I contrasti violenti fra i Kaid arabi e il declino del mondo islamico nordafricano favorirono il crollo del dominio arabo in Sicilia e l'impresa dei Normanni guidati dai fratelli Roberto, detto il Guiscardo (il furbo) e Ruggero d'Altavilla. Ma chi erano i Normanni o "uomini del nord"? I Normanni provenienti dalla lontana Scandinavia, si erano stabiliti attorno al 911 nell'odierna Normandia come vassalli del re di Francia. Divenuti francofoni e cristiani, penetrarono nell'Italia meridionale all'inizio dell'XI secolo.
Non è certo come e perché vi siano arrivati; sappiamo però che scesi come mercenari, i normanni, ben presto riuscirono ad inserirsi nelle contese che opponevano i pontefici romani, i duchi longobardi di Benevento e di Salerno, gli arabi di Sicilia, i bizantini di Puglia e di Calabria. Protagonisti delle più importanti conquiste furono i Drengot, dei quali Rainulfo, divenne conte di Aversa (1028), e gli Altavilla (Hauteville), 11 fratelli che, sbarcati nel 1035, iniziarono al servizio di Rainulfo la loro straordinaria carriera, destinata a concludersi con la conquista di tutta l'Italia meridionale e della Sicilia e con la costituzione di un regno (fra il 1130 e il 1139) che divenne il più potente ed importante dell'epoca: il regno di Sicilia.
È giusto ricordare i protagonisti più famosi dell'impresa: Guglielmo Braccio di Ferro che divenne conte di Puglia, Roberto il Guiscardo, duca di Puglia e Calabria, Ruggero I, conte di Sicilia (? - 1101), e Ruggero II (? - 1154), primo re di Sicilia. Fu proprio durante una contesa tra il kaid di Agrigento e quello di Catania che quest'ultimo si rivolse ai Normanni (che ben conoscevano la situazione politico-militare dell'isola in quanto erano stati mercenari dei bizantini nel periodo tra 1038 ed il 1042). L'aiuto prestato al kaid di Catania in realtà fu solo un pretesto per iniziare la conquista della Sicilia.
Roberto e Ruggero d'Altavilla organizzarono infatti nel 1061 un secondo sbarco a Messina con poco più di un migliaio di soldati. Messina cadde senza opporre resistenza per cui i Normanni arrivarono facilmente fino ad Enna ed Agrigento. Questo fu solo l'inizio, perché la spedizione vera e propria ebbe nella primavera del 1062, quando Ruggero, con truppe fresche e questa volta da solo, tornò in Sicilia con l'intento di occupare l'intera isola. E con una serie di fortunate battaglie che videro cadere rapidamente le più importanti città dell'isola, nell'agosto del 1071 giunse alle porte di Palermo, la favolosa capitale. I normanni si impadronirono facilmente dei giardini e degli agrumeti e si divisero i magnifici palazzi che vi sorgevano. Ma non si lasciarono distrarre dagli ozi e per favorire lo sbarco di Roberto il Guiscardo venuto in aiuto del fratello, con un colpo di mano si impadronirono del castello di Yahya, alla foce del fiume Oreto. Il castello fu ribattezzato San Giovanni e trasformato in chiesa cristiana, in ringraziamento della vittoria. Nel 1150 la chiesa divenne un lebbrosario da cui deriva il nome di San Giovanni dei lebbrosi che porta ancora oggi. L'assedio di Palermo durò fino al gennaio del 1072, perché gli arabi asserragliati nella città fortificata resistettero strenuamente. Il primo assalto avvenne nel quartiere di Al Quasr, il Castello, il quartiere dei mercati coperti (da cui la nostra denominazione di "Cassaro" che ancora sta ad indicare la zona che va da Palazzo reale ai quattro canti e da via Porta reale a via del Celso), ma gli arabi resistettero.
Il secondo attacco avvenne nel quartiere di Al Khalesa (da cui l'odierna "Kalsa"), il quartiere amministrativo. Qui la resistenza fu minore, i Normanni riuscirono a penetrare nella città fortificata e la capitale cadde. I Normanni si mostrarono generosi e tolleranti fin dall'inizio. Non vi furono rappresaglie e le proprietà dei cittadini arabi furono rispettate. Fecero comunque celebrare nell'antico Duomo, che per 240 anni era stato trasformato in moschea, una messa solenne. Finisce così il ricco ed autonomo regno dei musulmani in Sicilia ed inizia il governo illuminato dei Normanni. Ben presto caddero anche Enna, Butera ed infine, nel 1091 Noto. In poco più di trenta anni Ruggero riuscì a conquistare l'intera Sicilia e le isole di Malta e Pantelleria, il cui possesso rese sicuri i traffici nel canale di Sicilia e consentì di avviare scambi commerciali con i paesi che si affacciavano nel mediterraneo. Ruggero inoltre, profittando della lotta per le investiture (la nomina dei vescovi) tra il papato e l'impero germanico, appoggiò il papa Urbano II ospitandolo a Troina, e in ricompensa, per questo e per aver liberato dall'Islam la Sicilia, ottenne il titolo di Gran Conte di Sicilia e di Calabria e nel 1097 la prerogativa di "legato apostolico" (L'apostolica legatia), che riconosceva al Gran conte e a tutti i suoi successori giurisdizione su tutte le faccende ecclesiastiche purché non si infrangesse il dogma di fede o la salute dell'anima e per la quale tutti i vescovi siciliani (tranne quello di Lipari la cui diocesi è successiva) erano direttamente nominati dal Re di Sicilia.
