«Evviva, avremo cento aerei da passeggio»
di Franca
Rame e Dario Fo
Evviva!
Avremo anche noi una potente aviazione da guerra con la bellezza di 133
aerei da
combattimento che abbiamo appena ordinato agli Stati Uniti.
Qualche giorno fa il senatore Lorenzo Forceri, su incarico del Governo,
si è appositamente recato, quasi in segreto, a Washington per firmare
l’accordo. L’acquisto ci costerà molto caro, ma alcuni tecnici della
coalizione governativa ci assicurano che sarà un affare. Ogni macchina
da guerra volante verrà assemblata in Italia, esattamente in un grande
atelièr di alta meccanica presso Novara. Ci lavoreranno circa 200
operai.
Evviva! Così
abbiamo risolto il problema dell’occupazione e dei precari. E’
importante sapere il nome con cui vengono ufficialmente chiamati questi
apparecchi d’assalto: Joint Strike Fighter che, tradotto un po’
all’ingrosso, significa caccia bombardiere d’attacco e immediata
distruzione.
Ma scusate:
Prodi e il suo apparato governativo non ci avevano assicurato che tutte
le nostre missioni all’estero, a cominciare dall’Afghanistan, sarebbero
state assolutamente missioni di pace e profondamente umanitarie? Io mi
credevo che “immediata distruzione” significasse cancellazione totale di
obiettivi militari e anche civili casualmente abitati dalle solite
vittime collaterali con lancio di napalm, bombe a grappolo e fosforo
bianco. “No!”, sono stato subito corretto dalle dichiarazioni dei
ministri della guerra Usa. Ci hanno spiegato che quelle bordate di luce
accecante sono in verità luminarie per creare effetti festosi e rendere
splendenti le immagini paesaggistiche della zona. Ma veniamo al dunque.
Cosa costa in
realtà ogni singolo “Fighter Distructor”? Ecco la cifra: esattamente 100
milioni di euro cadauno. Ma non si concedono prototipi singoli: il
contratto vale solo se si acquista lo stormo al completo. Nel nostro
caso si tratta di 133 aerei. Prendere o lasciare! Così il blocco volante
ci verrà a costare 13 miliardi di euro più trasporto, assemblaggio,
tecnologia di ricambio, macchine robotiche e uno staff di tecnici della
casa costruttrice per la manutenzione e le varianti tecnologiche,
giacché il vero collaudo dei volatili meccanici dovrà svolgersi sulle
nostre basi che evidentemente abbisogneranno di strutture e hangar
speciali. Gli apparecchi di questo stormo avranno eccezionalmente la
facoltà di essere riforniti di carburante in volo, quindi la nostra
squadra fighter dovrà essere dotata di apparecchi cisterna che
seguiranno la flotta di combattimento per pompare a tempo debito il
pieno necessario all’azione. Nelle spese dobbiamo ancora aggiungere
l’assetto tecnico per i piloti in combattimento: armi leggere di bordo,
mitragliatrici da 20 millimetri, razzi e missili, qualche cannone per
non essere da meno e la possibilità di caricare ogive atomiche tattiche
o pesanti. Il tutto non è compreso nel prezzo iniziale.
Alcuni
tecnici da noi interpellati hanno sparato costi da capogiro. Sempre a
livello di miliardi di dollari! Una cifra che da sola ci permetterebbe
di risolvere d’acchito il problema della disoccupazione giovanile in
Italia, aggiunto al problema delle pensioni, oppure finalmente
finanziare la ricerca. Ma che scherziamo?! Buttiamo i denari per le
pensioni agli anziani e gli asili nido, con ‘sti vecchi che continuano
imperterriti a campare oltre il limite mondiale stabilito dall’Onu, e i
neonati la cui percentuale di sopravvivenza dopo il parto è cresciuta a
dismisura?!! E menomale che possiamo avvalerci di una sanità da terzo
mondo! L’Italia deve tornare a livelli guerrieri dell’antica stirpe,
pardon… l’aveva già detto Mussolini? Come non detto! E poi vogliamo
giocarci l’amicizia del Governo di Bush presentandoci inermi al prossimo
conflitto? Basta con questo popolo di mammoni e di “tengo famiglia”.
