzioni, dunque. Deve, presto e in fretta,
liberarsi di tre grattacapi che gli vengono dalla
famiglia (con le accuse di Veronica Lario), dalla sua
area politica (con i
rilievi critici di farefuturo). Gli
rimproverano di voler candidare alle elezioni per il
parlamento di Strasburgo “veline”, giovani o
giovanissime donne che egli ha già promosso nello
spettacolo e gli tengono compagnia con assiduità nel
tempo libero, a Villa Certosa, a Palazzo Grazioli. Gli
si contesta la frequentazione di minorenni e
un’ossessione per il sesso che pregiudica il suo
equilibrio (Veronica Lario,
Repubblica, 3 maggio). Gli si chiede dei
rapporti con la minorenne di Napoli di cui ha voluto
festeggiare il 18° anno (Repubblica,
28 aprile).
Berlusconi è tentato dal rovesciare il
tavolo, come gli è abituale. Parla di “complotto”. Di
fronte all’evidenza che il fuoco è “amico”, lascia
perdere e appronta una difesa che vuole essere
conclusiva. Concede due interviste ufficiali (Corriere,
Stampa, 4 maggio, 4 maggio). Chiacchiera
ufficiosamente e in libertà (ancora Corriere e
Stampa, nei giorni successivi al 4 maggio). Si
confessa alla tv pubblica francese durante il tg delle
20 (France
2, 6 maggio). Rifiuta – è vero – un’intervista a
Repubblica (13 maggio), ma promette di «spiegare
tutto» (Cnn
International, 25 maggio).
Berlusconi è categorico, quasi minuzioso
nella ricostruzione delle sue mosse. «Non avevamo
messo in lista nessuna velina» (Corriere,
4 maggio). «Io frequenterei delle
diciassettenni? E’ una cosa che non posso sopportare. Io
sono amico del padre [di Noemi], punto e basta.
Lo giuro!» (Stampa,
4 maggio). «Sono andato a Napoli per discutere di
candidature con il padre di Noemi» (Porta
a Porta, 5 maggio), con cui «ho un’antica
amicizia di natura politica», peraltro «Noemi, la
figlia dei miei amici, l’ho vista tre, quattro volte,
sempre accompagnata dai genitori» (France
2, 6 maggio).
Le affermazioni del capo del governo non
reggono alla verifica dei fatti.
Repubblica
scopre (21
maggio) che il 19 novembre 2008, a Villa Madama, la
minorenne Noemi siede al tavolo presidenziale, in
occasione della cena offerta dal governo alle griffe del
made in Italy, raccolte nella Fondazione
Altagamma. La ragazza è sola, non accompagnata da alcun
familiare, accanto al presidente del consiglio e a
Leonardo Ferragamo, Santo Versace, Paolo Zegna, Laudomia
Pucci. Sola e minorenne – e non accompagnata dai suoi
genitori ma da un’amica minorenne (Roberta O.) – Noemi è
anche a Villa Certosa, a ridosso del Capodanno, tra il
26/27 dicembre 2008 e il 4/5 gennaio 2009. Lo rivela a
Repubblica (24
maggio) Gino Flaminio, un operaio di 22 anni legato
sentimentalmente a Noemi dal 28 agosto 2007 al 10
gennaio 2009.
Gino, in contrasto con le dichiarazioni
del Cavaliere, svela anche quando Berlusconi si mette in
contatto con la minorenne Noemi. Che sia la prima volta
glielo racconta lei stessa. Accade nell’autunno del 2008
(ultimi giorni di ottobre, primi di novembre). Soltanto
otto mesi fa. Berlusconi telefona direttamente alla
ragazza alle prese con i compiti di scuola. Nessuna
segreteria. Nessun centralino. Nessun legame con la
famiglia della ragazza. Berlusconi (che ha davanti una
collezione di foto di Noemi) le dice parole di
ammirazione per la sua «purezza», per il suo «volto
angelico». Dopo quel primo contatto, ne seguono
altri (Gino ascolta la voce del premier in tre o quattro
telefonate) fino all’invito a trascorrere dieci giorni –
senza i genitori – a Punta Lada.
