Le interviste di Brigantino e don Virgilio

 

Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa

(serie infamoni borbonici)

Leopoldo Beniamino Giuseppe, nato il 22 maggio 1813 a Palermo, morto il 4 dicembre 1860 a Pisa

Viva 'o Rre!

Tu dici che di Silvio il parente,

corruttibile ancora, ad immortale

secolo andò, e fu sensibilmente.

Don Virgilio: Dottò, toglietemi un curiosità! Questa nave di ferro … ma comme fa a sta’ a galla?

Brigantino: Ehhh, Virgì, è ‘na storia lunga! Tanti secoli fa, un siciliano di nome Archimede osservò …

Don Virgilio: Nooo! Archimede nun è nu nomme siciliano, dottò … jamme nun cuntate fessarie!

Brigantino: E allora, pasciti nella tua ignoranza!

Don Virgilio: …sta’ Sardegna nun arriva maje! Ma vuje, dottò, vi pensavate che era accussì luntana?

Ebbene sì, ill.mo lettor, eravamo sul traghetto, diretti alla Sardegna, ad intervistar Leopoldo di Borbone! Dirai “e che ce trase ‘a Sardegna!?”, tale e quale come dicemmo noi alla postina (che volto angelico!) che ci recò il lasciapassare. Ti giriamo la di lei risposta: “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e nun perdite ‘e bigliett d'o vaporetto, si no ‘e refunnite vuje!”

Nella notte buia e tempestosa, il procelloso mare avviluppava il vascello di sferzanti flutti, sicché il fido don Virgilio, mio portinaio a Vico Storto Pallonetto Santa Lucia, si strinse timoroso al mio braccio forte (don Virgilio: “nun j è overo, fu tutt’u cuntrario”). D’un tratto, oh orridu visu  (don Virgilio:” uè, già simme in Sardegna, ca parlate accussì?”), dal turbinio dell’onde sorse un Mostro Marino Nano, curiosamente in doppiopetto, dardeggiante nella destra un riccioluto tremonte! “’O sole mio”, urlò pensando di cantare. E il duca a lui: “Vatecocca”. Il mostro tosto sparì nei gorghi, non pria di profferir un cortese “mi cosenta”. Soggiunse poi l’alba, che ha dita di rosa, e fummo in vista della Costa Smeralda.

In luogo dell’amena e rocciosa costa, v’era un abusivo ed immenso cantiere di cemento. Ci vennero incontro due rossi druidi sabaudi in carroccio: avean zampe da capra, coda uncinata e grandi, grandissime corna. “Chi va là!” dissero all’unisono.

Terzo: “Ma non li riconoscete dalla puzza?! Sono i due meridios che aspettavamo…

Solo allora notammo Sua Nanità Vittorio Emanuele Terzo, che già ci fu da guida in passate interviste.

Don Virgilio: Uè, Terzo, auguri per la nipotina: è tale e quale a te, lo sai?!

Brigantino: Virgì, nun fa ‘u ruffiano!

Terzo: … ecco, Virgilio, visto che ti sei ricordato … questa è la bomboniera. In effetti, ma rimanga tra nuje napulitane, la fanciullina non è mia progenie, in quanto, devi sapere, Emanuele Filiberto è … psss..psss…

Giungemmo alfine nell’immensa villa, e venimmo assaliti da un caldo infernale. Un distinto signore, vestito come un principe dell’800, ci venne incontro spavaldo.

LeopoldoMi consenta, sono Leopoldo di Borbone, Conte di Siracusa, fratello del Re delle Due Sicilie Ferdinando II.

Don Virgilio: Ma … allora siete dei nostri!

Brigantino: Scusatelo, don Leopoldo, lui non sa ancora che foste un traditore …

Leopoldo: … della Patria e dei Parenti! Un primato da far invidia a chiunque! Mio fratello Luigi, il conte dell’Aquila, tentò di insidiarmi il record, ma essendo più piccolo di me …

Brigantino: Come mai vi hanno sistemato in questa villa in Sardegna?

Leopoldo: Perché ad Arcore vi son già bastanti spettri …

Brigantino: Quando diventaste traditore?

Leopoldo: Il 16 giugno 1837, allorché sposai, in Napoli, Maria Vittoria Filiberta di Savoia. I suoi parenti mi iniziarono alle pratiche massoniche, e mi coptarono alle idee liberali. Promisero di farmi Re in luogo del tirannico germano.

Passò in quel mentre un fravecatore, con una mastella piena di cemento sciolto, inciampò e versò il contenuto su don Leopoldo, che non perse però la composta allegria, e mi fe’ cenno di proseguire (don Virgilio: “iiih, ch’addore strano tiene stu cemento!”)

Brigantino: Però rimaneste a lungo inoperativo.

Leopoldo: Finchè ci fu Carlo Alberto sul trono di Piemonte. Era un pavido! Poi arrivarono Cavour e Vittorio Emanuele, e cominciammo a far sul serio. Dopo la guerra di Crimea del 1855, sviluppammo la sabauda trama di soggiogar l’Italia, ben mascherata dall’ideale dell’Unità. Nel Congresso di Parigi del 1856 si denunciò il malgoverno delle Due Sicilie, e si ottenne che Francia ed Inghilterra rompessero le relazioni diplomatiche col “Bomba” mio fratello. L’8 dicembre 1856, fallì per poco l’attentato al Re, compiuto dal soldato Agesilao Milano, su commisione della setta dei liberi muratori mazziniani. Io e Luigi, il conte dell’Aquila, ci rimanemmo male, poiché l’attentato non fu organizzato a regola d’arte dal generale Alessandro Nunziante ...

