Bossi, il caso del figlio
bocciato
di Marcella Ciarnelli
Dimostrare l’inadeguatezza dei professori
meridionali che «vengono qui da noi e tolgono lavoro agli insegnanti del
nord» senza avere alcuna consapevolezza di fatti, luoghi e storia della
Padania. Per farlo il ministro Umberto Bossi ha portato ad esempio la
disfatta scolastica ai recenti esami di maturità di un «ragazzo stangato
solo perché ha portato una tesina su Carlo Cattaneo», uno dei teorici del
federalismo. Inaudito. Inaccettabile. Una forma di razzismo intellettuale in
senso contrario, che il padre della Lega non ha potuto far passare sotto
silenzio. «Questi sono crimini contro il nostro popolo che devono finire».
Si dà il caso che il leader leghista non
abbia fornito alcun particolare sull’esaminando «bastonato» e giudicato non
maturo dalla commissione ma difeso con una foga tale da insinuare il
sospetto, più di un sospetto, che a ispirare l’arringa difensiva del Senatur
ci fosse un interesse personale. Meglio, di famiglia anche perché si dà il
caso che proprio al giovane Renzo Bossi, suo figlio, sia capitato nei giorni
scorsi di essere bocciato, e per la seconda volta dopo un inglorioso
tentativo l’altro anno in un liceo di Varese, all’esame di maturità
scientifica a cui si era presentato, guarda un po’, con una tesina su
Cattaneo dal titolo «La valorizzazione romantica dell’appartenenza e
dell’identità». Cuore di leghista. Cuore di padre, ancorché deluso. E allora
la si butta in politica con l’attacco ai terroni che pretendono di giudicare
senza sapere ed avere conoscenza del padano istinto alla difesa della
propria terra e dei propri interessi. Pur di difendere l’erede che non ce
l’ha fatta a raggiungere, sommando i voti di tutte le prove sostenute,
nemmeno quel 60 che è l’obbiettivo minimo per ottenere la promozione,
Umberto Bossi ha provveduto ad indicare un’altra barriera che va eretta tra
sud e nord. Via dalle scuole del settentrione chiunque non abbia sciacquato
i panni nel Po e non abbia almeno una lontana consuetudine con Alberto da
Giussano. Per non parlare della partecipazione ai raduni con adeguati
copricapo con le corna e annessi spadoni. Il giovane Bossi, il perseguitato
da professori sudisti, è un giovanotto noto alle masse poiché molto spesso
accompagna suo padre alle kermesse leghiste con l’evidente intento di
seguirne le orme in politica. Sempre che la scuola non continui a non
riconoscerne le capacità. Il fratello Riccardo, figlio di primo letto,
sarebbe voluto andare all’Isola dei Famosi ma il padre glielo vietò. Degli
altri due, Eridanio Sirio e Roberto Libertà, non sono note le aspirazioni.
Capelli riccioluti, scuri, l’espressione
strafottente di chi pensa di poter raggiungere l’obbiettivo con poca fatica,
magari anche grazie al cognome, il ragazzo si è presentato alla commissione
d’esame da privatista ma ancora una volta non ce l’ha fatta. L’anno prossimo
gli toccherà riprovarci. Il giovane «stangato» potrebbe essere chiunque, ci
tengono a far sapere dalla scuola in cui si è registrata la défaillance
dell’erede del leader leghista. Ma il preside del «Bentivoglio», don Gaetano
Caracciolo, ci tiene a precisare che comunque nel caso del maturando Bossi,
«quella tesina non ha creato alcun problema ideologico». E che le
commissioni d’esame non hanno colore né politico, né regionale. «Come per
tutti i privatisti - ha spiegato don Caracciolo - l’esame di maturità si
compone di un tema, un compito di matematica, un test su quattro materie e
poi c’è l’orale, del quale fa parte la tesina che ne è l’introduzione». Ecco
la tesina, la pietra dello scandalo. «Non conosco il dettaglio di quella
prova d’esame ma comunque il punteggio dell’orale, di cui fa parte la tesina
e solo come avvio del colloquio, pesa per 35 punti rispetto ai 45 delle
altre prove».
Una tesina anche ottima non può colmare
le altre lacune. La composizione della commissione per provenienza
geografica dei componenti don Gaetano non la rivela ma spiega però che «è
composta da tre docenti interni, tre esterni e un presidente, esterno
anch’egli. Se proprio ci tenete, i tre interni sono settentrionali mentre
per il resto -aggiunge con un filo d’ironia- la composizione è mista in
tutti i sensi, ma i professori non hanno né regione né parte politica. Fanno
il loro lavoro di educatori. E questo lo sa anche ogni cuore di papà».
tratto da
http://www.unita.it/ 21 luglio 2008
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