Ottenne cioè dal Papa quello che l'imperatore tedesco Enrico IV non riuscì mai ad ottenere. Per la gestione di tale privilegio fu creato un apposito istituto giuridico, il tribunale della monarchia, dove il termine "monarchia" significa unità di comando amministrativo ed ecclesiastico. Con i Normanni si costruiscono in Sicilia , mentre la maggior parte dell'Europa è ancora barbara e feudale, le basi di uno stato moderno. Il re non comanda più tramite i suoi potenti feudatari, ma tramite i suoi funzionari (burocrati dello stato e non potenti signorotti). Ruggero trascorse i 15 anni del suo effettivo dominio a costruire le fondamenta del nuovo stato. Diversamente dai normanni di Guglielmo il conquistatore, che avevano conquistato l'Inghilterra, fu tollerante con i costumi e le tradizioni greche, latine e arabe che in quel periodo coesistevano in Sicilia. E pur rispettando le lingue e le religioni dei greci e degli arabi si dedicò alla ricristianizzazzione e rilatinizzazione della Sicilia. Fece costruire cattedrali come quella di Troina, prima capitale del suo regno, e di Catania, istituì nuove diocesi (grazie al legato apostolico di cui godeva), favorì l'immigrazione di piemontesi e lombardi che si insediarono a San Fratello, a Novara sicula, a Piazza Armerina, Aidone e Nicosia. In questi comuni ancora oggi si parla un dialetto gallo-siculo, diverso da quello che si parla nella Sicilia orientale o nella Sicilia occidentale. Con Ruggero d'Altavilla la Sicilia ritorna a far parte del mondo occidentale ma contemporaneamente non taglia i legami con l'oriente, mantenendo il Gran Conte armate musulmane e rapporti di amicizia e di commercio con tutto il bacino del mediterraneo e non cedendo mai alle lusinghe di crociate in Terra Santa.
Morì a Mileto, il 22 giugno del 1101, all'età di settanta anni. Rimase reggente la sua terza moglie, la gran contessa Adelasia, dalla quale aveva avuto due figli: Simone e Ruggero. Simone, il primogenito morì fanciullo, lasciando erede il piccolo Ruggero che a 10 anni divenne Gran Conte di Sicilia e che sarebbe divenuto il primo re di Sicilia.
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Ruggero II |
Dopo la morte di Ruggero I, nel 1101, rimase reggente del Regno Adelasia per conto di Simone prima e di Ruggero poi. Adelasia si ritrovò a capo dello stato più ricco e potente del meridione. La sua era una responsabilità immensa e molti pensarono che non potesse essere sopportata da una donna. Ma sbagliavano, ella seppe difendere con coraggio e fermezza il trono dei suoi figli circondandosi, per prima cosa, di funzionari fedeli al marito tra i quali l'ammiraglio Cristodulo, nominato "protonobilissimo" e, quando fu necessario, seppe essere spietata riuscendo a sedare con feroci rappresaglie le rivolte dei baroni ribelli.
Attenta all'amministrazione della giustizia, intervenne con autorità per dirimere numerose controversie sorte tra gli abati di diverse abbazie. Non legata sentimentalmente come il marito alla Calabria, Adelasia trasferì la sua corte prima a Messina, e poi a Palermo, città ricca e fiorente che a quel tempo contava circa 250.000 abitanti. Adelasia aveva appreso dal marito non solo le arti del governare e della diplomazia ma anche quella della mediazione, dote a lei congeniale che le consentì sempre di comporre i conflitti che facilmente esplodevano in una realtà composita come quella siciliana; proseguì con grande abilità la politica di Ruggero il cui punto di forza era la capacità di rispettare costumi e culture diverse integrate in un contesto nazionale multietnico, nuovo ed originale. Latini, franchi, greci, arabi non dovevano sentirsi stranieri o percepire prevaricazioni dall'una o dall'altra etnia bensì dovevano sentirsi popoli di una stessa patria. La sua fu una responsabilità immensa, ma ella seppe assolvere a questo compito con una grinta, un coraggio ed un'abilità eccezionali anche per un uomo temprato al comando, fino al 1112, quando passò la mano all'unico figlio rimastogli Ruggero che in quell'anno compiva diciassette anni. Ruggero, cresciuto nell'ambiente cosmopolita della corte di Palermo fu educato da precettori greci e musulmani. Imparò a parlare correntemente il greco, l'arabo ed il latino, cosa che gli consentì, da adulto di trattare in prima persona coi principi stranieri. Avviò un'energica politica di consolidamento della contea continuando l'unificazione dello stato avviata dal padre tendente a dare a tutti i sudditi del regno, qualunque fosse la loro origine etnica, un'eguaglianza di fronte alle leggi e di fronte allo Stato, e contemporaneamente una politica di espansione nel Mezzogiorno della penisola, col disegno di unificare i domini normanni d'Italia.