Brigantino: Ma che mi dite, don Leopoldo! Voi e don Luigi, fratelli di Re Ferdinando! Nunziante, Aiutante di Campo del Re che lo colmò di benefici! Ma perché tradiste, perché tanto odio!

Leopoldo: Uè, e famme fernì, patetico! Parlammece chiaro, giuvino’, lì erano in gioco cose grosse! Tu che vuo’ capì!

Transitò in quel dunque uno staffiere, recante un’enorme teiera, ma s’inciampò nei pressi del Conte, riversandogli addosso il contenuto. Leopoldo inarcò lievemente le sopraciglia, indi proseguì (don Virgilio: “uhh, e comme fieta stu ttè!”)

Leopoldo: Pure l'altro mio fratello Carlo odiava Ferdinando, se è per questo … Ci dividemmo i compiti. Luigi con la setta corrompeva la Armata di Mare. Nunziante continuò a lavorarsi i generali. Io davo obbedienza alla dinastia di mia moglie. Il piano prevedeva l’allargamento della Savoia a tutto il Settentrione, la creazione di un regno nell’Italia Centrale con Gerolamo Napoleone e consorte, Clotilde di Savoia; il Regno di Napoli per Luciano Murat; il Regno di Sicilia per il sottoscritto Leopoldo. Al Papa di Roma sarebbe andata la presidenza onoraria della confederazione. Nel gennaio 1859 ci fu la stesura ufficiale del piano a Plombiers, in cui per ovvi motivi si ufficializzarono solo i territori venduti dal Piemonte alla Francia, cioè Nizza e la Savoia.

Passarono in quel momento un musico e un paroliere, traenti una pesante conca ricolma di cioccolata, densa e fumante, ma s’inciamparono e la versarono tutta sul conte, inondandolo (don Virgilio: “Chesta nun è cioccolata! Mena nu fieto…!”).

Brigantino: E voi overamente ci credeste?!

Leopoldo: mi consenta, villico pennarulo! Era l’ambizione a guidarmi, non un futile ideale unitario, e mi si confaceva il trono promessomi nella nuova Italia a guida piemontese. Quando Ferdinando il Bomba finalmente se ne dipartì, la mia smania di trono divenne incontenibile. Premetti su Vittorio ripetutamente: occorreva sfruttare prontamente la debolezza di Franceschiello. Provvidi a ricevere gli agenti provocatori piemontesi, ad comprare i notabili locali, a far promesse di carriera ai quadri militari. Il 3 aprile 1860, per romper gli indugi, commissionai una lettera ad un gran maestro di retorica della setta, indirizzata a mio nipote Francesco II, per destabilizzare il già vacillante suo trono: ”Il principio della nazionalità italiana, rimasto per secoli nel campo dell’idea, oggi è disceso vigorosamente in quello dell’azione! Il Piemonte, facendosi iniziatore del novello principio, oggi respinge le sue frontiere fino alla bassa valle del Po, giovando la creazione di un forte Stato nel cuore d’Europa, guarentigia contro possibili coalizioni occidentali. Quale via dunque rimane? Una sola, che porta naturalmente il Reame del Mezzogiorno a includersi in quello dell’Italia superiore. Anteporremo noi alla politica nazionale uno sconsigliato isolamento municipale?”

Brigantino: Me la ricordavo più lunga ... mah! In ogni caso, quella lettera non arrivò mai al Re, ma fu pubblicata da tutti i giornali nazionali ed esteri ... evidentemente non volevate dare consigli, ma solo destabilizzare e farvi bello agli occhi del Piemontese!

Passaron di lì, come per caso, due scrivani, un comico e due vassalli recanti un gran desco di castana polenta, ma scivolarono ed imbrattarono tutto il signor conte, e per quei fortuiti giochi della dinamica, la tavola fece volar pe’ l’aria una argentea sputacchiera, posta lì nell’angolo, che ricadde con millimetrica precisione sulla testa di don Leopoldo, che ne fu ricolma.

Brigantino: Quando vi accorgeste di essere stato turlupinato dal sabaudo parente?

Leopoldo: In agosto del 1860 feci un pubblico appello a Francesco perché riconoscesse Vittorio qual unico re d’Italia, poi mi recai dall’ammiraglio savoiardo Persano a riscuotere. Pretesi di essere salutato colla bandiera allo stemma dei Savoia e non col borbonico, quale suddito di S.M. Vittorio Emanuele II, solo Re degno di regnare sull’Italia. Ma ricevetti dall’ammiraglio piemontese Persano la miserrima proposta di Luogotenenza in Toscana …altro  che regno!

Don Virgilio: Io, al posto vostro, me foss’acciso!

Leopoldo: È ciò che feci, qualche dì poscia, in quel di Pisa …

Don Virgilio: Stà arrivando tutta una crocchia di … operatori ecologici!

Brigantino: Virgì, fuimmo, quelli mi sa che si inciampano tutti sul conte e … ‘o fanno ‘na munnezza!

e quindi uscimmo a riveder le stelle

Viva 'o Rre!

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