Sacrifichiamo i nostri pochi quattrini, che del resto non abbiamo, pur
di guadagnarci una degna alea di potenza guerresca. Facciamoci valere
per dio!, come disse un nostro degno politico. Chi l’ha detto? Bondi? La
Russa? Berlusconi? Lasciamo correre… e torniamo alle cose serie.
Il fatto
curioso e nello stesso tempo sconvolgente è che nessun giornale, fra i
numerosi cosiddetti indipendenti, ne abbia parlato, o almeno dato
accenno, a partire da la Repubblica, il Corriere, il Messaggero etc.
L’unico che ne aveva trattato largamente è il Manifesto. Ma prima di
questo quotidiano, chi ha dato notizia dell’inqualificabile acquisto?
Due vescovi del Piemonte che in un comunicato osservavano che
l’acquistare un così gran numero di potenti aerei da combattimento,
attacco e distruzione non era certo un amoroso segnale di pace e non
faceva intravedere un programma consono alla costituzione italiana che
“ripudia la guerra”. Anzi, se si accumulano armi per guerre dette
preventive arriverà il momento in cui bisognerà pure adoperarle. E
ancora i vescovi si chiedono: a che servono simili ordigni di morte in
un programma di aiuti umanitari, costruzione di scuole, asili nido,
ospedali, distribuzione di cibo e medicine?
E sullo
stesso argomento leggiamo sul sito di Pax Christi: il governo italiano
ha pochi soldi e vi sembra sensato che si sperperino miliardi per
procurarci un assetto di quella potenza distruttiva? Sappiamo che
l’intento del comando militare USA in Pakistan è di sferrare
nell’immediata primavera, in collaborazione con tutti i reparti militari
che operano nel Paese sotto l’egida dell’Onu, un attacco definitivo
contro i talebani, che si stanno fortemente riprendendo nelle regioni
del Sud in loro possesso. E il comando Usa ribadisce, se mai non si
fosse capito: tutti i contingenti di varie nazionalità dovranno
partecipare all’attacco a fianco delle forze americane. Quindi niente
manfrine e furberie d’acquattamento: guai a chi scantona!
Ecco perché
il governo italico firma impegni d’armamento d’attacco pesante! È come
dire: io ci sto, ci stiamo armando. Ho detto armando? Mi ricorda una
canzone: è caduto giù l’Armando. Ma non scherziamo!
Per finire
con i diabolici Fighter, c’è un ultima notizia, naturalmente taciuta dal
nostro governo libero e giocondo, una notizia tenuta nascosta dai
quotidiani governativi e d’opposizione, radio, televisioni e svelata
soltanto sul sito di Pax Christi, sul Manifesto, e da alcuni movimenti
pacifisti nei loro blog. I velivoli in questione sono prodotti da una
nota impresa aeronautica, la Lockheed, la stessa che una trentina d’anni
fa pagò nostri ministri e capi del governo della Dc, versando miliardi
in tangenti, perché lo Stato italiano scegliesse di acquistare da loro
speciali aerei da guerra. Ma allora è proprio un vizio! È inutile,
quello è il motto dei nostri dirigenti moderati: “Se proprio non vuoi
prostituirti, almeno chiudi un occhio e collabora!”.
Ma qui c’è
un’ulteriore notizia veramente gustosa: veniamo a sapere che la Lockheed
in questione ha proposto l’acquisto degli stessi
“Fighter-ammazza-e-fai-strage” all’Olanda. Il governo dell’Aia, come sua
abitudine, di democrazia reale, ha reso nota al pubblico l’operazione e
ha richiesto all’America i progetti e gli abbozzi di prototipi. Dopo
averli esaminati per lungo tempo con la consulenza di ingegneri
specialisti del settore, ha decretato: “Grazie, ma non se ne fa niente.
Questi apparecchi non corrispondono ai requisiti che si promettevano nel
progetto. Per di più ci verrebbero a costare una pazzia e noi non siamo
in grado di sostenere un simile salasso. Quindi rigettiamo la proposta.