Le rivelazioni raccolte da Repubblica
costringono il premier a correggere precipitosamente
il tiro. Non può negare la presenza di Noemi a Villa
Madama. Ammette che la minorenne, anzi le due minorenni
hanno festeggiato il Capodanno con lui, non accompagnate
dai familiari. Non può confessare però che – uomo di 73
anni, con impegnative responsabilità pubbliche –
trascorre il pomeriggio a telefonare a minorenni che
conosce soltanto attraverso book fotografici fornitigli
dagli uomini di Mediaset (nel caso di Noemi è Emilio
Fede, dice Flaminio). Appresta allora una nuova
favoletta per spiegare come, quando e perché ha
conosciuto il padre di Noemi, Elio Letizia, e cancellare
l’imbarazzante ma decisivo ricordo di Gino.
È la quarta versione che, nel corso del
tempo, ci viene proposta. Ricordiamo le precedenti.
1.
«Era l’autista di Bettino Craxi» (Ansa,
29 aprile, l’agenzia di stampa rimuoverà poi la
pagina dall’archivio in rete);
2.
«Elio è un mio amico da tanti anni, con lui ho
discusso delle candidature europee« (Porta
a Porta, 5 maggio);
3.
«Conosco
i genitori, punto e basta» (France
2, 6 maggio).
Anche la quarta ricostruzione di
quell’amicizia viene cucinata in malo modo.
Berlusconi scarica su Elio Letizia
l’onere del racconto. Elio Letizia liquida per intero lo
sfondo politico dell’amicizia. Non azzarda a dire che è
stato un militante socialista né conferma di aver
discusso con il presidente del consiglio chi dovesse
essere eletto a Strasburgo. Dice Letizia che la «vera
conoscenza [con Silvio] ci fu nel 2001». Elio
sa – racconta – che a Berlusconi piacciono «libri e
cartoline antiche» e nelle sale dell’hotel Vesuvio
di Napoli (maggio 2001) gli propone di regalargliene
qualche esemplare. Nasce così un legame che diventa
un’affettuosa amicizia quando Anna e Elio Letizia sono
colpiti dalla sventura di perdere il figlio Yuri in un
incidente stradale. Berlusconi si fa vivo con una «lettera
accorata e toccante». Letizia decide di presentare
la sua famiglia al presidente del consiglio nel «dicembre
del 2001»: «A metà dicembre io e mia moglie
andammo a Roma per acquisti e, passando per il centro
storico, pensai che fosse la volta buona per presentare
a Berlusconi mia moglie e mia figlia» (il
Mattino, 25 maggio). Dunque: il capo del governo
«per la prima volta vide Anna e Noemi» nel
dicembre del 2001 non in pubblico ma nella residenza
privata del premier, a palazzo Grazioli, o a Palazzo
Chigi. Noemi ha soltanto dieci anni.
Il ricordo di Elio Letizia non coincide
con quello di Silvio Berlusconi. Nello stesso giorno, la
memoria del capo del governo disegna un’altra scena
decisamente differente da quella che ha in mente Elio
Letizia. Quando Berlusconi ha incontrato per la prima
volta Noemi? «La prima volta che ho visto questa
ragazza è stato a una sfilata», risponde il premier
(Corriere,
25 maggio). Quindi, in un luogo pubblico e non nei
suoi appartamenti pubblici o privati. Non nel 2001, come
dice Elio, ma più avanti nel tempo perché Noemi avrebbe
avuto l’età adatta per «sfilare» (quattordici, quindici,
sedici anni, 2005, 2006, 2007).
Le «bugie bianche» di Berlusconi (il
Foglio, 25 maggio) non possono nascondere qualche
sconcertante punto fermo. È vero, il capo del governo
«frequenta minorenni», come ha detto Veronica Lario
e dimostrato Repubblica. Il presidente del
consiglio non riesce con qualche attendibilità a dire
come ha conosciuto i Letizia cosicché le parole di Gino
Flaminio acquistano più credibilità e maggiore
verosimiglianza.
Il quadro compromesso e degradato dell’accountability
del capo del governo è confermato addirittura dal
racconto di Noemi, mai smentito (e oggi è troppo tardi
per farlo).
«[Berlusconi, “papi”] mi ha allevata
(…) Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi
dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo a
Roma, a Milano. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che
desidera da me. Poi, cantiamo assieme. (…) [Da
grande vorrò fare] la showgirl. Mi interessa anche la
politica. Sono pronta a cogliere qualunque opportunità.
(…) Preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci
penserà papi Silvio» (Corriere
del Mezzogiorno, 28 aprile).
