Poesia classica

 

A un compagno

di Corrado Alvaro

(San Luca in Calabria, 15 aprile 1895 – Roma, 11 giugno 1956)

 

Se dovrai scrivere alla mia casa,

Dio salvi mia madre e mio padre, 

la tua lettera sarà creduta

mia e sarà benvenuta.

Così la morte entrerà

e il fratellino la festeggerà.

 

Non dire alla povera mamma

che io sia morto solo.

Dille che il suo figliolo

più grande, è morto con tanta 

carne cristiana intorno.

 

Se dovrai scrivere alla mia casa,

Dio salvi mia madre e mio padre,

non vorranno sapere

se sono morto da forte.

Vorranno sapere se la morte

sia scesa improvvisamente.

  

Dì loro che la mia fronte

è stata bruciata là dove

mi baciavano, e che fu lieve

il colpo, che mi parve fosse

il bacio di tutte le sere.

  

Dì loro che avevo goduto

tanto prima di partire,

che non c'era segreto sconosciuto

che mi restasse a scoprire;

che avevo bevuto, bevuto

tanta acqua limpida, tanta,

e che avevo mangiato con letizia,

che andavo incontro al mio fato

quasi a cogliere una primizia 

per addolcire il palato.

  

Dì loro che c'era gran sole

pel campo, e tanto grano

che mi pareva il mio piano;

che c'era tante cicale

che cantavano; e a mezzo giorno

pareva che noi stessimo a falciare,

con gioia, gli uomini intorno.

 

Dì loro che dopo la morte

è passato un gran carro

tutto quanto per me;

che un uomo, alzando il mio forte

petto, avea detto: Non c'è

uomo più bello preso dalla morte.

 

Che mi seppellirono con tanta

tanta carne di madri in compagnia

sotto un bosco d'ulivi

che non intristiscono mai;

che c'è vicina una via

ove passano i vivi

cantando con allegria.

 

Se dovrai scrivere alla mia casa,

Dio salvi mia madre e mio padre,

la tua lettera sarà creduta

mia e sarà benvenuta.

Così la morte entrerà

e il fratellino la festeggerà.

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