Tu dici che di Silvio
il parente,
corruttibile ancora, ad
immortale
secolo andò, e fu
sensibilmente.
Don
Virgilio: Dottò, toglietemi un curiosità!
Questa nave di ferro … ma comme fa a sta’ a galla?
Brigantino:
Ehhh, Virgì, è ‘na storia lunga! Tanti secoli fa, un
siciliano di nome Archimede osservò …
Don
Virgilio: Nooo! Archimede nun è nu nomme
siciliano, dottò … jamme nun cuntate fessarie!
Brigantino:
E allora, pasciti nella tua ignoranza!
Don
Virgilio: …sta’ Sardegna nun arriva maje!
Ma vuje, dottò, vi pensavate che era accussì
luntana?
Ebbene sì,
ill.mo lettor, eravamo sul traghetto, diretti alla
Sardegna, ad intervistar Leopoldo di Borbone! Dirai “e
che ce trase ‘a Sardegna!?”, tale e quale come
dicemmo noi alla postina (che volto angelico!) che ci
recò il lasciapassare. Ti giriamo la di lei risposta: “Vuolsi
così colà dove si puote ciò che si vuole, e nun perdite
‘e bigliett d'o vaporetto, si no ‘e refunnite vuje!” |
Nella notte
buia e tempestosa, il procelloso mare avviluppava il
vascello di sferzanti flutti, sicché il fido don
Virgilio, mio portinaio a Vico Storto Pallonetto Santa
Lucia, si strinse timoroso al mio braccio forte
(don
Virgilio: “nun j è overo, fu tutt’u cuntrario”).
D’un tratto, oh orridu visu
(don
Virgilio:” uè, già simme in Sardegna, ca parlate accussì?”),
dal turbinio dell’onde sorse un
Mostro
Marino Nano,
curiosamente in doppiopetto, dardeggiante nella destra
un riccioluto
tremonte!
“’O sole mio”, urlò pensando di cantare. E il
duca a lui: “Vatecocca”. Il mostro tosto sparì
nei gorghi, non pria di profferir un cortese “mi
cosenta”. Soggiunse poi l’alba, che ha dita di
rosa, e fummo in vista della Costa Smeralda.
In luogo
dell’amena e rocciosa costa, v’era un abusivo ed immenso
cantiere di cemento. Ci vennero incontro due rossi
druidi
sabaudi
in
carroccio:
avean zampe da capra, coda uncinata e grandi,
grandissime corna. “Chi
va là!”
dissero all’unisono.
Terzo:
“Ma non li riconoscete dalla puzza?! Sono i due
meridios che aspettavamo…
Solo allora
notammo Sua Nanità Vittorio Emanuele Terzo, che
già ci fu da guida in passate interviste.
Don
Virgilio:
Uè, Terzo, auguri per la nipotina: è tale e quale a te,
lo sai?!
Brigantino:
Virgì, nun fa ‘u ruffiano!
Terzo:
… ecco, Virgilio, visto che ti sei ricordato … questa è
la bomboniera. In effetti, ma rimanga tra nuje
napulitane, la fanciullina non è mia progenie, in
quanto, devi sapere, Emanuele Filiberto è … psss..psss… |
Giungemmo
alfine nell’immensa villa, e venimmo assaliti da
un caldo infernale. Un distinto signore,
vestito come un principe dell’800, ci venne incontro
spavaldo.
Leopoldo:
Mi consenta, sono Leopoldo di Borbone, Conte di
Siracusa, fratello del Re delle Due Sicilie Ferdinando
II.
Don
Virgilio:
Ma … allora siete dei nostri!
Brigantino:
Scusatelo, don Leopoldo, lui non sa ancora che foste un
traditore …
Leopoldo:
… della Patria e dei Parenti! Un primato da far invidia
a chiunque! Mio fratello Luigi, il conte dell’Aquila,
tentò di insidiarmi il record, ma essendo più piccolo di
me …
Brigantino:
Come mai vi hanno sistemato in questa villa in
Sardegna?
Leopoldo:
Perché ad Arcore vi son già bastanti spettri …
Brigantino:
Quando diventaste traditore?
Leopoldo:
Il 16 giugno 1837, allorché sposai, in Napoli, Maria
Vittoria Filiberta di Savoia. I suoi parenti mi
iniziarono alle pratiche massoniche, e mi coptarono alle
idee liberali. Promisero di farmi Re in luogo del
tirannico germano.
Passò in
quel mentre un fravecatore, con una mastella
piena di cemento sciolto, inciampò e versò il contenuto
su don Leopoldo, che non perse però la composta
allegria, e mi fe’ cenno di proseguire (don
Virgilio: “iiih, ch’addore strano tiene stu cemento!”)
Brigantino:
Però rimaneste a lungo inoperativo.
Leopoldo:
Finchè ci fu Carlo Alberto sul trono di Piemonte. Era un
pavido! Poi arrivarono Cavour e Vittorio Emanuele, e
cominciammo a far sul serio. Dopo la guerra di Crimea
del 1855, sviluppammo la sabauda trama di soggiogar
l’Italia, ben mascherata dall’ideale dell’Unità. Nel
Congresso di Parigi del 1856 si denunciò il malgoverno
delle Due Sicilie, e si ottenne che Francia ed
Inghilterra rompessero le relazioni diplomatiche col “Bomba”
mio fratello. L’8 dicembre 1856, fallì per poco
l’attentato al Re, compiuto dal soldato Agesilao Milano,
su commisione della setta dei liberi muratori
mazziniani. Io e Luigi, il conte dell’Aquila, ci
rimanemmo male, poiché l’attentato non fu organizzato
a regola d’arte dal generale Alessandro Nunziante
...