Noemi conferma non solo l’abitudine di
Berlusconi a frequentare minorenni, ma rafforza anche
l’altra questione decisiva di questa storia: la pretesa
di «far uso dei bei volti e dei bei corpi di persone
che con la politica non hanno nulla a che fare».
Manovra che denota «l’impoverimento della qualità
democratica di un Paese» (FFWebMagazine,
periodico della
fondazione Farefuturo). Come – per fare solo tre
nomi – Angela Sozio (Grande Fratello), Chiara Sgarbossa
(miss Veneto), Cristina Ravot (cantante ammiratissima da
Berlusconi che la voleva imporre al festival di Sanremo
prima che al parlamento di Strasburgo), Noemi ritiene di
poter ottenere da Berlusconi l’opportunità di fare
spettacolo o, in alternativa, di essere eletta in
parlamento. Televisione o seggio in parlamento, uguali
sono. Le aspettative di Noemi, sollecitate dalle
promesse di Berlusconi, sono in linea con le riflessioni
critiche della signora Lario («Ciarpame senza pudore»). È
documentata, allora, anche la seconda accusa che colpiva
il capo del governo: per lui il corpo delle donne è «un
gingillo» utile per «proiettare una (falsa)
immagine di freschezza e rinnovamento» politico.
S’invera lo «scarso rispetto per le istituzioni e per
la sovranità popolare» del leader del Popolo della
Libertà (Fondazione
farefuturo).
Di fronte a due punti fermi (è vero,
frequenta minorenni; è vero, candida nelle assemblee
elettive i «bei corpi» che gli sono stati
vicini), incalzato da domande a cui non può rispondere,
Berlusconi si corregge di nuovo per tirarsi fuori da una
catastrofe politica e comunicativa, domestica e
internazionale. A Palazzo Chigi, dunque in un luogo che
più ufficiale non si può, dice: «Non ho detto niente»
(Ansa
e Agi, 28 maggio). Pretende che gli si creda. Lo
abbiamo sentito dire, spiegare, ricordare in pubblico,
in voce e in video – e sempre mentire. Ora, con quattro
parole («Non ho detto niente»), intende resettare
la storia così come egli stesso ce l’ha raccontata.
Esige che il potere delle sue parole sia, per noi,
indiscusso. Comanda di dimenticare ciò che ricordiamo e
ci impone di credere vero ciò che egli dice vero (e noi
sappiamo bugiardo). «Non ho detto niente» dovrebbe
ripulire dalla lavagna le sue menzogne. Gli interessa
ora andare al sodo per salvare la faccia e – forse – un
destino politico che vede compromesso (compromessa
appare la sua ascesa al Quirinale). Vuole rispondere
soltanto a una domanda: ha avuto «rapporti piccanti»
con Noemi? Se la pone da solo. Risponde: «Assolutamente
no, ho giurato sulla testa dei miei figli e sono
consapevole che se fossi uno spergiuro mi dovrei
dimettere, un minuto dopo averlo detto» (Radiocor,
28 maggio). Non chiarisce che cosa siano i «rapporti
piccanti», per il lessico e la fantasia erotica di uomo
come lui.
Sesso e politica. Politica e sesso.
“Privato” che si fa “pubblico”. “Pubblico” che deve
subire gli abusi di potere di un privato. Di questo
impasto ci parlano le pratiche del Cavaliere che
rinviano con immediatezza al suo dispositivo di governo,
e quindi alla cosa pubblica e non soltanto ai
comportamenti privati di un uomo. Lo “scandalo”
dell’affare è in queste relazioni scorrette compensate
da promesse di incarichi pubblici, è nelle accertate
menzogne che screditano chi governa e il Paese che da
lui è governato. Di questo dovrebbe rispondere il
premier in pubblico se davvero avesse compreso che
accountability è l’esatto contrario di arbitrio e
menzogna.
Il capo del governo vive un clima
psichico alterato. È la terza accusa della moglie:
«[Silvio] non sta bene» (Repubblica,
3 maggio). La patologica sexual addiction di
Berlusconi si sfoga in festicciole viziose. Anima
“spettacolini” affollati da venti, trenta, quaranta
ragazze: “farfalline” coccolate mentre il “sultano”
indossa un accappatoio di un bianco accecante;
“tartarughine” travestite da Babbo Natale; “bamboline”
che mimano, in villa e tra i fiori, il matrimonio con «papi»
(Repubblica,
12 giugno). Frequente la presenza di “squillo”,
“escort”, “ragazze immagine” abituate a incontrare
sceicchi sulle rive del Golfo Persico.