Ci spiace, ma sarà per un’altra volta.”
Il nostro
governo, invece, non ha bisogno di produrre inchieste, verifiche e
controlli. Noi si va sulla fiducia! Acquistiamo a scatola chiusa, senza
nemmeno conoscere quale sarà il prezzo finale di ogni aereo, al termine
dei collaudi e delle varianti. Se poi non funziona sono fatti nostri.
Vogliamo disdire il contratto? Passare per anti-americani?! Non se ne
parla nemmeno. Ingoiamo il rospo e speriamo che voli!
Vicenza: una
base militare? No… solo culturale! Ma forse abbiamo tergiversato un po’
troppo. L’argomento principale di cui dobbiamo trattare è quello di
altri aerei e altri aeroporti… in particolare parleremo
dell’allargamento della base militare Usa a Vicenza.
Ma il tema
che vi proponiamo è ancora più ampio e coinvolge tutte le basi americane
in Italia e in Europa. Perché vi facciate un’idea realistica, le basi
militari Usa conosciute nel mondo sono oggi oltre 850, il doppio di
quelle dell’impero romano d’occidente nel momento della sua massima
espansione. In Europa sono 499. In otto di questi siti europei sono
custodite 480 testate nucleari (Left 26 genn). Un esercito di 150.000
uomini (civili e militari) presta servizio in queste basi. Una città…
come Vicenza!
Mantenere un
simile assetto costa 10 miliardi di dollari l’anno solo per la
manutenzione ordinaria. Ottanta milioni di dollari vengono spesi
soltanto per tenere in ordine i campi da golf dove si sollazzano gli
ufficiali. Se non fai un po’ di moto, sparando palline qua e là, che
vita è? Con questo malloppo di dollari si potrebbe risolvere il problema
dell’Aids in Africa oppure, con un po’ più di impegno, la fame nel
mondo.
A queste basi
va aggiunto un numero imprecisato di strutture segrete – avamposti per
le intercettazioni delle comunicazioni, centri di spionaggio, basi
aeronavali e sommergibilistiche – spesso invisibili allo sguardo ma
pienamente operative per fini sconosciuti. Questa caterva di basi,
visibili e segrete, di fatto sconvolge letteralmente la vita dei
territori dove vengono insediate e ci fa capire – come diceva il grande
storico e filosofo francese Michael Foucault – come oggi la sovranità
imperiale non sia più basata, semplicemente, sul potere di dare la morte
– per esempio attraverso la guerra – ma sul potere globale esercitato
sulla vita delle persone. Per introdurvi nel clima davvero tragico che
questi servizi imposti determinano nella popolazione entriamo subito in
argomento con un esempio di forte impatto.
In Italia le
installazioni americane, cioè basi, radar, magazzini…, sono 113.
Conosciamo le spese militari degli Usa nel nostro Paese e conosciamo
anche le spese sostenute dallo stato italiano. Attenti!, non grazie a
dichiarazioni dei nostri governi (per carità: il motto “Taci che il
nemico ti ascolta” l’abbiamo imparato da tempo. È entrato nel DNA e qui
il nemico cui non bisogna far sapere niente ce l’abbiamo in casa: sono
gli abitanti del nostro Paese)… Le notizie sulle spese le abbiamo
ricevute dall’ultimo rapporto ufficiale reso noto dal Dipartimento della
Difesa degli Stati Uniti. Alla pagina “B-10” del rapporto Usa c'è la
scheda che ci riguarda: vi si legge che il contributo annuale alla
“difesa comune” versato dall'Italia agli Usa per le “spese di
stazionamento” delle forze armate americane è pari a 366 milioni di
dollari. Tre milioni, spiega il documento ufficiale, li versiamo cash,
contanti, mentre gli altri 363 milioni arrivano da una serie di
facilitazioni che il governo italiano concede all'alleato: si tratta
(pagina II-5) di «affitti gratuiti (di caserme, case e palazzi),
riduzioni fiscali varie e costi dei servizi ridotti». Per inciso ciò che
le imprese del Nord-Est e del Meridione chiedono disperatamente da anni
al governo di Roma senza ottenerlo, gli Usa lo incassano in silenzio già
da molti anni. Pronto Usa? Cash, tac!