Brigantino:
Ma che mi dite, don Leopoldo! Voi e don Luigi, fratelli
di Re Ferdinando! Nunziante, Aiutante di Campo del Re
che lo colmò di benefici! Ma perché tradiste, perché
tanto odio!
Leopoldo:
Uè, e famme fernì, patetico! Parlammece
chiaro, giuvino’, lì erano in gioco cose grosse!
Tu che vuo’ capì!
Transitò in
quel dunque uno staffiere, recante un’enorme teiera, ma
s’inciampò nei pressi del Conte, riversandogli addosso
il contenuto. Leopoldo inarcò lievemente le sopraciglia,
indi proseguì
(don
Virgilio: “uhh, e comme fieta stu ttè!”)
Leopoldo:
Pure l'altro mio fratello Carlo odiava Ferdinando, se è
per questo … Ci dividemmo i compiti. Luigi con la
setta corrompeva la Armata di Mare. Nunziante
continuò a lavorarsi i generali. Io davo obbedienza alla
dinastia di mia moglie. Il piano prevedeva
l’allargamento della Savoia a tutto il Settentrione, la
creazione di un regno nell’Italia Centrale con Gerolamo
Napoleone e consorte, Clotilde di Savoia; il Regno di
Napoli per Luciano Murat; il Regno di Sicilia per il
sottoscritto Leopoldo. Al Papa di Roma sarebbe andata la
presidenza onoraria della confederazione. Nel gennaio
1859 ci fu la stesura ufficiale del piano a Plombiers,
in cui per ovvi motivi si ufficializzarono solo i
territori venduti dal Piemonte alla Francia, cioè Nizza
e la Savoia.
Passarono
in quel momento un musico e un paroliere, traenti una
pesante conca ricolma di cioccolata, densa e fumante, ma
s’inciamparono e la versarono tutta sul conte,
inondandolo
(don
Virgilio: “Chesta nun è cioccolata! Mena nu fieto…!”).
Brigantino:
E voi overamente ci credeste?!
Leopoldo:
mi consenta, villico pennarulo! Era l’ambizione a
guidarmi, non un futile ideale unitario, e mi si
confaceva il trono promessomi nella nuova Italia a guida
piemontese. Quando Ferdinando il Bomba finalmente
se ne dipartì, la mia smania di trono divenne
incontenibile. Premetti su Vittorio ripetutamente:
occorreva sfruttare prontamente la debolezza di
Franceschiello. Provvidi a ricevere gli agenti
provocatori piemontesi, ad comprare i notabili locali, a
far promesse di carriera ai quadri militari. Il 3
aprile 1860, per romper gli indugi, commissionai una
lettera ad un gran maestro di retorica della setta,
indirizzata a mio nipote Francesco II, per destabilizzare il già vacillante suo trono:
”Il principio della nazionalità italiana, rimasto per
secoli nel campo dell’idea, oggi è disceso vigorosamente
in quello dell’azione! Il Piemonte, facendosi iniziatore
del novello principio, oggi respinge le sue frontiere
fino alla bassa valle del Po, giovando la creazione di
un forte Stato nel cuore d’Europa, guarentigia contro
possibili coalizioni occidentali. Quale via dunque
rimane? Una sola, che porta naturalmente il Reame del
Mezzogiorno a includersi in quello dell’Italia
superiore. Anteporremo noi alla politica nazionale uno
sconsigliato isolamento municipale?”
Brigantino:
Me la ricordavo più
lunga ... mah! In ogni caso, quella lettera non arrivò
mai al Re, ma fu pubblicata da tutti i giornali
nazionali ed esteri ... evidentemente non volevate dare
consigli, ma solo destabilizzare e farvi bello agli
occhi del Piemontese! |
Passaron di
lì, come per caso, due scrivani, un comico e due vassalli recanti
un gran desco di castana polenta, ma scivolarono
ed imbrattarono tutto il signor conte, e per quei
fortuiti
giochi della dinamica, la tavola fece volar pe’ l’aria
una argentea sputacchiera, posta lì nell’angolo, che
ricadde con millimetrica precisione sulla
testa di don Leopoldo, che ne fu ricolma.
Brigantino:
Quando vi accorgeste di essere stato turlupinato dal
sabaudo parente?
Leopoldo:
In agosto del 1860 feci un pubblico appello a Francesco
perché riconoscesse Vittorio qual unico re d’Italia, poi
mi recai dall’ammiraglio savoiardo Persano a riscuotere.
Pretesi di essere salutato colla bandiera allo stemma
dei Savoia e non col borbonico, quale suddito di
S.M. Vittorio Emanuele II, solo Re degno di regnare
sull’Italia. Ma ricevetti dall’ammiraglio piemontese
Persano la miserrima proposta di Luogotenenza in Toscana
…altro che regno!
Don
Virgilio:
Io, al posto vostro, me foss’acciso!
Leopoldo:
È ciò che feci, qualche dì poscia, in quel di Pisa …
Don
Virgilio:
Stà arrivando tutta una crocchia di … operatori
ecologici!
Brigantino:
Virgì, fuimmo, quelli mi sa che si inciampano
tutti sul conte e … ‘o fanno ‘na munnezza!
e quindi
uscimmo a riveder le stelle |