La scena, accennata esplicitamente da
Veronica Lario, ancora sfumata nei contorni con Noemi,
si definisce con nitore quando prende la parola Patrizia
D’Addario, “escort di lusso”, un modo per dire
prostituta di caro prezzo. Il palcoscenico, anche
acusticamente esplorato, è illuminato a giorno, ora. Si
possono vedere con chiarezza i gesti, sentire le parole,
ascoltare le voci anche nelle stanze più intime e
protette (il bagno, la camera da letto) del palazzo
presidenziale. Il linguaggio si fa esplicito, crudo.
Come, senza sottintesi, sono le condotte, le logiche,
gli esiti.
Patrizia è ingaggiata (2000 euro) da un
amico del Cavaliere che ingrassa i suoi affari e la sua
influenza pagando “squillo” da accompagnare alle feste
del presidente a Roma, in Sardegna.
Patrizia varca, per la prima volta, la
soglia di Palazzo Grazioli il 15 ottobre 2008.
Patrizia, «una volta entrata in una
stanza affrescata all’interno della residenza del
presidente del Consiglio, si trova davanti venti ragazze
e il suo primo pensiero è: ‘Ma questo è un harem!’».
(Sunday
Times, 21 giugno).
Patrizia osserva, curiosa: «Mentre la
gran parte di noi, come ci era stato detto, indossava
abiti neri corti e trucco leggero, due ragazze che
stavano sempre vicine, avevano pantaloni lunghi (...)
Erano due escort lesbiche che lavorano sempre in coppia»
(Repubblica,
25 giugno).
Patrizia, quella sera, non resta a
Palazzo. Ci ritornerà, il 4 novembre. «Sono tornata
dopo un paio di settimane, esattamente la sera
dell’elezione di Barack Obama» (Corriere,
17 giugno).
Patrizia registra quel che sente.
Fotografa – appena può – quel che vede. Lo fa sempre,
con tutti, da sempre. Questa volta, la seconda volta da
Berlusconi, Patrizia rimane a Palazzo per una notte di
sesso con il capo del governo. Il Cavaliere – dopo cena,
visione dei film che lo mostrano accanto ai potenti
della Terra, le solite canzoni e la ola – chiede alla
donna di aspettarlo nel «letto grande» (Repubblica,
20 giugno).
«Berlusconi mi ha telefonato la sera
stessa, appena sono arrivata a Bari. E qualche giorno
dopo Gianpaolo mi ha invitata a tornare. Ma io ho
rifiutato (…) Gianpaolo ha voluto il mio
curriculum perché mi disse che volevano candidarmi alle
Europee (…) Quando sono cominciate le polemiche
sulle veline, il segretario di Gianpaolo mi ha chiamata
per dirmi che non era più possibile (…) [mi è stata
allora] proposta la lista “La Puglia prima di tutto”
[per il rinnovo del consiglio comunale]. Io ho
accettato subito» (Corriere,
17 giugno).
I ricordi di Patrizia sono confermati dalle due «ragazze-immagine»
(qualsiasi cosa significhi l’eufemismo) che sono con
lei: Lucia Rossini (Repubblica,
21 giugno) e Barbara Montereale. Che dice: «Sapevano
tutti a quella cena che lei [Patrizia] era una
escort. Presumo anche il presidente». (Repubblica,
20 giugno). Le due ragazze ridono, scherzano, si
fotografano allegre nella toilette del presidente del
consiglio, come padrone del campo.
Le parole, le testimonianze incrociate,
le immagini, i documenti fonici non possono più
confondere quel che abbiamo sotto gli occhi. Quel che la
signora Lario chiama “malattia”, l’effetto distruttivo
di un narcisismo sgomento dinanzi alla vecchiaia,
un’autostima che esige sempre, a ogni occasione
l’ammirazione riservata alla giovinezza, alla celebrità,
al fascino rendono vulnerabile e gravemente indifeso il
capo del governo e l’autorevolezza del suo ufficio. C’è
un fondo di onnipotenza nei suoi comportamenti, come se
ogni azione gli fosse consentita. È circondato da
prosseneti che lucrano vantaggi personali cercandogli in
angoli d’Italia ragazze sempre nuove, sempre più
giovani, sempre più rapaci e spregiudicate, spesso
sostenute nella loro cinica ambizione dalle famiglie, da
mammà e papà. Vogliono un successo dove che sia, in
tivvù o nella politica. Il premier può concederglielo
con una telefonata, se vuole. Gli danno pressione. Lo
pretendono. E’ il quadro che ha già proposto Veronica
Lario. «Ho cercato di aiutare mio marito, ho
implorato coloro che gli stanno accanto di fare
altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta
bene. È stato tutto inutile» (Repubblica,
3 maggio).