Dunque il 41
per cento dei costi totali di stazionamento è a carico del governo
italiano. Più dell'Italia pagano solo Giappone e Germania (tabella di
pagina E-4). Ma calmi… se fidiamo nella disponibilità dei nostri
governanti arriveremo a raggiungerli e anche sorpassarli!
Ora entriamo
in altri particolari, cominciando con il descrivervi la situazione in
Sardegna. Perché iniziamo proprio da quest’isola? Per la semplice
ragione che qui è concentrato il 60% dello spazio occupato dalle basi
militari Usa in Italia. In Sardegna abbiamo il grande poligono che
comprende le aree di Quirra, Perdasdefogu e capo San Lorenzo. E dobbiamo
segnalare la base navale più importante per sommergibili atomici, quella
sull’isola di Santo Stefano, la Maddalena, che occupa, di fatto per
intiero, la piccola e ridente isola degna d’essere ritenuta dall’Unesco
patrimonio dell’umanità.
Particolare
interessante: chi ha fatto dono agli Usa di questo spazio della costa
Smeralda è in persona Giulio Andreotti circa 30, 35 anni fa. Dio gliene
renda merito! Il mare che circonda l’isola è proprietà della base a
tutti gli effetti, a partire da esercitazioni e collaudi. Sul fondo
rotolano di continuo proiettili di varie dimensioni che in seguito alle
mareggiate si ritrovano sulla spiaggia.
È inutile
dire che in quella zona la balneazione è proibita. Così come per i
pescatori proibito è stendere reti nel golfo e dintorni dell’isola.
Qualche anno fa ha fatto scalpore la notizia che uno dei sommergibili
atomici della base aveva subito un incidente che ha messo in grave
pericolo la vita degli abitanti dell’isola e dell’intiero spazio acqueo.
Il fatto è avvenuto esattamente il 25 ottobre 2003. In quel caso il
sommergibile atomico Hartford andò a incagliarsi nella Secca dei Monaci,
presso la Maddalena, riportando seri danni. Il fatto fu ritenuto tanto
grave da indurre il comando Usa a sospendere il comandante del
sommergibile. L’incidente è stato tenuto celato come al solito dalle
autorità italiane e se n’è saputo qualcosa solo grazie alle
dichiarazioni del comando Usa. C’è stata perdita di materiale
radioattivo? E le notizie dei numerosi casi di leucemia, come le
mettiamo?! Mah…
Le autorità
americane interrogate non hanno rilasciato alcuna notizia sull’eventuale
contaminazione del fondale e delle acque. Solo recentemente, in seguito
a manifestazioni iniziate nella piccola isola e riprese in tutta la
Sardegna, agenzie straniere hanno condotto alcuni sondaggi scientifici
in zona. Esiti delle ricerche eseguite da istituti indipendenti (tra i
quali il francese CRIIRAID) hanno rivelato una presenza abnorme di
radionucidi nelle alghe.
Da qui sono
nate dimostrazioni di protesta da parte degli abitanti e in particolare
dei pescatori che vedono ormai compromessa la propria sopravvivenza, sia
fisica che di lavoro. Le stesse analoghe manifestazioni di protesta sono
esplose a Capo Teulada nel sud dell’isola, dove in seguito alle ripetute
esercitazioni militari i pescatori si trovavano costretti a non poter
calare le reti nelle acque prospicienti la costa, fra l’altro le più
pescose. Durante una di queste proteste, i manifestanti che si erano
avvicinati alla zona off limits con le loro imbarcazioni hanno dovuto
subire un vero e proprio speronamento da un’imbarcazione della marina
militare italiana (9 marzo 2005). Paradossale che a proteggere i
pescatori siano intervenuti i marinai della base degli Usa. Grazie
America!
