Le Pagine di Storia

Un cetaceo a Citara (Ischia)

a cura a cura di Aldo Monti

Gennaro Migliaccio (sec. XVIII), Un cetaceo a Citara olio su tela, cm 64x102, Napoli, Museo Nazionale di San Martino, inv. 5522

Una curiosa vicenda confortata da documenti letterari, accanto ai quali in seguito alla ricerca, è possibile accostare anche testimonianze pittoriche. Come racconta il D'Ascia (1876, p. 375) “a questa spiaggia arenò un pesce-mostro, che chiamarono Cachelotto, la mattina di lunedì 23 aprile 1770, che poi comunemente fu detto il pesce di Citara. Si spesero dall'incaricato dell'Università di Forio ducati 306,56 per distruggerlo, furono impiegate 637 persone per giorni 17. Si estrassero disegni, e si fecero dipinte figure di questo pesce mostro per le autorità dell'isola, che le richiesero a spese dell'Università [Comune]. Il pittore foriano Gennaro Migliaccio fu applicato per molti mesi a tal uopo”.

Ancora più dettagliata e puntuale è la testimonianza di un anonimo, identificato poi con l'arcidiacono Vincenzo Onorato. L'autore del manoscritto, testimone oculare della intera vicenda si dichiara anche autore di una iscrizione. Essendo troppo breve quella che correda la tela del Museo di San Martino, probabilmente è da riferirgli la lunga nota descrittiva nei cartigli di un altro dipinto di analogo soggetto ritrovato presso un collezionista d'Ischia (cfr. Agostino Di Lustro, Un allievo di Alfonso di Spigna: Gennaro Migliaccio, in Artisti dell'isola d'Ischia, Napoli 1982 pp. 54-57).

Nel Ragguaglio istorico topografico dell'isola d'Ischia (Ms Biblioteca Nazionale, San Martino n. 439, e. 1820, foglio 86 r. e v) si racconta: “Nella divisata spiaggia a 23 aprile del 1770 un pesce di gran mole morto, tra quella sabbia, ed arena, e più passi distante dal lido si fermò, e si li diede la denominazione di Cachelot: ma la parte verso la coda era totalmente liscia, e senza elevazione di alcuna parte, e l'ala della coda era orizzontale, e piana, lo che non si osserva nel Cachelot. Verso la coda si osservò una lunga, e larga piaga cancrenata, e fu quella, che lo portò a morte; ed a ragione si opinò, che fusse tale piaga derivata da palla di cannone tiratigli: mentre in quel tempo dall'Oceano entrò nel mare Mediterraneo un'armata navale moscovita ad oggetto di condursi nell'Oriente, e nelle parti di Costantinopoli contro la potenza Turca; e con tale incidenza ci si ebbe ad accompagnare quel gran pesce. Io avendone esaminata la lunghezza, la larghezza del corpo grande voluminoso, che il peso di alcuna particella di quella carne, portai a calcolo di ascendere a cantaja italiane mille, e duecento. Ogni mola pesava 60 once, e li denti di avanti erano uncinati, ma tutti di un finissimo avorio; la bocca portava una grande apertura atta ad ingoiare pesce di molte cantaja, e nel ventre si li trovò per intiera la pelle di un grosso bue marino.

In quel tempo mio padre si trovò eletto, ed amministratore, ed in tale occorrenza mi presi la cura di farne da un pittore dilettante di Forio tirarne, e formarne un ritratto, come avvenne, ma sotto l'occhio, la direziono, ed il colore del pittore Spigna; ed il medesimo riuscì in perfezione il migliore di tutti quelli, che poterono comparire.

Io mi presi anche la pena farne con una iscrizione una ben distinta descrizione relativa alla di lui forma, e figura, a tutte le di lui parti, ed al di lui peso; ma in tempo delle vicissitudini un tale mobile, con altri, scomparve nella casa decurionale publica, e non se n'è tenuta notizia dell'involazione.

L'amministrazione di Forio per tagliarlo, sotterrarlo, e levarlo all'in tutto, onde nò avvenisse alcuna infezione, ci spese assai: se ne tirarono da due botte d'olio, ma molto se n'avrebbe potuto ricavare, e ne fu cagione l'inespertezza di quelli naturali, e pescatori. L'ale della bocca, o siano le mascelle rimasero, ed esistono nella torre di Santa Anna, detta di Michelangelo di tal comune, ma le mole, e li denti furono trasportate nel Museo reale. Tale pesce era maschio; e fu negli anni successivi assicurato, che la femina s'imbatte tra li banchi di sabbia sotto al mare di Puglia e se ne morì.

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