Le Pagine di Storia

 

 

 

 

 

 

 

Persano: la Casina e i cavalli

del buon re Carlo

di Marco Cappetta

"Inverno" di Jacob-Philipp Hackert

La vegetazione lussureggiante e la fauna copiosa fecero sì che re Carlo III di Borbone, da appassionato cacciatore, scegliesse Persano come sede privilegiata del suo passatempo preferito; così nel 1752 il re di Napoli vi fece costruire la Real Casina di Caccia, un caratteristico edificio avente pianta quadrata e quattro torri ottagonali, progettato dall’ingegnere militare spagnolo Juan Domingo Piana. L’anno dopo Luigi Vanvitelli vi operò un intervento di ristrutturazione per rimediare a dissesti statici, facendo intervenire appositamente alcune maestranze dal cantiere della Reggia di Caserta.

Nel corso degli anni la Casina ospitò artisti e politici, in pratica i V.I.P. del Settecento europeo: per ricordare i più noti citiamo lo scrittore Goethe, lo zar delle Russie, il Metternich ed il pittore Jacob-Philipp Hackert, che vi concluse il ciclo pittorico delle quattro stagioni ambientando l’inverno, un meraviglioso dipinto riproducente una scena di caccia nella tenuta reale, con vista sulla collina di Altavilla e sull’Alburno imbiancato di neve.

Dalla metà del secolo il re pianificò il miglioramento della razza equina già esistente in loco, con l’acquisto di fattrici e stalloni del Medio Oriente e andalusi: la “Real Razza di Persano”, una selezione formata da cavalli da sella con particolare attitudine alla caccia.

Il prestigio della razza raggiunse l’apice ad inizio Ottocento, quando la cavalleria napoletana guidata da Gioacchino Murat partecipò alle campagne napoleoniche e lo stesso imperatore còrso lodò più volte i cavalieri nostrani definendoli “diavoli bianchi” dal colore delle caratteristiche uniformi.

Una pagina triste della storia della razza Persano riguarda il 1860, quando ciò che rimaneva dell’esercito borbonico, compresi i reparti di cavalleria (che naturalmente utilizzavano i cavalli di questa pregiata razza) si rifugiò nella fortezza di Gaeta con il re Francesco II, ad estrema difesa del regno meridionale contro l’invasione piemontese. Quando Gaeta fu posta sotto assedio e bombardata dai sabaudi i soldati borbonici si proposero di salvare almeno i cavalli offrendoli ai nemici, anche perché il blocco navale e terrestre non permetteva rifornimenti alimentari né per gli uomini né per gli animali. I fratelli d’Italia però non accettarono l’offerta; ma non era costume nordico salvare le persone, figuriamoci gli animali: si pensi che gli stessi continuarono allegramente a bombardare, uccidendo civili e militari, anche mentre i napoletani firmavano la resa. In queste condizioni i cavalli, affamati e denutriti, cominciarono a morire di fame. Un testimone degli eventi raccontò di averli visti cercare disperatamente di nutrirsi addirittura delle porte e degli infissi di legno delle abitazioni di Gaeta!

Con l’unità d’Italia la razza Persano venne abbandonata: nel 1874 con decreto del Ministro Ricotti fu definitivamente soppressa e venduta all'incanto sulla piazza di Eboli.

Nel 1900 il Ministero della Difesa volle ricostituire la razza con fattrici di provata attitudine al servizio da sella scelte tra i diversi reggimenti di cavalleria.

In seguito alla soppressione del Centro di rifornimento quadrupedi di Persano, nel 1954, la razza si ridusse a una cinquantina di fattrici, trasferite al Posto raccolta quadrupedi di Grosseto: un altro pezzo di storia meridionale svenduto!

Marco Cappetta

cappetta69@tiscalinet.it


Nota de Il Portale del Sud

Il Napoletano o meglio il Neapolitano, la cui razza si precisò all’epoca del vicereame, era un cavallo potente che eccelleva nell’arte guerriera, nel balletto equestre che esigeva movimenti di grande possanza (salti, impennate, andature elevate…), nonché nell’attacco, considerata la sua grande bellezza ed eleganza. Non era però veloce per le corse, ecco perché i Borbone crearono il Persano, che fu poi seguito dal Salernitano, ottimo cavallo da concorso ippico di salto ad ostacoli. Due cavalli salernitani vinsero la medaglia d’oro alle Olimpiadi a metà del XX secolo. Ma fu uno stallone napoletano dell’allevamento del senatore Farina che vinse la medaglia d’oro all’esposizione universale di Vienna del 1873.

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