La difesa di Berlusconi, di fronte a
questa rappresentazione di se stesso e della
fenomenologia del suo potere, è violenta fino alla
spietatezza contro i testimoni della sua vita; è
prepotente contro l’informazione che non sceglie la
taciturnità imposta al servizio pubblico radiotelevisivo
e accettata - con l’eccezione del Tg3 - di buon
grado. E tuttavia, quando affronta le circostanze che
sono emerse, quella manovra è maldestra.
Niccolò Ghedini, avvocato del Cavaliere,
nell’ansia di sfuggire al reato ora che una prostituta
parla di tariffe, trattative e pagamenti, ammicca
complice agli italiani che si sentono “puttanieri”
irredimibili, anche se spesso soltanto fantasiosi, nella
convinzione che quel peccato possa essere presto
perdonato urbi et orbi. Il lemma che adopera (gli
appare il più onesto e concreto) peggiora il clima e
deteriora ancor più l’immagine del premier. «Ancorché
fossero vere le indicazioni di questa ragazza
[Patrizia], e vere non sono, il premier sarebbe,
secondo la ricostruzione, l’utilizzatore finale e
quindi mai penalmente punibile». (Affari
italiani, 17 giugno).
Come se l’affare fosse legale e non
politico. L’errore dell’avvocato convince Berlusconi a
muovere in prima persona. Lo fa secondo le sue prassi
consolidate. Dai fogli patinati di un settimanale di
famiglia, nega quel che è accaduto. «Non c’è nulla
nella mia vita privata di cui io mi debba scusare
(…) Non ho [di Patrizia] alcun ricordo.
Ne ignoravo il nome e non ne avevo in mente il viso. Non
mi ero reso conto [che fosse una prostituta]» (Chi,
24 giugno). Tace che ancora il 27 gennaio, il suo
amico di Bari chiama Patrizia per dirle (la telefonata è
registrata): «[Il presidente] ti vuole vedere la
prossima settimana a Roma» (Corriere,
21 giugno). Vedere lei, proprio lei: Patrizia, con
quella faccia che ora non ricorda, con quel nome che ha
dimenticato, forse ripensando soltanto al suo corpo.
Questa volta - direttamente e non
attraverso i suoi giornali e attaché (lo ha fatto per
Gino Flaminio) - scatena l’ordinaria menzogna
distruttiva contro Patrizia D’Addario: «[Le è stato]
dato un mandato molto preciso e benissimo retribuito»
(Chi,
24 giugno). Dovrebbe offrire un riscontro anche
labile della sua accusa anche perché ha avuto il tempo e
ha le risorse per raccoglierlo. Non lo fa. Dovrebbe
comprendere che la denunzia, anche se inventata,
conferma la sua vulnerabilità. La mostra, la dimostra.
Se c’è un ricattatore dietro le parole di Patrizia D’Addario,
la responsabilità è soltanto di chi dissennatamente le
ha aperto le porte di casa. Dice: «Può capitare di
sbagliare ospiti» (Ansa,
25 giugno), ma il punto è proprio questo: quanti
sono gli “ospiti sbagliati” che si sono seduti alla sua
tavola? E che intenzioni hanno?
Il fatto è che il Cavaliere si tiene
lontano da fatti che, per la loro solidità, possono
fulminarlo. Preferisce scavare nella differenza tra sé e
gli altri, tutti gli altri che soltanto ricordano quel
che ha detto e giurato o le menzogne che ha sottoscritto
con la sua faccia, i suoi discorsi. Non pare curarsene.
Dice: «Io sono fatto così. E gli italiani così mi
vogliono. Ho il 61 per cento. Io sono buono, generoso,
leale, (attenzione) sincero, mantengo le
promesse, sono un mattatore, un intrattenitore» (Ansa,
25 giugno).