Ad un certo
punto il comando Usa della Maddalena ha sospettato che la loro presenza
non fosse molto gradita alla popolazione che vedeva crescere le
contaminazioni radioattive e si sentiva di fatto privata del diritto di
gestire liberamente la propria vita. Per di più ai natanti d’ogni
genere, compresi quelli dei turisti, non è permesso di attraccare o
gettare l’ancora in prossimità di quelle coste. Così si è cominciato a
raccogliere la voce che l’intiero contingente navale americano stesse
per traslocare altrove. Era questione di mesi. Ma evidentemente era solo
un sogno per quegli abitanti. Infatti, secondo quanto riportato
ultimamente dalle agenzie di stampa e da alcuni quotidiani locali - Il
Giornale di Sardegna e La nuova Sardegna, in data 16 settembre 2005 -,
gli Usa intenderebbero prossimamente rafforzare la loro presenza nella
base per sottomarini nucleari dell'isola della Maddalena; il progetto
prevede un ampliamento della base pari a più del doppio delle volumetrie
concesse (da 50.000 metri cubi si passerebbe a 120.000). Insomma ci si
sono affezionati… andandosene ci lascerebbero il cuore… per cui…
raddoppiano!
Ed ora
veniamo a noi, cioè parliamo di Vicenza, la città del Palladio e culla
della commedia dell’arte, il più famoso teatro della tradizione antica
italiana. Qui si sta progettando un ingigantimento dell’attuale caserma
Ederle e della realizzazione della più potente base americana
nell’Europa. Qui verrebbe ospitata la nuova 173ma brigata
aerotrasportata, che triplica la forza e gli organici di quella ora
divisa tra qui e le basi tedesche di Bamberga e Schweinfurt. È proprio
uno spasso constatare che mentre i tedeschi, popolo guerriero, stufi di
ospitare da più di mezzo secolo le brigate degli amici d’America, li
invitano a sloggiare, noi, popolo canterino-pacifico, col nuovo governo
di centro-sinistra spalanchiamo felici le braccia per raccogliere quello
che in Germania non possono più sopportare. Ma siamo sicuri che questo
nostro sia un governo “nuovo”?
Però nella
città del Palladio non vedremo giungere solo uomini. La 173ma brigata
non è composta da soli paracadutisti e aviotrasportati. Reca con sé un
bagaglio più che consistente: 55 tank M1 Abrams (cioè proprio pesanti!
Con cannoni da 90 a 120 millimetri), 85 veicoli corazzati da
combattimento, 14 mortai pesanti semoventi, 40 jeep humvee con sistemi
elettronici da ricognizione, due nuclei di aerei spia telecomandati
Predator, una sezione di intelligence provvista di diavolerie
elettroniche, due batterie di artiglieria con obici semoventi e i
micidiali lanciarazzi multipli a raggio lungo Mrls.
Un forza
d’urto sufficiente a cancellare una metropoli! E già che siamo sotto
Carnevale si può ben dire una scatenata festa coi botti!
A detta del
generale James L. Jones la 173ma brigata è da chiamarsi “maglio mobile
con la potenza di fuoco di una divisione d’attacco immediato”. Per chi
ama il cinema il nome 173ma brigata fa subito venire in mente Apocalypse
Now, dove proprio il contingente d’attacco in questione si esibiva al
comando di un capitano-cowboy nella distruzione di villaggi e massacro
di popolazione in Vietnam al suono delle Valchirie di Wagner.
Prego…
benvenuti nella dolce Padania, accomodatevi! Mentre sorpassate coi
vostri elicotteri bombardieri il Mekong, sì voglio dire… il nostro Po,
per delicatezza, vi dispiace mettere in onda il Va pensiero di Verdi se
in un momento di euforia vi scappa di gettare napalm? Ma il nostro
governo, attraverso i suoi ministri, insiste ad assicurare che nella
base non ci saranno armi di alcun genere, neanche temperini e
tagliacarte!
A parte i
lazzi da commedia dell’Arte, per ospitare degnamente tutta questa forza
di fuoco, abbisogneranno strutture e sovrastrutture nuove ed efficienti.
Il movimento di questi mezzi d’attacco, camion blindati, carri da
sfondamento, tank…, avrà bisogno di strade adatte e solide… soprattutto
sgombre. Non si accettano ingorghi e traffico caotico, niente
biciclette, bambini e vecchietti curiosi. Stare alla larga, prego!