Nel 1126, eredita dal cugino Guglielmo, morto senza eredi il ducato di Puglia. Questa grande e potente signoria che si andava formando nell'Italia meridionale non poteva, naturalmente, esser vista di buon occhio da papa Onorio II che scomunicò Ruggero e tutti coloro che lo avessero aiutato nella conquista della Puglia. Ruggero dapprima tentò di ingraziarsi Onorio inviandogli ambasciatori con ricchissimi doni e dichiarandosi pronto a considerarsi vassallo della Santa Sede ma il Pontefice rinnovò la scomunica e guadagnò alla sua causa Roberto principe di Capua e Rainolfo d'Alife. Ruggero allora, radunate le sue efficienti milizie, marciò verso la Puglia e Taranto Otranto, Brindisi, Castro ed altre città si arresero senza opporre resistenza, riconoscendolo loro Duca.
Nulla potendo la scomunica, il Pontefice tentò la via delle armi e venne ad affrontarlo sul Bradano, nella pianura di Vado Petroso. Ma Ruggero non lo affrontò direttamente temporeggiò, quasi come in un assedio, per stancarne l'esercito mercenario che in effetti dopo qualche tempo si disperse prima ancora di iniziare una sola battaglia; il Pontefice, fu costretto a rifugiarsi a Benevento e a venire a patti: dovette assolvere Ruggero dalla scomunica e riconoscerlo duca di Puglia (agosto del 1128).
Tornato Ruggero in Sicilia, i baroni pugliesi insorsero nuovamente, ma questi, riattraversato lo stretto li soggiogò facilmente, e ormai padrone del ducato, convocò una dieta (parlamento) a Melfi, in cui rafforzò la sua autorità esigendo l'obbedienza dei più potenti vassalli senza far loro alcuna concessione. Conte di Sicilia e duca di Puglia, il principe normanno assumeva così la veste di signore dell'Italia meridionale, anche se non ancora interamente conquistata.
Tra il 1128 e il 1129 egli riuscì ad affermare il suo potere anche su Napoli, Bari, Capua e molte altre località e a continuare l'opera unificatrice. Pochi sovrani in Europa avrebbero potuto competere con lui. Nessun monarca occidentale lo superava in ricchezze e Palermo, antica capitale degli emiri, ricca di magnifici palazzi, fiorentissima per le arti e per i commerci, era la degna sede di un tal principe, che aveva adottato la pompa e i costumi arabi. Il suo palazzo era adorno di preziosissimi arredi; popolato di eunuchi e fanciulle e difeso da un fortissimo corpo di soldati saraceni. Il fasto di Palermo era pari a quello delle più sontuose corti orientali e al fasto corrispondeva la potenza, perché in quel tempo Ruggero, i cui stati si estendevano quasi fino a Roma e avevano i porti frequentati dai crociati di passaggio, pesava molto nella politica europea. E mentre l'autorità degli altri principi era limitata dalla potenza dei loro vassalli, quella di Ruggero no ed era in grado di radunare quando, dove e come voleva un formidabile esercito, che le fedelissime milizie musulmane rendevano ancor più forte e temuto.
Data la potenza cui era pervenuto Ruggero sentì la necessità di costituire lo Stato in un'unità che desse al sovrano maggiore autorità, e convocato a Salerno, nel 1129 un Parlamento al quale parteciparono non solo gli ecclesiastici e i baroni, ma anche i cittadini più importanti, propose, vista l'estensione e la ricchezza dello Stato di mutarlo in Regno. Ottenuto il voto del Parlamento, Ruggero fece ritorno in Sicilia, dove il voto di Salerno fu confermato da un'altra assemblea siciliana. Ruggero inoltre seppe trarre profitto delle discordie nate in seno al papato in seguito alla morte di Onorio (contemporaneamente erano stati eletti due papi Innocenzo II e l'antipapa Anacleto II) e con un piccolo capolavoro politico appoggiando Anacleto, riuscì a fare avallare il diritto divino alla corona di Sicilia, diritto immortalato in un mosaico nella chiesa della Martorana a Palermo, dove Ruggero, in abiti orientali, riceve la corona dalle mani di Cristo. La cerimonia dell'incoronazione avvenne la notte di Natale del 1130.