Soltanto un malvagio può non amarlo. In
fondo, la politica è questo per il capo del governo: la
legittimità del suo potere lo autorizza - crede - a
creare un’ostilità interna, un conflitto permanente tra
chi è con lui e chi, perché lontano da lui o critico,
deve essere considerato “estraneo”, “nemico”,
”eversore”. È «odio e invidia» (Ansa,
24 giugno) chiedergli conto delle sue condotte
pubbliche, del suo stato di salute, di una vita
spericolata, delle contraddizioni radicali del suo
agire: ha prostitute nel suo letto, ma legifera per
punire chi frequenta le prostitute; invoca per sé la
privacy ma vuole scrivere le norme della nostra privacy,
dalla procreazione al “fine vita”.
È un «progetto eversivo» contro il suo
governo e contro il Paese chiedergli di essere
trasparente. «Le calunnie contro di me, le veline, le
minorenni, Mills (è un testimone che ha corrotto
salvandosi da una condanna), i voli di Stato (che
utilizza per trasferire amiche, musici, ballerine) ,
hanno costituito una campagna di scandalo molto negativa
all'estero per il nostro paese e credo sia un
comportamento colpevole da chi l'ha pensato e
organizzato, [credo che sia] un progetto eversivo
perché la finalità è quella di costringere a far
decadere un presidente del consiglio eletto dagli
italiani (...). Se questa non è eversione, ditemi voi
cos’è». (Adnkronos,
13 giugno).
La sola soluzione che intravede alla
crisi che lo affligge è la riduzione al silenzio o la
rovina economica della stampa che non racconta come vere
le sue fiabe. «Bisognerebbe non avere dei media che
tutti i giorni cantano la canzone del catastrofismo e
credo che anche voi [imprenditori] dovreste
operare di più in questa direzione. Per esempio: non
date pubblicità a chi si comporta così» (Asca,
13 giugno).
Il rosario di incoerenze, menzogne, abusi
di potere di Silvio Berlusconi sollecita a rinnovargli
alcune domande che possono essere conclusive:
1.
Quando, signor presidente, ha avuto modo di conoscere
Noemi Letizia? Quante volte ha avuto modo d’incontrarla
e dove? Ha frequentato e frequenta altre minorenni?
2.
Qual è la ragione che l’ha costretta a non dire la
verità per due mesi fornendo quattro versioni diverse
per la conoscenza di Noemi prima di fare due tardive
ammissioni?
3.
Non trova grave, per la democrazia italiana e per la sua
leadership, che lei abbia ricompensato con candidature e
promesse di responsabilità politiche le ragazze che la
chiamano «papi»?
4.
Lei si è intrattenuto con una prostituta la notte del 4
novembre 2008 e sono decine le “squillo” che, secondo le
indagini della magistratura, sono state condotte nelle
sue residenze. Sapeva che fossero prostitute? Se non lo
sapeva, è in grado di assicurare che quegli incontri non
l’abbiano resa vulnerabile, cioè ricattabile – come le
registrazioni di Patrizia D’Addario e le foto di Barbara
Montereale dimostrano?
5.
È capitato che “voli di Stato”, senza la sua presenza a
bordo, abbiano condotto nelle sue residenze le ospiti
delle sue festicciole?
6.
Può dirsi certo che le sue frequentazioni non abbiamo
compromesso gli affari di Stato? Può rassicurare il
Paese e i nostri alleati che nessuna donna, sua ospite,
abbia oggi in mano armi di ricatto che ridimensionano la
sua autonomia politica, interna e internazionale?
7.
Le sue condotte sono in contraddizione con le sue
politiche: lei oggi potrebbe ancora partecipare al
Family Day o firmare una legge che punisce il cliente di
una prostituta?
8.
Lei ritiene di potersi ancora candidare alla presidenza
della Repubblica? E, se lo esclude, ritiene che una
persona che l’opinione comune considera inadatta al
Quirinale, possa adempiere alla funzione di presidente
del consiglio?
9.
Lei ha parlato di un «progetto eversivo» che la
minaccia. Può garantire di non aver usato né di voler
usare intelligence e polizie contro testimoni,
magistrati, giornalisti?
10.
Alla luce di quanto è emerso in questi due mesi, quali
sono, signor presidente, le sue condizioni di salute?
Repubblica
26 giugno 2009