Il Ministro
Parisi ha tranquillizzato la popolazione, letteralmente garantendo che:
“Il governo ritiene suo dovere vigilare affinché le opere che verranno
realizzate siano rispettose delle esigenze prospettate dalle comunità
locali, con particolare riferimento all’impatto sul tessuto sociale,
sulla viabilità e sulla rete dei sottoservizi.” (la Repubblica, 31 genn.
P. 10) Inoltre ha assicurato che il Comune sarà esonerato dalle spese
per le infrastrutture e che i servizi sportivi, scolastici e naturali
(ora in funzione, da abbattere) verranno ricollocati e ricostruiti
altrove a carico degli americani. Ricostruire? Ma dove? Quando? Dov’è il
progetto da discutere?
C’è proprio
da farsi una grossa risata. Già che c’era, il nostro ministro della
guerra, pardon della Difesa!, poteva anche giurare che le autorità di
controllo del governo italiano hanno libero e continuo diritto di
accesso nella base in ogni ora o momento senza preavviso, onde
verificare che i responsabili della base stessa stiano proseguendo come
da regolamento previsto. Chissà se ai nostri controllori della
Repubblica italiana sarà permesso anche di verificare che nella base di
Vicenza, oltre che a uno stivaggio di svariate tonnellate di proiettili
di vario calibro, non si trovino per caso anche ogive atomiche.
Stiamo
esagerando? Facciamo del terrorismo gratuito? E allora, eccovi qua la
testimonianza del Natural Resources Defence Council (Stati Uniti).
Secondo questa autorevole fonte sarebbero 40 le testate nucleari
stoccate nella base di Torre di Ghedi (provincia di Brescia) e 50 quelle
custodite ad Aviano, della potenza variante da 0,3 a 170 chilotoni
(quella della bomba sganciata su Hiroshima era di circa 15 chilotoni),
tutte bombe, queste, stivate nelle nostre basi a disposizione di Tornado
anche dell’aviazione militare italiana. Se gradisce… Quindi stiamo
tranquilli, noi qui nel nord siamo al caldo!
Qualcuno,
scrivendo su testate di prestigio, si è chiesto se non fosse stato più
ragionevole e comodo scegliere come base e relativo nuovo aeroporto uno
spazio più consono, situato in una piana meno abitata e sgombra di
fabbriche come è la zona intorno a Vicenza, il cui centro dista meno di
due chilometri dall’aeroporto in costruzione. A parte il frastuono al
quale saranno sottoposti gli abitanti, sorvolati di continuo da jet
urlanti in quantità da incubo, essi vicentini saranno vivacemente
irrorati dagli scarichi del carburante a iosa… tutta salute!
“Ci voleva
poco – commenta l’autore dell’articolo – a trovare nella nostra penisola
qualche spazio più adatto alla bisogna.” Ma ecco che in merito risponde
Lutwack, il noto consulente strategico del governo Bush che spesso
appare ospite sulle nostre reti televisive, che parla come Stanlio e
Olio. (Forse esegue parodia con accento inglese) Egli ammette che
sarebbe stato facile trovare un altro spazio meno urbanizzato, ma la
scelta di Vicenza è dovuta al particolare che una grande percentuale di
militari delle truppe ospitate proviene da università e college
prestigiosi, dove ha condotto studi umanistici e d’arte. Per cui essi
specificamente hanno richiesto di potersi insediare nei pressi di una
città d’arte famosa come la patria del Palladio, onde poter arricchire
la propria cultura e godere del piacere insostituibile della bellezza.
Quindi,
vicentini, siate orgogliosi per la scelta che hanno fatto le truppe di
sfondamento aerotrasportate. Sì, dovrete sopportare qualche fastidio, a
partire da un traffico d’inferno, pericolo di contaminazioni
radioattive, controlli continui, divieti, rischiare di essere scambiati
per terroristi…, ma non si può avere tutto dalla vita: la gloria e pure
la tranquillità e il benessere! Quindi godetevi ‘sta pacchia!!!
Alleluia!!!
Articolo tratto da
L’Unità, 13.02.07