Fu tale la pompa che, ad un cronista del tempo, parve che tutte le ricchezze e le magnificenze del mondo si fossero riunite a Palermo. Le sale della reggia erano ricoperte di preziose tappezzerie, i pavimenti di tappeti di squisita fattura. Il nuovo re uscì preceduto da tutti i baroni e cavalieri del regno che incedevano a coppie, montati su superbi cavalli dai finimenti d'oro e d'argento; seguivano il monarca i più autorevoli personaggi, anch'essi riccamente vestiti e su cavalli magnificamente bardati. Giunto al duomo, Ruggero fu consacrato dagli arcivescovi di Benevento, di Capua, di Salerno e di Palermo e ricevette la corona dalle mani del principe di Capua. Alla cerimonia seguirono sontuosi banchetti in cui non fu usato altro vasellame che d'oro e d'argento; gli scalchi, i paggi, i donzelli e perfino i valletti che servivano le mense erano vestiti di tuniche di seta. L'avvento al regno fu seguito da un decennio di guerre, nel quale Ruggero II ebbe contro di lui coalizzati il papato, l'impero tedesco, Bisanzio, le repubbliche marinare di Genova, Pisa, Venezia e, nel regno, città e baroni ribelli.
Nonostante rischiosissime avventure, Ruggero II riuscì ad estendere i confini del regno fino al Tronto, e, morto l'antipapa Anacleto II (1138), dopo aver inflitto una grave sconfitta a Innocenzo II (San Germano, 1139), ottenne anche da questo il titolo regio. La pace col pontefice consentì al re di ristabilire la sua autorità all'interno e di riprendere, con la collaborazione di Giorgio d'Antiochia e di altri valorosi ammiragli, l'espansione oltre mare, dalla Sicilia alla costa tunisina e dalla Puglia alla Grecia. E fu proprio durante un viaggio di ritorno in Sicilia via mare, che il re s'imbatté in una violentissima tempesta. Per due giorni temettero di naufragare, poi in vista della rocca di Cefalù le acque, come per incanto si calmarono. Ruggero lo interpretò come un segno della benevolenza divina e per questo fece innalzare sulla rocca quella che ancor oggi viene considerata una delle più belle cattedrali del mondo: il Duomo di Cefalù.
Ruggero II fece del regno di Sicilia uno degli Stati d'Europa più potenti e meglio ordinati grazie alla base legislativa delle "Assise del Regno di Sicilia", date ad Ariano nel 1140. Caratteristica del regno siciliano è l'esistenza di un'amministrazione centrale assai complessa: il re è assistito da sei ufficiali (i più importanti dei quali sono l'"ammiraglio", carica di origine araba, capo delle forze armate ed il protonotario, capo della cancelleria) e da magistrati sparsi nelle province (iusticiarii e connestabuli). Esistono un'amministrazione finanziaria (dohana) e una forma di autogoverno concessa alla comunità araba di Palermo, retta da un kadì. Speciali prerogative, in materia di organizzazione ecclesiastica, grazie all'apostolica legatia concessa da papa Urbano II a Ruggero I vengono riconosciute ai sovrani normanni, nominati legati papali, ossia diretti rappresentanti della Santa Sede.
Pur essendo gli obiettivi principali imposti dai pontefici lo sradicamento dell'islamismo e la lotta contro l'influenza del Cristianesimo greco-bizantino, Ruggero II si guardò bene dall'interessarsi di crociate, problema che coinvolgeva il resto dell'Europa, e fu molto tollerante riguardo le profonde differenze etniche e religiose esistenti tra i suoi sudditi, ed anzi ne incoraggiò le attività artistiche e culturali. Alla corte di Ruggero perdura la cultura araba e molti dotti accolse alla sua corte, preferendo alla compagnia e alla conversazione con i monaci cristiani quella con i dotti arabi, tra questi ricordiamo il geografo al-Idrisi che per incarico del sovrano scrisse "Il sollazzo per chi si diletta di girare il mondo" più nota come Kitab-Rugiar, ossia Il libro di Ruggero, che costituisce una delle più importanti opere di geografia di tutto il medioevo. Al libro si accompagnava un grande planisfero d'argento, purtroppo andato distrutto o meglio predato e fuso.
Il grande re morì nel 1154, dopo 24 anni di regno e dopo aver sottomesso buona parte delle terre che si affacciano nel Mediterraneo. Due mesi dopo la sua morte nacque la figlia Costanza, che qualche anno più tardi partorirà in una pubblica piazza lo Stupor mundi, Federico II di Svevia. Fara Misuraca |